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Concessione o costituzione di diritti reali di godimento su beni immobili: la tassazione
L’articolo 1, comma 1-bis, del Dl Fiscale in fase di converisone in legge, inserito nel corso dell’esame alla Camera in sede referente, reca un’interpretazione autentica della disposizione che qualifica come redditi diversi, ai fini IRPEF, i redditi derivanti dalla concessione in usufrutto o dalla costituzione di diritti reali di godimento su beni immobili.
In particolare, costituisce reddito diverso imponibile, ai fini IRPEF, ai sensi della lettera h) del comma 1, dell’articolo 67 del TUIR il corrispettivo
derivante dalla concessione o costituzione di diritti reali di godimento su beni immobili, nel solo caso in cui il soggetto disponente mantenga un diritto reale sul bene stesso.Se invece, il disponente si spogli integralmente di ogni diritto reale sul bene e ove ricorrano determinati requisiti temporali, invece, tale reddito è tassato come plusvalenza, ai sensi delle lettere b) e b- bis) del comma 1, dell’articolo 67 del TUIR.
Redditi da concessione o costituzione di diritti reali di godimento su beni immobili
L’articolo 1, comma 1-bis, reca una disposizione di interpretazione autentica, ex articolo 1, comma 2, della legge n. 212 del 2000 “Statuto dei diritti del contribuente”, dell’articolo 67, comma 1, lettera h), del TUIR, concernente la qualificazione, ai fini IRPEF, dei redditi derivanti dalla concessione o costituzione di diritti reali di godimento su beni immobili.
La relazione illustrativa ha chiarito che la norma in commento ha efficacia interpretativa e si applica anche alle fattispecie pregresse, nel rispetto dei
principi generali.
Più precisamente, si qualificano come redditi diversi, ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera h), del TUIR, esclusivamente i redditi derivanti dalla concessione o costituzione di diritti reali di godimento sul bene immobile, laddove il soggetto disponente mantenga un diritto reale sul medesimo bene.In tal caso, i redditi sono imponibili, ai fini IRPEF, come redditi diversi.
Ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera h), del TUIR, sono redditi diversi i redditi derivanti dalla concessione in usufrutto, dalla costituzione degli altri diritti reali di godimento e dalla sublocazione di beni immobili, dall’affitto, locazione, noleggio o concessione in uso di veicoli, macchine e altri beni mobili, dall’affitto e dalla concessione in usufrutto di aziende; l’affitto e la concessione in usufrutto dell'unica azienda da parte dell’imprenditore non si considerano fatti nell'esercizio dell’impresa, ma in caso di successiva vendita totale o parziale le plusvalenze realizzate concorrono a formare il reddito complessivo come redditi diversi.
Con riferimento ai criteri di determinazione del reddito imponibile, ai sensi dell’articolo 71, comma 2, TUIR, si considera la differenza tra l'ammontare
percepito nel periodo di imposta e le spese specificamente inerenti alla loro produzione.In propoisito vi legga anche la risposta a interpello n. 129 del 2025.
Diversamente, qualora il soggetto disponente si spogli integralmente di ogni diritto reale sul bene immobile, l’eventuale reddito imponibile rientra
nella fattispecie di cui alla lettera b), del citato articolo 67 comma 1, come plusvalenza, ove ricorrano le condizioni temporali ivi previste (vale a dire
se la cessione, a titolo oneroso, avviene entro 5 anni dall’acquisto o costruzione).
Ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera b), del TUIR, sono redditi diversi le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili
acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo
intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione.In caso di cessione a titolo oneroso di immobili ricevuti per donazione, il predetto periodo di cinque anni decorre dalla data di acquisto da parte del donante.
Con riferimento ai criteri di determinazione della plusvalenza, ai sensi dell’articolo 68 del TUIR, si considera la differenza tra i corrispettivi percepiti nel
periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo.In caso di acquisto per donazione, si assume come prezzo di acquisto o costo di costruzione quello sostenuto dal donante, aumentato dell'imposta sulle donazioni nonché di ogni altro costo successivo inerente. Il costo dei terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria è costituito dal prezzo di acquisto aumentato di ogni altro costo inerente, rivalutato in base alla variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, nonché dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili.
