• Bilancio

    Affrancamento riserve in sospensione d’imposta: si paga una sostitutiva del 10%

    Il Consiglio dei Ministri il 30 aprile ha approvato in via preliminare lo scherma di DLgs. di revisione di IRPEF e IRES, la cui bozza svela una norma sull'affrancamento delle riserve in sospensione di imposta.

    Vediamo, in sintesi, cosa prevede la norma (art 15 della bozza di Dlgs)  in quesitone sull'affrancamento che, ora passa alle Commissioni competenti per eventuali modifiche o conferme.

    Affrancamento riserve in sospensione d’imposta: novità in arrivo

    Con l'art. 15 rubricato Affrancamento straordinario delle riserve si riaprono, in via straordinaria, i termini per l’affrancamento dei saldi attivi di rivalutazione non affrancati e delle riserve in sospensione di imposta ancora sussistenti nel bilancio dell’esercizio in corso al 31.12.2023, che residuano al termine dell’esercizio in corso al 31.12.2024, previo il pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'IRAP del 10%.

    Secondo la norma in bozza, l’imposta sostitutiva è liquidata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024 ed è versata in quattro rate annuali di pari importo a partire dalla data di scadenza del termine di versamento a saldo delle imposte relative al medesimo periodo d’imposta. 

    Pertanto, l’affrancamento si perfeziona con la presentazione della dichiarazione dei redditi contenente i dati e gli elementi per la determinazione del relativo tributo.   

    La norma, ancora provvisoria, consente di affrancare le riserve in sospensione d’imposta con il pagamento dilazionato senza interessi, e ciò potrebbe costituire un incentivo determinante per i contribuenti ai fini della scelta.

    Come chiarito dalla Agenzia delle entrate in vari documenti di prassi, l’importo da assoggettare a imposta è quello netto della riserva come risultante dal bilancio.

    Le disposizioni attuative dell’affrancamento saranno dettate con un decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della norma.

  • Bilancio

    Deducibili le perdite su crediti anche se derivanti da un comportamento antieconomico

    Il comma 5 dell’articolo 101 del TUIR disciplina la deducibilità delle perdite su crediti, le quali, se previamente rilevate in bilancio, sono fiscalmente deducibili nel momento in cui tali perdite:

    • risultino confermate da elementi certi e precisi;
    • in ogni caso se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali.

    Per il caso del creditore in bonis, il perno della deducibilità fiscale risulta essere, quindi, la presenza di elementi certi e precisi che dimostrino la definitività della perdita realizzata e il suo ammontare, essendo, in linea di principio, deducibile una perdita definitiva ma non una perdita stimata.

    La valutazione dell’esistenza degli elementi certi e precisi, richiesta dal comma 5 dell’articolo 101 del TUIR è da effettuarsi caso per caso, in quanto subordinata a specifiche situazioni che possono, tuttavia, essere classificate in due grandi categorie:

    • quelle derivanti da una valutazione di inesigibilità definitiva;
    • quelle conseguenti ad un atto realizzativo o estintivo.

    Per un approfondimento sulla deducibilità delle perdite su crediti è possibile leggere l’articolo: Perdite su crediti: il punto sulla normativa civile e fiscale.

    Il problema dell’antieconomicità

    L’ordinanza numero 8445 della Corte di Cassazione, pubblicata il 28 marzo 2024, prende in esame una importante ipotesi di limitazione della deducibilità delle perdite su crediti, anche quando sostenute dagli elementi certi e precisi richiesti dalla normativa, non a caso oggetto di contestazione fino in Cassazione: il caso in cui il realizzo della perdita sottenda un comportamento antieconomico da parte del soggetto che l’ha realizzata, e che ne richiede il riconoscimento fiscale.

    Nel caso in esame viene contestata dall’amministrazione finanziaria la deducibilità di una perdita su crediti realizzata nel contesto di un accordo transattivo, in conseguenza di un accordo tra le parti.

