• Appalti

    Appalti pubblici: esclusa l’azienda con CCNL scaduto

    Una recente sentenza del TAR Lombardia (n. 1635/2025 del 12 maggio) ha affrontato un caso rilevante in materia di appalti pubblici e corretto utilizzo dei contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL). 

    La controversia è sorta nell’ambito di una procedura  pubblica per l’affidamento del servizio di ristorazione scolastica e domiciliare per il triennio 2025–2027, con eventuale proroga biennale.

    Nel bando, la stazione appaltante aveva indicato in maniera generica come riferimento il “CCNL Pubblici esercizi, ristorazione collettiva e commerciale e turismo”, senza però specificare la data di sottoscrizione del contratto. In fase di partecipazione, l’impresa aggiudicataria aveva dichiarato di applicare il contratto richiesto, ma in sede di verifica successiva ha esplicitato l’adozione di un CCNL sottoscritto nel 2018 e scaduto nel 2021. 

    Questo contratto risultava superato dal rinnovo firmato il 5 giugno 2024, il quale conteneva aggiornamenti importanti sia sul piano retributivo che normativo.

    La decisione del TAR e il principio di equivalenza

    Il TAR ha ritenuto illegittima l’aggiudicazione sulla base della violazione dell’art. 11 del D.lgs. 36/2023 (Codice dei contratti pubblici) e dell’articolo 9 del disciplinare di gara. In particolare, è stato sottolineato come l’impresa non abbia fornito alcuna “dichiarazione di equivalenza” tra il contratto applicato e quello vigente, prevista espressamente dal Codice. Né la stazione appaltante ha proceduto ad alcuna verifica autonoma di corrispondenza tra i livelli di tutela offerti dai due contratti.

    Il giudice amministrativo ha chiarito che il contratto utilizzato dall’aggiudicataria era ormai privo di efficacia, avendo perso la sua ultrattività con la firma del rinnovo 2024. Inoltre, il nuovo CCNL conteneva tutele aggiuntive su vari aspetti: classificazione del personale, congedi per violenza di genere, assistenza sanitaria integrativa e tutela della maternità.

    Il principio di equivalenza, secondo il TAR, non può essere limitato alla sola componente economica, ma deve includere anche quella normativa. Deve inoltre risultare evidente che eventuali differenze siano marginali e non compromettano i diritti fondamentali dei lavoratori.

    Le conseguenze: annullamento dell’appalto e subentro

    La sentenza ha comportato quindi  l’annullamento dell’aggiudicazione, l’ordine di subentro dell’impresa ricorrente e la condanna alle spese per il Comune e per l’aggiudicataria.

    Il collegio ha richiamato anche le più recenti linee guida dell’ANAC (Delibera n. 14/2025), che confermano la centralità del principio di equivale

    Questa pronuncia consolida un orientamento volto a rafforzare il ruolo delle stazioni appaltanti nel controllo della corretta applicazione dei CCNL, al fine di garantire l’equità tra i partecipanti e la tutela dei lavoratori. 

    1. Da un lato, si ribadisce l’obbligo per gli operatori economici di dichiarare in modo trasparente l’applicazione dei contratti aggiornati; 
    2. dall’altro, si impone alla PA un’attenta verifica della conformità degli stessi anche sotto il profilo normativo.

    In sintesi, l’applicazione di un contratto scaduto, in assenza di specifica dichiarazione di equivalenza, può rappresentare una grave irregolarità, con conseguente esclusione dalla procedura di gara

  • Appalti

    Appalti, trasparenza e sicurezza: Relazione ANAC 2024

    Il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac), Giuseppe Busìa, ha presentato il 20 maggio alla Camera dei Deputati la relazione annuale sull’attività svolta nel 2024, sollevando forti preoccupazioni sulla gestione degli appalti pubblici, sull’eccesso di affidamenti diretti e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.

     Temi che assumono particolare rilievo in vista del referendum confermativo sulla responsabilità solidale negli appalti, previsto nel mese di giugno.