Si ricorda che, in via generale, l’articolo 67 del TUIR rubricato “redditi diversi”) definisce un elenco di fattispecie reddituali qualificabili, ai fini IRPEF, come redditi diversi laddove non costituiscano redditi di capitali o non siano conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società di persone commerciali, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente.Con specifico riferimento ai redditi derivanti dalla concessione o costituzione di diritti reali su beni immobili, tale fattispecie ha formato oggetto di dubbi interpretativi circa il corretto inquadramento nell’ambito della categoria dei redditi imponibili, ai fini IRPEF, ai sensi del citato articolo 67, comma 1, lettera h), del TUIR, oppure ai sensi della lettera b), comma 1, del medesimo articolo 67 del TUIR come plusvalenze.
Ciò in considerazione delle modifiche introdotte, con la legge di bilancio 2024 (articolo 1, comma 92, lettere a) e b) della legge n. 213 del 2023),
all’articolo 9, comma 5 ed all’articolo 67, comma 1, lettera h), del TUIR, nei termini che seguono:- ai fini delle imposte sui redditi, laddove non sia diversamente previsto dal TUIR o da altre disposizioni normative, le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento (nuovo articolo 9, comma 5, del TUIR);
- la disciplina dei redditi diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lettera h), del TUIR, si applica all’ipotesi di costituzione del diritto di superficie sui beni immobili e di altri diritti reali di godimento (enfiteusi, superficie, uso, abitazione, servitù), in analogia alla concessione in usufrutto.
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Costituzione usufrutto e nuda proprietà: tassazione
Con Risposta a interpello n 133 del 14 maggio le Entrate trattano le novità della tassazione sulla costituzione dell'usufrutto (art 67 TUIR)
L’Agenzia delle Entrate, ha chiarito un aspetto della fiscalità immobiliare chiarendo il caso di cessione separata, ma contestuale, di due diritti reali distinti: l’usufrutto e la nuda proprietà di un immobile.
A porre il quesito sono due coniugi in regime di separazione dei beni, comproprietari al 50% di un appartamento (categoria catastale A/2) e della relativa cantina (C/2), intenzionati a vendere l’usufrutto a un soggetto e la nuda proprietà a un altro, con due atti distinti ma contestuali. Il dubbio fiscale ruota attorno all’applicazione dell’art. 67 del TUIR: si tratta di un’unica cessione della piena proprietà – soggetta alla lettera b) – oppure di due operazioni autonome da qualificarsi separatamente, ossia la costituzione di un diritto di godimento (usufrutto) e la cessione del diritto residuo (nuda proprietà)?
Vediamo la replica dell'ADE.
Costituzione usfrutto e nuda prorietà: tassazione
I contribuenti citano lo Studio n. 14-2024/T del Consiglio Nazionale del Notariato, secondo cui quando un soggetto si spoglia interamente della proprietà (anche se in modo frazionato), il trattamento fiscale dovrebbe essere unico e rientrare nell’ambito della lettera b) dell’art. 67.
In pratica, sebbene i diritti siano trasferiti a soggetti diversi e con modalità diverse, il risultato finale è economicamente identico a una cessione integrale della proprietà, quindi – secondo tale impostazione – dovrebbe esserci una sola tassazione come plusvalenza immobiliare.
L’Agenzia delle Entrate, però, non accoglie questa lettura e viene innanzitutto richiamata la nuova formulazione dell’art. 9, comma 5, del TUIR, così come modificata dalla Legge di Bilancio 2024, che distingue chiaramente tra la “costituzione” e la “cessione” dei diritti reali.
