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Licenziamenti collettivi cosa prevede la normativa europea
Una sentenza della Corte di Giustizia chiarisce i limiti della direttiva 98/59/CE nei casi di lavoratori messi a disposizione da imprese esterne ai fini del calcolo complessivo dei dipendenti in una procedura di licenziamento collettivo. Ecco il caso e le motivazioni della sentenza.
Il contesto del caso: lavoratori esterni e licenziamento collettivo
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea è stata recentemente chiamata a pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata dalla Corte di cassazione francese, relativa all’interpretazione dell’art. 1, par. 1, lett. a) della direttiva 98/59/CE sui licenziamenti collettivi.
Il caso trattato nella causa C 419 2024 nasce da una controversia tra una società francese del settore alberghiero e una lavoratrice licenziata nel quadro di una procedura collettiva avviata a seguito della chiusura temporanea della struttura ricettiva per ristrutturazione.
In particolare, la questione ruotava attorno al numero complessivo di dipendenti da considerare per valutare se vi fosse l’obbligo di predisporre un piano di salvaguardia dell’occupazione, previsto dalla normativa francese per le imprese con almeno 50 dipendenti che intendano licenziare almeno 10 lavoratori in 30 giorni.
Il nodo interpretativo riguardava il computo, ai fini del raggiungimento della soglia, anche dei lavoratori messi a disposizione da una società esterna presenti stabilmente nei locali dell’albergo.
L’inquadramento giuridico e la posizione delle parti
La direttiva 98/59/CE del Consiglio del 20 luglio 1998 stabilisce le regole minime comuni tra gli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi, con particolare attenzione alla procedura di consultazione e informazione dei rappresentanti dei lavoratori. Tuttavia, non prevede alcun obbligo di predisporre piani specifici per la salvaguardia dell’occupazione. La normativa francese invece, in particolare l’articolo L.1233-61 del Code du travail, stabilisce tale obbligo per imprese con almeno 50 dipendenti e licenziamenti consistenti.
La Corte d'appello francese aveva annullato il licenziamento perché la società datrice non aveva incluso, nel calcolo dell'organico, gli 11 lavoratori della società esterna operanti da lungo tempo nell'albergo. La Corte di cassazione ha quindi chiesto alla Corte di Giustizia se, ai sensi della direttiva europea, tali lavoratori potessero essere considerati abitualmente impiegati presso l’impresa utilizzatrice.
Secondo la società, i lavoratori esterni non potevano essere computati, in quanto non potevano essere oggetto del licenziamento né beneficiari del piano di salvaguardia.
Di diverso avviso la Corte d’appello, che li ha considerati come parte della forza lavoro effettiva dell’impresa.
La decisione della Corte di Giustizia e le sue implicazioni
Con la sentenza del 19 giugno 2025 nella causa C-419/24, la Corte ha dichiarato la propria incompetenza a pronunciarsi sulla questione pregiudiziale, stabilendo che la direttiva 98/59/CE non trova applicazione in un caso come quello descritto. La Corte ha chiarito che tale direttiva non impone alcun obbligo specifico in merito alla predisposizione di piani di salvaguardia dell’occupazione e che, di conseguenza, le disposizioni nazionali che impongono tale onere restano di esclusiva competenza degli Stati membri.
La decisione si fonda su un principio consolidato: le norme dell’Unione si applicano solo se la situazione oggetto della controversia rientra nel loro ambito. La direttiva 98/59/CE, che armonizza solo parzialmente le procedure di licenziamento collettivo, non prevede criteri rigidi per il calcolo della soglia di dipendenti né obbliga alla predisposizione di piani di tutela, lasciando ampia discrezionalità alla legislazione nazionale. In questo quadro, l’art. L.1233-61 del codice del lavoro francese si configura come una norma più favorevole ai lavoratori, pienamente lecita ma autonoma rispetto alla normativa europea.
In definitiva, la Corte non si è espressa nel merito della definizione di “lavoratore abitualmente occupato”, ma ha rinviato ogni valutazione al giudice nazionale.
Si ribadisce il principio secondo cui le direttive europee non possono essere invocate per valutare disposizioni nazionali che impongono obblighi ulteriori rispetto al quadro armonizzato. La disciplina francese sul computo dei lavoratori esterni e sull’obbligo di elaborare un piano di salvaguardia resta, dunque, esclusiva prerogativa del legislatore nazionale.
