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    Dati sui social per l’intelligenza artificiale: come opporsi entro maggio

    Dal 30 maggio 2025 Meta, la società proprietaria di Facebook, Instagram e WhatsApp, inizierà a utilizzare i dati personali degli utenti per addestrare i propri sistemi di intelligenza artificiale (IA). È quanto annunciava  il Garante per la protezione dei dati personali in un comunicato di marzo 2025 invitando  tutti a informarsi e, se lo desiderano, a esercitare il diritto di opposizione entro la fine del mese.

    L’utilizzo dei dati per l’IA non riguarda solo chi ha un account sui social Meta, ma potenzialmente anche chi non è iscritto, se i propri dati sono stati condivisi da altri utenti. Per questo è importante agire subito, compilando gli appositi moduli messi a disposizione online sulle piattaforme social.

    Il termine si avvicina: vediamo piu in dettaglio di cosa si tratta.

    Cosa farà Meta con i nostri dati

    Meta ha annunciato che userà i contenuti pubblici pubblicati dagli utenti maggiorenni – come post, commenti, foto, didascalie – e anche le informazioni inserite nelle chat con i servizi di IA (ad esempio su WhatsApp), per migliorare i suoi sistemi di intelligenza artificiale. In particolare, questi dati alimenteranno strumenti come il chatbot Meta AI o i modelli linguistici come Llama.

    Questo trattamento sarà basato sul “legittimo interesse” di Meta. Tuttavia, il Garante ha sottolineato che il Regolamento europeo (GDPR) riconosce agli utenti il diritto di opporsi a questo uso dei propri dati.

    Il Garante ricorda anche che il diritto di opposizione non riguarda solo Meta. Anche altri sistemi di intelligenza artificiale – come quelli sviluppati da OpenAI (ChatGPT), DeepSeek o Google – possono essere soggetti alla stessa regola. È sempre possibile chiedere che i propri dati non vengano utilizzati per addestrare algoritmi.

    Opposizione per l’uso dei propri dati sui sociale: cosa fare

    Chi non vuole che i propri contenuti vengano utilizzati da Meta per l’IA deve compilare un modulo online che le piattaforme sono obbligate a rendere disponibili, ai seguenti link:

    ATTENZIONE : chi esercita l’opposizione entro fine maggio potrà impedire che tutti i propri dati personali vengano usati. 

    Chi invece si oppone dopo, riuscirà a bloccare solo l’uso dei dati pubblicati dopo la data dell’opposizione. I dati già raccolti fino a quel momento resteranno a disposizione di Meta per l’addestramento dei suoi sistemi.

    Va inoltre  tenuto presente che anche i dati dei non utenti e dei minori sono a rischio: anche chi non è registrato a Facebook o Instagram potrebbe vedere i propri dati coinvolti, se ad esempio appaiono in foto o testi pubblicati da altri. In questo caso si può usare il modulo per i non utenti.

    Privacy dei dati e intelligenza artificiale: cosa sta facendo il Garante

    Nel frattempo, l’Autorità italiana per la privacy sta collaborando con le altre autorità europee per valutare la legittimità del comportamento di Meta. 

    Si punta a capire se esistano le basi legali per un uso così esteso dei dati personali, e se il diritto di opposizione sia davvero garantito in modo semplice, effettivo e completo. In particolare, è stato richiesto a Meta di chiarire anche l’uso delle immagini di minorenni postate da adulti.

    In sintesi: chi utilizza Facebook, Instagram o anche solo ha la propria immagine o informazioni online, dovrebbe valutare con attenzione se desidera che i propri dati alimentino i sistemi di intelligenza artificiale. Se la risposta è no, è fondamentale agire entro fine maggio 2025.

    Ricordiamo che sul tema  già nel 2023  il Garante aveva  avviato una indagine conoscitiva  e l'anno scorso ha deliberato un provvedimento sui rischi e i possibili interventi per la tutela dei dati.