In linea con questo principio, l’Agenzia ribadisce che:
- la costituzione del diritto di usufrutto genera un “reddito diverso” ai sensi della lettera h) dell’art. 67, da tassare in base all’articolo 71,
- mentre la cessione della nuda proprietà, in quanto trasferimento a titolo oneroso di un diritto preesistente, rientra nella lettera b), e dunque è soggetta a tassazione per plusvalenza secondo le regole ordinarie (art. 68 TUIR), con la consueta esenzione dopo cinque anni o per uso abitativo principale.
Consolidati orientamenti della Corte di Cassazione, hanno stabilito come la cessione contestuale di usufrutto e nuda proprietà a soggetti diversi non possa essere considerata come un’unica operazione, bensì due negozi autonomi con effetto causale distinto, anche se collegati dalla volontà delle parti.
In altre parole, il fatto che l’operazione realizzi, nel suo complesso, il trasferimento pieno del bene a terzi non comporta automaticamente l’unificazione del trattamento fiscale.
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Master universitario e premio al 1° classificato: tassazione
Con Risposta a interpello n 184 del 16 settembre le Entrare chiariscono la tassazione dei premi corrisposti agli studenti più meritevoli della prova finale di un Master Universitario di 2° livello.
Il dubbio è relativo all'inquadramento come reddito assimilato a lavoro dipendente oppure tra i redditi diversi, i dettagli.
Master universitario e premio al 1° classificato: tassazione
L'articolo 50, comma 1, lett. c), del TUIR qualifica come redditi assimilati a quello di lavoro dipendente «le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante»
Ai sensi dell'articolo 67, comma 1, lettera d), del TUIR costituiscono, invece, redditi diversi, se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente, «le vincite delle lotterie, dei concorsi a premio, dei giochi e delle scommesse organizzati per il pubblico e i premi derivanti da prove di abilità o dalla sorte nonché quelli attribuiti in riconoscimento di particolari meriti artistici, scientifici o sociali».
L'Agenzia delle Entrate chiarisce che i premi in questione non sono considerati redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, poiché non sono erogati per sostenere l'attività di studio o formazione degli studenti (art. 50, comma 1, lett. c, del TUIR).
Invece, tali premi rientrano nella categoria dei "redditi diversi" (art. 67, comma 1, lett. d, del TUIR) in quanto riconosciuti per meriti artistici, scientifici o sociali.
Di conseguenza, è corretta l'applicazione della ritenuta del 25% prevista dall'articolo 30 del DPR n. 600 del 1973 per i premi conseguiti, applicata dall'Università.
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ETC: il trattamento fiscale dei titoli rappresentativi di materie prime
Gli ETC, acronimo di Exchange Traded Commodities, sono degli strumenti finanziari emessi a fronte di un investimento diretto in materie prime o in contratti derivati su materie prime.
Con altre parole gli ETC sono strumenti finanziari derivati, di solito quotati sui mercati dei capitali, rappresentativi di singole materie prime o di un paniere di materie prime.
Ciò che caratterizza questi contratti è il fatto di replicare passivamente le performance di prezzo della singola materia prima (oro, petrolio, gas naturale, altro) utilizzata come sottostante; motivo per cui questi titoli vengono utilizzati per effettuare degli investimenti in commodities senza dover sostenere l’onere di possedere materialmente la materia prima; si comprenderà infatti che, in taluni casi, lo stoccaggio fisico di una materia prima può costituire un problema o un rischio.
Per altro, anche quando questo non costituisce un problema, l’acquisto di un ETC permette di investire e disinvestire facilmente sul mercato secondario ai prezzi di mercato.
Va precisato, perché questo ha delle implicazioni anche dal punto di vista fiscale, che gli ETC non sono OICR (acronimo di Organismo di Investimento Collettivo del Risparmio), ma sono dei titoli senza scadenza emessi a fronte di un investimento diretto nel sottostante di riferimento; questa caratteristica rende questo strumento finanziario particolarmente adatto all’investimento di medio o lungo periodo, in quanto permette all’investitore di aprire una posizione senza i problemi di rollover legati alla scadenza dei contratti (come invece avviene sui future), oltre al fatto che gli ETC non richiedono alcun margine e presentano costi di gestione (grazie alla gestione passiva) e di intermediazione contenuti.
