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Lavoro autonomo: primi chiarimenti ADE su interessi, premi e crediti edilizi
L'agenzia delle Enrate con la Risposta a interpello n 171 del 26 giugno fornisce i primi chiarimenti sulla riforma dei redditi di lavoro autonomo di cui all’articolo 5 del Dlgs 192/2024, come modificata dal DL n 84/2025.
In particolare, l’Agenzia delle Entrate affronta tre quesiti posti da un’associazione professionale tra commercialisti, in merito alla qualificazione fiscale di alcune componenti reddituali alla luce della nuova formulazione dell’art. 54 del TUIR, come modificato dal D.Lgs. n. 192/2024
Il quesito si sofferma su:
- interessi attivi derivanti dal conto corrente bancario dell’associazione;
- trattamento del premio assicurativo professionale riaddebitato ai singoli assicurati;
- natura del provento da cessione di crediti edilizi acquistati a sconto.
La replica ADE in sintesi chiarisce:
- gli interessi da conto corrente restano redditi di capitale, esclusi dal reddito autonomo;
- i riaddebiti tra professionisti per spese comuni non generano né ricavi né oneri deducibili, se non per la parte effettivamente riferibile al soggetto;
- il differenziale positivo da crediti edilizi è rilevante ai fini del reddito professionale, con modalità di imputazione basata sul principio di cassa.
1. Gli interessi attivi bancari: redditi di capitale, non di lavoro autonomo
L’istante sostiene che gli interessi attivi da conto corrente non siano collegati all’attività professionale e, pertanto, debbano essere qualificati come redditi di capitale, soggetti a ritenuta a titolo d’imposta.
L’Agenzia delle Entrate conferma tale impostazione e chiarisce che gli interessi percepiti da conti correnti bancari costituiscono redditi di capitale ai sensi dell’art. 44, comma 1, lett. a), del TUIR, in virtù anche dell’introduzione del nuovo comma 3-bis all’art. 54 TUIR ad opera dell’art. 1, comma 1, lett. c), n. 2), del D.L. 84/2025.La disposizione, in vigore per i redditi 2024 in poi, stabilisce che “Gli interessi e gli altri proventi finanziari di cui al Capo III, percepiti nell'esercizio di arti e professioni, costituiscono redditi di capitale”.
Pertanto, tali somme non concorrono alla determinazione del reddito di lavoro autonomo, nonostante siano collegate ad un’attività associativa professionale, ma sono soggette a ritenuta alla fonte del 26% a titolo d’imposta, ex art. 26, commi 2 e 4, DPR 600/1973.Premi assicurativi professionali riaddebitati: esclusi dal reddito
L’istante descrive un meccanismo di copertura assicurativa collettiva secondo il quale l’associazione stipula una polizza per sé e per altri professionisti, con conseguente riaddebito pro-quota del premio a ciascun assicurato.
L’Agenzia ritiene che, in ottica di principio di onnicomprensività, introdotto dal nuovo art. 54 del TUIR, rilevano ai fini del reddito professionale solo gli importi correlati direttamente all’attività.In particolare:
- la quota di premio rimasta effettivamente a carico dell’Associazione è deducibile;
- la parte riaddebitata ai terzi non è deducibile in capo all’Associazione (non essendoci inerenza);
- le somme incassate a titolo di rivalsa del premio non costituiscono reddito di lavoro autonomo, in quanto non percepite “in relazione all’attività artistica o professionale” come richiesto dal comma 1 dell’art. 54 TUIR nella nuova versione.
Tale trattamento è coerente anche con precedenti prassi e giurisprudenza sul concetto di “inerenza” quale limite oggettivo alla deducibilità dei costi
Bonus edilizi acquistati a sconto: il differenziale è ora tassabile
Il quesito più rilevante attiene al trattamento del “provento” costituito dalla differenza tra valore nominale e prezzo d’acquisto di un credito d’imposta edilizio, ai sensi dell’art. 121 del D.L. 34/2020.
In passato, sulla base della risposta n. 472/2023, tale differenziale non era ritenuto imponibile, non configurandosi come corrispettivo di una prestazione professionale o reddito classificabile ai sensi dell’art. 6 del TUIR.