    Lo alleghiamo  qui per maggiore informazione: Web scraping ed intelligenza artificiale generativa: nota informativa e possibili azioni di contrasto

  • Privacy

    Certificati di malattia: sanzioni per mancato rispetto della privacy

    La protezione della privacy dei lavoratori e dei cittadini rimane una priorità assoluta, e le violazioni sono da sanzionare duramente.

    Lo evidenzia un nuovo  recente intervento del Garante per la protezione dei dati personali che ha comminato una sanzione da 17 mila euro per il rilascio di un certificato medico che riportava dettagli sul reparto sanitario responsabile della prestazione e per altre inadempienze.

    Vediamo ulteriori dettagli nei prossimi paragrafi

    Garante privacy no ai dati sulla salute nei certificati medici

    Il caso riguardava una paziente  che aveva segnalato una violazione da parte di un’Azienda Sanitaria Territoriale, colpevole di aver rilasciato un certificato medico che indicava dettagli specifici sul reparto ospedaliero dove era stata erogata la prestazione sanitaria. 

    Questi dettagli, come il timbro con la specializzazione del medico o il nome della struttura, costituiscono informazioni potenzialmente riconducibili allo stato di salute della persona, in violazione dei principi fondamentali di protezione dei dati personali. 

    Il Garante ha sottolineato che i certificati medici destinati a giustificare un’assenza dal lavoro o l’impossibilità di partecipare a un concorso devono contenere esclusivamente le informazioni strettamente necessarie, senza alcun riferimento che possa rivelare la natura delle condizioni di salute. 

    Questa violazione ha portato l’Azienda Sanitaria a ricevere una sanzione amministrativa di 17mila euro.

    Certificati medici e Privacy by design: un obbligo, non un’opzione

    Oltre alla violazione del principio di minimizzazione dei dati, il Garante ha accertato un mancato rispetto del principio di privacy by design.

    Questo principio richiede che, fin dalla progettazione di processi e moduli, vengano adottate misure tecniche e organizzative per garantire la protezione dei dati personali

    Nel caso specifico, l’Azienda non aveva predisposto adeguati accorgimenti per evitare la diffusione di informazioni sensibili nei certificati medici. 

    Nonostante l’intervento del Garante abbia portato l’Azienda a modificare i moduli e a formare il personale sul trattamento dei dati, il ritardo nell’adozione di queste misure ha avuto conseguenze gravi: un numero potenzialmente elevato di pazienti è stato coinvolto per un lungo periodo.

     Inoltre, l’Azienda ha aggravato la situazione non rispondendo tempestivamente alle richieste di informazioni da parte dell’Autorità, incorrendo in ulteriori violazioni del Codice della Privacy. 

    Questo caso rappresenta un monito per tutte le organizzazioni sanitarie e non , chiamate a garantire non solo la qualità dei servizi  ma anche il pieno rispetto dei diritti alla riservatezza dei cittadini, pena sanzioni rilevanti e danni alla propria reputazione.

  • Privacy

    Nuovo Codice della Privacy – Codice in materia di protezione dei dati personali

    Pubblichiamo il testo del Nuovo Codice in materia di protezione dei dati personali (Dlgs del 30.06.2003 n. 196) recante “Disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonchè alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)”.

    Le novità introdotte dal decreto legge 2 marzo 2024, n. 19, convertito, con modificazioni dalla legge 29 aprile 2024, n. 56 sono riportate in rosso.

    Il presente testo coordinato è reso disponibile al solo scopo informativo e non ha valore ufficiale.

    Allegati:
  • Privacy

    Privacy: multa da 120mila euro per uso di software di controllo attività

    Sanzionato con multa da 120mila euro il datore di lavoro che utilizzava un software di monitoraggio puntuale dell'attività dei dipendenti ( su tempi, modalità di lavorazione e  pause)  , senza adeguata informativa,  e uno strumento per l'accesso  al luogo di lavoro tramite riconoscimento facciale. 

    Si tratta del provvedimento del Garante Privacy  338 2024 del 6 giugno 2024.

    Vediamo il caso in maggiore dettaglio.