Come detto, gli ETC non sono gli unici strumenti finanziari emessi a fronte di materie prime, utili per investire o speculare sul prezzo di questi asset, ma sono quelli più adatti all’investimento.
Similari, ma più adatti alla speculazione sono i contratti future rappresentativi di materie prime, che quotano il prezzo futuro del sottostante di riferimento: anche questi sono quotati sul mercato dei capitali ma, grazie alla leva finanziaria e a causa della breve scadenza dei contratti, sono più adatti alla speculazione di breve periodo.
Esistono anche CFD, acronimo di Contract For Difference, rappresentativi di materie prime, i quali nelle quotazioni cash non scadono; ma va precisato che questi strumenti non sono quotati sui mercato dei capitali, per cui presentano un rischio emittente legato al broker, fatto che non li rende particolarmente adatti a investimenti di medio o lungo periodo.
La tassazione
A differenza dei più famosi ETF, acronimo di Exchange Traded Fund, gli ETC, come anticipato, non sono OICR: il fatto che non siano fondi, dal punto di vista fiscale, comporta che questi strumenti non presentino il complicato trattamento fiscale previsto per gli ETF, ma più semplicemente siano produttivi di redditi diversi, come le azioni e i derivati.
In conseguenza di ciò le plusvalenze realizzate dall’investimento in un ETC possono essere compensate con le minusvalenze conseguite con la dismissione di un altro ETC, o anche con quelle derivanti dall’investimento o dalla speculazione in azioni o in derivati.
Le plusvalenze realizzate possono anche essere compensate con le perdite pregresse, confluenti tra i redditi diversi, conseguite negli anni precedenti.
Il totale delle plusvalenze realizzate, al netto delle compensazioni con minusvalenze e perdite pregresse, è sottoposto a imposta sostitutiva del 26%.
Quando un ETC è posseduto per il tramite di un intermediario residente in Italia, il contribuente può decidere se avvalersi del regime amministrato, grazie al quale gli obblighi fiscali vengono espletati per il tramite dell’intermediario, in luogo del regime dichiarativo; quest’ultimo obbliga il contribuente ad esporre il reddito conseguito in dichiarazione annuale dei redditi, ma permette di versare le imposte nell’anno fiscale successivo in sede di dichiarazione.
Per contro, quando un ETC è detenuto presso un intermediario non residente in Italia, il contribuente è obbligato al regime dichiarativo, oltre che sottoposto agli obblighi di monitoraggio fiscale (consistenti nella compilazione del quadro RW del modello Redditi PF) e all’eventuale versamento dell’IVAFE, l’Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie detenute all'Estero, che sostituisce l’imposta di bollo italiana.
Da un punto di vista dichiarativo la dichiarazione delle plusvalenze derivanti dall’investimento in un ETC passa attraverso al compilazione del quadro RT, dedicato alle “Plusvalenze di natura finanziaria”, del modello Redditi PF 2024.
Con maggiore precisione, quella interessata è la Sezione II-A, dedicata appunto alle plusvalenze sottoposte a imposta sostitutiva del 26%; qui:
- sul rigo RT21 saranno esposte le plusvalenze realizzate nel corso dell’anno;
- sul rigo RT22 saranno indicate le minusvalenze realizzate nel corso dell’anno;
- sul rigo RT23 sarà indicato il netto differenziale tra plusvalenze e minusvalenze conseguite: sul campo 2 se il totale è positivo, oppure sul campo 1 se il totale è negativo;
- sui righi RT27 e RT29 sarà esposta l’imposta sostitutiva dovuta, rispettivamente al lordo e al netto di eventuali eccedenze non compensate derivanti dalla precedente dichiarazione.
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Società semplice: l’immobile in godimento al socio non produce reddito
La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 17441, pubblicata il 25 giugno 2024, si pronuncia sul discusso tema dell’imponibilità del reddito figurativo scaturente dall’attribuzione dell’uso di un immobile, di proprietà di una società, a uno dei soci.