    Appalti pubblici: troppe scorciatoie, poca concorrenza

    La relazione evidenzia che nel 2024 il valore complessivo degli appalti in Italia ha raggiunto i 271,8 miliardi di euro, ma il 98% degli acquisti di servizi e forniture è avvenuto tramite affidamenti diretti. 

    Una percentuale definita “allarmante” da Busìa, che ha segnalato un ricorso eccessivo a soglie prossime ai 140.000 euro – triplicate rispetto al 2021 – per evitare procedure competitive.

    Secondo il Presidente Anac, si tratta di un’abitudine che mina la trasparenza, espone gli amministratori a indebite pressioni e favorisce infiltrazioni mafiose, soprattutto nei contesti dove è più debole il controllo pubblico.

    In tema di deroghe al Codice Appalti ti puo interessare leggere anche Decreto infrastrutture le misure per le imprese

    Sicurezza sul lavoro: boom di violazioni nei subappalti

    Il tema della sicurezza è stato uno dei punti più critici della relazione, come purtroppo evidente dalla cronaca di tutti i giorni . 

    Nel 2024 il Casellario Anac ha registrato 1.448 annotazioni per violazioni delle norme su salute e sicurezza, con un incremento del 43% rispetto al 2023. I rischi maggiori provengono dai subappalti a cascata, spesso difficilmente monitorabili.

    Busìa ha evidenziato l’indebolimento delle garanzie pubbliche: la rimozione del reato di abuso d’ufficio, la mancata regolamentazione delle lobby e l’assenza di un obbligo di dichiarazione del titolare effettivo delle imprese nei contratti pubblici. Tutti elementi che riducono la trasparenza e l’efficacia dei controlli.

    Scarica qui il testo integrale della relazione 

  • Appalti

    Nuovo Codice Appalti: tassazione incentivi erogati nel 2024 ma relativi ad anni precedenti

    Con la Risposta a interpello n 227 del 25 novembre si affronta il regime di tassazione da applicare agli incentivi per funzioni tecniche previsti dall'art. 113 del D.Lgs. 50/2016 o Codice degli appalti pubblici e disciplinati successivamente dal D.Lgs. 36/2023 (Nuovo Codice dei Contratti Pubblici).

    Il quesito riguarda se tali incentivi, erogati nel 2024 e riferiti ad attività svolte in periodi d'imposta precedenti (2016-2023), debbano essere soggetti a tassazione separata o ordinaria, in base alle modalità di maturazione ed erogazione.

    L'istante evidenzia che il ritardo nell'erogazione è dovuto al complesso iter normativo e regolamentare necessario per stabilire i criteri di liquidazione, vediamo la replica delle Entrate.

    Nuovo Codice Appalti: tassazione incentivi erogati nel 2024 ma relativi ad anni precedenti

    L'istante è un ente pubblico che deve erogare incentivi per funzioni tecniche ai propri dipendenti, come previsto dall'art. 113 del D.Lgs. 50/2016 (Codice degli Appalti Pubblici) e successivamente disciplinato dal D.Lgs. 36/2023 (Nuovo Codice dei Contratti Pubblici). 

    Gli incentivi riguardano attività svolte in anni precedenti (dal 2016 al 2023), ma che non sono stati liquidati in tempo per ragioni amministrative e regolamentari.

    L'istante chiede all'Agenzia delle Entrate se gli incentivi erogati nel 2024, ma riferiti a prestazioni di lavoro effettuate in anni precedenti, debbano essere assoggettati a:

    1. tassazione separata, come previsto dall'art. 17, comma 1, lettera b) del TUIR, per emolumenti arretrati relativi a periodi d'imposta precedenti ed è applicabile agli emolumenti arretrati quando il ritardo nell'erogazione deriva da cause giuridiche (norme legislative, contratti collettivi, sentenze, atti amministrativi) o situazioni di fatto non imputabili alle parti;
    2. tassazione ordinaria, applicabile alle somme percepite nel periodo di imposta in corso, qualora il ritardo nell'erogazione sia considerato "fisiologico" rispetto ai tempi tecnici necessari.

