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Appalti e compatibilità incarichi pubblici: nuove regole ANAC
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 192 del 20 agosto 2025 il comunicato con cui l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) rende note le delibere n. 328 e n. 329 del 30 luglio 2025. Con questi provvedimenti vengono aggiornati due regolamenti chiave:
- il primo sull’attività di vigilanza in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi pubblici,
- il secondo sulla vigilanza e sanzioni per le violazioni del divieto triennale di pantouflage previsto dall’art. 53, comma 16-ter, d.lgs. 165/2001.
Le nuove disposizioni sono entrate in vigore dal 21 agosto 2025.
Novità Regolamento inconferibilià e incompatibilità (Delibera n. 328/2025)
L’ANAC ha aggiornato il Regolamento relativo all’attività di vigilanza su inconferibilità e incompatibilità di incarichi e sul rispetto delle regole di comportamento dei funzionari pubblici.
Le modifiche riguardano l’art. 7 e la gestione delle segnalazioni. È ora possibile archiviare, oltre a quelle manifestamente infondate o generiche, anche le segnalazioni di carattere personale prive di interesse pubblico. Inoltre, il dirigente può non avviare istruttorie per segnalazioni non prioritarie, quando non emergono elementi gravi o lesivi dell’interesse collettivo. In presenza di profili penali o contabili, le segnalazioni devono essere trasmesse alle Procure competenti, mentre i report bimestrali di archiviazione saranno pubblicati sul sito ANAC in ottica di trasparenza
Nuove regole sul pantouflage (Delibera n. 329/2025)
La delibera n. 329/2025 ha introdotto modifiche al Regolamento in materia di vigilanza e attività sanzionatoria per le violazioni del divieto triennale post impiego. Le novità si concentrano sugli articoli 9 e 12: viene definito un nuovo ordine di priorità delle segnalazioni, che privilegia quelle provenienti da Autorità di controllo (Guardia di Finanza, Magistratura, Prefettura), dalle amministrazioni centrali e sugli incarichi apicali, oltre a quelle trasmesse da RPCT e RUP. Priorità anche agli incarichi in corso o conferiti da meno di tre anni. Le segnalazioni non prioritarie possono essere archiviate, ma restano utili ai fini di monitoraggio e programmazione ispettiva. In ogni caso, se emergono profili penali o contabili, l’Autorità è tenuta a trasmetterle alle Procure competenti, pubblicando periodicamente prospetti riassuntivi online.
Tabella di sintesi operativa
Delibera Oggetto Principali novità 328/2025 Vigilanza su inconferibilità e incompatibilità incarichi • Archiviazione anche di segnalazioni personali
• Possibilità di non avviare istruttorie per casi non prioritari
• Trasmissione alle Procure se emergono profili penali/contabili
• Report bimestrali pubblicati sul sito ANAC329/2025 Vigilanza e sanzioni su pantouflage • Nuovo ordine di priorità delle segnalazioni (Autorità, incarichi apicali, RPCT/RUP)
• Urgenza per incarichi in corso o entro 3 anni
• Archiviazione motivata con pubblicazione online
• Obbligo di trasmissione a Procure in caso di illeciti -
Manodopera appalti: le regole per l’equivalenza dei CCNL
Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) ha risposto a un quesito giuridico in merito alla corretta applicazione dell’art. 4 dell’Allegato I.01 del D.lgs. 36/2023, così come modificato dal D.lgs. 209/2024, nella Nota 3522 del 3.6.2025
n particolare, si chiede se, nel caso in cui un operatore economico (OE) proponga in offerta l’applicazione di un contratto collettivo nazionale del lavoro (CCNL) diverso da quello indicato nella legge di gara, la valutazione di equivalenza delle tutele economiche e normative debba essere effettuata seguendo esclusivamente i criteri stabiliti nei commi 2 e 3 del citato articolo.
Qui il testo del decreto correttivo
Valutazione delle Tutele Economiche e normative
Il MIT conferma che la valutazione dell’equivalenza delle tutele economiche deve basarsi puntualmente sui parametri indicati nel comma 2 dell’art. 4. Tali parametri includono:
- Retribuzione tabellare annua
- Indennità di contingenza
- Elemento distinto della retribuzione (EDR)
- Mensilità aggiuntive
- Ulteriori indennità
Ai sensi del comma 4, la tutela economica può ritenersi equivalente quando il valore complessivo delle componenti fisse della retribuzione annua non risulta inferiore a quello previsto dal CCNL indicato nel bando.