La disciplina
La materia, si ricorderà, è stata novellata nel 2011 dal DL numero 138, il quale, con finalità antielusiva, aveva l’obiettivo di contrastare l’attribuzione di beni di proprietà di una società ai suoi soci a condizioni di favore.
I commi numero 36-terdecies, 36-quaterdecies, 36-quinquiesdecies e seguenti, dell’articolo 2 del DL 138/2011, inserendo una nuova lettera h-ter all’articolo 67 comma 1 del TUIR, stabiliscono che:
- costituisce reddito diverso “la differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento di beni dell'impresa a soci o familiari dell'imprenditore”;
- “i costi relativi ai beni dell'impresa concessi in godimento a soci o familiari dell'imprenditore per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato del diritto di godimento non sono in ogni caso ammessi in deduzione dal reddito imponibile”;
- “la differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo concorre alla formazione del reddito imponibile del socio o familiare utilizzatore”.
La disciplina, quindi, punta a penalizzare l’immobile concesso dalla società al socio (o a un suo familiare) a titolo gratuito o a titolo oneroso ma dietro un corrispettivo minore rispetto al valore di mercato.
Fermo restando e sorvolando sulla difficoltà di stabilire il valore di mercato in molteplici situazioni, in ogni caso, le nuove norme risultano alquanto punitive in quanto, in caso di utilizzo di un bene da parte del socio, è prevista:
- l’indeducibilità dei costi;
- l’imponibilità in capo alla società dell’eventuale corrispettivo riscosso;
- l’imponibilità del provento figurativo, dato dalla differenza tra valore di mercato e corrispettivo corrisposto, in capo al socio come reddito diverso.
La Corte di Cassazione
La sopra citata sentenza 17441/2024 della Corte di Cassazione, ha la particolarità di prendere in esame la disciplina appena esposta nel contesto della società semplice; nel caso in cui, quindi, una società semplice attribuisce in godimento un bene a uno dei suoi soci.
La Corte puntualizza che “il presupposto dell’imposizione di detti redditi è […] che si tratti di beni concessi da società che svolgano attività commerciale, il che è precluso alla società semplice”, per cui emana il seguente principio di diritto: “la disposizione della lettera h-ter dell’articolo 67, comma 1, TUIR non è applicabile agli immobili concessi in godimento al socio di società semplice”.
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Plusvalenza da cessione immobile con superbonus: come si calcola nell’usucapione
Con la Risposta a interpello n 157 del 17 luglio le Entrate replicano ad un istante proprietario di un immobile abitativo, acquisito per usucapione, con sentenza del tribunale del 2020, oggetto di interventi edilizi per i quali ha fruito della detrazione da superbonus di cui all'articolo 119 del decreto legge n. 34 del 2020, esercitando l'opzione per la cessione parziale del corrispondente credito prevista dal successivo articolo 121.
Con riferimento alla restante parte della spesa sostenuta dichiara che intende fruire della detrazione nella propria dichiarazione dei redditi.
L'istante, avendo intenzione di vendere l'immobile oggetto degli interventi, che non è stato adibito ad abitazione principale, prima che siano decorsi dieci anni dal termine dei lavori e chiede come debba essere calcolata la plusvalenza di cui all'articolo 67, comma 1, lett. bbis), del Tuir. introdotta dal 2024.
Le Entrate chiariscono le modalità di calcolo, vediamole.
Plusvalenza da cessione di immobile con superbonus: come si calcola nell’usucapione
Dopo aver riepilogato la novità introdotta a partire dal 1 gennaio 2024, dalla legge di bilancio, relativamente alle cessioni di immobili oggetto di superbonus, le Entrate chiariscono che nell'ipotesi di rivendita entro dieci anni dalla fine dei lavori di un immobile oggetto di interventi ammissibili al Superbonus, acquisito per usucapione, la plusvalenza di cui al citato articolo 67, comma 1, lett. bbis) , del Tuir si determina, ai sensi del successivo articolo 68, come differenza tra il corrispettivo della vendita dell'immobile e il valore della sentenza dichiarativa di usucapione, aumentato «dei costi inerenti al bene», determinato senza tener conto delle spese relative agli interventi ammessi al Superbonus in relazione alle quali è stata esercitata l'opzione ai sensi dell'articolo 121, comma 1, lett. a) e b), del decreto Rilancio.