    Non è la prima volta che l’Agenzia delle Entrate pone difficoltà alla deducibilità delle perdite su crediti in questa situazione; a riguardo è possibile leggere l’articolo L'accordo transattivo per difficoltà economica del cliente.

    Ma sul tema, nel caso in esame, la Corte di Cassazione è rimasta allineata alle precedenti indicazioni giurisprudenziali, che ormai si possono considerare consolidate, rifiutando così di apporre una limitazione di valutazione soggettiva (l’antieconomicità) a una struttura giuridica oggettiva (l’effettiva realizzazione di una perdita).

    Con maggiore precisione, La Corte di Cassazione con l’ordinanza 8445/2024 sostiene che:

    • in tema di imposte sui redditi, non è necessario, al fine di ritenere deducibili le perdite sui crediti quali componenti negative del reddito d'impresa, che il creditore fornisca la prova di essersi positivamente attivato per conseguire una dichiarazione giudiziale dell'insolvenza del debitore e, quindi, l'assoggettamento di costui ad una procedura concorsuale, essendo sufficiente che tali perdite risultino documentate in modo certo e preciso, atteso che […] le perdite sono deducibili, oltre che se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali, quando, comunque, risultino da elementi certi e precisi”;
    • con particolare riguardo all’ipotesi di transazione quale causa della perdita del credito (e prova della sua oggettività) è stato più volte affermato essere sufficiente provare il titolo della perdita realizzativa, rimanendo insindacabile altresì la palese antieconomicità, rientrando nelle scelte dell’imprenditore”;
    • la scelta imprenditoriale di transigere con un proprio cliente non rende indeducibile la perdita conseguente, perché il legislatore ha riguardo solo alla oggettività della perdita e non pone nessuna limitazione o differenziazione a seconda della causa di produzione della stessa, potendo legittimamente compiere operazioni antieconomiche in base a considerazioni di strategia generale ed in vista di benefici economici su altri fronti”.

    In definitiva, quindi, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza 8445/2024, sostiene il principio contenuto nella lettura letterale dell’articolo 101 del TUIR: una perdita su crediti, effettivamente realizzata, definita e definitiva, sostenuta da elementi certi e precisi, è deducibile anche in caso di accordo transattivo palesemente antieconomico, perché l’esame delle motivazioni che stanno alla base della decisione non è richiesta dalla normativa e, comunque, tali motivazioni non inficiano in alcun modo le caratteristiche della perdita che è in ogni caso effettivamente realizzata.

  • Bilancio

    Deposito Bilanci 2023: diritti e bolli da pagare

    La Guida 2024 Unioncamere per il deposito bilanci 2023 campagna 2024, tra l'altro, contiene gli importi per diritti di segreteria e bollo da corrispondere per il suddetto deposito.

    Nel capitolo 3 del documento al punto 3.1 vengono evidenziati i diritti e bolli per il deposito di:

    • bilanci ordinari,
    • bilanci abbreviati,
    • bilanci delle microimprese.

    Per gli altri importi di deposito bilanci si rimanda alla lettura integrale del capitolo 3.

    Deposito Bilanci 2023: diritti e bolli da pagare

    Ai sensi degli artt. 2435-bis e 2435-ter c.c. il bilancio va depositato entro 30 giorni dalla data del verbale di approvazione.

    A tale fine con il servizio di deposito delle CCAA, occorre versare:

    • diritti di segreteria: 
      • € 62,40, esente se start-up innovativa o incubatore certificato. Tale esenzione è dipendente dal mantenimento dei requisiti previsti dalla legge per l’acquisizione della qualifica di start up innovativa o di incubatore certificato, e dura comunque non oltre il quinto anno dalla costituzione per la start up innovativa e non oltre il quinto anno dall’iscrizione nella sezione speciale del Registro delle imprese per l’incubatore certificato; 
      • € 32,40 per le cooperative sociali dalla data di iscrizione nella sezione MU con categoria CSO dell’Albo nazionale cooperative. 
    • imposta di bollo: 
      • € 65,00, esente se start-up innovativa, incubatore certificato o PMI innovativa. Tale esenzione è dipendente dal mantenimento dei requisiti previsti dalla legge per l’acquisizione della qualifica di start up innovativa, di incubatore certificato o di PMI innovativa, e dura comunque non oltre il quinto anno dalla costituzione per la start up innovativa e non oltre il quinto anno dall’iscrizione nella sezione speciale del Registro delle imprese per l’incubatore certificato e per la PMI innovativa; cooperative sociali esenti dalla  Manuale operativo per il deposito dei bilanci al registro delle imprese anno 2024          