Il comma 3 dello stesso articolo elenca invece gli elementi su cui si basa la valutazione dell’equivalenza delle tutele normative. Questi comprendono istituti come:
- Lavoro straordinario e supplementare
- Lavoro part-time
- Trattamento per malattia e maternità
- Permessi retribuiti, ecc.
Il MIT specifica che anche tali aspetti devono essere analizzati con attenzione. L’equivalenza può ritenersi sussistente solo se eventuali differenze risultano marginali.
Attesa linee guida ministeriali
Per individuare concretamente cosa si intenda per “scostamenti marginali” in ambito normativo, è previsto che il Ministero del Lavoro, di concerto con il MIT, adotti apposite linee guida entro 90 giorni dall’entrata in vigore dell’Allegato I.01. In attesa di tali linee guida, è ammesso richiamare le indicazioni contenute nella relazione illustrativa al Bando-tipo ANAC n. 1/2023.
In sintesi, il MIT ribadisce che l’equivalenza delle tutele economiche e normative è subordinata al rispetto rigoroso dei criteri previsti dall’art. 4 e che le valutazioni devono essere documentate e fondate su parametri oggettivi, in attesa delle linee guida ministeriali definitive.
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Appalti, trasparenza e sicurezza: Relazione ANAC 2024
Il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac), Giuseppe Busìa, ha presentato il 20 maggio alla Camera dei Deputati la relazione annuale sull’attività svolta nel 2024, sollevando forti preoccupazioni sulla gestione degli appalti pubblici, sull’eccesso di affidamenti diretti e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
Temi che assumono particolare rilievo in vista del referendum confermativo sulla responsabilità solidale negli appalti, previsto nel mese di giugno.
Appalti pubblici: troppe scorciatoie, poca concorrenza
La relazione evidenzia che nel 2024 il valore complessivo degli appalti in Italia ha raggiunto i 271,8 miliardi di euro, ma il 98% degli acquisti di servizi e forniture è avvenuto tramite affidamenti diretti.
Una percentuale definita “allarmante” da Busìa, che ha segnalato un ricorso eccessivo a soglie prossime ai 140.000 euro – triplicate rispetto al 2021 – per evitare procedure competitive.
Secondo il Presidente Anac, si tratta di un’abitudine che mina la trasparenza, espone gli amministratori a indebite pressioni e favorisce infiltrazioni mafiose, soprattutto nei contesti dove è più debole il controllo pubblico.
In tema di deroghe al Codice Appalti ti puo interessare leggere anche Decreto infrastrutture le misure per le imprese
Sicurezza sul lavoro: boom di violazioni nei subappalti
Il tema della sicurezza è stato uno dei punti più critici della relazione, come purtroppo evidente dalla cronaca di tutti i giorni .
Nel 2024 il Casellario Anac ha registrato 1.448 annotazioni per violazioni delle norme su salute e sicurezza, con un incremento del 43% rispetto al 2023. I rischi maggiori provengono dai subappalti a cascata, spesso difficilmente monitorabili.
Busìa ha evidenziato l’indebolimento delle garanzie pubbliche: la rimozione del reato di abuso d’ufficio, la mancata regolamentazione delle lobby e l’assenza di un obbligo di dichiarazione del titolare effettivo delle imprese nei contratti pubblici. Tutti elementi che riducono la trasparenza e l’efficacia dei controlli.
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Bollo contratti in house appalti: come e quando è dovuto
Con Risposta a interpello n 230 del 27 novembre l'Ade chiarisce l'applicazione dell'imposta di bollo su atti della procedura e accordo contrattuale per gli Appalti.
L'Ente istante intende affidare dei contratti per l'esecuzione di servizi e forniture in proprio favore direttamente a società in house, ai sensi dell'articolo 7, comma 2 del decreto legislativo 31 marzo 2023 Codice dei contratti pubblici.
A tale riguardo chiede di conoscere se gli atti della procedura e, in particolare, l'accordo contrattuale siano soggetti all'imposta di bollo secondo le modalità indicate dall'allegato I.4 al Codice dei contratti pubblici, richiamato dall'articolo 18, comma 10 del medesimo Codice.L'ade specifica che il Codice individua e include nella disciplina degli appalti pubblici l'affidamento ''in house''.
Bollo per i contratti inhouse: chiarimenti Ade per gli Appalti
Con il decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 è stato emanato il nuovo Codice dei contratti pubblici.