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Licenziamento e legge 104: obbligo di repechage personalizzato
Con la sentenza n. 18063 del 3 luglio 2025, la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro – si è espressa in merito al licenziamento di un lavoratore beneficiario della legge 104/1992, avvenuto a seguito della soppressione del posto di lavoro e del rifiuto del dipendente di accettare una ricollocazione con diversa articolazione oraria.
Il lavoratore, da vent’anni in azienda, aveva sempre prestato servizio con un orario a ciclo continuo e beneficiava dei permessi previsti dalla legge 104 per assistere la moglie con disabilità grave.
Il datore di lavoro, a fronte della soppressione della posizione occupata, gli aveva offerto un impiego alternativo come carrellista nel reparto spedizione, ma su doppio turno, rifiutata dal dipendente per incompatibilità con le esigenze di assistenza.
In prima istanza, il Tribunale aveva annullato il licenziamento, ma in secondo grado la Corte d’Appello di Bologna aveva ritenuto legittimo il recesso dell'azienda, affermando che l’azienda avesse assolto all’obbligo di repêchage e che il rifiuto del lavoratore fosse ingiustificato
L’intervento della Cassazione: errori nella valutazione del repêchage
La Cassazione ha ribaltato la sentenza della Corte d’Appello, accogliendo due dei motivi di ricorso presentati dal lavoratore: l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio (art. 360 n. 5 c.p.c.) e la mancata pronuncia sulla domanda di licenziamento discriminatorio (art. 112 c.p.c.).
In particolare, è stato ritenuto erroneo non considerare che, come evidenziato dagli atti di causa e dal Libro Unico del Lavoro (LUL), l’azienda aveva successivamente assunto altri dipendenti anche con l’orario richiesto dal lavoratore, dimostrando l’esistenza di soluzioni alternative alla cessazione del rapporto.
Secondo la Suprema Corte, il datore di lavoro è tenuto – in forza del principio di buona fede e correttezza e ai sensi dell’art. 2103 c.c. – a ricollocare il lavoratore anche in mansioni inferiori, qualora queste siano compatibili con le sue capacità e con l’organizzazione aziendale vigente. Tale obbligo risulta ancora più stringente nei confronti di lavoratori che fruiscono dei benefici previsti dalla legge 104/1992. La Corte ha anche richiamato i principi costituzionali a tutela del lavoro (artt. 4, 35 e 41 Cost.) e la giurisprudenza consolidata secondo cui il licenziamento deve essere sempre considerato una “extrema ratio”.
Conclusione: illegittima la mancata verifica di possibile demansionamento
La Cassazione ha ritenuto che la Corte territoriale non abbia correttamente verificato se fosse davvero impossibile una ricollocazione del dipendente in mansioni compatibili con l’orario a ciclo continuo. Il fatto che altri lavoratori siano stati successivamente assunti con tale regime orario, e che lo stesso fosse ancora in uso in vari reparti aziendali, dimostra che l’opzione era praticabile e andava valutata attentamente.
Inoltre, la Corte ha censurato il mancato esame della domanda relativa alla natura discriminatoria o comunque illecita del licenziamento, ritenendo sufficiente la sua riproposizione da parte del lavoratore nella memoria di costituzione in appello.
Alla luce di tali considerazioni, la sentenza della Corte d’Appello di Bologna è stata cassata con rinvio ad altra sezione, che dovrà riesaminare la vicenda considerando il principio per cui il repêchage, soprattutto in presenza di lavoratori tutelati dalla legge 104/1992, non può limitarsi a una proposta standard, ma deve essere concreto, documentato e calibrato anche sulle esigenze di cura e assistenza familiare del dipendente.
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Assegno d’invalidità: integrazione al minimo anche col contributivo
Con la sentenza n. 94/2025 pubblicata il 3 luglio , la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l’art. 1, comma 16, della legge n. 335/1995 (nota come Riforma Dini), nella parte in cui nega l’integrazione al minimo agli assegni ordinari di invalidità interamente calcolati con il sistema contributivo. La norma, introdotta per razionalizzare la spesa pensionistica nel passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo, impediva infatti che questi assegni beneficiassero della quota integrativa, differenziandosi da quelli misti o retributivi.
