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Immobile locato a S.a.s: al locatore spetta la cedolare secca?
In tema di redditi da locazione, il locatore può optare per la cedolare secca anche nell'ipotesi in cui il conduttore concluda il contratto di locazione ad uso abitativo nell'esercizio della sua attività professionale, visto che l'esclusione di cui all' art 3, comma 6, del Dlgs n 23/2011 si riferisce esclusivamente alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate dal locatore nell'esercizio di una attività d'impresa o di arti e professioni.
Questo è il principio enunciato dalla Cassazione n 12395/2024, vediamo il caso di specie.
Spetta la cedolare se l’immobile è adibito ad abitazione dell’amministratore di SAS
Una Commissione tributaria regionale riformava la prima decisione, resa sui ricorsi riuniti del contribuente, che aveva ritenuto illegittimi gli avvisi di liquidazione, con irrogazione di sanzioni, notificati dall'Agenzia delle Entrate per omesso integrale versamento dell'imposta di registro, relativamente alle annualità 2012 e 2013, in ordine al contratto di locazione, stipulato nel 2010 con una Sas, avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo, sito in Milano, destinato al legale rappresentante della società (parte conduttrice del contratto di locazione).
La Commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che il comma 6 dell'art. 3, D.Lgs. n. 23 del 2011 esclude l'applicazione del regime sostitutivo di tassazione (c.d. "cedolare secca") previsto dal comma 1, a favore del locatore persona fisica che non esercita attività imprenditoriale, "alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell'esercizio di una attività d'impresa, o arti e professioni", perché in tale esclusione rientra anche l'ipotesi in cui sia il conduttore ad esercitare attività d'impresa o arti o professioni.
Il contribuente nel ricorso in Cassazione ha prospettato, in relazione all'art. 360, comma primo, n. 3, cod.proc.civ., la violazione e falsa applicazione dell'art. 3, comma 6, del D.Lgs. n. 23 del 2011, per avere la CTR erroneamente equiparato, ai fini qui considerati, i conduttori ai locatori, atteso che soltanto questi ultimi, per poter usufruire del regime della cedolare secca, non devono agire nell'esercizio di un'impresa, arte o professione.
Deduce, altresì, che la formulazione del testo normativo non offre alcun argomento a supporto della restrittiva interpretazione fornita dall'Amministrazione finanziaria nella Circolare del 1/6/2011 n. 26/E, essendo tale limite soggettivo, al regime opzionale della "cedolare secca" sugli affitti, riferibile unicamente ai locatori.
La Cassazione, con la sentenza di cui si tratta, ha ritenuto fondato il ricorso.
Il proprietario o il titolare di un diritto reale di godimento di unità immobiliari abitative, e relative pertinenze, locate ad uso abitativo, che abbia optato per il regime della "cedolare secca", assolve il proprio obbligo tributario mediante versamento, in acconto e a saldo, della "cedolare secca", secondo le modalità definite con il Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate del 7 aprile 2011, emesso in forza di quanto previsto dall'art. 3, comma 4, del decreto legislativo citato.
La base imponibile è determinata sulla scorta del canone di locazione annuo stabilito dalle parti ed in ragione di una aliquota del 21%.
Il locatore, che opta per tale regime tributario agevolato, non può chiedere l'aggiornamento del canone.
Ai sensi dell'art. 3, sesto comma, del D.Lgs. n. 23 del 2011 le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 4 e 5 del presente articolo, che prevedono il descritto regime della cedolare secca, non si applicano alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell'esercizio di una attività d'impresa o di arti e professioni.