Tuttavia, con l’introduzione del principio di onnicomprensività per il lavoro autonomo (art. 54 TUIR post D.Lgs. 192/2024), l’Agenzia muta orientamento chiarendo che il differenziale positivo derivante dall’acquisto scontato di crediti edilizi concorre alla formazione del reddito professionale, in quanto rientra nella nozione ampia di "tutti i valori percepiti in relazione all’attività", anche se non derivanti da prestazioni rese.
La tassazione segue il principio di cassa:il costo di acquisto del credito è deducibile nel periodo d’imposta in cui è sostenuto;
il valore nominale “incassato” tramite utilizzo in compensazione diventa rilevante ai fini IRPEF nel periodo d’imposta in cui viene effettivamente utilizzato per abbattere imposte e contributi.
Tale criterio impone, quindi, una spalmatura pluriennale della tassazione, in linea con il numero di rate previste per l’utilizzo del credito in compensazione.
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CPB: causa di esclusione per i professionisti che aderiscono a STP
Il Decreto Correttivo pubblicato in GU n 134 del 12 giugno contiene la conferma di novità sulle cause di esclusione per il CPB.
Prima dei dettagli si evidenzia che il 24 giugno è uscita la Circolare ADE n 9 con riepilogo e chiarimenti della misura agevolativa.
CPB: come cambiano le cause di cessazione ed esclusione
Con gli articoli 8 e 9 del Decreto Legislativo Correttivo del CPB si prevede:
- l'introduzione di ulteriori cause di esclusione e di cessazione dal concordato preventivo biennale,
- l'interpretazione autentica in materia di cause di cessazione ed esclusione dal concordato preventivo biennale.
Le due novità riguardano rispettivamente:
- l'introduzione di una nuova causa di esclusione dall’accesso all’istituto del concordato preventivo biennale per i contribuenti, che dichiarano individualmente redditi di lavoro autonomo di cui all’articolo 54, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986 e partecipano, contemporaneamente, ad associazioni di cui all’art. 5, comma 3, lettera c) del citato d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero a società tra professionisti di cui all’art. 10 della legge 12 novembre 2011, n. 183, ovvero ancora a una società tra avvocati di cui all’articolo 4-bis della legge 31 dicembre 2012, n. 247. Per tali casi, viene previsto che l’accesso al concordato, per il lavoratore autonomo è consentito solo se anche le associazioni professionali e le società tra professionisti o tra avvocati cui quest’ultima partecipa, abbia optato per l’adesione alla proposta di concordato per i medesimi periodi d’imposta. Analoga causa di esclusione opera anche per le associazioni e le società menzionate nelle ipotesi in cui non tutti i soci o associati, che dichiarano individualmente redditi di lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arti e professioni, aderiscono, per i medesimi periodi d’imposta, alla proposta di concordato preventivo;
- l'introduzione di due nuove cause di cessazione del concordato che si rendono applicabili quando non sono soddisfatte le medesime condizioni previste dalle nuove cause di esclusone. In particolare, viene previsto che l’associazione e le società indicate nella norma cessano dal regime del concordato quando anche solo uno dei soci o degli associati, che dichiarano individualmente redditi di lavoro autonomo di cui all’articolo 54, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986, non possono più determinare – qualunque sia la causa di cessazione dal regime – il loro reddito mediante l’adesione alla proposta di concordato. Analoga ipotesi di cessazione si verifica in capo al singolo associato o socio ogniqualvolta la società o l’associazione non può più determinare, con riferimento ai medesimi periodi d’imposta, il reddito sulla base dell’adesione alla proposta di concordato. La disposizione interviene sulla causa di esclusione e di cessazione dal regime del concordato preventivo biennale prevista, rispettivamente, dagli articoli 11, comma 1, lettera b-quater), e 21, comma 1, lettera b-ter), del decreto-legislativo 12 febbraio 2024, n. 13, chiarendo che per operazioni di conferimento, si intendono esclusivamente quelle che hanno a oggetto una azienda o un ramo di azienda, non rilevando, quindi, ad esempio, il conferimento in denaro da parte dei soci.
Si rimanda alla consultazione delle norme di legge.
