• Adempimenti Iva

    Liquidazione IVA nel caso di dichiarazioni omesse: novità dal 2026

    Il DDL di Bilancio 2026, in corso di approvazione defnitiva, tra le norme ne contiene una con misure di contrasto agli inadempimenti in materia di imposta sul valore aggiunto.

    Adempimenti IVA: cosa cambia dal 2026

    Con l'articolo 25 dell DDL  Bilancio 2026 si prevede che al fine di dare attuazione alla Riforma 1.12 del PNRR (Riforma dell’Amministrazione fiscale), come da modifiche in corso di riprogrammazione, vengono introdotte le seguenti norme.

    Al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo l’articolo 54- bis, è inserito il seguente: «Art. 54-bis.1 (Liquidazione IVA nel caso di dichiarazioni omesse)
    In particolare, senza pregiudizio dell’azione accertatrice, l’Agenzia delle entrate, entro il termine di cui all’articolo 57, comma 2, può procedere, in caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale dell’imposta sul valore aggiunto, alla liquidazione dell’imposta, anche avvalendosi di procedure automatizzate, sulla base delle fatture elettroniche emesse e ricevute, dei corrispettivi telematici trasmessi e degli elementi desumibili dalle comunicazioni dei dati delle liquidazioni periodiche. 

    Nell’effettuazione della liquidazione, non si tiene conto del credito risultante dalla dichiarazione presentata per il periodo di riferimento antecedente a quello oggetto di liquidazione e dall’imposta dovuta sono scomputati solo i versamenti effettuati. 

    Ai fini della liquidazione, si considera omessa anche la dichiarazione presentata senza i quadri dichiarativi necessari per la liquidazione dell’imposta dovuta.
    Quando dai controlli eseguiti emerge un’imposta da versare, l’esito della liquidazione è comunicato al contribuente che, nei successivi sessanta giorni, può segnalare eventuali dati o elementi non considerati, o valutati erroneamente, nella liquidazione e fornire i chiarimenti necessari, oppure provvedere al versamento dell’imposta dovuta, unitamente agli interessi e alle sanzioni di cui al comma 3. 

    Decorso tale termine, in caso di inerzia del contribuente, oppure qualora i riscontri forniti non siano idonei a modificare l’importo dell’imposta liquidata, le somme dovute per imposta, sanzioni e interessi sono iscritte direttamente nei ruoli a titolo definitivo, ai sensi dell’articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. 

    Se gli elementi forniti dal contribuente portano ad una diversa determinazione dell’imposta dovuta, l’esito della liquidazione è nuovamente comunicato al contribuente e, dalla data di comunicazione, decorre il termine di cui al primo periodo. 

    Per il pagamento delle somme dovute non è possibile avvalersi della compensazione prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
    In caso di iscrizione a ruolo delle somme dovute, per il relativo pagamento non è ammessa la compensazione prevista dall’articolo 31 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

    Quando dai controlli eseguiti emerge un’imposta da versare, si applica la sanzione di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, determinata in base all’imposta liquidata. Se il contribuente provvede a versare le somme dovute nel termine di cui al comma 2, la sanzione è ridotta a un terzo

    L’avvenuta comunicazione degli esiti della liquidazione non consente di applicare l’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471. 

    Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate possono essere dettate disposizioni attuative del presente articolo, con particolare riguardo alle modalità da seguire per la comunicazione delle risultanze delle liquidazioni e ai dati utilizzabili per l’effettuazione delle stesse.»;
    Inoltre, si prevede che all’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In caso di avvenuta comunicazione della liquidazione di cui all’articolo 54-bis.1 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, per imposta dovuta si intende la differenza tra l’ammontare del tributo liquidato in base all’accertamento e quello già liquidato ai sensi del comma 1 del medesimo articolo 54- bis1.»;
    Si prevede infine che all’articolo 30, comma 1, del Testo unico delle sanzioni tributarie amministrative e penali, di cui al decreto legislativo 5 novembre 2024, n. 173, dopo il quinto periodo, è aggiunto il seguente: «In caso di avvenuta comunicazione della liquidazione di cui all’articolo 54-bis.1 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, per imposta dovuta si intende la differenza tra l’ammontare del tributo liquidato in base all’accertamento e quello già liquidato ai sensi del comma 1 del medesimo articolo 54- bis.1.».