Stante la necessità di coordinare la disposizione in esame con quelle richiamate, di cui ai precedenti commi, che attribuiscono esclusivamente al locatore la possibilità di optare per il regime tributario della cedolare secca, senza che il conduttore possa in alcun modo incidere su tale scelta, l'esclusione logicamente deve essere riferita, esclusivamente, alle locazioni di unità immobiliari effettuate dal locatore nell'esercizio della sua attività di impresa o della sua arte/professione, restando, invece, irrilevante la qualità del conduttore e la riconducibilità della locazione, laddove ad uso abitativo, alla attività professionale del conduttore (ad esempio, come avvenuto nel caso di specie, per esigenze di alloggio dei suoi dipendenti).
La circostanza che il regime tributario in esame avvantaggia anche il conduttore (in considerazione dell'esclusione dell'imposta di registro e dell'aggiornamento del canone) non può certo giustificare un'interpretazione dell'art. 3, comma 6, del D.Lgs. n. 23 del 2011, da cui derivi una riduzione dell'ambito applicativo della cedolare secca in danno del locatore, a cui è riservata la relativa scelta e che è il beneficiario principale di tale regime.
La Cassazione specifica anche l'Amministrazione finanziaria non ha poteri discrezionali nella determinazione delle imposte: di fronte alle norme tributarie, essa ed il contribuente si trovano su un piano di parità, per cui la cosiddetta interpretazione ministeriale, sia essa contenuta in circolari o risoluzioni, non costituisce mai fonte di diritto Conseguentemente, la Circolare del 1/6/2011 n. 26/E, in quanto non manifesta attività normativa, essendo atto interno della stessa Amministrazione, è destinata ad esercitare una funzione direttiva nei confronti degli uffici dipendenti ed è, altresì, inidonea ad incidere sugli elementi costitutivi del rapporto tributario.
In conclusione, il ricorso merita accoglimento in virtù del seguente principio di diritto: in tema di redditi da locazione, il locatore può optare per la cedolare secca anche nell'ipotesi in cui il conduttore concluda il contratto di locazione ad uso abitativo nell'esercizio della sua attività professionale, atteso che l'esclusione di cui all'art. 3, sesto comma, D.Lgs. n. 23 del 2011 si riferisce esclusivamente alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate dal locatore nell'esercizio di una attività d'impresa o di arti e professioni.
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Locazioni Turistiche imprenditoriali: obbligo di SCIA
Dal 2 novembre, a seguito della entrata in funzione della BDRS per la richiesta del CIN e di quanto previsto dall'art 13 ter del DL n 145/2023 con la Disciplina delle locazioni per finalità turistiche, delle locazioni brevi, delle attività turistico-ricettive e del codice identificativo nazionale, scatta l'obbligo di SCIA per le locazioni turistiche imprenditoriali, i dettagli dalla norma di riferimento.
Locazioni Turistiche imprenditoria: obbligo di SCIA con sanzioni per chi non provvede
Nel dettaglio il comma 8 dell'art 13 ter in questione prevede che chiunque, direttamente o tramite intermediario, esercita l'attività di locazione per finalità turistiche o ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, in forma imprenditoriale, anche ai sensi dell'articolo 1, comma 595, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, è soggetto all'obbligo di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), di cui all'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, presso lo sportello unico per le attività produttive (SUAP) del comune nel cui territorio è svolta l'attività.
Nel caso in cui tale attività sia esercitata tramite società, la SCIA è presentata dal legale rappresentante.
L’obbligo di presentazione della SCIA per le locazioni turistiche imprenditoriali entrerà in vigore a partire dal prossimo 2 novembre.
Chi non dovesse provvedere sarà soggetto a sanzione.
Il comma 9 dello stesso articolo infatti, prevede ch Fermo restando quanto previsto dal comma 6 dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, l'esercizio dell'attività di locazione per finalità turistiche o ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, in forma imprenditoriale, anche ai sensi dell'articolo 1, comma 595, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, direttamente o tramite intermediario, in assenza della SCIA di cui al comma 8 del presente articolo è punito con la sanzione pecuniaria da euro 2.000 a euro 10.000, in relazione alle dimensioni della struttura o dell'immobile.
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Locazione breve: quando si può optare per la cedolare secca?
