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Indennizzo assicurativo e risarcimento danni: quando si cumulano?
Con l’ordinanza n. 3429 del 10 febbraio 2025 la Cassazione ,fornisce indicazioni chiare sul principio di compensatio lucri cum damno , ovvero della compatibilità tra risarcimento danni e indennizzo assicurativo, nell’ambito delle polizze contro gli infortuni.
In estrema sintesi si afferma che la prova del danno e delle sue conseguenze è centrale per l'assicurato, mentre l’assicuratore deve dimostrare l’eventuale ristoro già ricevuto. L’indennizzo, pur previsto contrattualmente, non può sommarsi al risarcimento se copre il medesimo danno, pena la trasformazione della polizza in uno strumento di guadagno anziché di protezione.
Vediamo in dettaglio il caso in oggetto.
Il caso, e la decisione della Cassazione: principi di prova e ruolo della CTU
Una donna aveva stipulato con Intesa Sanpaolo Assicura una polizza contro gli infortuni. In seguito a un incidente stradale occorso nel 2014, riportò gravi lesioni personali e chiese all’assicuratore il pagamento dell’indennizzo previsto dal contratto. La compagnia rifiutò, sostenendo che la donna avrebbe prima dovuto dimostrare quanto già ricevuto a titolo di risarcimento dal responsabile del sinistro, in base al principio della “compensatio lucri cum damno”, secondo cui non si può ottenere un doppio ristoro per lo stesso danno.
La questione approdò in tribunale. Il giudice ordinò alla donna il deposito della documentazione relativa alla liquidazione ottenuta dall’assicurazione RCA del responsabile, ma la richiesta rimase inevasa. Il Tribunale quindi rigettò la domanda, così come la Corte d’Appello di Milano nel 2021, ritenendo che l'indennizzo e il risarcimento assolvano a una funzione identica e non possano cumularsi, e che mancasse la prova dell’effettivo danno alla salute.
La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo del ricorso dell’assicurata, cassando la sentenza d'appello.
Secondo i giudici di legittimità, la Corte d’Appello ha erroneamente negato l’accertamento del danno senza disporre una consulenza tecnica d’ufficio, nonostante la documentazione medica allegata fosse sufficiente a giustificarla. Inoltre, la compagnia aveva di fatto ammesso l’esistenza del danno, eccependo sin dall’inizio la necessità di decurtare quanto eventualmente già percepito dalla donna a titolo di risarcimento.
La Cassazione ha quindi chiarito che:
- è onere dell’assicurato provare l’infortunio e le sue conseguenze;
- è onere dell’assicuratore dimostrare che l’assicurato ha già ricevuto un risarcimento dal terzo responsabile;
- quando esiste documentazione clinica, il giudice non può rifiutare la CTU per “assenza di prove”.
Inoltre, ha ricordato che il principio di non contestazione (art. 115 c.p.c.) comporta che il giudice debba considerare ammesso un fatto se la controparte lo ha di fatto riconosciuto con difese incompatibili con la sua negazione.
Il cumulo tra indennizzo e risarcimento: quando non è possibile
Nel merito, la Cassazione ha confermato quindi che non è ammesso il cumulo tra indennizzo assicurativo e risarcimento del danno per il medesimo evento, se entrambi mirano a ristorare lo stesso pregiudizio.
Il contratto di assicurazione contro gli infortuni non mortali è, secondo la Corte, un contratto di natura indennitaria, regolato – tra gli altri – dagli articoli 1904, 1908, 1909 e 1910 del Codice Civile.
Questo implica che:
- il pagamento dell’indennizzo è giustificato solo se il danno è effettivamente esistente e non è già stato integralmente ristorato da altri soggetti;
- anche se le parti stabiliscono liberamente l’entità dell’indennizzo, ciò non snatura la causa del contratto, che non è arricchire l’assicurato ma ristorare un danno;
- la rinuncia alla surrogazione da parte dell’assicuratore non implica che l’assicurato possa trattenere sia il risarcimento che l’indennizzo.