  • Adempimenti Iva

    Permessi retribuiti dipendente: quando i rimborsi al datore non sono soggetti a IVA

    Con la risposta n. 261 del 2025l’Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti sul trattamento ai fini IVA dei rimborsi corrisposti dagli enti locali ai datori di lavoro per le ore di permesso retribuito concesse ai propri dipendenti che ricoprono cariche elettive o amministrative.
    La pronuncia nasce da un quesito presentato da un Comune, e tocca un tema centrale per la gestione fiscale degli enti pubblici: se tali somme, dopo l’abrogazione della storica norma di esenzione, debbano o meno essere considerate prestazioni imponibili IVA.

    Permessi retribuiti al dipendente: i rimborsi al datore non sono soggetti a IVA

    L’istanza di interpello è stata presentata da un Comune che chiede di conoscere la corretta disciplina IVA da applicare ai rimborsi erogati ai datori di lavoro privati o enti pubblici economici per i permessi concessi ai dipendenti chiamati a svolgere funzioni amministrative nell’ente, ai sensi degli articoli 79 e 80 del D.Lgs. 267/2000 (TUEL).

    In particolare, l’art. 80 TUEL dispone che: “Le somme rimborsate sono esenti da imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’articolo 8, comma 35, della legge 11 marzo 1988, n. 67”.

    Tuttavia, il D.L. 16 settembre 2024, n. 131, convertito con modificazioni dalla L. 14 novembre 2024, n. 166 (il cosiddetto “Decreto Salva-infrazioni”), ha introdotto all’art. 16-ter l’abrogazione del comma 35 dell’art. 8 della L. 67/1988, che sanciva proprio l’esenzione IVA per i prestiti o distacchi di personale quando era corrisposto soltanto il rimborso dei costi.

    Da qui il dubbio dell'istante i permessi retribuiti concessi ai lavoratori eletti in organi comunali devono ora essere considerati, ai fini IVA, “prestiti o distacchi di personale”?

    E se sì, il nuovo regime si applica anche ai mandati iniziati nel 2024, prima del 1° gennaio 2025, data di efficacia della nuova norma?

    Il TUEL (artt. 77–80) garantisce ai lavoratori eletti in enti locali il diritto di assentarsi dal lavoro per partecipare alle riunioni degli organi amministrativi, mantenendo la retribuzione ordinaria, che viene poi rimborsata al datore di lavoro dall’ente pubblico presso il quale il dipendente esercita la funzione.

    Fino al 2024, tali rimborsi erano esenti da IVA in base al citato art. 8, comma 35, L. 67/1988, disposizione che escludeva la rilevanza IVA dei distacchi di personale “a fronte del solo rimborso del relativo costo”.

    Dopo la sentenza della Corte di Giustizia UE dell’11 marzo 2020, causa C-94/19, tale regime è stato ritenuto incompatibile con la direttiva 2006/112/CE, in quanto anche il rimborso di costi può configurare una prestazione a titolo oneroso se esiste un nesso diretto tra le parti.
    Per adeguarsi a tale pronuncia, il legislatore italiano ha introdotto nel 2024 l’art. 16-ter del D.L. 131/2024, che abroga l’esenzione e stabilisce la rilevanza IVA dei prestiti e distacchi di personale stipulati o rinnovati dal 1° gennaio 2025.

    Il Comune, quindi, chiede se i rimborsi per permessi amministrativi rientrino in questa nuova categoria e se debbano essere assoggettati a IVA.