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STP: chiarimenti CNDCEC su incarichi di revisione
Con il Pronto ordini n 22/2025 il Consiglio nazionale dei Commercialisti ha replicato ad un quesito sulle società tra professionisti ed incarichi di revisione.
L’Ordine di Alessandria chiede di chiarire se un professionista possa operare contemporaneamente attraverso:
- “ 1) Una SRL STP pluripersonale, per lo svolgimento della maggior parte delle attività professionali;
- 2) Una SRL STP unipersonale, che potrebbe eventualmente partecipare alla SRL STP pluripersonale;
- 3) La Partita IVA personale, per lo svolgimento di incarichi non conferibili alla STP (ad es. nomina in Collegi Sindacali)”.
Si chiede inoltre :
- “ 1) Se vi sia un fondamento normativo esplicito che impedisca a una STP unipersonale di assumere incarichi di sindaco o revisore;
- 2) Se il mantenimento della Partita IVA personale sia obbligatorio per poter ricoprire tali incarichi, o se vi siano alternative che consentano di operare esclusivamente tramite la STP unipersonale;
- 3) Se la SRL STP unipersonale possa essere considerata equivalente al professionista persona fisica ai fini dell'assunzione di incarichi professionali personali, oppure se vi siano motivazioni giuridiche per considerarla un soggetto distinto sotto questo profilo”.
Vediamo la sintesi del chiarimento.
STP: chiarimenti per gli incarichi di revisione
Il CNDCEC in via preliminare, osserva che l’art. 10, comma 6, della legge n. 183 del 12 novembre 2011 (d’ora in avanti, legge n. 183/2011) dispone che la partecipazione ad una STP è incompatibile con la partecipazione ad altra STP, senza prevedere espressamente alcuna specifica eccezione.
La regola declinata nella legge n. 183/2011 viene replicata anche nel D.M. 8 febbraio 2013 n. 341.
Alla luce della vigente normativa, peraltro, in assenza di specificazioni da parte del legislatore, va ulteriormente chiarito che qualunque socio della STP (e non solo il socio professionista) non può partecipare contemporaneamente a due STP, perché il precetto contenuto nell’art. 10, comma 6, legge n. 183/2011, come precisato dall’art. 6, comma 1, D.M. n. 34/2013 sembra avere valenza generale ed essere indirizzato a tutti i soci della STP e non unicamente ai soci professionisti.
Ne consegue che, mentre sembrerebbe consentito al socio professionista svolgere contemporaneamente attività professionale anche in forma individuale o associata, allo stesso è preclusa la partecipazione a più STP, a prescindere dalla circostanza che tale partecipazione sia diretta o indiretta per tramite di un’altra STP alla quale lo
stesso partecipi.
Al primo quesito va fornita risposta negativa.
Per quanto attiene all’assunzione dell’incarico di componente del collegio sindacale o di sindaco unico (che, come è noto, ai sensi dell’art. 2403, comma 2, c.c. può svolgere, unitamente all’attività di vigilanza anche la revisione legale, nei casi individuati dal summenzionato art. 2409-bis, comma 2, c.c.) è doveroso evidenziare come l’intera disciplina dell’organo di controllo presente nell'ordinamento si basi sulla personalità della prestazione e sulle caratteristiche personali del sindaco, componente del collegio sindacale di s.p.a., ovvero sindaco unico di s.r.l., quando nominato. L’incarico di sindaco, in altri termini, è concepito come prerogativa della persona fisica.
Depongono in tal senso molteplici indici normativi: si pensi, a titolo d’esempio, all’art. 2397 c.c. che fa riferimento ai sindaci sempre e unicamente come persone fisiche – anche non iscritte negli albi professionali indicati dal D.M. Giustizia del 29 dicembre 2004, n. 320, ma con la qualifica di professori universitari di ruolo.
Del resto, in relazione al conferimento dell’incarico nell’organo di controllo della società l’ordinamento non ripropone previsioni coniate per il conferimento dell’incarico nell’organo di amministrazione della società che, come è noto, può essere attribuito a entità giuridiche, anche di natura societaria, differenti dalle persone fisiche.