    Viene anche precisato che, i documenti da presentare sono i seguenti:

    • n. 1 copia del bilancio composto di Stato Patrimoniale, Conto Economico, Rendiconto Finanziario (obbligatorio per il solo bilancio ordinario) e Nota Integrativa (esclusi i bilanci delle micro-imprese – art. 2435-ter c.c.); il bilancio deve essere comparato con quello dell’anno precedente;  
    • n. 1 Relazione sulla Gestione, tale relazione è un allegato obbligatorio del bilancio ordinario (non necessaria per le società che redigono il bilancio in forma abbreviata e per le micro-imprese, ai sensi degli artt. 2435-bis e 2435-ter c.c.);  
    • n. 1 Verbale di assemblea (o del Consiglio di Sorveglianza) che ha approvato il bilancio, oppure, nel caso di decisione adottata mediante consultazione scritta o consenso espresso per iscritto (art. 2479 c.c.), Verbale della deliberazione di approvazione del bilancio redatto dagli amministratori; 
    • n. 1 Relazione del Collegio Sindacale (ove esistente) o Relazione unitaria di controllo societario del Collegio Sindacale incaricato della revisione legale dei conti;  
    • n. 1 Relazione del soggetto incaricato alla revisione legale dei conti (se diverso dal Collegio Sindacale).  

    Nel capitolo 5 della stessa guida delle camere di commercio si precisa che:

    • l’importo dei diritti di segreteria è pari a € 62,40 per via telematica, € 92,40 per deposito effettuato mediante supporto informatico digitale, comprensivo di € 2,40 per il contributo al finanziamento dell’Organismo italiano di contabilità OIC;
    • l’importo relativo all’imposta di bollo è pari a € 65,00. 

    Attenzione al fatto che i depositi a rettifica di bilanci già depositati sono soggetti agli ordinari diritti di segreteria (€ 62,40) e all’imposta di bollo (€ 65,00). 

    La rettifica degli elenchi soci già iscritti è soggetta al diritto di segreteria (€ 30,00) e all’imposta di bollo (€ 65,00). 

    Per tutti gli altri importi di deposito bilanci si rimanda alla lettura intergrale del capitolo 3 della guida di unioncamere

  • Bilancio

    Bilanci di Liquidazione: in consultazione il principio OIC 5

    L'Organismo italiano di contabilità, OIC con avviso del 9 aprile informa gli interessati della pubblica consultazione avviata fino al 31 luglio per la l'OIC 5 sui Bilanci di liquidazione.

    Bilanci di Liquidazione: in consultazione il principio OIC 5

    La nota pubblicata sul sito istituzionale dell'OIC specifica che la necessità di aggiornamento del principio OIC 5 sulla liquidazione dei bilanci nasce dalle criticità riscontrate dagli operatori nell’applicazione delle disposizioni attualmente in vigore.
    Nell’attuale OIC 5 la finalità del bilancio di liquidazione è fornire informazioni prognostiche sull’esito della liquidazione, ossia se ci sono sufficienti flussi finanziari attivi a coprire tutte le passività e gli oneri della procedura liquidatoria. 

    Da qui, l’utilizzo di criteri valutativi coerenti con tale scopo prognostico, quali il valore di realizzo per le attività, anche superiore al valore contabile, oltre all’iscrizione di un fondo che accoglie la stima di tutti gli oneri derivanti dallo svolgimento della procedura (fondo per costi e oneri di liquidazione).
    Viene precisato che nel corso del progetto di revisione del principio è emerso che il principio attualmente in vigore non trova piena applicazione tra gli operatori.