    L’Agenzia ricostruisce il quadro normativo e conclude che i rimborsi in questione non sono soggetti a IVA.

    Secondo l’art. 3 del DPR 633/1972, costituiscono prestazioni di servizi imponibili IVA solo quelle che avvengono “verso corrispettivo”, ossia in presenza di un rapporto sinallagmatico in cui il compenso rappresenta il controvalore effettivo del servizio reso.

    L’Agenzia richiama la giurisprudenza UE (sentenze C-283/12, C-11/15, C-544/16) e la Circolare 20/E del 2015, secondo cui l’operazione è imponibile solo se tra le parti esiste una reciprocità di prestazioni: in caso contrario, l’erogazione di denaro è una mera movimentazione finanziaria, esclusa dal campo IVA.

    Nella Circolare 5/E del 16 maggio 2025, l’Agenzia ha chiarito che per configurare un distacco o prestito di personale ai fini IVA devono sussistere tre elementi:

    • un datore di lavoro distaccante, che mette temporaneamente a disposizione un lavoratore;
    • un distaccatario, che ne utilizza l’attività lavorativa;
    • la sussistenza di un interesse economico del distaccante.

    Nel caso dei permessi per mandato elettivo, manca del tutto l’elemento dell’interesse del datore di lavoro: il rimborso erogato dall’ente pubblico non è il corrispettivo di un servizio, ma una forma di compensazione economica per garantire al cittadino la possibilità di esercitare il proprio mandato pubblico.

    Non vi è nesso di reciprocità tra Comune e datore di lavoro: l’ente non riceve alcuna prestazione da parte del datore, ma rimborsa un costo che quest’ultimo ha sostenuto nell’interesse generale della collettività.
    Di conseguenza, manca la condizione essenziale per configurare un’operazione a titolo oneroso e l'agenzia conclude che: 

    “Le somme rimborsate dall’Ente al datore di lavoro non rientrano nel campo di applicazione dell’IVA e non si rilevano le condizioni affinché l’operazione possa essere considerata una prestazione di servizi a titolo oneroso”.

    Allegati:
  • Adempimenti Iva

    Fattura operazioni inesistenti: quando spetta il rimborso IVA

    Con la sentenza n. 22795 del 7 agosto 2025, la Corte di cassazione ha riaffermato un principio consolidato nella giurisprudenza nazionale ed europea: l’emissione di una fattura per operazione inesistente genera l’obbligo di versamento dell’Iva, salvo che sia dimostrata l’eliminazione tempestiva del rischio di perdita del gettito erariale.

    La vicenda trae origine da una verifica della Guardia di Finanza che ha portato all’emissione di avvisi di accertamento per Iva indebitamente detratta a carico di una società operante nel mercato dell’energia elettrica.

    Secondo l’Agenzia delle Entrate, il gruppo societario coinvolto – mediante operazioni tra aziende riconducibili allo stesso soggetto economico – avrebbe simulato acquisti e vendite di energia con meccanismi a saldo zero, privi di reale contenuto economico. 

    Le fatture emesse, quindi, erano relative a operazioni oggettivamente inesistenti.

    In particolare, la società ritenuta “cartiera” avrebbe emesso fatture per cessioni mai avvenute, ma allo stesso tempo ricevuto fatture di importo identico per riacquisti fittizi. Il meccanismo circolare – apparentemente neutro – è stato contestato come strumento fraudolento per sfruttare indebitamente la detrazione dell’Iva.