Allegati:
L'articolo 18, comma 10, del richiamato d.lgs. n. 36 del 2023 dispone che «Con la tabella di cui all'allegato I.4 al codice è individuato il valore dell'imposta di bollo che l'appaltatore assolve una tantum al momento della stipula del contratto e in proporzione al valore dello stesso.
Con la medesima tabella sono sostituite le modalità di calcolo e versamento dell'imposta di bollo di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, in materia di contratti pubblici disciplinati dal codice. L'allegato I.4 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice».
L'allegato I.4 prevede all'articolo 1 che «Il valore dell'imposta di bollo che l'appaltatore è tenuto a versare al momento della stipula del contratto è determinato sulla base della Tabella annessa […]. L'imposta è determinata sulla base di scaglioni crescenti in relazione all'importo massimo previsto nel contratto…».
L'articolo 2 dell'allegato in esame stabilisce che «Il pagamento dell'imposta di cui all'articolo 1 ha natura sostitutiva dell'imposta di bollo dovuta per tutti gli atti e documenti riguardanti la procedura di selezione e l'esecuzione dell'appalto, fatta eccezione per le fatture, note e simili di cui all'articolo 13, punto 1, della Tariffa, parte
I, allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642».
L'articolo 7 del decreto in argomento dispone che «Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono affidare direttamente a società in house lavori, servizi o forniture, nel rispetto dei principi di cui agli articoli 1, 2 e 3 […].
L'affidamento in house di servizi di interesse economico generale di livello locale è disciplinato dal decreto legislativo 23 dicembre 2022, n. 201».
Il decreto legislativo 23 dicembre 2022, n. 201, recante il «Riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica» all'articolo 17, concernente l'«Affidamento a società in house», dispone al comma 1 che «Gli enti locali e gli altri enti competenti possono affidare i servizi di interesse economico generale di livello locale a società in house, nei limiti e secondo le modalità di cui alla disciplina in materia di contratti pubblici e di cui al decreto legislativo n. 175 del 2016.».
I contratti, contemplati nel sopra citato articolo 7 del predetto d.lgs. n. 36 del 2023, devono essere predisposti «nel rispetto dei principi di cui agli articoli 1, 2 e 3» del Codice dei contratti pubblici e, in base a quanto stabilito nel citato articolo 17 decreto legislativo n. 201 del 2022, «… secondo le modalità di cui alla disciplina in materia di contratti pubblici …».
In definitiva, il Codice individua e include nella disciplina degli appalti pubblici l'affidamento ''in house''.
Ne deriva che tali affidamenti ''diretti'' sono soggetti alle disposizioni dettate in tema di imposta di bollo secondo le modalità indicate dall'allegato I.4 al Codice dei contratti pubblici, richiamato dall'articolo 18, comma 10 del medesimo Codice, secondo i chiarimenti forniti con la circolare del 28 luglio 2023, n. 22/E e con la risposta n. 446 del 2023, cui si rinvia per ulteriori precisazioni.
A tale riguardo, in linea con i predetti documenti di prassi, si ritiene che nel caso dell'affidamento ''in house'',previsto dall'articolo 7, comma 2 del decreto legislativo 31 marzo 2023, relativamente agli atti della procedura non sia dovuta ulteriore imposta di bollo rispetto a quella da assolvere al momentodella stipula del contratto -
Appalti e somministrazione illecita: novità dalla Cassazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 20591 del 2024, ha trattato una controversia riguardante la distinzione tra appalto e somministrazione illecita di manodopera, con particolare riferimento agli appalti pesanti ovvero ad alto utilizzo di manodopera ( definiti labour intensive nella sentenza).
La decisione, che coinvolge l'Agenzia delle Entrate e una S.r.l., offre un nuovo orientamento sull'applicazione delle normative relative alla somministrazione di manodopera con conseguenze sulla deduzione IVA e dei costi.
Appalti e somministrazione illecita: la controversia
La controversia nasce da un avviso di accertamento emesso dall'Agenzia delle Entrate per l'anno di imposta 2015, che contestava alla S.r.l. la deduzione di costi e la detrazione dell'IVA per prestazioni di facchinaggio, consulenze e rimborsi vari, ritenendoli indebiti e configuranti illecita somministrazione di manodopera.