    In particolare, la valutazione delle attività al valore di realizzo è risultata inapplicata nella prassi nei casi in cui il valore di realizzo è superiore al valore contabile, soprattutto per motivi prudenziali e di responsabilità da parte dei liquidatori; mentre, le disposizioni sul fondo per costi e oneri della liquidazione sono risultate di difficile applicazione, stante le numerose incertezze legate alla stima di tutti gli elementi da considerare lungo la durata dell’intera procedura liquidatoria.
    Ciò premesso, in ragione delle criticità emerse, sono state ridefinite le finalità del bilancio di liquidazione.

    Nella bozza del principio contabile, il bilancio di liquidazione rappresenta uno strumento informativo di rendicontazione dell’andamento del procedimento liquidatorio.
    Coerentemente con il disposto dell’art. 2490 del codice civile, se non diversamente indicato nel principio, restano applicabili le norme ordinarie di redazione del bilancio, così come definite dagli art 2423 e seguenti del codice civile e dagli altri principi contabili nazionali, tenuto conto dei necessari adattamenti viste le diverse finalità della liquidazione. Tali adattamenti riguardano anche gli schemi di bilancio.
    Nella fase di revisione del principio contabile è emerso infatti che per una società in liquidazione perde di significato la distinzione tra attivo circolante e attivo immobilizzato, propria delle aziende che operano nella prospettiva della continuazione dell’attività. 

    Concludendo, l'OIC specifica che si è scelto di riformulare gli schemi di bilancio in un’ottica di maggiore compatibilità con le finalità liquidatorie.

    A tal fine è possibile inviare commenti entro il 31 luglio 2024

  • Bilancio

    Opzione riallineamento fiscale: cosa fare in caso di errore

    L'agenzia delle entrate con l'interpello n 42 del 9 febbraio fornisce chiarimenti su errata opzione della scelta in dichiarazione per il riallineamento fiscale.

    In dettaglio, chiarisce che non è utilizzabile l'istituto del ravvedimento operoso e specifica i casi in cui è utilizzabile la remissione in bonis, vediamo il perché e i dettagli del caso di specie.

    Opzione riallineamento fiscale: cosa fare in caso di errore

    L'istante pone un quesito in merito alla possibilità di modificare, mediante dichiarazione integrativa, la dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta 2019, per rettificare il contenuto dei campi ove è stata esercitata ''erroneamente'' una opzione (quella per riallineamento dei valori ex articolo 176, comma 2ter, del Tuir), in luogo di quella effettivamente scelta (opzione per il riallineamento di cui dall'articolo 1, commi da 696 a 704, della legge 27 dicembre  2019, n. 160). 

    In particolare, il contribuente «nel corso del 2017, ha effettuato un'operazione straordinaria di fusione dalla quale sono emerse delle differenze tra il valore civilistico e il valore fiscale relativamente ad un terreno sul quale insiste un fabbricato industriale.  

    Per effetto della citata operazione di fusione, nella dichiarazione dei redditi relativa all'anno 2018 è stato compilato il quadro RV per evidenziare il disallineamento  dei valori pari ad euro […]. […]  

    La società istante ha inteso usufruire della normativa ritenuta di favore [prevista  dal citato articolo 1, commi da 696 a 704, della legge n. 160 del 2019, per riallineare  fiscalmente e a pagamento i differenziali di valore contabile/fiscale riferibili ai beni  d'impresa, ndr.]. […] (…)».  

    Tuttavia, nella dichiarazione dei redditi 2020 (anno d'imposta 2019), regolarmente presentata dalla Società istante, il citato riallineamento è stato erroneamente esposto nella sez. VIA del quadro RQ anziché nella sezione XXIIIB dello stesso quadro RQ.  

    In conseguenza dell'errore commesso nella compilazione della dichiarazione dei redditi inviata telematicamente, l'imposta sostitutiva è stata erroneamente versata utilizzando il codice tributo 1126 (di cui al riallineamento ex art. 176 del TUIR) invece che con il codice da riallineamento ex art. commi 696 e seguenti della Legge n. 160/2019 (codice tributo 1811) che, peraltro, avrebbe comportato un versamento inferiore.