Inoltre il legislatore, nelle discipline speciali, ha individuato espressamente ipotesi in cui gli incarichi professionali
possano essere conferiti sia al professionista persona fisica, sia alla STP: si pensi, sempre a titolo esempio, agli incarichi di curatore o di gestore della crisi da sovraindebitamento di cui al d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, in relazione ai quali, peraltro, sono emerse non poche difficoltà applicative.
In conclusione, in assenza di differenti previsioni, si ritiene che l’incarico di sindaco sia esclusivamente di tipo personale.
Con riferimento all’assunzione dell’incarico di revisore legale da parte della STP, infine, si osserva che nel caso in cui la STP sia iscritta al registro dei revisori legali istituito presso il MEF, l’incarico verrà conferito alla STP.
Nel caso in cui la STP non sia iscritta nel registro dei revisori legali, fermo restando che essendo la revisione legale attività espressamente richiamata dall’art. 1, comma 4, lett. d) e lett. e) del d.lgs. n. 139/2005, recante l’ordinamento della Professione, essa potrà essere ricompresa nell’oggetto sociale della STP, l’esercizio in concreto di tale attività, sarà consentito unicamente ai soci professionisti della STP iscritti anche nel registro dei revisori legali istituito presso il MEF.
Ciò posto, in questo secondo caso, l’incarico verrà conferito al socio professionista iscritto nel registro dei revisori legali che nel verbale di nomina potrà indicare di assumerlo in quanto socio della STP.
In merito al mantenimento della partita Iva personale del socio professionista, al fine di ricoprire il suddetto incarico si ritiene che lo stesso possa non essere titolare di partita Iva individuale se la propria attività professionale si esaurisce nell’ambito della medesima STP
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Trasferimento studio professionale: novità IVA
Con l'art 5 del Dlgs n 192/2024 noto come Decreto Irpef-Ires si prevedono tra le altre, novità in materia di IVA nella cessione degli studi professionali. Vediamo più nel dettaglio cosa cambia.
Trasferimento studio professionale: novità IVA
Prima di tale novità normativa, tali operazioni erano considerate rilevanti ai fini Iva, in quanto non incluse nell’elenco delle operazioni irrilevanti di cui all’art. 2 comma 3 del DPR 633/72.
Ora con il Dlgs n 192/2024 si prevede che all'articolo 2, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alla lettera b), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero un complesso unitario di attività materiali e
immateriali, inclusa la clientela e ogni altro elemento immateriale, nonché di passività, organizzato per l'esercizio
dell'attività artistica o professionale»;Con questa modifica quindi, tra le operazioni non soggette ad IVA, sono indicate non più solo le cessioni e i conferimenti d’azienda, ma anche quelle che hanno per oggetto “un complesso unitario di attività materiali e immateriali, inclusa la clientela e ogni altro elemento immateriale, nonché di passività, organizzato per l’esercizio dell’attività artistica o professionale”.
Viene modificata anche la successiva lett. f), inserendo, tra le cessioni escluse da IVA, oltre ai passaggi di beni in dipendenza di fusioni, scissioni o trasformazioni di società, anche le “analoghe operazioni” poste in essere dagli enti costituiti per l’esercizio dell’attività artistica o professionale.
Vi è da dire che questa norma si allinea alle previsioni comunitarie in materia
È da sottolineare che, a conferma della illegittimità della versione precedente della norma, il nuovo regime di esclusione da Iva è coerente con quanto previsto a livello comunitario, laddove viene previsto che l'art. 19 della Direttiva n. 2006/112/CE, in cui è stato rifuso l'art. 5 n. 8 della Direttiva n. 77/388/ CEE, prevede che ''In caso di trasferimento a titolo oneroso o gratuito o sotto forma di conferimento a una società di una universalità totale o parziale di beni, gli Stati membri possono considerare che non è avvenuta alcuna cessione di beni e che il beneficiario succede al cedente''.
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CPB: causa di cessazione nelle società tra professionisti
Con Risposta n 247 del 6 dicembre le Entrate chiariscono il caso di una trasformazione eterogenea da associazione professionale tra avvocati in società a responsabilità limitata tra professionisti (Stp).