    Fattura operazioni inesistenti: quando spetta il rimborso IVA

    La Cassazione con la sentenza in oggetto ha accolto il ricorso dell’Amministrazione finanziaria, ribadendo che:

    • l’Iva è dovuta in base alla fattura (anche se falsa). Secondo l’art. 21, comma 7, del DPR n. 633/1972, recependo l’art. 203 della direttiva Iva, chiunque indichi l’Iva in una fattura è obbligato a versarla, anche se l’operazione sottostante è inesistente. Questo perché il sistema dell’Iva si fonda su un principio formale: la “cartolarità” del debito tributario. La sola emissione della fattura fa sorgere l’obbligo di versamento dell’imposta.
    • la detrazione è ammessa solo per operazioni effettive. In parallelo, l’art. 168 della direttiva Iva e l’art. 19 del DPR 633/1972 stabiliscono che il diritto alla detrazione sorge solo in presenza di una reale cessione o prestazione. Di conseguenza, in presenza di operazioni fittizie – come quelle “circolari” in cui la merce è formalmente ceduta e riacquistata tra le stesse società – non è ammessa alcuna detrazione.
    • possibile il rimborso dell’Iva versata, ma solo se non vi è rischio di perdita di gettito

    La Cassazione, richiamando la sentenza Corte UE 8 maggio 2019, causa C-712/2017, ammette che l’emittente della fattura per operazione inesistente può ottenere il rimborso dell’Iva versata, ma solo a condizione che sia stato eliminato completamente il rischio che il destinatario abbia detratto l’imposta.

    In particolare, il rimborso è possibile se:

    • la fattura non è mai stata utilizzata fiscalmente dal destinatario (non è stata annotata né ha generato detrazione);
    • la fattura è stata ritirata tempestivamente;
    • l’Agenzia delle Entrate ha disconosciuto in via definitiva la detrazione da parte del destinatario.

    La sentenza n. 22795/2025 della Cassazione riporta un importante chiarimento: l’emissione di fatture “errate” o simulate comporta obblighi concreti, anche in assenza di operazioni reali. 

    L’unico modo per evitarne gli effetti è dimostrare, con precisione, di aver annullato il rischio di detrazione indebita.

  • Adempimenti Iva

    Regime IVA IOSS: le novità dalla Direttiva UE n 1539

    La Direttiva UE 2025/1539 adottata dal Consiglio lo scorso 18 luglio viene pubbliucata sulla Gazzetta dell'Unione il giorno 25 luglio e contiene norme per incentivare l'uso del regime speciale IVA noto come IOSS.

    Tale regime IOSS (Import One Stop Shop) vuoole rendere più efficace la riscossione dell’IVA gravante sulle vendite a distanza di beni importati.

    La direttiva entra in vigore dal prossimo 14 agosto, ma le relative disposizione hanno decorrenza dal 1° luglio 2028 e dovranno essere recepite dai singoli Stati membri Ue nelle legislazioni nazionali.

    In genereale ricordiamo che il regime IOSS consente di registrarsi in un unico Stato membro per dichiarare e versare l’IVA dovuta in relazione alle vendite a distanza di beni importati, di valore non superiore a 150 euro, effettuate in tutti gli Stati membri Ue.

    Con le modifiche apportate alla Direttiva 2006/112/CE si prevede che i fornitori che effettuano vendite rientranti nell’ambito applicativo dell’IOSS, senza essere registrati al regime speciale, diventeranno, di norma, debitori dell’IVA all’importazione e dell’IVA sulle vendite a distanza negli Stati membri di destinazione finale dei beni, con il conseguente obbligo di registrarsi ai fini IVA in ciascuno di tali Stati.

    Regime IVA IOSS: le novità dalla Direttiva UE n 1539

    In particolare, tra le altre le novità, l'articolo 201 della Direttiva  2006/112/CE viene così modificato:                                                            

    • 1.   all'importazione l'IVA è dovuta dalla o dalle persone designate o riconosciute come debitrici dallo Stato membro d'importazione,
    • 2.   in deroga al paragrafo 1 del presente articolo, il fornitore o, se del caso, il fornitore presunto a norma dell'articolo 14 bis, paragrafo 1, che effettua vendite a distanza di beni importati da territori terzi o paesi terzi che sarebbero ammissibili al regime speciale di cui al titolo XII, capo 6, sezione 4, è il debitore dell'IVA all'importazione,
    • 3.   se il fornitore o il fornitore presunto di cui al paragrafo 2 del presente articolo non è stabilito nella Comunità ma in un paese terzo con cui né l'Unione né lo Stato membro di importazione hanno concluso un accordo di assistenza reciproca di portata analoga alla direttiva 2010/24/UE (*1) del Consiglio e al regolamento (UE) n. 904/2010 del Consiglio, tale fornitore o fornitore presunto designa un rappresentante fiscale nello Stato membro di importazione quale debitore dell'IVA all'importazione.