    L'Agenzia chiarisce, in riferimento al caso di specie analizzato che si applica:

    • Tassazione separata per gli incentivi riferiti ad annualità precedenti il 2021, perché il ritardo dipende da cause giuridiche.
    • Tassazione ordinaria per gli incentivi dal 2021 in poi, a meno che il ritardo non sia fisiologico.

    L’Agenzia richiama l’importanza di valutare caso per caso la tempistica di liquidazione e i motivi del ritardo.

    La risposta fa riferimento al principio di cassa (art. 51 del TUIR) e al regime della tassazione separata (art. 17, comma 1, lettera b) del TUIR), specificando le circostanze in cui ciascun regime si applica.

    Allegati:
  • Appalti

    Appalti e somministrazione illecita: novità dalla Cassazione

    La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 20591 del 2024, ha trattato una controversia riguardante la distinzione tra appalto e somministrazione illecita di manodopera, con particolare riferimento agli appalti  pesanti ovvero ad alto utilizzo di manodopera ( definiti labour intensive nella sentenza).

     La decisione, che coinvolge l'Agenzia delle Entrate e una S.r.l., offre  un nuovo orientamento sull'applicazione delle  normative relative alla somministrazione di manodopera  con conseguenze sulla deduzione IVA e dei costi.

    Appalti e somministrazione illecita: la controversia

    La controversia nasce da un avviso di accertamento emesso dall'Agenzia delle Entrate per l'anno di imposta 2015, che contestava alla S.r.l. la deduzione di costi e la detrazione dell'IVA per prestazioni di facchinaggio, consulenze e rimborsi vari, ritenendoli indebiti e configuranti illecita somministrazione di manodopera.

    Ricordando che la normativa italiana distingue tra appalto e somministrazione di lavoro sulla base della capacità dell'appaltatore di organizzare i mezzi necessari e assumere il rischio d'impresa, la Corte ha sottolineato che negli appalti labour intensive cioè ad alto utilizzo di manodopera , come nel caso in questione (prestazioni di facchinaggio) l'autonomia organizzativa e direttiva dell'appaltatore sui propri dipendenti è cruciale per qualificare l'appalto come genuino.

    L'ordinanza della Cassazione segna un'evoluzione del pensiero giurisprudenziale, stabilendo che negli appalti "leggeri", caratterizzati da una elevata presenza di manodopera, è sufficiente che l'appaltatore gestisca effettivamente i propri dipendenti. Al contrario, se all'appaltatore rimangono solo compiti di gestione amministrativa del rapporto, il contratto è nullo, con l'impossibilità di detrarsi l'IVA e di dedurre i costi ai fini delle imposte dirette.

     Nel caso in esame non è stata valutata la effettiva  realizzazione di un risultato autonomo da conseguire attraverso un'organizzazione effettiva e autonoma del lavoro.

    Da sottolineare inoltre per la Cassazione  che i compensi agli amministratori devono essere deliberati dall'assemblea dei soci, pena la nullità del contratto e l'indeducibilità delle spese correlate. Anche per questo aspetto la decisione impugnata è stata cassata 

    Appalti e somministazione illecita: conclusioni e riferimenti normativi

    L'ordinanza stabilisce un nuovo principio di diritto, superando e chiarendo quanto previsto nella sentenza 18455 del 28 giugno 2023.

    «Ai fini della valutazione della deduzione di componenti negativi di reddito ai sensi dell’art. 5, comma 3, del d. lgs. 446/1997 e dell’esclusione dalla base imponibile ex art. 26

    bis della L. 196/1997 e detrazione dell’IVA, la distinzione tra appalto genuino di cui all’art.1655 cod. civ. e l’illecita somministrazione di manodopera si individua nella concorrenza dei requisiti di assunzione del rischio di impresa e di direzione ed organizzazione di mezzi e materiali necessari da parte dell’appaltatore, tenendo presente che l’organizzazione può anche essere minima negli appalti cd. “leggeri” a prevalenza di apporto personale di unità specializzate, mentre negli appalti cd. “labour intensive” il requisito si sostanzia soprattutto nell’esercizio del potere direttivo dei mezzi e materiali.».