La Consulta ha accolto la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte di Cassazione, ritenendo che questa esclusione violi gli articoli 3 e 38, secondo comma, della Costituzione, per disparità di trattamento e insufficiente tutela dei soggetti disabili in condizione di bisogno.
L’assegno ordinario d’invalidità, destinato a chi ha visto ridotta la capacità lavorativa a meno di un terzo per cause fisiche o mentali, presenta caratteristiche peculiari tali da giustificare una disciplina integrativa speciale, anche sotto il regime contributivo.
Ecco le motivazioni della pronuncia dell Consulta.
Integrazione dovuta per una prestazione assistenziale-ponte
La Corte costituzionale afferma in primo luogo che sin dalla sua introduzione con la legge n. 222/1984, l’assegno ordinario d’invalidità si è distinto da altre prestazioni pensionistiche per finalità e modalità di calcolo.
Esso risponde a una logica assistenziale oltre che previdenziale, offrendo un sostegno economico a lavoratori in età ancora attiva ma resi parzialmente inabili al lavoro.
In questo contesto, anche l’integrazione al minimo ha assunto una forma diversa: non un’equiparazione automatica al minimo INPS, ma una somma aggiuntiva a carico del fondo sociale, oggi gestito dal GIAS (Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali), finanziato tramite la fiscalità generale.
La Corte sottolinea che escludere dal beneficio chi percepisce l’assegno solo in forma contributiva non consente alcun risparmio per le casse pubbliche, poiché il relativo costo è già coperto da fondi assistenziali.
Inoltre, il rischio concreto è che un soggetto invalido in età lavorativa, con un assegno di importo molto basso, resti privo di qualsiasi supporto economico se non ha i requisiti per altre misure come l’assegno di invalidità civile, l’assegno di inclusione o l’assegno unico familiare.
Effetti della sentenza e decorrenza
La Corte ha evidenziato che l’assegno ordinario d’invalidità non rientra nella categoria delle prestazioni previdenziali mirate alla copertura della vecchiaia, ma svolge una funzione diversa e anticipata, destinata a coprire il periodo di attività lavorativa interrotto o limitato per ragioni sanitarie. Proprio per questa sua natura, non può essere equiparato agli altri trattamenti pensionistici esclusi dall’integrazione al minimo in base alla legge del 1995.
Considerato l’impatto finanziario potenzialmente significativo derivante dal riconoscimento retroattivo degli arretrati, la Corte ha stabilito che gli effetti della sentenza decorreranno dal giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, evitando effetti ex tunc che avrebbero gravato eccessivamente sulla finanza pubblica per l’anno in corso.
La pronuncia rappresenta un importante intervento di riequilibrio costituzionale, che rafforza le garanzie a tutela delle persone con disabilità lavorativa, riaffermando il principio di uguaglianza e il diritto a un’esistenza libera e dignitosa, come sancito dalla Carta costituzionale.
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Patente a crediti: stop alla piattaforma dal 7 al 10 luglio
E' stato pubblicato sul sito ministeriale il decreto direttoriale 43 2025 proposto dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro che disciplina le modalità di accesso ai dati contenuti nella patente a crediti per imprese e lavoratori autonomi nei cantieri temporanei o mobili, per garantire trasparenza e correttezza nella consultazione delle informazioni, tutelando allo stesso tempo i dati personali degli interessati secondo i principi del Regolamento UE 2016/679.
ATTENZIONE : Le nuove funzionalità della piattaforma richiedono un aggiornamento con sospensione di tutte le attività- Lo comunica INL con Notizia del 3 luglio sul proprio sito.
L'accesso al portale sarà sospeso:
- dalle ore 08:00 del 7 luglio 2025;
- fino alle ore 10:00 del 10 luglio 2025.
Gli utenti sono invitati a pianificare in anticipo le attività che richiedano l’uso del sistema.
Il contesto: la patente a crediti nei cantieri e il ruolo del Garante
Il 21 maggio 2025 il Garante per la protezione dei dati personali ha espresso parere favorevole sullo schema di decreto predisposto dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) per disciplinare le modalità di accesso alle informazioni contenute nella “patente a crediti” per imprese e lavoratori autonomi operanti nei cantieri temporanei o mobili. prevista dall’art. 27 del D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (Testo Unico Sicurezza sul Lavoro).