    Attenzione al fatto che gli Stati membri adottano e pubblicano entro il 30 giugno 2028 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva. 

    Essi informano immediatamente la Commissione.
    Essi applicano tali misure a decorrere dal 1° luglio 2028.
    Quando gli Stati membri adottano tali misure, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.

    Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle misure principali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

  • Adempimenti Iva

    Opzione IVA dal committente Logistica: le comunicazioni dal 30 luglio

    Con il Provveddimento n 309107 del 28 luglio le Entrate pubblicano Modello e istruzione per l'opzione, nel settore del trasporto merci e della logistica, per l’assolvimento dell’IVA da parte del committente del servizio.

    Scarica qui:

    Opzione IVA Logistica dal committente: le comunicazioni dal 30 luglio

    ll modello di comunicazione dell’opzione per le prestazioni di servizi rese nei confronti di imprese che svolgono attività di trasporto, movimentazione merci e servizi di logistica deve essere utilizzato per comunicare all’Agenzia delle entrate l’opzione esercitata dal committente e dal prestatore per il regime transitorio introdotto dall’articolo 1, comma 59, della legge 30 dicembre 2024, n. 207.

    Detto regime stabilisce che, il pagamento dell’IVA dovuta sulle prestazioni di servizi effettuate tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati venga effettuato dal committente in nome e per conto del prestatore, che è solidalmente responsabile dell'imposta dovuta. 

    La facoltà di esercizio dell’opzione, ivi prevista, è consentita anche nei rapporti tra i subappaltatori. 

    L’esercizio dell’opzione in uno qualsiasi dei rapporti tra subappaltante e subappaltatore prescinde dall'esercizio della medesima facoltà nel rap- porto tra committente e primo appaltatore. 

    Per ciascuno dei suddetti rapporti per i quali è esercitata l’opzione va presentata un’autonoma Comunicazione; in tal caso, nel proseguo delle presenti istruzioni per “committente” deve intendersi “subappaltante” e per “prestatore” deve intendersi “subappaltatore”.
    L'opzione è comunicata dal committente all'Agenzia delle entrate ed ha durata triennale. 

    L’esercizio dell’opzione si considera effettuato dalla data di trasmissione della presente Comunicazione.

    La Comunicazione deve essere presentata all’Agenzia delle entrate esclusivamente in via telematica:

    • direttamente dal committente
    • o tramite un intermediario (di cui all’articolo 3, commi 2-bis e 3, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322).

    La trasmissione telematica è effettuata secondo le modalità usuali dei canali telematici dell’Agenzia delle entrate e il file contenente la Comunicazione è formato utilizzando il software “Reverse ChargeLogistica” dal sito ADE.
    A seguito della presentazione della Comunicazione è rilasciata una ricevuta che ne attesta la presa in carico, ovvero lo scarto a seguito dei controlli formali dei dati in essa contenuti.

    A fini della domanda occorre indicare il codice fiscale del committente, e nel caso in cui il dichiarante (colui che sottoscrive la Comunicazione) sia un soggetto diverso dal committente cui si riferisce la Comunicazione occorre anche indicare:

    • il codice fiscale del dichiarante persona fisica che sottoscrive la Comunicazione,
    • il codice di carica del dichiarante desumendolo dalla tabella disponibile nelle istruzioni del modello IVA annuale,
    • codice fiscale società.