La Corte ha infine ribadito che in presenza di un sinistro già risarcito dal terzo responsabile, l’obbligo indennitario dell’assicuratore si estingue, in tutto o in parte, nella misura del risarcimento percepito, in virtù della logica indennitaria del contratto stesso.
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Comunicazione liquidazione sinistri: con SID entro il 30 giugno
Con Provvedimento n 450686 del 17 dicembre le Entrate definiscono le modalità e i termini di comunicazione all’Anagrafe Tributaria dei dati relativi alle somme di denaro erogate, a qualsiasi titolo, da imprese, intermediari e ogni
altro operatore del settore delle assicurazioni, ai sensi dell’articolo 7, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605Comunicazione liquidazione sinistri: soggetti obbligati
Con il Provvedimento in oggetto si stabilisce che le imprese, gli intermediari e tutti gli altri operatori del settore delle assicurazioni che erogano, in ragione dei contratti di assicurazione di qualsiasi ramo, somme di denaro a qualsiasi titolo nei confronti dei danneggiati, comunicano all’Anagrafe Tributaria, anche in deroga a contrarie disposizioni legislative, i dati relativi alle suddette liquidazioni, compresi quelli relativi alle erogazioni effettuate da altri in loro nome o per loro conto.
Tra i soggetti obbligati sono compresi anche le imprese, gli intermediari e tutti gli altri operatori del settore delle assicurazioni che sono stabili organizzazioni in Italia di imprese di assicurazioni residenti all’estero, oppure che operano in Italia in libera prestazione di servizi.
Sono esonerati dall’obbligo di comunicazione gli intermediari e gli altri operatori del settore che erogano somme di denaro in nome o per conto di imprese di assicurazioneComunicazione liquidazione sinistri: i dati da comunicare
Costituiscono oggetto di comunicazione all’Anagrafe Tributaria le informazioni relative:
- all’ammontare delle somme liquidate,
- l’identificativo del sinistro,
- il codice fiscale o la partita IVA del beneficiario e dei soggetti le cui prestazioni sono state valutate ai fini della quantificazione della somma liquidata, come specificate nell’Allegato 2.
Le comunicazioni sono effettuate entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello cui sono riferiti i dati e sono effettutate utilizzando il Sistema di Interscambio Dati (SID) di cui al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 37561 del 25 marzo 2013, organizzati in file conformi alle specifiche tecniche di cui agli Allegati 1 e 2.
Al fine della trasmissione dei dati deve essere utilizzato il software di controllo e di preparazione dei file da trasmettere reso disponibile gratuitamente dall’Agenzia delle Entrate.
La trasmissione si considera effettuata a seguito del risultato positivo dell’elaborazione, comunicato mediante un esito di elaborazione (ricevuta).
La ricevuta, redatta in conformità alle specifiche tecniche descritte nell’Allegato 3, riporta le informazioni di dettaglio sull’esito della comunicazione, nonché i controlli effettuati e le tipologie di esito conseguenti alle elaborazioni.
Nel caso in cui la ricevuta riporti lo scarto totale o parziale della comunicazione, i soggetti obbligati inviano i dati relativi ai sinistri che risultano non essere stati acquisiti entro il termine di cui al punto 3.1, Non sono considerate tardive le comunicazioni correttive inviate entro 5 giorni lavorativi oltre la data di cui al punto 3.1. -
Contributi IVASS 2024: il decreto fissa gli importi
E' apparso il 12 agosto 2024 in Gazzetta Ufficiale N. 188 il decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze del 6 agosto 2024 che fissa:
- il Contributo di vigilanza dovuto dagli intermediari di assicurazione e riassicurazione per l'anno 2024 all'IVASS ( vedi sotto gli importi in dettaglio)
- il Contributo dovuto all'IVASS da coloro che intendono svolgere la prova di idoneita' di cui all'art. 110, comma 2, del decreto legislativo n. 209 del 2005 relativo alla sessione d'esame 2024 per l'accesso al Registro degli intermediari assicurativi e riassicurativi.