    Utilizzo software di controllo e riconoscimento facciale: il caso

    A seguito di un reclamo presentato da un dipendente contro il proprio datore di lavoro (una officina meccanica)  per un presunto illecito trattamento dei dati personali dei dipendenti,  l'Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali ha esaminato la documentazione e ha effettuato ispezioni per verificare la conformità della società alle normative vigenti in materia di protezione dei dati.

    Il dipendente in particolare evidenziava che erano stati utilizzati  senza un adeguata informativa ai dipendenti :

    1. il software "Infinity DMS" per la gestione delle prestazioni lavorative di ciascun lavoratore  e 
    2. l'hardware  "X-Face 380" ,  un sistema di riconoscimento facciale,  per il controllo degli accessi sul luogo di lavoro. 

    Le ispezioni effettuate presso la società hanno confermato l'uso di questi strumenti e hanno raccolto informazioni dettagliate sul loro funzionamento e finalità.

    L'installazione del software considerata  integrata alle attrezzature di lavoro, che raccoglieva e trattava dati personali dei dipendenti senza fornire loro una adeguata informativa, era avvenuta senza accordo con la rappresentanza sindacale.

    Sono state quindi accertate  violazioni  in tema di trattamento dei dati personali   sui principi di liceità, correttezza e trasparenza previsti dal Regolamento (UE) 2016/679. 

    Software di controllo e dati biometrici vietati: la decisione del Garante Privacy

    Per quanto riguarda l'hardware che consente il riconoscimento facciale dei dipendenti, il Garante ha ribadito l'indirizzo  restrittivo già seguito in casi simili:  tali strumenti sono proibiti perché realizzano un trattamento illecito dei dati  biometrici  che appartengono alle categorie di dati  sensibili . 

    L'utilizzo è generalmente vietato, salvo quando sia necessario per adempiere obblighi e esercitare diritti specifici in materia di diritto del lavoro e protezione sociale; questa ipotesi  non si verifica nel caso in questione, mentre è giustificata ad esempio per la  compilazione delle buste paga .

     Il Garante sottolinea che, nel contesto del rapporto di lavoro, il consenso espresso dai dipendenti non può essere considerato un valido presupposto di liceità del trattamento, data l'asimmetria tra le rispettive posizioni.

    Anche l'utilizzo del software gestionale è stato duramente criticato dall'autorità in quanto il datore di lavoro aveva imposto ai dipendenti, tramite un codice a barre  individuale, la registrazione delle  diverse fasi dell'attività lavorativa, comprese le pause (con la specifica causale). 

    L'Autorità ha sottolineato inoltre la mancanza di risposte da parte del datore di lavoro sulla natura e tipologia dei dati trattati, le modalità e i tempi di conservazione dei dati, che non ha permesso di valutare l'effettiva necessità e proporzionalità del software rispetto alle finalità da perseguire.

    Ancora piu grave il fatto che  tali informazioni non fossero state comunicate nemmeno ai dipendenti,  considerando che nell'ambito del rapporto di lavoro l'obbligo di informare il dipendente è espressione del dovere di correttezza e trasparenza

    Controllo dipendenti: le sanzioni previste dal Garante Privacy

    Alla luce degli elementi sopra indicati e delle valutazioni effettuate,  è stata irrogata la sanzione amministrativa pari ad euro 120.000,00 (centoventimila).

    Inoltre in considerazione della tipologia delle violazioni accertate che hanno riguardato i principi generali e le condizioni di liceità del trattamento, che ai sensi dell’art. 166, comma 7, del Codice e dell’art. 16, comma 1, del Regolamento del Garante n. 1/2019,  è stata richiesta la pubblicazione in chiaro  del  provvedimento sul sito Internet del Garante.