Nel caso in esame, per effetto della vendita dell'immobile acquisito dall'Istante per usucapione, sul quale sono stati effettuati interventi rientranti nel Superbonus conclusi da meno di dieci anni al momento della cessione, si realizza l'emersione di plusvalenza tassabile ai sensi della citata lettera b bis), comma 1 dell'articolo 67 del Tuir determinata, ai sensi del successivo articolo 68, in misura pari alla differenza tra:
- il corrispettivo della vendita dell'immobile
- e il valore ricavabile della sentenza dichiarativa di usucapione,
- aumentato dei costi inerenti al bene da determinare come sopra indicato.
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Cessione metalli preziosi: le novità fiscali del 2024
L’articolo 1 comma 92 lettera c) della Legge di bilancio 2024 (la Legge 213/2023) ha introdotto delle novità sui criteri di determinazione della base imponibile per le cessioni di metalli preziosi effettuate dalle persone fisiche fuori dall’attività dell’impresa.
Le novità normative non interessano le cessioni effettuate da privati di qualunque oggetto in metallo prezioso posseduto, ma solo quelle dismissioni che sono riconducibili ad una attività di investimento, più precisamente riguarda le cessioni di:
- metalli preziosi non lavorati (come ad esempio i lingotti, i granuli e simili);
- monete in metallo prezioso.
Infatti gli oggetti in metallo prezioso lavorato, come i gioielli, non sono interessati da questa disciplina.
Con metalli preziosi, si intendono l’oro, l’argento, il platino e le leghe contenenti più del 2% degli stessi metalli.
Non sono invece considerati tali le pietre preziose, come i diamanti, che scontano una diversa imposizione fiscale.
Definito il perimetro di riferimento, ricordiamo che la cessione di questi beni sconta una imposta sostitutiva del 26% sulla plusvalenza realizzata, da calcolarsi come differenza tra:
- il corrispettivo percepito per la cessione;
- il costo o il valore di acquisto (aumentato di ogni onere inerente, compresa l'imposta di successione e donazione, con esclusione degli interessi passivi).
Per un approfondimento sulla tassazione di questa tipologia di beni è possibile leggere l’articolo: Cessione di pietre e metalli preziosi: il trattamento fiscale.
Le novità introdotte
La Legge di bilancio 2024 interviene sui meccanismi di calcolo della base imponibile ai fini della determinazione dell’ammontare dell’imposta sostitutiva da versare; più precisamente, modificando l’articolo 68 comma 7 lettera d) del TUIR, viene eliminata la possibilità di determinare il reddito imponibile con modalità forfetarie.
Infatti, con la precedente disciplina, e quindi per le cessioni effettuate fino al 31 dicembre 2023, se il contribuente non era in grado di documentare in modo analitico il costo o il valore di acquisto del bene ceduto, il reddito imponibile (la plusvalenza) su cui applicare l’aliquota del 26% per il calcolo dell’imposta sostitutiva dovuta, si determinava in misura forfetaria nella misura del 25% del corrispettivo percepito per la cessione.
Per le cessioni effettuate dal giorno 1 gennaio 2024, dato che la Legge 213/2023 è in vigora da tale giorno, tale determinazione forfetaria dell’imponibile non è più possibile e, in assenza di documentazione, l’imposta sostitutiva si calcolerà sull’intero corrispettivo percepito.
La misura introdotta è senza dubbio molto più penalizzante della precedente disciplina e, interessando i privati, colpisce situazioni in cui l’assenza di documentazione spesso non sottende una strategia elusiva, dato che questa tipologia di cessioni di beni rifugio si riferiscono spesso ad acquisti molto datati nel tempo.