Contributo di vigilanza IVASS 2024
La misura del contributo di vigilanza dovuto per l'anno 2024 all'IVASS, dagli intermediari di assicurazione e riassicurazione iscritti al registro di cui all'art. 109 e all'elenco annesso al Registro e' determinata come segue:
Sezione A – agenti di assicurazione: persone fisiche: euro 47,00; persone giuridiche: euro 275,00; Sezione B – broker: persone fisiche: euro 47,00 persone giuridiche: euro 275,00 Sezione C- produttori diretti: euro 18 Sezione D – banche, intermediari finanziari, SIM e Poste Italiane:
- Banche con raccolta premi oltre 100 mil. e poste italiane: euro 10.000,00
- banche con raccolta premi da 1 a 99,9 milioni di euro: euro 9.700,00;
- banche con raccolta premi inferiore a 1 milione di euro, intermediari finanziari e SIM: euro 4.600,00;
e) intermediari europei iscritti nell'elenco annesso al registro unico degli intermediari:
persone fisiche: euro 15,00; persone giuridiche: euro 80,00. Si ricorda che sono tenuti al pagamento del contributo di vigilanza i soggetti che risultavano iscritti nel registro unico degli intermediari alla data del 30 maggio 2024.
I contributi andranno versati sulla base di un prossimo provvedimento dell'IVASS concernente le modalita' ed i termini di versamento.
Contributo per prova di idoneità IVASS 2024
La misura del contributo dovuto all'IVASS da coloro che intendono svolgere la prova di idoneita' di cui all'art. 110, comma 2, del decreto legislativo n. 209 del 2005 per la sessione d'esame 2024, resta stabilita nella misura di 70 euro, come negli anni precedenti.
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Quando la banca risponde per l’IBAN errato: pronuncia della Cassazione
Secondo la Cassazione la banca che accredita un IBAN indicato in modo errato da chi ha disposto il bonifico, il diretto ad un beneficiario che non è titolare di un conto di accredito presso la stessa, è responsabile nei confronti del beneficiario rimasto insoddisfatto.
Unica eccezione è che la banca dimostri:
- di aver adottato le cautele necessarie per evitare l’errato accredito,
- che non dimostri di essersi adeguatamente adoperata per consentire al pagatore la individuazione del soggetto destinatario del pagamento, anche comunicandogli dati anagrafici o societari.
L'esigenza di tutelare interessi giuridicamente rilevanti prevale sulla riservatezza, questo evidenzia l'Ordinanza n. 17415 del 25 giugno 2024.
Vediamo i dettagli.
IBAN errato: ne risponde la Banca?
Nell’ ordinanza n. 17415/2024 la Cassazione distingue la responsabilità della banca rispetto a due casistiche:
- quando la banca esegua un’operazione di pagamento su disposizione di pagamento errata nel caso che l’operazione provochi un danno al proprio cliente che utilizza il servizio bancario di pagamento come pagatore o quale destinatario dei fondi movimentati per l’operazione,
- quando la banca esegua l’operazione che provochi un danno al beneficiario di una disposizione di pagamento che non è titolare di un conto di accredito presso la banca stessa.
Viene specificato, rispetto al coso di specie che:
- nella prima ipotesi, al fine di determinare una responsabilità dell'istituto è necessario dimostrare la sua consapevolezza circa l’errore del cliente. La banca per sollevarsi deve dimostrare di aver eseguito l’operazione utilizzando il sistema interamente automatizzato di pagamento. Tale strumento esclude di dover eseguire un controllo di congruità dell’operazione. Il pagamento automatico rende la banca inconsapevole dell’eventuale errore dell’utente del servizio di pagamento, con la conseguenza che spetta a quest’ultimo dimostrare che la banca aveva comunque acquisito consapevolezza dell'errore;
- nella seconda ipotesi, invece, la banca ha un dovere di diligenza nei confronti dell’effettivo beneficiario rimasto insoddisfatto e quindi, per liberarsi da responsabilità deve provare di aver agito adottando tutte le cautele necessarie al fine di scongiurare il rischio di individuazione errata del beneficiario del pagamento o, deve dimostrare di essersi comportata in modo da rendere possibile la individuazione del soggetto gratificato dal pagamento erroneamente effettuato.