Per approfondire leggi Patente cantieri regole faq aggiornate
La gestione del sistema e delle relative informazioni personali è affidata all’INL, che agisce come titolare del trattamento ai sensi del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR).
Pur approvando il provvedimento, il Garante con il provvedimento 294 2025 (Qui il testo) ha imposto due importanti condizioni di cui si dovrà tener conto prima della pubblicazione ed entrata in vigore del decreto:
- La prima riguarda la sicurezza delle password di accesso per i soggetti abilitati: dovranno essere conservate con tecniche crittografiche conformi allo stato dell’arte, come già indicato nel provvedimento n. 594/2023.
- La seconda condizione impone di dettagliare meglio le misure tecniche per garantire l’immodificabilità e l’integrità dei log di accesso e tracciamento. È stato inoltre richiesto di limitare i dati registrati nel tracciamento a quelli strettamente necessari, escludendo l’indirizzo e-mail ordinario, nel rispetto dell’art. 32 del GDPR e dei principi di integrità e riservatezza.
Le modalità di accesso ai dati: chi può vedere cosa
Il decreto prevede che le informazioni relative alla patente siano accessibili tramite il Portale dei Servizi INL, autenticandosi con SPID, CIE o strumenti equivalenti. Possono accedere:
- i titolari della patente o i loro delegati (con piena visibilità);
- le pubbliche amministrazioni (solo per verificare il possesso e la validità del titolo in caso di appalti);
- i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e i soggetti che intendono affidare lavori (per valutare eventuali sospensioni della patente);
- gli organismi paritetici e i coordinatori per la sicurezza (per finalità di vigilanza e coordinamento).
Il portale potrà fornire dati identificativi del titolare, punteggio iniziale e aggiornato, eventuali sospensioni e decurtazioni di crediti, ma non riportare gli estremi dei provvedimenti che le hanno causate, nel rispetto del principio di minimizzazione dei dati (art. 5, par. 1, lett. c, GDPR)
Informazioni visualizzabili – Modalità e finalità di accesso
Le informazioni della patente sono suddivise in sezioni:
- Dati anagrafici e identificativi del soggetto titolare.
- Numero, data di rilascio e stato (attiva/sospesa) della patente.
- Punteggio iniziale e aggiornato.
- Eventuali sospensioni e i relativi estremi.
- Provvedimenti definitivi che comportano decurtazione di crediti.
L' Accesso tramite SPID livello 2, CIE, CNS o strumenti equivalenti (eIDAS per soggetti europei).
I titolari o delegati possono accedere direttamente.
Gli altri soggetti accedono tramite autodichiarazione e dichiarazione di responsabilità ai sensi del DPR 445/2000.
Le informazioni sono accessibili solo per le seguenti finalità:
- Verifica del possesso e validità del titolo abilitante (es. per partecipazione ad appalti);
- Controllo sulla sicurezza nei cantieri e sulla regolarità contrattuale;
- Verifica della possibilità di proseguire lavori in caso di sospensione della patente. AL VIA
Sicurezza informatica e trattamento dei dati
Vengono applicate misure tecniche e organizzative molto dettagliate e avanzate, tra cui:
- Autenticazione forte (MFA), segregazione degli accessi, monitoraggio continuo;
- Protezione cloud, sistemi antivirus/XDR, SIEM, backup automatici;
- Sistema di tracciamento delle operazioni effettuate sulla piattaforma (log in modalità “append-only”).
- I dati relativi alla patente sono conservati per la durata della stessa.
Le informazioni su sospensioni e provvedimenti disciplinari sono conservate per un massimo di 5 anni.
I log di tracciamento degli accessi sono conservati per 5 anni, senza analisi automatizzate o alert.
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Contributi 2025 per piccoli coloni e compartecipanti familiari in agricoltura
Con la Circolare INPS n. 108 del 2 luglio 2025, l’Istituto ha reso note le disposizioni relative alla contribuzione dovuta dai concedenti per i piccoli coloni e compartecipanti familiari (PC/CF) per l’anno 2025, ai sensi dell’art. 28 del D.P.R. 488/1968 e dell’art. 7 della legge 233/1990.