Ricordando che la normativa italiana distingue tra appalto e somministrazione di lavoro sulla base della capacità dell'appaltatore di organizzare i mezzi necessari e assumere il rischio d'impresa, la Corte ha sottolineato che negli appalti labour intensive cioè ad alto utilizzo di manodopera , come nel caso in questione (prestazioni di facchinaggio) l'autonomia organizzativa e direttiva dell'appaltatore sui propri dipendenti è cruciale per qualificare l'appalto come genuino.
L'ordinanza della Cassazione segna un'evoluzione del pensiero giurisprudenziale, stabilendo che negli appalti "leggeri", caratterizzati da una elevata presenza di manodopera, è sufficiente che l'appaltatore gestisca effettivamente i propri dipendenti. Al contrario, se all'appaltatore rimangono solo compiti di gestione amministrativa del rapporto, il contratto è nullo, con l'impossibilità di detrarsi l'IVA e di dedurre i costi ai fini delle imposte dirette.
Nel caso in esame non è stata valutata la effettiva realizzazione di un risultato autonomo da conseguire attraverso un'organizzazione effettiva e autonoma del lavoro.
Da sottolineare inoltre per la Cassazione che i compensi agli amministratori devono essere deliberati dall'assemblea dei soci, pena la nullità del contratto e l'indeducibilità delle spese correlate. Anche per questo aspetto la decisione impugnata è stata cassata
Appalti e somministazione illecita: conclusioni e riferimenti normativi
L'ordinanza stabilisce un nuovo principio di diritto, superando e chiarendo quanto previsto nella sentenza 18455 del 28 giugno 2023.
«Ai fini della valutazione della deduzione di componenti negativi di reddito ai sensi dell’art. 5, comma 3, del d. lgs. 446/1997 e dell’esclusione dalla base imponibile ex art. 26
bis della L. 196/1997 e detrazione dell’IVA, la distinzione tra appalto genuino di cui all’art.1655 cod. civ. e l’illecita somministrazione di manodopera si individua nella concorrenza dei requisiti di assunzione del rischio di impresa e di direzione ed organizzazione di mezzi e materiali necessari da parte dell’appaltatore, tenendo presente che l’organizzazione può anche essere minima negli appalti cd. “leggeri” a prevalenza di apporto personale di unità specializzate, mentre negli appalti cd. “labour intensive” il requisito si sostanzia soprattutto nell’esercizio del potere direttivo dei mezzi e materiali.».
Il motivo di ricorso viene quindi accolto, perché nella fattispecie, il giudice non ha valutato il primo requisito, ossia l’assunzione o meno di rischi da parte dell’appaltatore, concorrente e necessario insieme alla direzione ed organizzazione al fine di consentire all’interprete di distinguere tra l’esistenza di un appalto genuino e l’illecita somministrazione di manodopera.
La Corte di Cassazione ha accolto dunque il ricorso dell'Agenzia delle Entrate, ritenendo fondate le contestazioni relative alla qualificazione dell'appalto e alla deduzione dei costi per consulenze. Ha quindi rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia-Romagna per un nuovo esame conforme ai principi espressi.
Riferimenti Normativi
- D.Lgs. 276/2003, art. 29: Regolamenta il contratto di appalto e la somministrazione di lavoro.
- Codice Civile, art. 1655: Definisce il contratto di appalto.
- D.P.R. 633/1972, art. 19: Dispone sulla detrazione dell’IVA.
- D.Lgs. 446/1997, art. 5, comma 3: Regola la deduzione dei costi.
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Bonus certificazione di parità: da domani le richieste
Il principio della parità di genere nel lavoro è un obiettivo europeo inserito anche nel PNRR italiano e in materia è stato previsto un piano di attuazione con l'art 47 del DL 77 2021. Per favorirne l'attuazione dal punto di vista normativo sono stati previsti
- un obbligo minimo di rapporto biennale sulla situazione aziendale in tema di parità di genere
- e un adempimento facoltativo (certificazione della parità di genere in azienda) che consente di accedere ad agevolazioni alle imprese virtuose in questo ambito.
Rilascio certificazione parità di genere: cos'è, a cosa serve
Nella Gazzetta Ufficiale del 1 luglio 2022 è stato pubblicato il DM della presidenza del Consiglio -Dipartimento per la famiglia e le pari opportunità, che definisce a quali valori fare riferimento per ottenere la certificazione di parità: adottata a questo fine la prassi UNI PDR 125 2022, in conformita' alla norma UNI CEI EN ISO/IEC 17021-1. Il rilascio della certificazione sulla parita' di genere alle imprese avviene solo da organismi di valutazione accreditati e non è gratuito.