Viene chiarito che, sebbene, la trasformazione di cui si tratta, non determini modifiche della compagine sociale, rappresenta una causa di cessazione del Concordato preventivo biennale (Cpb) poichè determina una modifica della categoria di reddito ascrivibile alla società.
Vediamo maggiori dettagli della risposta ADE.
CPB: causa di cessazione nelle società tra professionisti
Le Entrate nel replicare evidenziano che l'art. 21 del D.Lgs. n. 13/2024 stabilisce che il CPB o concordato preventivo biennale cessa di avere efficacia nel periodo d’imposta in cui si verifica una delle seguenti condizioni:
- fusione, scissione, conferimento.
- modifiche della compagine sociale.
Anche se la compagine sociale non cambia con la trasformazione in una Srl-Stp, si verifica un cambiamento nella categoria di reddito in quanto:
- nella associazione professionale si tratta di redditi di lavoro autonomo.
- nella STP in forma societaria si tratta di redditi d’impresa.
Da ciò discende che si applicano regole diverse per il calcolo della base imponibile ai fini del concordato.
Nel caso di specie, spiega l’Agenzia, la trasformazione eterogenea da associazione professionale a società tra professionisti con forma giuridica di società a responsabilità limitata rappresenta una modifica ra il soggetto che ha aderito al CPB, ossia l’Associazione e quello che materialmente lo applicherà nel biennio di riferimento, ossia la STP.
Allegati:
Con la trasformazione si viene a determinare la fattispecie per la quale lo stesso soggetto, che ha aderito al Concordato dichiarando di produrre redditi da lavoro autonomo, a seguito della trasformazione, produrrà redditi di impresa per il biennio di sua efficacia.
Dunque, con la trasformazione viene modificata la tipologia di reddito conseguito, con conseguente applicazione di differenti regole per il calcolo della base imponibile oggetto di Concordato in virtù della natura di lavoro autonomo o d’impresa dei redditi prodotti.
Infatti, le dinamiche di funzionamento degli ISA, strumento base per l’elaborazione delle proposte di CPB, e l’impianto del CPB stesso risultano diversi a seconda che si riferiscano a lavoratori autonomi o soggetti imprenditori. -
Il socio di una STA può essere socio investitore di una STP?
Con il Pronto Ordini n 78 del 29 ottobre il cui oggetto è iscrizione STP – Socio investitore STP già socio professionista STA – Incompatibilità ex art. 10, c. 6, Legge n.183/2011 il CNDCEC replica ad un quesito sui soci investitori di STP.
Il socio di una STA: può essere anche socio investitore di una STP?
L’Ordine di Roma chiede chiarimenti in merito alla richiesta di iscrizione di una Società tra Professionisti che conta tra i soci non professionisti un avvocato già socio professionista di una Società tra Avvocati.
In particolare, l’Ordine scrivente pone il seguente quesito: “Posto che l’art. 10, c. 6, della legge n. 183 del 2011, rubricato “Riforma degli ordini professionali e società tra professionisti” prevede che “la partecipazione ad una società è incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti”, e l’esercizio della professione forense in forma societaria è disciplinato da una specifica normativa di settore prevista nell’art. 4 bis della legge n. 247 del 2012 “Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense”, ai fini dell’interpretazione della richiamata disposizione sul regime delle incompatibilità, si ritiene opportuno acquisire il parere del Consiglio Nazionale in merito all’inclusione, o meno, delle Società tra Avvocati, nella categoria delle Società tra Professionisti”.
Il CNDCEC ricorda che con riguardo alla partecipazione del socio avvocato in STP ex lege n. 183/2011, il Consiglio Nazionale Forense (di seguito CNF), con parere reso il 25 maggio 2016, n. 64, richiamando la specialità della professione forense e della società di avvocati, ha ritenuto non applicabile a queste ultime la disciplina generale recata dalla legge n. 183/2011, bensì quella speciale recata dall’art. 5 della legge n. 247/2012, al tempo vigente
Si è chiarito che attualmente la disciplina della STA è contenuta nell’art. 4-bis della legge n. 247/20122, espressamente dedicato all'esercizio della professione forense in forma societaria.