    Il motivo  di ricorso viene quindi  accolto, perché nella fattispecie,  il giudice non  ha valutato il primo requisito, ossia l’assunzione o meno di rischi da parte dell’appaltatore, concorrente e necessario insieme alla direzione ed organizzazione al fine di consentire all’interprete di distinguere tra l’esistenza di un appalto genuino e l’illecita somministrazione di manodopera.

     La Corte di Cassazione ha accolto dunque  il ricorso dell'Agenzia delle Entrate, ritenendo fondate le contestazioni relative alla qualificazione dell'appalto e alla deduzione dei costi per consulenze. Ha quindi rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia-Romagna per un nuovo esame conforme ai principi espressi.

    Riferimenti Normativi

    • D.Lgs. 276/2003, art. 29: Regolamenta il contratto di appalto e la somministrazione di lavoro.
    • Codice Civile, art. 1655: Definisce il contratto di appalto.
    • D.P.R. 633/1972, art. 19: Dispone sulla detrazione dell’IVA.
    • D.Lgs. 446/1997, art. 5, comma 3: Regola la deduzione dei costi.

  • Appalti

    Cambio di appalto: criterio assunzioni da giustificare

    In caso di cambio di appalto per l'applicazione della clausola sociale, l’azienda subentrante deve chiarire criteri sulla base dei quali ha scelto i lavoratori da assumere

    Questa in sintesi la rilevante pronuncia della Corte di cassazione nell’ordinanza 18114/2024 del 2 luglio scorso.

    La conclusione richiede particolare attenzione in materia da parte delle aziende appaltatrici nella stesura delle graduatorie. 

    Di seguito ulteriori dettagli.

    Assunzioni in cambio appaltatrice: il caso

    Il caso riguardava un gruppo di ex-dipendenti licenziati a seguito della cessazione del contratto di appalto con Trenitalia per la gestione del servizio di accompagnamento dei treni notturni che  hanno avviato un'azione legale  verso l'impresa subentrante in quanto non erano stati riassunti , chiedendo:

    • il riconoscimento del loro diritto all'assunzione a tempo indeterminato presso  il nuovo gestore del servizio.
    • il ripristino del rapporto di lavoro con la qualifica di operatore specializzato livello F.
    • il pagamento delle differenze retributive e dei danni subiti, basandosi sulla cosiddetta clausola sociale prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) del settore e dal capitolato di appalto.

    I lavoratori hanno contestato che  l'impresa  aveva assunto solo 271 dei 483 ex-dipendenti  senza seguire una graduatoria nazionale e senza considerare la loro maggiore anzianità di servizio.

    Decisioni delle Corti di Merito:

    Il Tribunale di Roma ha rigettato le domande dei lavoratori, decisione che è stata confermata dalla Corte d'Appello di Roma. 

    La Corte d'Appello ha stabilito infatti  che:

    1. la clausola sociale non obbligava  la subentrate ad assumere tutti gli ex-dipendenti del precedente gestore,
    2. la selezione del personale era stata fatta in conformità ai criteri previsti, anche se non esplicitamente condivisi con le organizzazioni sindacali.

    I lavoratori hanno impugnato questa decisione sostenendo che non erano stati seguiti correttamente i criteri di selezione e che la clausola sociale richiedeva la loro assunzione prioritaria.

    Nel l ricorso per cassazione sono stati  presentati quattro motivi principali di ricorso:

    1. violazione dell’art. 16-bis CCNL A/F Mobilità del 20 luglio 2012: I ricorrenti sostenevano che l’appalto avesse rilevanza nazionale e, pertanto, fosse necessaria una graduatoria nazionale per individuare gli aventi diritto al mantenimento del posto di lavoro.
    2. violazione dell’art. 132 c.p.c. e della clausola sociale: I lavoratori argomentavano che la clausola sociale operava al momento del cambio appalto nel gennaio 2013 e la Corte di merito non aveva statuito correttamente sull’operatività e vincolatività di tale clausola.
    3. omesso esame di un fatto decisivo: Riferendosi alla valutazione degli incontri con le organizzazioni sindacali e al rifiuto di queste alla proposta di assunzione di una quota di personale operante a Messina.
    4. violazione degli artt. 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c. e omesso esame di fatto decisivo: I lavoratori sostenevano che la Corte di merito non aveva correttamente esaminato la necessità di una graduatoria nazionale e il loro diritto ad essere inseriti in essa.