Si rimanda alla sentenza in oggetto per ulteriori dettagli.
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Imposta straordinaria banche: come si calcola
Le Entrate pubblicano la Circolare n 4 del 23 febbraio con chiarimenti sull’imposta straordinaria a carico delle banche, introdotta dall’articolo 26 del decreto legge n. 104/2023 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 136/2023.
La Circolare tratta nello specifico di:
- Ambito soggettivo,
- Base imponibile,
- Quantificazione e versamento dell’imposta straordinaria,
- Costituzione della riserva non distribuibile di cui al comma 5-bis,
- Imposizione in caso di distribuzione della riserva,
- Casi particolari: banche in fase di start up.
Leggi anche: Tassa extra profitti banche: codice tributo per pagare.
Imposta straordinaria banche: che cos’è
Si ricorda che l'imposta di cui si tratta è stata introdotta “a seguito dell’andamento dell’economia e, in particolare, dei tassi di interesse che hanno sensibilmente inciso sul debito contratto dalle imprese e dalle famiglie”.
Si prevede che le maggiori entrate derivanti da tale imposta affluiscano a un apposito capitolo del bilancio dello Stato, per essere indirizzate al finanziamento:
- del fondo di garanzia per la prima casa,
- del fondo di garanzia a favore delle piccole e medie imprese,
- e per interventi volti alla riduzione della pressione fiscale di famiglie e imprese.
Si istituisce, in dipendenza dell’andamento dei tassi di interesse e del costo del credito per l’anno 2023, un’imposta straordinaria a carico delle banche di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (di seguito, “T.U.B.”).
Tale imposta, ai sensi del comma 2, è determinata applicando un’aliquota pari al 40 per cento sull’ammontare del margine degli interessi ricompresi nella voce 30 del conto economico, redatto secondo gli schemi approvati dalla Banca d’Italia, relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024, che eccede per almeno il 10 per cento il medesimo margine riferito all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022.
Si fissa un tetto massimo all’ammontare dell’imposta straordinaria pari allo 0,26 per cento dell’importo complessivo dell’esposizione al rischio su base individuale, determinato ai sensi dei paragrafi 3 e 4 dell’articolo 92 del 3 regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 (Capital Requirements Regulation, di seguito “CRR”), con riferimento alla data di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023.
Inoltre, in sede di conversione del decreto Asset, è stato introdotta una norma che consente alle banche, in luogo del versamento dell’imposta, di destinare, in sede di approvazione del bilancio relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024, un importo non inferiore a due volte e mezza l’imposta a una riserva non distribuibile a tal fine individuata.
Infine si stabilisce il divieto per le banche di traslare gli oneri derivanti dall’attuazione della disposizione sui costi dei servizi erogati nei confronti di imprese e clienti finali.
Con la circolare in oggetto sentita la Banca d’Italia, si forniscono le istruzioni operative agli Uffici per garantirne l’uniformità di azione in relazione:
- all’ambito soggettivo di applicazione dell’imposta straordinaria;
- alla determinazione della base imponibile;
- alla soglia relativa all’ammontare massimo dell’imposta straordinaria;
- alle modalità e ai termini per il versamento dell’imposta;
- alle regole per la costituzione della riserva non distribuibile; alle modalità di determinazione della base imponibile dell’imposta per le imprese che iniziano l’attività nel corso degli esercizi interessati.
Imposta straordinaria banche: chiarimenti ADE
L’imposta straordinaria «è determinata applicando un’aliquota pari al 40 per cento sull’ammontare del margine degli interessi ricompresi nella voce 30 del conto economico redatto secondo gli schemi approvati dalla Banca d’Italia relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024 che eccede per almeno il 10 per cento il medesimo margine nell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022».