Il pronto ordini evidenzia anche che la materia è stata oggetto di interpretazione da parte della Corte di Cassazione (SS.UU.19 luglio 2018 n. 19282) la quale ha ritenuto che il carattere speciale dell'art. 4-bis della legge professionale degli avvocati fa sì che tale disciplina prevalga sulla (anteriore e) generale disposizione recata dall’art. 10 della legge n. 183/2011 3.
L’esercizio dell’attività forense in forma societaria è riservata in via esclusiva, dunque, alle STA (ex art. 4-bis della legge n. 247/2012); non è, pertanto, consentito a STP costituite ex lege n. 183/2011 esercitare l’attività forense in forma societaria; tuttavia, è possibile, fermi i limiti correlati alle incompatibilità di cui all’art. 18 legge n. 247/2012, che un avvocato partecipi a una STP ex lege n. 183/2011, senza però poter comunque esercitare all’interno di tale società la tipica e riservata attività forense.
Con riguardo all’ipotesi della partecipazione a una STP ex lege n. 183/2011 da parte di un avvocato in qualità di socio non professionista che, al contempo, rivesta anche la qualifica di socio professionista in una STA ex art. 4-bis, legge n. 247/2012, sembrerebbe potersi ritenere che non si incorra nella incompatibilità prevista dall’ art. 10, comma 6, della n. 183/2011 secondo cui “la partecipazione ad una società è incompatibile con la partecipazione ad altre società tra professionisti”, poiché in tale evenienza, essendo la STA soggetta alla disciplina speciale recata della menzionata legge n. 247/2012, non trova applicazione il sopra richiamato art. 10, comma 6, della legge n. 183/2011.
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Neutralità fiscale conferimenti degli Studi: il Governo approva la norma
Il 30 aprile il Governo ha approvato in via preliminare, e ora passa alle Commissioni tecniche per ulteriore approvazione, salvo modifiche, il Dlgs sulla revisione dell'irpef e dell'ires, tredicesimo decreto della Riforma Fiscale.
Tra le varie novità previste dal decreto legislativo, si introduce la neutralità fiscale delle operazioni di conferimento di studi professionali in società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico di cui all’art. 10 della L. 183/2011.
L'interevento viene accolto con grande favore dal CNDCEC che, in nota del 30 aprile, a voce del Presidente De Nuccio ha specificato che la norma: “Rappresenta un altro concreto passo verso la razionalizzazione del nostro sistema tributario. In particolare, il decreto contiene la norma, proposta da tempo dal Consiglio Nazionale, che renderà neutrali i processi di riorganizzazione degli studi professionali. Un traguardo storico da accogliere con estrema soddisfazione in quanto viene rimosso un ostacolo che non aveva ragion d’essere e che faciliterà i percorsi aggregativi, anche multidisciplinari, indispensabili per creare strutture che sappiano meglio intercettare le esigenze del mercato. Un particolare ringraziamento va al Viceministro Maurizio Leo, principale artefice del percorso di riforma del sistema tributario”.
Neutralità fiscale conferimenti degli Studi: il Dlgs del 30 aprile
In pratica la norma va a premiare le aggregazioni tra professionisti, e l'agevolazione scatterà da subito, appena il decreto entrerà in vigore.
L'intervento prevede che i singoli che si associano tra loro e gli studi che, da associati, si trasformano in società non pagheranno imposte.
Si stabilisce che non costituiscono plusvalenze tutti i conferimenti, sia di beni materiali che immateriali derivanti da attività artistica o professionale che confluiscono in una società, prevedendo che non si verseranno le imposte per queste operazioni
La neutralità riguarderà tutte le operazioni straordinarie attuate dai professionisti, tra cui fusioni e scissioni delle società già costituite.
Una previsione pensata proprio per incentivare i professionisti, ancora organizzati per la maggior parte in realtà di piccole dimensioni o individuali, a unirsi e a crescere.
Secondo il vice ministro Leo si tratta di "una svolta epocale che punta a favorire la logica dell’aggregazione tra studi anche per rispondere alle esigenze della clientela".
La neutralità fiscale, ricordiamolo è uno dei principi guida indicati dalla legge di Riforma fiscale e ora è concretamente introdotta nel tredicesimo decreto sui redditi.