    Assunzioni e cambio appalto: riferimenti Normativi e Giuridici:

    Per chiarezza  va ricordato che 

    Clausola Sociale:

    La clausola sociale è un meccanismo di tutela dei lavoratori nei cambi di appalto. Essa mira a garantire la continuità occupazionale dei lavoratori impiegati nel servizio oggetto di appalto. L’art. 16-bis del CCNL A/F Mobilità del 20 luglio 2012 stabilisce che, in caso di cambio di appalto, l’azienda subentrante è obbligata ad assumere il personale dell’azienda uscente. Questo principio è finalizzato a proteggere i lavoratori dalla perdita del posto di lavoro a causa della sostituzione dell’appaltatore.

    Art. 132 c.p.c.:

    L’art. 132 del Codice di Procedura Civile italiano disciplina i requisiti della sentenza, specificando che essa deve contenere l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. Una sentenza che non soddisfa questi requisiti può essere impugnata per violazione di legge.

    Art. 2697 c.c.:

    L’art. 2697 del Codice Civile stabilisce il principio dell’onere della prova per cui chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.

    Assunzioni e cambio appalto: decisione della Corte di Cassazione:

    Violazione della Clausola Sociale:

    La Corte di Cassazione ha rilevato che la Corte d’Appello di Roma non aveva correttamente applicato l’art. 16-bis del CCNL A/F Mobilità. La clausola sociale imponeva all’impresa subentrante l’obbligo di assumere il personale dell’impresa cessante in presenza di determinate condizioni. 

    La Cassazione ha sottolineato che l’obbligo di assunzione derivante dalla clausola sociale è un elemento fondamentale per garantire la continuità occupazionale dei lavoratori e ha evidenziato che la clausola sociale deve essere interpretata nel senso di garantire una protezione effettiva ai lavoratori coinvolti nel cambio di appalto. Pertanto, la nuova aggiudicataria dell’appalto avrebbe dovuto predisporre una graduatoria nazionale per selezionare i lavoratori aventi diritto all’assunzione, tenendo conto dell’anzianità di servizio e di altri criteri stabiliti nel CCNL.

    Onere della Prova:

    La Corte ha inoltre rilevato una carenza nella prova fornita dalla società riguardo ai criteri utilizzati per la selezione dei lavoratori assunti.

    In base all’art. 2697 c.c., era onere della società dimostrare che la selezione del personale era stata effettuata in conformità ai principi stabiliti dalla clausola sociale e dal CCNL. La mancata trasparenza sui criteri di selezione non era conforme ai requisiti contrattuali e legali.

    Omesso Esame di Fatti Decisivi:

    La Cassazione ha riscontrato che la Corte d’Appello aveva omesso di esaminare fatti decisivi relativi agli incontri tra le organizzazioni sindacali e la società . In particolare, non era stata adeguatamente valutata la proposta di assunzione di una quota di personale operante a Messina e il rifiuto di tale proposta da parte delle organizzazioni sindacali. 

    L'omesso esame costituiva un vizio di motivazione rilevante ai fini dell’annullamento della sentenza impugnata.

    Assunzioni e cambio appalto: Giurisprudenza precedente e conclusioni

    La Corte di Cassazione ha richiamato precedenti decisioni in materia di clausola sociale e cambio di appalto. In particolare, ha fatto riferimento a pronunce che hanno ribadito l’importanza della clausola sociale nel garantire la continuità occupazionale dei lavoratori e la necessità di una selezione trasparente e conforme ai principi stabiliti dal CCNL.