La Circolare evidenzia che in considerazione del riferimento normativo al «conto economico redatto secondo gli schemi approvati dalla Banca d’Italia», si ritiene che il margine d’interesse debba essere quello risultante dalla voce 30 del conto economico, redatto, secondo i corretti principi contabili, in conformità alle indicazioni della autorità di vigilanza contenute nella circolare della Banca d’Italia n. 262 del 22 dicembre 2005.
Come previsto dalla sopra citata circolare della Banca d’Italia n. 262 del 2005, il margine d’interesse di cui alla voce 30 del conto economico si ottiene dalla somma algebrica della voce 10 “Interessi attivi e proventi assimilati” e della voce 20 “Interessi passivi e oneri assimilati”.
La base imponibile, pertanto, risulta pari alla differenza, se positiva, tra la voce 30 del conto economico relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024 (per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, il bilancio di riferimento è quello chiuso al 31 dicembre 2023) e la voce 30 del conto economico relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022 (per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, il bilancio di riferimento è quello chiuso al 31 dicembre 2021) aumentata del 10 per cento.
Su tale risultato si applica l’aliquota in misura pari al 40 per cento.
Alla luce di quanto sopra esposto, qualora l’incremento del margine d’interesse (voce 30) relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024 rispetto a quello relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022 sia inferiore al 10 per cento di quest’ultimo, non emerge alcuna base imponibile assoggettabile all’imposta straordinaria.
Si consideri, a titolo esemplificativo, una banca con esercizio coincidente con l’anno solare, che presenta:
- nel conto economico 2021, un margine d’interesse pari a euro 5.500.000;
- nel conto economico 2023, un margine d’interesse pari a euro 6.000.000.
In applicazione della norma in commento:
- il margine d’interesse 2021 aumentato del 10 per cento è pari a euro 6.050.000; poiché la differenza fra il margine d’interesse 2023 e l’importo di cui al punto precedente è negativa (euro 6.000.000 – euro 6.050.000), l’imposta non risulta dovuta.
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Regole antifrode per pagamenti transfrontalieri: FAQ dell’ADE del 19.02
L'agenzia delle entrate ha aggiornato ulteriormente in data 19 febbraio la sezione delle FAQ utili ai Psp prestatori di servizi di pagamento che devono adempiere dal 1 gennaio all'bbligo di comunicazione dati relativi ai pagamenti transfrontalieri.
Ricordiamo che si tratta dell'attuazione delle norme della Direttiva (Ue) 2020/284, per arginare i tentativi di frode, che prevede nuovi e specifici obblighi di comunicazione e di conservazione della documentazione relativa ai beneficiari delle transazioni nel pieno rispetto del diritto alla protezione dei dati personali.
L’Agenzia delle entrate raccoglie e trasmettere le informazioni alla banca dati europea cesop ossia il sistema elettronico centrale di informazioni sui pagamenti.Pagamenti transfrontalieri: regole antifrode in vigore dal 2024
Con il Provvedimento ADE n 406675 del 20 novembre 2023 sono state pubblicate le regole sulla Comunicazione all’Agenzia delle entrate delle informazioni sui beneficiari e sui servizi di pagamento transfrontaliero (ex art. 40-quater del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 26 ottobre 1972).
Con il Decreto legislativo n. 153 del 18 ottobre 2023 sono state recepite le indicazioni della direttiva (UE) 2020/284 del Consiglio, che modifica la direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda l’introduzione di taluni obblighi per i prestatori di servizi di pagamento, quali ad esempio:
- istituti di moneta elettronica e istituti di pagamento,
- banche e intermediari finanziari,
al fine di rafforzare la cooperazione amministrativa per lottare contro la frode in materia di IVA.
Comunicazione dati pagamenti transfrontalieri: regole antifrode
Nel dettaglio è stato previsto che i prestatori dei servizi di pagamento conservino la documentazione relativa ai pagamenti e mettano determinate informazioni a disposizione delle rispettive amministrazioni fiscali.