La disciplina fiscale per le “locazioni brevi” si applica ai contratti di locazione di immobili a uso abitativo, situati in Italia, di durata non superiore a 30 giorni e stipulati da persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa.
Vediamo, ai fini della tassazione, quando per tali contratti si può optare per la cedolare secca.
Locazione breve: quando si può optare per la cedolare secca?
L'agenzia delle entrate aggiorna le regole per le locaizoni brevi ad agosto 2024 precisando che, la cedolare secca può essere scelta per i contratti per cui:
- la durata non deve superare i 30 giorni,
- non è richiesta l’adozione di un particolare schema contrattuale,
- devono riguardare solo le unità immobiliari (locate anche per finalità turistiche) a uso abitativo (categoria catastale da A1 a A11, escluso A10), situate in Italia, e loro pertinenze,
- possono prevedere anche servizi accessori alla locazione (fornitura biancheria, pulizia locali, wi-fi, utilizzo utenze telefoniche),
- le parti (locatore e conduttore) possono essere solo persone fisiche che stipulano il contratto al di fuori dell’esercizio di un’attività d’impresa,
- può trattarsi anche di sublocazione, contratti a titolo oneroso conclusi dal comodatario, locazioni di singole stanze di un’abitazione, sempre della durata massima di 30 giorni,
- possono essere conclusi direttamente dalle parti o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare o che gestiscono portali telematici.
La cedolare secca ricordiamolo prevede che il proprietario dell’immobile (o sublocatore o comodatario) può scegliere
di assoggettare il reddito che ricava dall’affitto a un’imposta che sostituisce l’Irpef, le relative addizionali e, se il contratto viene registrato, le imposte di registro e di bollo.Attenzione al fatto che, con la legge di bilancio 2024 (legge n. 213/2023), dal 1° gennaio 2024, in caso di opzione per l’imposta sostitutiva nella forma della cedolare secca, si applica l’aliquota del 26%.
Questa aliquota è ridotta al 21% per i redditi riferiti ai contratti di locazione breve stipulati per una sola unità immobiliare per ciascun periodo d’imposta, a scelta del contribuente.L’individuazione di tale unità immobiliare deve avvenire nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta interessato.
L’aliquota dell’imposta sostitutiva va applicata sull’intero importo del canone indicato nel contratto, senza considerare l’abbattimento forfettario del 5% previsto nel regime di tassazione ordinaria dei canoni di locazione.
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Banca dati UE affitti brevi: come si coordina col CIN nazionale
Viene pubblicato in GU europea del 29 aprile il Regolamento UE n 1028 del giorno 11 aprile del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo alla raccolta e alla condivisione dei dati riguardanti i servizi di locazione di alloggi a breve termine.
Ricordiamo che, sullo stesso tema l'Italia sta ancora mettendo a punto il codice CIN nazionale in base alle nuove norme per il settore della ricezione breve dei turisti, in proposito leggi: CIN nazionale affitti brevi: avvio entro settembre.
Vediamo ora di capire, da quando sono in vigore le norme EU e se i due codici CIN si accavallano.
Banca dati UE sulle locazioni brevi: cosa comunica il locatore
Occorre evidenziare che scopo annunciato del Regolamento UE è la costituzione di una banca dati unica europea delle locazioni brevi, che sarà in grado di contenere informazioni sul mercato con l’obiettivo di aumentare la tracciabilità di questi servizi, attraverso un processo di registrazione online armonizzato a livello europeo.
Nel regolamento UE si prevede un processo di registrazione attraverso il quale gli host individueranno le proprietà, comunicando: indirizzo, tipo di unità, numero di posti letto, identità del locatore, ecc.