Per questo, al fine di sostenere le imprese in questo percorso sono state stanziate risorse per erogare specifici contributi
Il 6 novembre 2023 il Dipartimento per le pari opportunità ha dato notizia dell'avvio del primo avviso pubblico che definisce i criteri e le modalità per la concessione dei contributi (QUI IL TESTO) alle micro, piccole e medie imprese per l’ottenimento della certificazione della parità di genere con una dotazione complessiva di 10 milioni di euro, 8 dei quali destinati al supporto alle PMI,
Si intende in questo modo accompagnare e incentivare le imprese ad adottare policy adeguate a ridurre il divario di genere e, in linea con quanto previsto dalla Strategia nazionale contribuire a raggiungere entro il 2026 l’incremento di 5 punti nella classifica sull’uguaglianza di genere elaborato dall’Istituto europeo (EIGE). Attualmente infatti l’Italia è al 13esimo posto
Certificazione parità: due bonus per le imprese
Beneficiarie delle agevolazioni sono le PMI con sede legale e operativa in Italia, iscritte nel Registro delle imprese e attive.
Sono previste due linee di agevolazioni:
a) per l’assistenza tecnica e accompagnamento è prevista l’assegnazione di un voucher per ciascuna impresa fino a 2.500 euro sotto forma di servizi specialistici (ad esempio: supporto all’utilizzo dei tools informativi, azioni di affiancamento erogate da esperti appositamente selezionati per l’implementazione del Sistema di gestione per la parità di genere, per il monitoraggio degli indicatori di performance e la definizione degli obiettivi strategici e per la pre-verifica della conformità del Sistema di Gestione).
b) per il rilascio della certificazione è prevista l’assegnazione di contributi fino a 12.500 euro per impresa, in relazione alla dimensione, sotto forma di servizi di certificazione della parità di genere erogati dagli Organismi iscritti nell’apposito Elenco.
ATTENZIONE Questi contributi sono soggetti alla disciplina europea sugli Aiuti di Stato.
La richiesta di contributo e i modelli da compilare
I contributi verranno concessi con procedura valutativa con procedimento a sportello, in base all’ordine cronologico di presentazione della domanda.
Le richieste andranno inviate:
- a partire dalle ore 10:00 del 6 dicembre 2023 e
- fino alle ore 16:00 del 28 marzo 2024, salvo un anticipato esaurimento delle risorse disponibili,
- sulla piattaforma appositamente predisposta a questo link https://certificazioneparitadigenere.unioncamere.gov.it/dintec/accedi da Unioncamere che gestisce la misura.
- Per l’accesso ai contributi è necessario:
- compilare un modello di autovalutazione che dimostri l'impegno dell’impresa sui temi inerenti alla parità di genere;
- presentare un preventivo formulato da un Organismo di Certificazione presente nell’Elenco degli Organismi di certificazione aderenti.
- Questi contributi si affiancano ad altri incentivi e misure premiali per le imprese che abbiano ottenuto la certificazione della parità di genere previste dal Codice degli appalti ed esoneri contributivi.
Nella piattaforma di Unioncamere le istruzioni e i modelli necessari.
ATTENZIONE Si accede con SPID, CIE o CNS.
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Codice appalti: banca dati digitale ANAC
Appalti digitali dal 1° gennaio 2024, si rafforza la collaborazione tra Anac e Consip, è quanto specifica ANAC in un comunicato del 17 ottobre.
La collaborazione istituzionale di Consip con l’Autorità Nazionale AntiCorruzione (ANAC) cresce e si rafforza con l’obiettivo di contribuire al consolidamento di un sistema nazionale di procurement pubblico sempre più trasparente, efficiente e innovativo.
Anac, ricordiamolo, è l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici e di prevenzione della corruzione, che gestisce la Banca dati degli Appalti, fulcro dell’ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale (e-procurement) e quindi della digitalizzazione dell’intero sistema degli acquisti di lavori, servizi e forniture da parte delle pubbliche amministrazioni.
Consip, centro di eccellenza nazionale nel procurement, attua in sinergia con il Ministero dell’Economia e Finanze i più rilevanti programmi di riqualificazione, efficienza e innovazione della spesa pubblica del Paese.