    Nelle ipotesi in cui il dichiarante sia una società che presenta la Comunicazione per conto di un altro soggetto, deve essere compilato il campo specifico indicando il codice di carica corrispondente al rapporto intercorrente tra la società dichiarante e il committente.

    Attenzione al fatto che l'opzione può essere esercitata con il modello pubblicato dalle Entrate a partire dal 30 luglio 2025 ed è valida per tre anni salvo recova.

    Il versamento dell'IVA va effettuato con F24 usando il codice tributo istituito con la Risoluzione n 47/2025.

    Allegati:
  • Adempimenti Iva

    Dichiarazione IVA 2025: tardiva entro il 29 Luglio

    Le irregolarità sulla dichiarazione IVA con l’integrazione tra:

    • fatturazione elettronica, 
    • corrispettivi telematici,
    • e controllo incrociato dei dati, 

    sono molto più controllate dalle Entrate.

    Con il Provvedimento del 3 luglio 2025 sull'adempimento spontaneo si applicano le regole di collaborazione tra Fisco e contribuente all'anno di imposta 2024

    In particolare, l’articolo 1, comma 636, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, prevede che con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate siano individuate le modalità con le quali gli elementi e le informazioni, di cui ai commi 634 e 635 del medesimo articolo, sono messi a disposizione del contribuente e della Guardia di Finanza.
    Con il provvedimento in oggetto sono individuate le modalità con le quali sono messe a disposizione del contribuente e della Guardia di finanza,
    anche mediante l’utilizzo di strumenti informatici, le informazioni relative alla presenza di fatture elettroniche emesse e dei corrispettivi giornalieri trasmessi, che segnalano la possibile:

    • mancata presentazione della dichiarazione IVA per il periodo d’imposta 2024 
    • o la presentazione della stessa senza quadro VE o con operazioni attive dichiarate per un ammontare inferiore a 1.000 euro, minore rispetto all’ammontare delle cessioni rilevanti ai fini IVA effettuate nel medesimo periodo d’imposta;
    • presentazione della dichiarazione IVA senza il quadro VJ a fronte di fatture ricevute in regime di inversione contabile (reverse charge). 

    Le Entrate pertanto con il provvedimento forniscono al contribuente dati utili al fine di presentare:

    • la dichiarazione IVA entro novanta giorni dalla scadenza del termine ordinario di presentazione,
    • ovvero di porre rimedio agli eventuali errori od omissioni commessi, medianteil ravvedimento operoso,

    I soggetti tenuti alla presentazione all’Agenzia del modello Iva 2025, per l’annualità 2024, entro i termini ordinari che vanno dal 1° febbraio al 30 aprile 2025, hanno tempo fino a martedì 29 luglio per effettuare l’adempimento dichiarativo, versando, tramite il ravvedimento operoso, la sanzione ridotta di 25 euro (1/10 del minimo), con il codice tributo 8911.

    Ravvedimento omessa dichiarazione IVA 2025: entro il 29 Luglio

    Il 29 luglio è l’ultimo giorno per ravvedere la dichiarazione Iva omessa alla scadenza del 30/04/2025, successivamente, la dichiarazione verrà considerata omessa, pur se successivamente presentata. 

    La presentazione servirà comunque a ridurre il carico delle sanzioni da versare al Fisco.

    Ai sensi del comma 1-bis dell’articolo 5 del D.Lgs. n. 471/97 se la dichiarazione (omessa) viene presentata con ritardo superiore a novanta giorni, ma prima dell’inizio di qualunque attività di controllo, la sanzione irrogabile sarà pari al 75% dell’imposta dovuta e non pagata.

    Nell’ambito dell'attività di compliance l’Agenzia delle Entrate individua situazioni di “anomalia” da cui risulterebbe la mancata o infedele presentazione della dichiarazione Iva come individuate dal Provvedimento di cui trattasi che ha esteso l’applicazione della metodologia indicata anche all’anno di imposta 2024, in riferimento dunque alla dichiarazione Iva 2025.