    Infine il Garante ha richiesto alla Società di comunicare le iniziative intraprese  per

    • conformare il trattamento dei dati effettuato mediante il software gestionale Infinity DMS alle disposizioni e ai principi generali in materia di trattamento dei dati personali nei termini esposti in motivazione entro 90 giorni dalla data di notifica del provvedimento;
    • cessare  il trattamento dei dati biometrici dei dipendenti attraverso il sistema di riconoscimento facciale.

    e di fornire comunque riscontro adeguatamente documentato  entro il termine di 90 giorni dalla data di notifica del provvedimento;

    L’eventuale mancato riscontro può comportare l’applicazione della ulteriore sanzione amministrativa prevista dall’art. 83, par. 5, lett. e) del Regolamento.

  • Privacy

    Cybersicurezza e reati informatici: la legge pubblicata in Gazzetta Ufficiale

    Pubblicata in GU n. 153 del 02.07.2024, la Legge del 28.06.2024 n. 90, in vigore dal 3 luglio 2024, che introduce una serie di disposizioni per il rafforzamento della cybersicurezza nazionale e la prevenzione dei reati informatici, al fine di migliorare la resilienza delle infrastrutture pubbliche e private italiane, nonché a coordinare meglio le risposte agli incidenti cibernetici. 

    In breve sintesi alcune delle misure previste.

    Capo I: rafforzamento della cybersicurezza nazionale

    Il Capo I reca disposizioni concernenti la cybersicurezza nazionale finalizzate a conseguire una più elevata capacità di protezione e risposta di fronte a emergenze cibernetiche.

    Obblighi di notifica di incidenti

    Viene previsto un obbligo di segnalazione e notifica di alcune tipologie di incidenti aventi impatto su reti, sistemi informativi e servizi informatici in carico ai seguenti soggetti:

    • pubbliche amministrazioni centrali incluse nell’elenco annuale ISTAT delle pubbliche amministrazioni;
    • regioni e province autonome di Trento e di Bolzano; 
    • città metropolitane;
    • comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti e comunque i comuni capoluoghi di regione;
    • società di trasporto pubblico urbano con bacino di utenza non inferiore a 100.000 abitanti;
    • società di trasporto pubblico extraurbano operanti nell’ambito delle città metropolitane;
    • aziende sanitarie locali;
    • società in house degli enti fin qui richiamati che siano fornitrici di servizi informatici, dei servizi di trasporto sopra indicati, dei servizi di raccolta, smaltimento o trattamento di acque reflue urbane, domestiche o industriali ovvero servizi di gestione dei rifiuti.

    Nucleo per la Cybersicurezza
    Viene previsto un Nucleo per la cybersicurezza con la possibilità di convocare rappresentanti di enti rilevanti, come la Direzione nazionale antimafia, la Banca d'Italia e altri, per affrontare questioni di particolare rilevanza.

    Coordinamento Operativo
    Viene rafforzato il coordinamento tra i servizi di informazione per la sicurezza e l'Agenzia per la cybersicurezza nazionale, permettendo interventi tempestivi in caso di incidenti informatici significativi.

    Misure di Sicurezza dei Dati
    Le strutture competenti devono verificare che i programmi e le applicazioni informatiche rispettino le linee guida sulla crittografia e non presentino vulnerabilità note.

    Funzioni dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale
    L'Agenzia assume il ruolo di Autorità nazionale per la cybersicurezza, coordinando soggetti pubblici e privati per assicurare la sicurezza e la resilienza cibernetiche a livello nazionale.

    Capo II: prevenzione e contrasto dei reati informatici

    Il Capo II reca "Disposizioni per la prevenzione e il contrasto dei reati informatici nonché in materia di coordinamento degli interventi in caso di attacchi a sistemi informatici o telematici e di sicurezza delle banche di dati in uso presso gli uffici giudiziari".

    In particolare, si segnalano numerose modifiche al codice penale volte a rafforzare le previsioni in materia di prevenzione e contrasto dei reati informatici, da un lato, prevedendo inasprimenti di pene o ulteriori circostanze aggravanti rispetto alle fattispecie di reati informatici previste a legislazione vigente e, dall'altro, introducendo nuove fattispecie delittuose quali, ad esempio, l'estorsione mediante reati informatici di cui al novellato articolo 629 c.p.. 