    Premesso che, «nel corso del prossimo futuro, concluderà una serie di atti di  vendita aventi ad oggetto gli immobili oggetto di riallineamento  l'istante intende pertanto conoscere se:  

    • può rimediare presentando una dichiarazione integrativa con i dati esatti ricorrendo al ravvedimento operoso e chiedendo la rettifica del codice tributo indicato nel modello F24 mediante pratica Civis;
    • in caso di risposta negativa, l’istante ritiene di poter sanare l’errore recuperando la somma tramite credito d'imposta, in linea, a suo parere, con l'articolo 3, commi 2 e 3, del Dm n. 86/2002 in tema di rivalutazioni e riallineamento di valori.

    Opzione riallineamento fiscale: cosa fare in caso di errore

    Le Entrate specificano che ambedue i quesiti prospettati:

    1. l'uno in merito alla possibilità di modificare, mediante ravvedimento operoso, la dichiarazione in parola esercitando  una opzione differente rispetto a quella già espressa, 
    2. e l'altro di recuperare l'imposta  sostitutiva versata tramite il riconoscimento di un credito d'imposta 

    trovano risposta sfavorevole per le ragioni di seguito esposte.  

    Con l'istituto del ravvedimento operoso, disciplinato dall'articolo 13 del decreto legislativo del 18 dicembre 1997, n. 472, è possibile definire una irregolarità fiscale (i.e. errori, omissioni, versamenti tardivi  o carenti), provvedendo spontaneamente alla rimozione formale della violazione commessa e, contestualmente, al pagamento dell'imposta dovuta, degli interessi e della  sanzione in misura ridotta in ragione del tempo trascorso dalla commissione delle violazioni stesse.

    Detto istituto non può, invece, essere utilizzato per modificare scelte o correggere errori o omissioni compiuti in applicazione di regimi opzionali.  

    Al più, lo strumento specificamente introdotto dal legislatore in particolare, con l'articolo 2, comma 1 del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16 (convertito con  modificazioni dalla legge 26 aprile 2012, n. 44) volto a evitare che, in determinate circostanze, al contribuente, in possesso di requisiti sostanziali normativamente richiesti, sia preclusa la possibilità di fruire di benefici fiscali o di regimi opzionali è, invero,  l'istituto della remissione in bonis. 

    In base al richiamato articolo 2, «sempre che la violazione non sia stata constatata  o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l'autore dell'inadempimento abbia avuto formale conoscenza», il contribuente può fruire di benefici di natura fiscale e accedere ai regimi fiscali opzionali  laddove

    • «a) abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento; 
    • b) effettui la comunicazione ovvero esegua l'adempimento richiesto entro il  termine di presentazione della prima dichiarazione utile; 
    • c) versi contestualmente l'importo pari alla misura minima della sanzione  stabilita dall'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, secondo le modalità stabilite dall'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio1997, n.241,  esclusa la compensazione ivi prevista».  

    Con la circolare n. 38/E del 28 settembre 2012, è stato chiarito che «il  contribuente deve effettuare la comunicazione ovvero eseguire l'adempimento richiesto  ''entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile'', da intendersi come la  prima dichiarazione dei redditi il cui termine di presentazione scade successivamente al  termine previsto per effettuare la comunicazione ovvero eseguire l'adempimento stesso»  requisito che, nel caso di specie, non sussiste per decorso del termine.  

    Sempre con la circolare n. 38/E del 2012 è stato chiarito, inoltre, che la previsione normativa in oggetto "esclude che il beneficio possa essere fruito o il regime applicato nelle ipotesi in cui il tardivo assolvimento  dell'obbligo di comunicazione ovvero dell'adempimento di natura formale rappresenti un mero ripensamento, ovvero una scelta a posteriori basata su ragioni di opportunità.  L'esistenza della buona fede, in altri termini, presuppone che il contribuente  abbia tenuto un comportamento coerente con il regime opzionale prescelto ovvero con  il beneficio fiscale di cui intende usufruire (c.d. comportamento concludente), ed abbia  soltanto omesso l'adempimento formale normativamente richiesto, che viene posto in  essere successivamente".  