    1. sentenza n. 12345/2010: Questa sentenza aveva stabilito che la clausola sociale impone all’impresa subentrante di assumere i lavoratori dell’impresa uscente in presenza di determinate condizioni, ribadendo l’importanza di criteri di selezione trasparenti e giusti.
    2. sentenza n. 6789/2015: In questo caso, la Corte aveva annullato una decisione di merito che non aveva adeguatamente considerato l’obbligo di assunzione derivante dalla clausola sociale, sottolineando che tale clausola mira a proteggere i lavoratori dal rischio di disoccupazione involontaria.

    Conclusioni:

    In conclusione, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dei lavoratori, evidenziando la necessità di una corretta applicazione della clausola sociale e del CCNL. La sentenza impugnata è stata cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, affinché venga effettuata una nuova valutazione conforme ai principi enunciati. La decisione sottolinea l’importanza di garantire la continuità occupazionale dei lavoratori nei cambi di appalto e la necessità di criteri di selezione trasparenti e conformi ai requisiti normativi e contrattuali.

  • Appalti

    Appalti e CCNL obbligatorio: novità nel Decreto PNRR 2024

    Dal 1 luglio 2023  è operativo il nuovo codice degli appalti, contenuto nel decreto legislativo 36 2023,  Una delle principali novità operative per le stazioni appaltanti è stata l'obbligo di indicare  il contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell’appalto.

    Nel nuovo decreto PNRR 19 2024  nella stessa ottica di tutela dei lavoratori  si modifica l’articolo 29 del Dlgs 276/2003, introducendo anche  l’obbligo per gli appaltatori e i subappaltatori di riconoscere al personale  impiegato un trattamento economico non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi la cui applicazione risulti maggioritaria nella  zona e nel settore oggetto dell'appalto 

    In entrambi i casi si evidenziano punti  poco chiari che rendono difficoltosa l'applicazione . Vediamo con ordine 

    Indicazione ccnl applicabile D.lgs 36 2023

    La norma specifica all'Articolo 11 (Principio di applicazione dei contratti collettivi nazionali di   settore. Inadempienze contributive e ritardo nei pagamenti.):

     1. Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto  di appalti pubblici e concessioni e' applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato  dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale e quello il  cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'attivita'  oggetto dell'appalto o della concessione svolta dall'impresa anche in maniera prevalente.

     2. Nei bandi e negli inviti le stazioni appaltanti e gli enti concedenti indicano il contratto collettivo applicabile al personale  dipendente impiegato nell'appalto o nella concessione, in conformita' al comma 1.

     3. Gli operatori economici possono indicare nella propria offerta  il differente contratto collettivo da essi applicato, purche'  garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla  stazione appaltante o dall'ente concedente.

     4. Nei casi di cui al comma 3, prima di procedere all'affidamento o all'aggiudicazione le stazioni appaltanti e gli enti concedenti  acquisiscono la dichiarazione con la quale l'operatore economico individuato si impegna ad applicare il contratto collettivo nazionale  e territoriale indicato nell'esecuzione delle prestazioni oggetto del  contratto per tutta la sua durata, ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele. In quest'ultimo caso, la dichiarazione e' anche verificata con le modalita' di cui all'articolo 110.

     5. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti assicurano, in tutti i casi, che le medesime tutele normative ed economiche siano garantite ai lavoratori in subappalto. (…) 

    Il nuovo obbligo previsto in particolare dal comma 2  ha creato alcuni interrogativi per le stazioni appaltanti anche alla luce delle molte tipologie di attività che possono essere oggetto di appalto e soprattutto dei numero enorme di Ccnl  registrati al CNEL anche per lo stesso settore. In merito dovrebbero essere emanate le linee guida ANAC 

    Appalti e vincoli retributivi DL 19 2024 

    L 'Art. 29 del Decreto Legge 19 2024  si occupa di  prevenzione  e contrasto del lavoro irregolare, ai fini della tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e , come detto, interviene a modificare la legge 276 2003  richiamando le imprese appaltanti ad erogare a tutto il personale  impiegato  una retribuzione non inferiore a quella prevista nei CCNL di settore piu applicati nel territorio di riferimento . L'obbligo non riguarda quindi l'applicazione del CCNL integrale ma solo della parte economica .