    Il contribuente che riceve una delle lettere delle entrate avrà possibilità di sanare l'omissione presentando la dichiarazione entro il 29 luglio oppure una dichiarazione integrativa, e di fruire del ravvedimento operoso versando la relativa sanzione.

  • Adempimenti Iva

    Chirurgia estetetica esente IVA: vediamo quando

    Con la Risoluzione n 42 del 12 giugno vengono forniti chiarimenti rispetto all'esenzione IVA della chirurgia estetica.

    Chirurgia estetetica esente IVA: vediamo quando

    Con la Risoluzione n 42/2025 viene chiarito il perimetro della esenzione IVA per la “chirurgia estetica” 

    Essa, in sintesi, è esente se dimostrata, tramite attestazione medica, la finalità terapeutica dell’intervento.

    L’Agenzia delle entrate fornisce indicazioni sulla corretta applicazione delle novità introdotte dall’articolo 4-quater del Dl n. 145/2023, sulla esenzione Iva prevista per le prestazioni di chirurgia e medicina estetica.

    L'articolo 10, comma 18, del decreto Iva prevede l'esenzione Iva per le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese da professionisti sanitari soggetti a vigilanza.

    Il principio trova fondamento nella direttiva Iva 2006/112/CE, che stabilisce l'esenzione per le prestazioni mediche effettuate nell'ambito delle professioni mediche e paramediche.

    La Corte di giustizia Ue ha chiarito che per usufruire dell’agevolazione è necessario lo scopo terapeutico della prestazione e con la sentenza C-91/12 del 21 marzo 2013, con specifico riferimento alle operazioni di chirurgia estetica e ai trattamenti estetici, ha precisato che:

    • beneficiano della esenzione solo gli interventi con scopo terapeutico, ossia utili a diagnosticare, curare o guarire malattie o problemi di salute:
    • gli interventi di chirurgia estetica puramente cosmetici non rientrano nell'esenzione e sono soggetti al regime Iva ordinario, quelli con finalità terapeutica devono essere comprovati per godere del regime di esenzione.

    La Circolare n. 4/2005 aveva dato il via libera, a determinate condizioni, all’applicazione dell’articolo 18 per gli interventi di chirurgia estetica, in quanto connessi al benessere psico-fisico della persona.

    Con l’introduzione dell’articolo 4-quater del Dl n. 145/2023, convertito dalla legge n. 191/202, la normativa italiana, in linea con l’orientamento della Corte di giustizia europea, ha rimodulato le ipotesi di accesso all’esenzione prevista dall’articolo 18.

    Tale norma ha specificato che sono esenti le presentazioni sanitarie di “chirurgia estetica” se corredate da apposita attestazione medica, che ne provi la finalità terapeutica. 

    Le prestazioni sanitarie di “medicina estetica”, invece, continuano a beneficiare dell’articolo 18 a condizione che abbiano finalità terapeutica, comprovata da idonea documentazione da cui risulti che la prestazione è volta a curare malattie o problemi di salute o a tutelare, mantenere o ristabilire la salute, anche psico-fisica della persona.

    Tali nuove regole sono in vigore dal 17 dicembre 2023 e non prima.

    La Risoluzione in oggetto ha precisato che l’attività dei medici anestesisti nell'ambito della chirurgia estetica sono comunque esenti da Iva indipendentemente dalla finalità dell’operazione in quanto l’anestesia tutela e mantiene le condizioni vitali del paziente, configurandosi sempre come prestazione sanitaria terapeutica.

    Infine l’Agenzia ritiene, salvo diversa valutazione del ministero della Salute, che l'attestazione necessaria alla esenzione possa essere rilasciata da qualunque medico, incluso il chirurgo o medico estetico che esegue la prestazione nel rispetto di due condizioni:

    • il documento deve collegare la patologia del paziente alla prestazione estetica
    • l'attestazione deve essere rilasciata prima dell'intervento.

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