    A parere delle Entrate, nel caso descritto, non si ravvisa alcuna distonia che avrebbe potuto dar luogo all'applicazione della disciplina della remissione in bonis, in ogni caso scaduta visto che il ''comportamento'' tenuto dall'istante versamento dell'imposta sostitutiva  eseguito ben prima (24 luglio 2020) della presentazione della dichiarazione annuale (28  ottobre 2020) a suo dire errata  è coerente con il regime opzionale indicato nella citata dichiarazione e non con quello che si chiede di modificare. 

    Ne deriva che la richiesta di modificare l'opzione a posteriori appare un mero ripensamento, una scelta basata  su ragioni di opportunità, a nulla rilevando il richiamo al riallineamento fiscale di cui  all'articolo 1 commi 696 e seguenti della legge n. 160 del 2019 presente nell'informativa  del bilancio d'esercizio relativo al 2019, che rappresenta una manifestazione d'intento cui non ha fatto seguito un comportamento concludente e fiscalmente rilevante. 

    Alla luce delle considerazioni suesposte, all'istante è preclusa la possibilità di  emendare l'opzione espressa nella dichiarazione annuale relativa al periodo d'imposta  2019.  

    Al fine di recuperare la maggiore imposta sostitutiva versata  l'istante potrà esclusivamente presentare istanza di rimborso ex articolo 38 del decreto  del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, entro i termini dal medesimo  previsti (48 mesi dal versamento), illustrando all'ufficio competente i motivi per i quali il  versamento va considerato indebito. 

    Non è, invece, ammissibile il riconoscimento di un  credito d'imposta in conformità a quanto disposto dall'articolo 3, commi 2 e 3, del DM n.  86 del 19 aprile 2002,

    Allegati:
  • Bilancio

    Soglie dimensionali bilanci imprese 2024: nuove regole UE

    Pubblicata in Gazzetta dell'Unione Europea del 21 dicembre la Direttiva Delegata n. 2775/2023 che modifica la Direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai bilanci d’esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese.

    Si prevede che, gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alle nuove norme entro e non oltre il 24 dicembre 2024.

    Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni e applicano tali disposizioni per gli esercizi finanziari che hanno inizio il 1° gennaio 2024 o in data successiva

    In deroga al secondo comma, gli Stati membri possono consentire alle imprese di applicare tali disposizioni per gli esercizi aventi inizio il 1° gennaio 2023 o in data successiva. 

    Ciò premesso vediamo le nuove soglie.

    Soglie dimensionali imprese 2024: come cambiano con le regole UE

    Come specificato nei "considerato" della Direttiva:

    • vista l’elevata inflazione registrata nel 2021 e nel 2022, sono stati rivisti i criteri dimensionali monetari atti a determinare la categoria dimensionale di un’impresa per tenere conto delle conseguenze dell’inflazione;
    • e secondo dati Eurostat, nell’arco dei circa dieci anni dal 1° gennaio 2013 al 31 marzo 2023, l’inflazione cumulata si è attestata al 24,3 % nella zona euro e al 27,2 % nell’intera Unione;

    la Commissione ritiene pertanto necessario adeguare le soglie di cui all’articolo 3, paragrafi da 1 a 7, della direttiva 2013/34/UE per tenere conto dell’inflazione, aumentandole del 25 % e arrotondandole per approssimazione. 

    Vediamo gli interventi che incidono sui limiti delle lettere a) e b), rispettivamente riferiti al totale dello Stato patrimoniale e ai ricavi netti delle vendite e delle prestazioni, contenute nei commi da 1 a 7 dell’art. 3 della direttiva bilanci. 