In particolare, l'art 5 dello stesso regolamento, prevede che, all’atto della registrazione secondo la procedura di registrazione di cui all’articolo 4, il locatore presenta una dichiarazione contenente le seguenti informazioni:
- a) per ciascuna unità:
- i)l’indirizzo specifico dell’unità, compresi, se del caso, il suo numero, il numero della cassetta postale, se differente, il piano al quale è ubicata l’unità, il riferimento catastale o ogni altro tipo di informazione che consenta di identificarla con precisione;
- ii)il tipo di unità;
- iii) se l’unità offerta costituisce una parte o la totalità dell’abitazione principale o secondaria del locatore, o se è utilizzata per altri fini;
- iv) il numero massimo di posti letto disponibili e di ospiti che l’unità accoglie;
- v) ove applicabile, se l’unità è soggetta, ad un regime di autorizzazione nel cui ambito il locatore deve ottenere l’autorizzazione da parte della pertinente autorità competente per offrire servizi di locazione di alloggi a breve termine e, in caso affermativo, se il locatore ha ottenuto detta autorizzazione;
- b) se il locatore è una persona fisica, di tale persona:
- i) il nome;
- ii) il numero di identificazione nazionale o altre informazioni che ne consentano l’identificazione;
- iii) l’indirizzo;
- iv) il recapito telefonico;
- v) l’indirizzo di posta elettronica che l’autorità competente può utilizzare per le comunicazioni scritte;
- c) se il locatore è una persona giuridica:
- i) il suo nome;
- ii) il numero nazionale di registrazione dell’attività;
- iii) il nome di un rappresentante legale;
- iv) la sua sede legale;
- v) il recapito telefonico di almeno un rappresentante di tale persona giuridica;
- vi) un indirizzo di posta elettronica che l’autorità competente può utilizzare per le comunicazioni scritta
Viene anche stabilito che, al termine del processo sarà rilasciato un numero di registrazione da inserire in un registro pubblico, che rappresenterà l’identificativo dell’immobile, consentirà di affittarlo e faciliterà i controlli da parte delle autorità.
Si mira quindi ad incrociare le informazioni trasmesse alle amministrazioni finanziarie grazie alla direttiva Dac7 che consente di tracciare le informazioni relative agli affitti messi online dai grandi portali di intermediazione.
Il regolamento UE appena pubblicato in gazzetta, entra in vigore il 19 maggio 2024 ma gli Stati avranno due anni per recepire le regole e coordinarle con quelle nazionali.
Dal testo sembrerebbe di capire che il cin nazionale non verrà sostituito da quello UE ma andranno resi complementari: "Gli Stati membri provvedono affinché i numeri di registrazione siano inclusi in un registro pubblico e facilmente accessibile. L’autorità competente che rilascia il numero di registrazione è responsabile dell’istituzione e della tenuta del registro, conformemente al regolamento (UE) 2016/679."
Locazioni brevi: che cosa sono
Secondo l'articolo 4 del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, le locazioni brevi sono “i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a trenta giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa”.
Le locazioni brevi devono pertanto avere ad oggetto esclusivamente immobili ad uso abitativo e quindi unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali da A1 a A11 (esclusa A10 – uffici o studi privati) e le relative pertinenze (box, posti auto, cantine, soffitte, ecc.) nonché, in analogia con quanto previsto per la cedolare secca sugli affitti, singole stanze dell’abitazione.
Nelle locazioni brevi il contratto deve avere durata non superiore a trenta giorni. Tale termine deve essere considerato in relazione ad ogni singola pattuizione contrattuale.
- a) per ciascuna unità:
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Locazioni brevi e condivisione dei dati: il testo del Regolamento UE
Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 29.04.2024, il Regolamento UE 2024/1028 dell'11 aprile 2024 relativo alla raccolta e alla condivisione dei dati riguardanti i servizi di locazione di alloggi a breve termine e che modifica il regolamento (UE) 2018/1724.