    Al fine di rafforzare gli strumenti di contrasto dei reati informatici, viene prevista l'estensione del termine ordinario di conclusione delle indagini preliminari qualora i reati informatici siano commessi in danno di sistemi informatici o telematici di interesse militare o comunque di interesse pubblico.

    La speciale disciplina delle intercettazioni prevista per i fatti di criminalità organizzata, viene estesa ai reati informatici rimessi al coordinamento del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.

    Allegati:
  • Privacy

    Posta elettronica dipendenti e Privacy: linee guida aggiornate 2024

    Con provvedimento n. 364 del 6 giugno 2024, del Garante per la  privacy sono state pubblicate le nuove linee guida in tema di protezione dei dati personali  nella gestione della posta elettronica dei dipendenti . Si tratta in particolare  del Documento di indirizzo  “Programmi e servizi informatici di gestione della posta elettronica nel contesto lavorativo e trattamento dei metadati” 

    Nel Documento viene illustrata la normativa vigente  con particolare riguardo alle possibili responsabilità per i datori di lavoro pubblici e privati .

    Da segnalare una importante  novità rispetto  al recente documento del 6 febbraio 2024  sullo stesso tema che aveva creato molto allarme tra i datori di lavoro a causa delle forti restrizioni temporali  sulla gestione delle mail dei dipendenti

    In particolare  nelle nuove linee guida che sostituiscono le precedenti, viene  chiarito che per metadati  si  intendono le  informazioni  generate automaticamente dai server di gestione della posta elettronica aziendale riguardanti invii, ricezione e smistamento e che   possono comprendere gli indirizzi email del mittente e del destinatario, indirizzi IP,  orari di invio, di trasmissione o di ricezione, dimensioni e presenza di allegati.

    Sono questi dati e non  il contenuto nel corpo delle mail  né la cosiddetta" envelope" che vanno eliminati con le scadenze molto restrittive (al massimo 21 giorni di archiviazione ) indicate dal provvedimento del 6 febbraio .

     Il chiarimento  ridimensiona fortemente l'impatto  sulla gestione aziendale  trovando un punto accettabile di equilibrio tra protezione dei dati personali ed esigenze organizzative.

    Nelle  linee guida del  6 febbraio  2024  si analizzava   l'utilizzo di programmi forniti  in modalità cloud  che spesso trattano  in modo generalizzato e sistematico i dati  senza possibilità di  disabilitare o modificare le modalità di archiviazione, con possibile violazione delle norme vigenti 

    Nel provvedimento  il Garante  chiedeva quindi ai datori di lavoro di verificare che i programmi e i servizi informatici di gestione della posta elettronica in uso ai dipendenti  consentano di modificare le impostazioni di base, impedendo la raccolta dei metadati o limitando il loro periodo di conservazione 

     Il periodo considerato congruo  sotto il profilo prettamente tecnico, per assicurare il regolare funzionamento della posta elettronica  del  lavoratore era  fissato a un massimo di 7 giorni, estensibili, in presenza di comprovate esigenze, di ulteriori 48 ore. 

    Per i casi in cui i  datori di lavoro  debbano per esigenze organizzative e produttive o di tutela del patrimonio  informativo del titolare ( ad esempio, per specifiche esigenze di sicurezza dei sistemi) trattare i metadati per un periodo di tempo più esteso, si richiede  adempiere agli  obblighi previsti dalla normativa privacy (per esempio informativa privacy, data protection impact assessment-Dpia e legitimate interest assessment-Lia),   e di espletare le procedure di garanzia previste dallo Statuto dei lavoratori  (Legge 300 1970) ovvero 

    • pervenire ad un accordo con le rappresentanze sindacali  o 
    • ottenere l'autorizzazione dell’ispettorato del lavoro.

  • Privacy

    Pubblicità in violazione GDPR: azienda responsabile per l’errore del dipendente

    La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con Sentenza dell’11 aprile 2024, relativa alla causa C-741/21  in tema di  violazione dei  dati personali attraverso attività di  marketing diretto,  ha ritenuto responsabile il titolare aziendale del trattamento, precisando che non è rilevante che  il danno sia stato causato dall’errore del dipendente che ha violato le istruzioni ricevute.