Queste ultime, a loro volta, trasmettono le informazioni ricevute dai prestatori di servizio di pagamento al sistema elettronico centrale di informazioni sui pagamenti, CESOP, che avrà il compito di archiviare, aggregare e analizzare, in relazione a singoli beneficiari, tutte le informazioni pertinenti in materia di IVA sui pagamenti trasmesse dagli Stati membri.
I dati sono trasmessi utilizzando il Sistema di Interscambio Dati (SID).
I soggetti non residenti fiscalmente e privi di stabile organizzazione in Italia, per adempiere agli obblighi relativi alla trasmissione dei dati si accreditano al SID, previa richiesta di attribuzione del codice fiscale e conseguente abilitazione ai servizi telematici dell’Agenzia delle entrate.
Pagamenti transfrontalieri: i dati da comunicare per l'antifrode
Il provvedimento ADE del 20.11 specifica che, sono oggetto di comunicazione all’Agenzia le informazioni sui beneficiari e sui servizi di pagamento transfrontaliero conservate ai sensi dell’articolo 40-ter del d.P.R. n. 633 del 1972, in conformità e nei termini stabiliti dall’articolo 24-ter del Regolamento (UE) n. 904/2010.
Le informazioni oggetto di comunicazione sono le seguenti:
- il BIC o altro codice identificativo d’azienda che individui, senza ambiguità, il prestatore di servizi di pagamento;
- il nome o la denominazione commerciale del beneficiario del pagamento che figura nella documentazione del prestatore di servizi di pagamento;
- il numero di identificazione IVA, o altro numero di codice fiscale nazionale del beneficiario, se disponibili;
- l’IBAN o, se l’IBAN non è disponibile, altro identificativo che individui, senza ambiguità, il beneficiario e ne fornisce la localizzazione;
- se il beneficiario riceve fondi senza disporre di un conto di pagamento, il BIC o altro codice identificativo d’azienda che individui, senza ambiguità, il prestatore di servizi di pagamento che agisce per conto del beneficiario e ne fornisca la localizzazione;
- se disponibile, l’indirizzo del beneficiario che figura nella documentazione del prestatore di servizi di pagamento;
- i dettagli dei pagamenti transfrontalieri di cui all’articolo 40-ter del d.P.R. n. 633 del 1972;
- i dettagli dei rimborsi di pagamenti relativi ai predetti pagamenti transfrontalieri.
Comunicazione pagamenti transfrontalieri: modalità e termini di invio
L’obbligo di comunicazione si applica se, nel corso di un trimestre civile, un prestatore di servizi di pagamento fornisce servizi di pagamento corrispondenti a più di 25 pagamenti transfrontalieri allo stesso beneficiario, secondo le modalità di calcolo previste dall’art. 40-ter del d.P.R. n. 633 del 1972.
Attenzione al fatto che la comunicazione è dovuta su base trimestrale con decorrenza dal 1 gennaio 2024.
Il termine entro cui deve essere effettuata la trasmissione dei dati è l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre di riferimento delle informazioni.
Tra i chiarimenti forniti dall'agenzia delle entrate il 19 febbraio, ve n'è uno che replica al seguente quesito:
- "Nel caso di scarti da parte dell'ADE o del CESOP entro quanto tempo il prestatore di servizi di pagamento deve procedere all'invio del file sostitutivo/correttivo?"
Il soggetto obbligato deve procedere all’invio della comunicazione correttiva il prima possibile.
Fermi restando i termini indicati in normativa per l’adempimento dell’obbligo, la comunicazione correttiva sarà accettata dal sistema anche successivamente alla scadenza. Consulta qui tutte le risposte dell'Agenzia.
Comunicazione pagamenti transfrontalieri: soggetti obbligati
Sono obbligati alla comunicazione i prestatori di servizi di pagamento per i quali l’Italia è Paese di origine e i prestatori di servizi di pagamento, operanti in Stati membri diversi dallo Stato membro di origine, limitatamente ai servizi di pagamento per cui l’Italia è Paese ospitante.