Le aliquote includono le componenti previdenziali, assistenziali e assicurative, nonché le agevolazioni per territori svantaggiati. Il versamento è previsto in quattro rate, con prima scadenza fissata al 16 luglio 2025.
Contributi 2025 piccoli coloni e compartecipanti familiari – Aliquote e agevolazioni
L’aliquota per il FPLD è confermata al 30,19%, così suddivisa:
- 21,35% a carico del concedente
- 8,84% a carico del concessionario
Agevolazioni e riduzioni
Per i concedenti restano in vigore i seguenti esoneri:
- Assegni familiari: -0,43%
- Tutela maternità: -0,03%
- Disoccupazione: -0,34% + ulteriore -1,00%
Contributi INAIL
Resta invariato il contributo per l’assicurazione infortuni sul lavoro:
- Aliquota ordinaria: 10,125%
- Addizionale: 3,1185%
Confermata la riduzione dei premi INAIL pari al 14,80% per le aziende agricole aventi diritto.
Contributi 2025 piccoli coloni e compartecipanti familiari – Agevolazioni per zone tariffarie
Di seguito le aliquote di riduzione per le zone montane e svantaggiate:
Territorio Agevolazione Contributo dovuto Non svantaggiati — 100% Montani 75% 25% Svantaggiati 68% 32% Tabella aliquote contributive 2025
tabella contributiva 2025 Voci contributive Totale Concedente Concessionario Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti 30,19% 21,35% 8,84% Quota base 0,11% 0,11% Assistenza Infortuni sul Lavoro 10,125% 10,125% Addizionale Infortuni sul lavoro 3,1185% 3,1185% Disoccupazione 2,75% 2,75% Esonero art. 120 L. 388/2000 -0,34% -0,34% Esonero art.1 Legge 266/2005 -1,00% -1,00% Prestazioni economiche di malattia 0,683% 0,683% Tutela lavoratrici madri 0,03% 0,03% Esonero art. 120 L. 388/2000 (maternità) -0,03% -0,03% Assegni familiari 0,43% 0,43% Esonero art. 120 L. 388/2000 (AF) -0,43% -0,43% Scadenze e modalità di pagamento
Come ricordato anche nel messaggio del 20 giugno 2025 le quattro rate dovranno essere versate entro:
- 16 luglio 2025
- 16 settembre 2025
- 17 novembre 2025
- 16 gennaio 2026
L'istituto ha comunicato anche che dal 2025 gli avvisi di tariffazione della contribuzione sia per i lavoratori autonomi agricoli che per piccoli coloni e compartecipanti non saranno più disponibili nel tradizionale “Cassetto previdenziale per agricoltori autonomi”, in fase di dismissione.
Tutti i contribuenti devono fare riferimento al nuovo “Cassetto previdenziale del Contribuente”, accedendo alla sezione “Dati complementari” > “Stampa lettera F24”.
Si ricorda che già dal 1° settembre 2024, l’accesso ai servizi telematici INPS è possibile esclusivamente tramite:
- SPID (livello ≥ 2)
- CIE 3.0
- CNS (Carta Nazionale dei Servizi).
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Consulenze giuridiche del MEF: in arrivo nuove regole per le istanze
Con il Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze approvato in via preliminare in attuazione dell’articolo 10-octies dello Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212/2000), vengono definite le modalità per presentare istanze di consulenza giuridica in materia tributaria.
Il provvedimento dà attuazione a quanto previsto dal D.lgs. n. 219/2023 di riforma fiscal e, e disciplina presupposti, contenuti, tempi e limiti delle richieste che possono essere avanzate da soggetti collettivi – tra cui associazioni sindacali, ordini professionali, enti pubblici e amministrazioni dello Stato – su questioni fiscali di rilevanza generale.
Il decreto dovrebbe segnare un passo avanti verso una maggiore trasparenza e uniformità nell’interpretazione delle norme tributarie, consentendo ai corpi intermedi di ottenere orientamenti ufficiali non vincolanti ma autorevoli, da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Istanze di consulenza giuridica
Le istanze di consulenza giuridica potranno riguardare solo problematiche fiscali di carattere generale, non riconducibili a singoli contribuenti.
Devono contenere diversi elementi essenziali: i dati del richiedente e dell’eventuale rappresentante legale, l’indirizzo PEC, una descrizione chiara della questione fiscale, le norme di riferimento e la proposta interpretativa motivata.