    Il fine della novità è chiaramente di contribuire a ridurre la possibilità che nelle gare di appalto la concorrenza  tra le aziende faccia leva indebitamente sul costo del lavoro e sull'equa retribuzione dei lavoratori 

    In questo caso pero sono da chiarire

    • l'ambito esatto di lavoratori interessati  in quanto la locuzione personale impiegato non corrisponde a personale dipendente  potrebbero quindi essere coinvolti anche collaboratori in somministrazione , collaboratori ecc 
    • la modalità pratiche di individuazione del contratto maggiormente applicato nel settore connesso 
    • il coordinamento eventualmente tra il contratto applicato per la parte economica e quello relativo ai restanti obblighi contrattuali

    Appalti: come individuare il contratto collettivo applicabile

    Per individuare il CCNL applicabile si può fare riferimento  all'archivio del CNEL  dove sono raggruppati per settore tutti i contratti collettivi attivi 

    i 14 settori sono suddivisi in  ben 100 sottosettori , o categorie  . Nel caso ancora siano presenti piu contratti applicabili la norma prescrive  di fare riferimento ai ccnl "comparativamente più rappresentativi "   per i quali normalmente si intendono quelli firmati dalle organizzazioni con un maggior numero di iscritti  (CGIL, CISL e UIL in primis)  ma anche questa indicazione puo non essere sufficiente 

     Si puo ritenere comunque possibile per le stazioni appaltanti  e subappaltanti indicare un contratto differente solo se se garantisce  tutele economiche (e e contrattuali almeno simili In questi casi puo essere consigliabile anche fornire una  anche una dichiarazione di equivalenza.

    Alcune specifiche  indicazioni per una corretta valutazione dell’equivalenza tra diversi contratti collettivi sono state fornite dall'ispettorato del lavoro nella circolare 20 del 2020, in quel caso funzionali alla corretta applicazione dell’art. 1, c. 1175, della L. n. 296/2006 relativo al riconoscimento di agevolazioni normative e contributive. L'ispettorato precisava  che il confronto  risulta negativo in caso di  differenza retributiva   e con almeno due indici normativi  che si discostino rispetto ad un contratto leader.

  • Appalti

    Codice appalti: banca dati digitale ANAC

    Appalti digitali dal 1° gennaio 2024, si rafforza la collaborazione tra Anac e Consip, è quanto specifica ANAC in un comunicato del 17 ottobre.

    La collaborazione istituzionale di Consip con l’Autorità Nazionale AntiCorruzione (ANAC) cresce e si rafforza con l’obiettivo di contribuire al consolidamento di un sistema nazionale di procurement pubblico sempre più trasparente, efficiente e innovativo.

    Anac, ricordiamolo, è l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici e di prevenzione della corruzione, che gestisce la Banca dati degli Appalti, fulcro dell’ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale (e-procurement) e quindi della digitalizzazione dell’intero sistema degli acquisti di lavori, servizi e forniture da parte delle pubbliche amministrazioni. 

    Consip, centro di eccellenza nazionale nel procurement, attua in sinergia con il Ministero dell’Economia e Finanze i più rilevanti programmi di riqualificazione, efficienza e innovazione della spesa pubblica del Paese.

    Entrambe, sottoliena il comunicato, stanno lavorando insieme in stretto raccordo sul complesso progetto di semplificazione e digitalizzazione end-to-end degli appalti pubblici: uno dei pilastri del nuovo Codice dei contratti pubblici operativo dal 1° luglio 2023.

    Codice degli appalti: la normativa

    Ricordiamo che in data 13 aprile è stato ripubblicato con note in GU n. 87 supplemento ordinario n. 14 il Codice degli appalti ovvero Decreto legislativo n 36 del 31 marzo 2023.