Se i prestatori di servizi di pagamento del pagatore e i prestatori dei servizi di pagamento del beneficiario sono entrambi localizzati all’interno del territorio dell’Unione europea, secondo quanto risulta dal BIC o da qualsiasi altro codice identificativo, l’obbligo si applica solo ai prestatori di servizi di pagamento del beneficiario per i quali l’Italia è Paese di origine o Paese ospitante.
In tali casi i prestatori dei servizi di pagamento del pagatore sono comunque tenuti a includere i pagamenti transfrontalieri nel calcolo della soglia dei venticinque pagamenti per trimestre civile.
Nel caso in cui vari prestatori di servizi di pagamento siano coinvolti in un unico pagamento da parte di un pagatore a un beneficiario, sia nei rapporti con il pagatore che nei rapporti con il beneficiario o di entrambi, l’obbligo di comunicazione di è posto a carico di tutti i prestatori di servizi di pagamento coinvolti, salvo che siano soggetti a una specifica esclusione.
Allegati: -
Bonifici a cavallo d’anno: qual’è la rilevanza fiscale per emittente e ricevente?
Le Entrate hanno nuovamente trattato la questione della corretta imputazione di incassi e pagamenti a cavallo d'anno, lato percipiente e lato emittente.
Nel dettaglio, ieri 1 febbraio durante Telefisco 2024, tra i vari quesiti sulle principali tematiche fiscali, è stato chiarito che per i bonifici in uscita rileva l’ordine di pagamento e nessuna importanza assume la data dell’addebito sul conto corrente dell’emittente.
Vediamo però le differenza sulla rilevanza fiscale tra i pagamenti lato emittente e lato ricevente
Bonifico a cavallo d'anno: rilevanza per il pagatore
Il caso specifico del quesito, trattato ieri dall'agenzia, riguardava un soggetto che ha effettuato il pagamento, quindi lato pagatore, in tal caso rileva il momento dell'ordine da parte del soggetto.
Per il chiarimento, l’Amministrazione rimanda al contenuto della Risoluzione n. 77/2007, secondo la quale i contributi previdenziali pagati, tramite carta di credito, alla Cassa di previdenza sono deducibili dal reddito complessivo IRPEF nel momento in cui è utilizzata la carta.
Pertanto, per citare l'esempio utilizzato nel chiarimento, se il professionista effettua un bonifico il 29 dicembre 2023, che viene addebitato sul conto corrente il 2 gennaio 2024, secondo l’Agenzia il costo sostenuto è riferito all’anno 2023 da dedurre nel modello Redditi 2024.
Bonifico a cavallo d'anno: rilevanza per il percipiente
In precedenza, la stessa Agenzia aveva già trattato il tema dal punto di vista del percipiente, precisando che rileva la data dell’accredito della somma sul conto corrente, quindi della disponibilità.
Dal momento della disponibilità infatti il titolare del conto acquista la facoltà di utilizzare liberamente l'incasso.
Restando sul medesimo esempio:
- il 29 dicembre 2023 il cliente di un professionista ha effettuato un ordine di bonifico a saldo,
- l’accredito della somma sul conto corrente del professionista avviene il 2 gennaio 2024.
Il compenso concorre alla formazione del reddito di lavoro professionale del 2024 e andrà dichiarato nel modello Redditi 2025.
Incassi e pagamenti: rilevanza fiscale
Per valutare la rilevanza fiscale distinguiamo tra:
- pagamento/riscossione in contanti: il momento del pagamento e il momento dell’incasso coincidono, pertanto rileva la consegna del denaro;
- pagamento/riscossione con strumenti diversi dal contante quali: assegni, bonifici, bancomat o carte di credito) va considerato lo sfasamento temporale che si verifica tra la perdita della disponibilità del denaro da parte del cliente e l’acquisto della disponibilità del denaro da parte del professionista.