    La sentenza ha fornito inoltre chiarimenti sul diritto al risarcimento in caso di violazione del Regolamento (UE) 2016/679,  Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR).

    Vediamo in maggiore dettaglio la vicenda e la sentenza della Corte.

    Marketing diretto nonostante la revoca del consenso

    Il caso specifico affrontato dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE) riguardava un avvocato  tedesco che aveva revocato il proprio consenso alla ricezione di materiale pubblicitario da parte di una società che gestisce una banca dati giuridica. 

    Nonostante la revoca del consenso, il ricorrente continuava a ricevere materiale pubblicitario, il che ha portato a una violazione del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR).

    Il ricorrente ha adito il Tribunale del Land di Saarbrücken ( Germania) per ottenere:

    • il risarcimento del danno materiale, relativo alle spese sostenute per l'ufficiale giudiziario e il notaio,  e per 
    •  il risarcimento per danno immateriale, affermando di aver subito una perdita di controllo sui propri dati personali.

     Ha sostenuto che tale perdita di controllo costituisse di per sé un danno immateriale, indipendentemente dalla gravità o dagli effetti ulteriori di tale perdita, sulla base del diritto garantito dall'articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e precisato dal GDPR.

    La società imputata, per parte sua ha negato ogni responsabilità, sostenendo di aver istituito un adeguato sistema di gestione delle opposizioni al marketing diretto e attribuendo la mancata considerazione delle opposizioni del ricorrente, ipoteticamente  

    • a un errore umano di un collaboratore oppure
    • al fatto che sarebbe stato eccessivamente oneroso tenerne conto.

    Inoltre, ha argomentato che la mera violazione di un obbligo del GDPR non costituisce automaticamente un "danno" ai sensi dell'articolo 82 del regolamento.

    Il tribunale tedesco ha  quindi sollevato la questione presso la  CGUE  cercando chiarimenti sull'interpretazione di varie disposizioni del GDPR, specialmente riguardo :

    • al diritto al risarcimento per danni immateriali senza la necessità di dimostrare la gravità del danno e 
    • sulle condizioni di responsabilità del titolare del trattamento quando il danno è causato dall'errore di una persona sotto la sua autorità.

    I chiarimenti della CGUE su risarcimento e responsabilità

     La decisione della Corte chiarisce i seguenti punti:

    • Violazione e Danno Immateriale: La Corte ha stabilito che una violazione del GDPR non è di per sé sufficiente per stabilire un danno immateriale. Per avere diritto al risarcimento, l'interessato deve dimostrare di aver subito un danno immateriale reale causato dalla violazione. Non è necessario che il danno raggiunga una certa gravità, ma deve essere comunque dimostrato.
    • Responsabilità del Titolare del Trattamento: In caso di violazione del GDPR causata dall'errore di un dipendente, il titolare del trattamento non può automaticamente esimersi dalla responsabilità. La Corte ha sottolineato che il titolare del trattamento deve dimostrare che l'evento dannoso non gli è in alcun modo imputabile. Non basta quindi soltanto indicare che il danno è stato causato dall'errore di un dipendente per liberarsi da ogni responsabilità.
    • Calcolo del Risarcimento: I criteri previsti dall'articolo 83 del GDPR per la determinazione delle sanzioni amministrative pecuniarie non devono essere applicati nel calcolo del risarcimento per i danni ai sensi dell'articolo 82 del GDPR. Il risarcimento dovuto dovrebbe riflettere una compensazione per il danno effettivamente subito, non avendo una natura punitiva ma compensativa.

    Si ribadisce  quindi la necessità che gli ordinamenti nazionali  rafforzino il diritto delle persone fisiche alla protezione dei loro dati personali, garantendo che possano ottenere un risarcimento effettivo in caso di violazione, e assicurando al contempo che i titolari del trattamento adottino misure adeguate per prevenire tali violazioni.