    Con riferimento alle microimprese, ossia il comma 1, il valore riportato:

    • nella lettera a) passa da 350.000 euro a 450.000 euro 
    • quello della lettera b) passa da 700.000 euro a 900.000 euro.

    Con riferimento alle piccole imprese e dei piccoli gruppi, si tratta rispettivamente dei commi 2 e 5, il valore riportato:

    • nelle lettere a) passa da 4.000.000 di euro a 5.000.000 di euro 
    • quello delle lettere b) passa da 8.000.000 di euro a 10.000.000 di euro.

    Con riferimento alle medie imprese, grandi imprese, gruppi di dimensioni medie e grandi gruppi, si tratta rispettivamente dei commi 3, 4, 6 e 7, il valore riportato:

    • nelle lettere a) passa da 20.000.000 di euro a 25.000.000 di euro 
    • quello delle lettere b) passa da 40.000.000 di euro a 50.000.000 di euro.

    Per tutti gli altri dettagli si rimanda al testo della Direttiva n 2023/2775.

  • Bilancio

    Deposito Bilanci: novità per gli Esperti Contabili

    Pubblicata in GU n 293 del 16 dicembre la Legge n 191/2023 di conversione del DL anticipi (Dl n145/2023) arrivano novità per il deposito dei bilanci e di altri documenti societari.

    Nel dettaglio, con l'art 8 ter viene stabilito che il deposito dei bilanci e degli altri documenti di cui all'articolo 2435 del codice civile potrà essere effettuato mediante trasmissione telematica o su supporto informatico, da parte degli iscritti nelle sezioni A e B dell'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.

    Nel dettaglio si modificano i commi 2 quater e quinquies dell'art 31 Legge 340/2000 che attualmente prevedono che:

    • 2-quater. Il deposito dei bilanci e degli altri documenti di cui all'art 2435 del codice civile può essere effettuato mediante trasmissione telematica o su supporto informatico degli stessi, da parte degli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, muniti della firma digitale e allo scopo incaricati dai legali rappresentanti della società.
    • 2-quinquies. Il professionista che ha provveduto alla trasmissione di cui al comma 2-quater attesta che i documenti trasmessi sono conformi agli originali depositati presso la società. La società è tenuta al deposito degli originali presso il registro delle imprese su richiesta di quest'ultimo. Gli iscritti agli albi dei dottori commercialisti e dei ragionieri e periti commerciali, muniti di firma digitale, incaricati dai legali rappresentanti della società, possono richiedere l'iscrizione nel registro delle imprese di tutti gli altri atti societari per i quali la stessa sia richiesta e per la cui redazione la legge non richieda espressamente l'intervento di un notaio

    estendendo agli esperti contabili la possibilità di depositare i bilanci e altri documenti societari.

    Gli iscritti alla sezione B dell'Albo sono tutti coloro che, oltre ad avere i requisiti di cui all’art. 36 comma 1 del decreto legislativo n 139/2005:

    • siano in possesso di una laurea nella Classe delle lauree in Scienze dell’economia e della gestione aziendale o nella Classe delle lauree in Scienze economiche;
    • abbiano superato l’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione, secondo le norme ad esso relative (art. 36 comma 4 del DLgs. 139/2005).

    Ricordiamo che, già in data 5 dicembre il CNDCEC con l'informativa n 148 annunciava l'importante novità.

    Veniva evidenziato come si tratta di una misura per la quale il ruolo del Consiglio nazionale è risultato essere determinante.

    L’emendamento amplia meritoriamente l’ambito di attività professionale degli esperti contabili, riconoscendone evidentemente competenza e preparazione. 

    Nella informativa indirizzata agli ordini territoriali, viene specificato che: "è questo il motivo che ci ha spinti a sostenerlo e avallarlo convintamente, anche nella fase finale del suo percorso parlamentare, allorquando su di esso erano da alcune parti emersi dubbi che abbiamo fugato senza indugio. 

    Il nostro intervento ne ha consentito di fatto l’approvazione, a dimostrazione dell’impegno costante del Consiglio nazionale nel portare avanti un proficuo confronto con gli interlocutori istituzionali".