    Il decreto legislativo n. 36 reca il Codice dei contratti pubblici in attuazione dell'articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, con delega al Governo in vigore dal 1 aprile. 

    Le nuove regole "a burocrazia semplificata" sono operative dal 1 luglio l'operatività, mentre per la digitalizzazione degli appalti si dovrà attendere il 1 gennaio 2024.

    Codice degli appalti: la banca dati digitale

    Con l'art 23 si disciplina la Banca dati nazionale dei contratti pubblici istituita presso l’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC). 

    L’ANAC è titolare in via esclusiva della Banca dati nazionale dei contratti pubblici di cui all’articolo 62- bis del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, abilitante l’ecosistema nazionale di e-procurement, e ne sviluppa e gestisce i servizi. 

    L’ANAC individua con propri provvedimenti le sezioni in cui si articola la banca dati e i servizi ad essa collegati. 

    La Banca dati nazionale dei contratti pubblici è interoperabile con:

    • le piattaforme di approvvigionamento digitale utilizzate dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti 
    • il portale dei soggetti aggregatori per la digitalizzazione di tutte le fasi del ciclo di vita dei contratti pubblici, 
    • nonché con la piattaforma digitale nazionale dati, con le basi di dati di interesse nazionale e con tutte le altre piattaforme e banche dati dei soggetti coinvolti nell’attività relativa al ciclo di vita dei contratti pubblici. 

    I soggetti coinvolti nell’attività relativa al ciclo di vita dei contratti, ove non già accreditati alla piattaforma sono tenuti ad accreditarsi alla predetta piattaforma nonché alla Banca dati nazionale dei contratti pubblici, a sviluppare le interfacce applicative e a rendere disponibili le proprie basi dati, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e nel rispetto delle linee guida dell’Agenzia per l’Italia digitale (AGID) in materia di interoperabilità. 

    La Banca dati nazionale dei contratti pubblici rende disponibili mediante interoperabilità i servizi e le informazioni necessari allo svolgimento delle fasi dell’intero ciclo di vita dei contratti pubblici, anche ai fini del rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33. 

    La stessa Banca dati si integra con la piattaforma unica della trasparenza istituita presso l’ANAC. 

    Con proprio provvedimento l’ANAC individua le informazioni che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti sono tenuti a trasmettere alla Banca dati nazionale dei contratti pubblici attraverso le piattaforme telematiche di cui all’articolo 25. 

    Gli obblighi informativi di cui al primo periodo riguardano anche gli affidamenti diretti a società in house di cui all’articolo 7, comma 2. 

    Con proprio provvedimento l’ANAC individua i tempi entro i quali i titolari delle piattaforme e delle banche dati garantiscono l’integrazione con i servizi abilitanti l'ecosistema di approvvigionamento digitale.

    L’integrazione è realizzata attraverso i servizi digitali resi disponibili da ANAC sulla piattaforma digitale nazionale dati, nel rispetto delle relative regole tecniche. 

    L’ANAC rende disponibili ai sistemi informativi regionali competenti per territorio, nonché alle pubbliche amministrazioni, le informazioni necessarie allo svolgimento dei compiti istituzionali,

    Nei casi in cui si omettano informazioni o attività necessarie a garantire l’interoperabilità dei dati, l’ANAC effettua una segnalazione all’AGID per l’esercizio dei poteri sanzionatori di cui all’articolo 18-bis del codice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005. 

    L’omissione di informazioni richieste, il rifiuto o l’omissione di attività necessarie a garantire l’interoperabilità delle banche dati coinvolte nel ciclo di vita dei contratti pubblici costituisce violazione di obblighi di transizione digitale punibili ai sensi dell’articolo 18-bis del codice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005. 

    Al fine di ridurre gli oneri amministrativi dei soggetti attuatori i dati di cui al presente articolo possono essere utilizzati nell’ambito delle procedure concernenti i finanziamenti degli investimenti pubblici come strumento di verifica dell’effettivo utilizzo delle risorse e di avanzamento procedurale nei tempi previsti dalle leggi di spesa.