È richiesta anche la sottoscrizione da parte del legale rappresentante o di un soggetto incaricato formalmente ai sensi dell’art. 63 del DPR 600/1973.
Nel caso in cui la domanda sia incompleta o carente, l’Amministrazione può invitare il richiedente a integrare i dati mancanti entro 30 giorni.
La mancata regolarizzazione comporta la rinuncia implicita all’istanza. È possibile inoltre allegare documentazione proveniente da altre amministrazioni pubbliche se utile alla valutazione del quesito
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Tempi, effetti delle risposte e casi di inammissibilità
L’Amministrazione ha 120 giorni per rispondere, a partire dalla data di ricezione dell’istanza completa. Se la documentazione è insufficiente, può chiedere un’integrazione una sola volta, riaprendo il termine di risposta. L’istanza è considerata rinunciata se la documentazione integrativa non viene presentata entro 60 giorni
.Le risposte fornite non sono vincolanti né impugnabili, ma rappresentano un riferimento utile per i soggetti collettivi rappresentati. Il decreto elenca anche i casi in cui l’istanza è inammissibile, ad esempio se presentata da soggetti non legittimati, se riguarda fattispecie individuali, oppure se verte su questioni già trattate e risolte da precedenti documenti dell’Amministrazione
.Infine, è previsto un regime transitorio: le nuove disposizioni si applicano alle istanze presentate dal giorno successivo alla pubblicazione dei provvedimenti attuativi da parte delle Agenzie fiscali e del MEF. Nessun nuovo onere finanziario è previsto per l’attuazione del decreto.
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Cessione quinto e tassi usura in vigore da luglio 2025
Risultano di nuovo in (leggerissimo) calo i tassi per cessione del quinto delle pensioni per il 3° trimestre 2025.
Lo comunica INPS con il messaggio 2109 del 2 luglio 2025, a seguito del decreto n. 29322 del 26 giugno 2025 il Ministero dell’Economia e delle finanze – Dipartimento del Tesoro, che ha indicato i tassi effettivi globali medi (TEGM) praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari,
In sintesi nelle tabelle che seguono sono riassunti:
1) il valore dei tassi medi e i tassi soglia usura in vigore per i prestiti da estinguere dietro cessione del quinto e della pensione, e
2) i tassi soglia TAEG da utilizzare per i prestiti estinguibili con cessione del quinto della pensione concessi da banche e intermediari finanziari in regime di convenzione ai pensionati, sia per il trimestre in corso che per il 2° trimestre 2025.
Tassi medi, soglia usura e tassi applicabili a pensionati – 2° trimestre 2025
Classi d’importo in euro
Tassi medi
Tassi soglia usura
Fino a 15.000
13,32%
20,65%;
Oltre i 15.000
9,23%
15,5375
Quindi i tassi soglia TAEG da utilizzare per i prestiti concessi ai pensionati da banche e intermediari finanziari convenzionati sono i seguenti:
TASSI SOGLIA PER CLASSI DI ETÀ DEL PENSIONATO E CLASSE D'IMPORTO DEL PRESTITO (TAEG)
Classe di importo del prestito
Classi di età*
Fino a 15.000 euro
Oltre i 15.000 euro
fino a 59 anni
9,69
7,58
60-64
10,49
8,38
65-69
11,29
9,18
70-74
11,99
9,88
75-79
12,79
10,68
Oltre 79 anni
20,65
15,5375
Tassi medi, soglia usura e tassi applicabili a pensionati – 3° trimestre 2025
Tassi medi e soglia usura (luglio–settembre 2025)
Classe d'importo in euro Tassi medi (%) Tassi soglia usura (%) Fino a 15.000 euro 13,13 20,4125 Oltre 15.000 euro 9,03 15,2875 Tassi soglia TAEG per classi di età e importo
Classe di età* Fino a 15.000 euro Oltre 15.000 euro Fino a 59 anni 9,57 7,44 60 – 64 10,37 8,24 65 – 69 11,17 9,04 70 – 74 11,87 9,74 75 – 79 12,67 10,54 Oltre 79 anni 20,4125 15,2875 * Le classi di età comprendono il compimento dell'età minima della classe; l'età deve intendersi quella maturata a fine piano di ammortamento.