Il presente regolamento stabilisce norme per la raccolta di dati da parte delle autorità competenti e dei fornitori di piattaforme online di locazione a breve termine e per la condivisione di dati da parte delle piattaforme online di locazione a breve termine con le autorità competenti per quanto riguarda la prestazione di servizi di locazione di alloggi a breve termine offerti da locatori attraverso piattaforme online di locazione a breve termine.
Al fine di concedere agli Stati membri tempo sufficiente per:
- istituire procedure di registrazione,
- adeguare le procedure di registrazione esistenti del presente regolamento
- e istituire punti di ingresso digitali unici,
- come pure di consentire alle piattaforme online di locazione a breve termine e ai locatori di adeguarsi ai nuovi requisiti,
l’applicazione del presente regolamento è rinviata a 24 mesi dalla data di entrata in vigore dello stesso (19 maggio 2024, ovvero il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea) e si applica pertanto a decorrere dal 20 maggio 2026.
Il presente regolamento si applica ai fornitori di piattaforme online di locazione a breve termine che offrono servizi a locatori che prestano servizi di locazione di alloggi a breve termine nell’Unione, indipendentemente dal loro luogo di stabilimento, e ai locatori che prestano servizi di locazione di alloggi a breve termine.
Principali punti del Regolamento
- Obiettivi e Campo di Applicazione: Il regolamento mira a stabilire un quadro uniforme per la raccolta e condivisione dei dati, applicabile a piattaforme online e locatori che offrono alloggi a breve termine. Esso non si applica a hotel, campeggi, o altri alloggi non residenziali.
- Raccolta di Dati: Le piattaforme online dovranno raccogliere e condividere dati essenziali come l'identità dei locatori, i dettagli degli alloggi, e le transazioni effettuate.
- Registrazione e Numero di Identificazione: I locatori dovranno registrarsi e ottenere un numero di identificazione unico per ogni unità affittata, che dovrà essere visibile nell'annuncio corrispondente sulla piattaforma online.
- Trasparenza e Conformità: Il regolamento impone alle piattaforme di assicurare la trasparenza delle informazioni e la conformità dei locatori alle normative locali, includendo l'obbligo di comunicare il numero di registrazione in ogni annuncio.
- Protezione dei Dati: Conformemente al GDPR (Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati dell'UE), il regolamento stabilisce limiti rigorosi sulla raccolta, uso e conservazione dei dati personali.
- Implementazione e Sanzioni: Gli Stati membri dovranno implementare meccanismi adeguati per garantire il rispetto del regolamento, con sanzioni efficaci e dissuasive per le piattaforme che non adempiono ai loro obblighi.
- Monitoraggio e Revisione: Il regolamento prevede periodi di valutazione regolari per monitorare l'efficacia delle misure introdotte e apportare eventuali modifiche necessarie.
Numero di registrazione identificativo dell'unità in locazione breve
Il Regolamento definisce il numero di registrazione, che è un identificatore unico rilasciato dall’autorità competente, che identifica ciascuna unità di alloggio offerta per la locazione a breve termine nello Stato membro.
Il numero di registrazione dovrebbe garantire che i dati raccolti e condivisi dalle piattaforme online di locazione a breve termine possano essere correttamente attribuiti ai locatori e alle unità.
Tale numero di registrazione dovrebbe essere inserito in un registro pubblico e facilmente accessibile e gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché tale numero di registrazione non includa dati personali. Le autorità competenti, negli Stati membri che hanno imposto alle piattaforme online di locazione a breve termine l’obbligo di trasmettere dati, dovrebbero di conseguenza istituire o mantenere procedure di registrazione per i locatori e per le rispettive unità.
Al fine di evitare situazioni in cui a un’unità sia attribuito più di un numero di registrazione per annuncio, ciascuna unità dovrebbe essere oggetto di un’unica procedura di registrazione in uno Stato membro, a livello nazionale, regionale o locale.
Gli obblighi di registrazione stabiliti a norma del presente regolamento dovrebbero lasciare impregiudicati altri eventuali obblighi di informazione derivanti dal diritto dell’Unione o nazionale in relazione alla fiscalità, al censimento della popolazione e alla raccolta di statistiche.