Entrambe, sottoliena il comunicato, stanno lavorando insieme in stretto raccordo sul complesso progetto di semplificazione e digitalizzazione end-to-end degli appalti pubblici: uno dei pilastri del nuovo Codice dei contratti pubblici operativo dal 1° luglio 2023.
Codice degli appalti: la normativa
Ricordiamo che in data 13 aprile è stato ripubblicato con note in GU n. 87 supplemento ordinario n. 14 il Codice degli appalti ovvero Decreto legislativo n 36 del 31 marzo 2023.
Il decreto legislativo n. 36 reca il Codice dei contratti pubblici in attuazione dell'articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, con delega al Governo in vigore dal 1 aprile.
Le nuove regole "a burocrazia semplificata" sono operative dal 1 luglio l'operatività, mentre per la digitalizzazione degli appalti si dovrà attendere il 1 gennaio 2024.
Codice degli appalti: la banca dati digitale
Con l'art 23 si disciplina la Banca dati nazionale dei contratti pubblici istituita presso l’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC).
L’ANAC è titolare in via esclusiva della Banca dati nazionale dei contratti pubblici di cui all’articolo 62- bis del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, abilitante l’ecosistema nazionale di e-procurement, e ne sviluppa e gestisce i servizi.
L’ANAC individua con propri provvedimenti le sezioni in cui si articola la banca dati e i servizi ad essa collegati.
La Banca dati nazionale dei contratti pubblici è interoperabile con:
- le piattaforme di approvvigionamento digitale utilizzate dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti
- il portale dei soggetti aggregatori per la digitalizzazione di tutte le fasi del ciclo di vita dei contratti pubblici,
- nonché con la piattaforma digitale nazionale dati, con le basi di dati di interesse nazionale e con tutte le altre piattaforme e banche dati dei soggetti coinvolti nell’attività relativa al ciclo di vita dei contratti pubblici.
I soggetti coinvolti nell’attività relativa al ciclo di vita dei contratti, ove non già accreditati alla piattaforma sono tenuti ad accreditarsi alla predetta piattaforma nonché alla Banca dati nazionale dei contratti pubblici, a sviluppare le interfacce applicative e a rendere disponibili le proprie basi dati, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e nel rispetto delle linee guida dell’Agenzia per l’Italia digitale (AGID) in materia di interoperabilità.
La Banca dati nazionale dei contratti pubblici rende disponibili mediante interoperabilità i servizi e le informazioni necessari allo svolgimento delle fasi dell’intero ciclo di vita dei contratti pubblici, anche ai fini del rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.
La stessa Banca dati si integra con la piattaforma unica della trasparenza istituita presso l’ANAC.
Con proprio provvedimento l’ANAC individua le informazioni che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti sono tenuti a trasmettere alla Banca dati nazionale dei contratti pubblici attraverso le piattaforme telematiche di cui all’articolo 25.
Gli obblighi informativi di cui al primo periodo riguardano anche gli affidamenti diretti a società in house di cui all’articolo 7, comma 2.
Con proprio provvedimento l’ANAC individua i tempi entro i quali i titolari delle piattaforme e delle banche dati garantiscono l’integrazione con i servizi abilitanti l'ecosistema di approvvigionamento digitale.
L’integrazione è realizzata attraverso i servizi digitali resi disponibili da ANAC sulla piattaforma digitale nazionale dati, nel rispetto delle relative regole tecniche.
L’ANAC rende disponibili ai sistemi informativi regionali competenti per territorio, nonché alle pubbliche amministrazioni, le informazioni necessarie allo svolgimento dei compiti istituzionali,
Nei casi in cui si omettano informazioni o attività necessarie a garantire l’interoperabilità dei dati, l’ANAC effettua una segnalazione all’AGID per l’esercizio dei poteri sanzionatori di cui all’articolo 18-bis del codice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005.
L’omissione di informazioni richieste, il rifiuto o l’omissione di attività necessarie a garantire l’interoperabilità delle banche dati coinvolte nel ciclo di vita dei contratti pubblici costituisce violazione di obblighi di transizione digitale punibili ai sensi dell’articolo 18-bis del codice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005.
Al fine di ridurre gli oneri amministrativi dei soggetti attuatori i dati di cui al presente articolo possono essere utilizzati nell’ambito delle procedure concernenti i finanziamenti degli investimenti pubblici come strumento di verifica dell’effettivo utilizzo delle risorse e di avanzamento procedurale nei tempi previsti dalle leggi di spesa.