Al fine di garantire che le autorità competenti ottengano le informazioni e i dati di cui hanno bisogno senza imporre oneri sproporzionati alle piattaforme online di locazione a breve termine e ai locatori, è necessario stabilire un approccio comune alle procedure di registrazione negli Stati membri che si limiti alle informazioni di base che consentono l’identificazione precisa dell’unità e del locatore. A tal fine gli Stati membri dovrebbero garantire che, al momento della presentazione di tutte le informazioni e di tutta la documentazione pertinente, ai locatori e alle unità sia attribuito un numero di registrazione.
I locatori dovrebbero potersi identificare e autenticare tramite mezzi di identificazione elettronica rilasciati nell’ambito di un regime di identificazione elettronica notificato a norma del regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio al fine di completare tali procedure di registrazione. La registrazione dovrebbe, ove possibile, essere gratuita o avere un costo ragionevole e proporzionato che non dovrebbe superare il costo della procedura amministrativa in questione.
Sarebbe inoltre opportuno garantire che i locatori abbiano la possibilità di presentare tutta la documentazione richiesta in formato digitale. Tuttavia, dovrebbe essere sempre disponibile un servizio offline al fine di tenere conto delle esigenze degli utenti con competenze e strumenti digitali ridotti, in particolare gli anziani.
Allegati: -
Il risarcimento del danno da anticipata cessazione della locazione
Il canone di locazione è il corrispettivo, versato dal locatario al locatore, per il godimento del bene preso in locazione, di solito un immobile.
Situazione non frequente è quella in cui il contratto di locazione viene risolto anticipatamente, rispetto alla sua naturale conclusione, per inadempimento del conduttore.
Nel momento in cui il contratto viene risolto, il bene locato torna nella disponibilità del locatore.
Se è pacifico che il locatario debba versare al locatore i canoni di locazione maturati fino al giorno in cui il bene locato torna nella disponibilità del proprietario, ugualmente pacifico non è il corretto trattamento di un eventuale maggior danno subito dal locatore.
Il punto sotto osservazione è appunto se, nella situazione in esame, un danno effettivamente c’è e, nell’eventualità, come questo possa essere quantizzato.
Infatti, se da un lato, con la risoluzione anticipata del contratto, viene lesa la legittima aspettativa del locatore di ricevere i canoni di affitto fino al termine del contratto, è anche vero che, nel momento in cui il bene torna nella disponibilità di questi, il canone per la privatizzazione del diritto non sarebbe dovuto.
Infatti, l’interesse che si valuta di tutelare non è il diritto alla percezione dei canoni non maturati, che non c’è, ma il risarcimento del danno derivante dal recesso anticipato.
In questo contesto, si sono contrapposte due diverse linee di pensiero sul tema:
- secondo un primo orientamento, una volta anticipatamente risolto il contratto, nulla dovrebbe essere dovuto al locatore, in conseguenza del fatto che il mancato percepimento dei canoni di locazione non rappresenta un danno subito, ma un mancato guadagno (fa eccezione il caso in cui lo stato in cui l’immobile viene lasciato non permette un corretto godimento del bene, motivo per cui sarebbero dovuti i canoni di locazioni anche per il tempo necessario al ripristino dello stato originario del bene);
- secondo diversa linea di pensiero, invece, il locatore, in caso di recesso anticipato del contratto di locazione, avrebbe diritto a percepire i canoni di locazione fino al giorno del reperimento di un nuovo conduttore.
La linea interpretativa oggi prevalente si pone in posizione di compromesso tra le due posizioni, ammettendo la possibilità che il locatore subisca un danno e che, in conseguenza di ciò, abbia diritto ad un risarcimento; ma l’ammontare del risarcimento dovrebbe essere deciso dal giudice in base alle circostanze del caso concreto.
Questa maniera di approcciarsi alla questione tiene conto della differenza tra “danno evento”, che si concretizza nel mancato percepimento dei canoni di locazione in conseguenza del recesso, e “danno conseguenza”, rappresentato dalle conseguenze pregiudizievoli derivanti dall’evento (il recesso anticipato); e tiene anche conto del fatto che il danno risarcibile è quello derivante dal “danno conseguenza”.
Di ciò si è occupata in modo analitico l’ordinanza interlocutoria numero 31276 della Corte di Cassazione, pubblicata il 9 novembre 2023, la quale a riguardo precisa anche che “il conduttore è tenuto in base all’articolo 1591 a corrispondere, a titolo risarcitorio, il canone convenuto fino alla restituzione”, ma resta “il margine, come è noto salvaguardato dalla norma, del «maggior danno»”.
Quello che deve essere chiarito, spiegano i giudici di legittimità, è se nel maggior danno contemplato dall’articolo 1591 del Codice civile possa rientrare il “danno conseguenza” prima esposto, oppure no.
Per fare ciò la Corte di Cassazione rimanda la questione alle Sezioni Unite che, decidendo, scioglieranno definitivamente i nodi di una questione dai notevoli risvolti pratici.
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Dichiarazione imposta di soggiorno: chiarimenti MEF
Con Risoluzione n 1 del 9 febbraio il MEF risponde a dubbi sulla dichiarazione per l'imposta di soggiorno.
In particolare, sono stati chiesti chiarimenti in merito all’obbligo dichiarativo relativo all’imposta di soggiorno in virtù del quale la dichiarazione deve essere presentata cumulativamente ed esclusivamente in via telematica entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello in cui si è verificato il presupposto impositivo, secondo le modalità approvate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 29 aprile 2022.
Nel quesito si ricordava che con le FAQ 8 e 9, pubblicate sul sito internet di questo Dipartimento, è stato chiarito che, considerato che l’anno 2022 costituisce il primo anno di applicazione dell'obbligo dichiarativo mediante presentazione del modello ministeriale, i soggetti che hanno già presentato per gli anni di imposta 2020 e 2021 una dichiarazione/comunicazione al comune, seguendo le indicazioni prescritte dal comune stesso, non sono obbligati a ripresentare per dette annualità la dichiarazione ministeriale.
Sempre tramite risposte a faq il ministero ha precisato che, al di fuori di tale caso, è chiaro che il contribuente dovrà utilizzare esclusivamente il nuovo modello ministeriale per la dichiarazione.
Viene quindi chiesto di confermare che, per le annualità successive a quelle indicate nelle predette FAQ, l’utilizzo del modello ministeriale e quindi il contestuale adempimento dell'obbligo dichiarativo, esonera i soggetti obbligati dal presentare ulteriori dichiarazioni/comunicazioni richieste dai comuni.
Il MEF ritiene che per le annualità successive a quelle indicate nelle FAQ richiamate, e quindi dal 2022 in poi, la presentazione del modello ministeriale approvato con il decreto rappresenta l’unica modalità per l’assolvimento dell’adempimento dichiarativo in questione, imposto dal Legislatore ai fini della verifica da parte dei comuni del corretto adempimento dell’imposta di soggiorno e valido su tutto il territorio nazionale.
Infatti, sottolinea il Ministero, all’interno della disciplina generale del tributo non ci sono norme dalle quali sia possibile desumere la facoltà per i comuni di predisporre autonomamente modelli di dichiarazione concernenti l’imposta di soggiorno in argomento.
Vengono in ultimo ricordati i principi di semplificazione amministrativa degli adempimenti dei contribuenti, sanciti dall'art. 6 della legge 27 luglio 2000 n. 212, ai sensi del quale "al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell'amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente".
Leggi anche Nuovo modello di comunicazione imposta di soggiorno 2022 per tutte le novità