• Banche, Imprese e Assicurazioni

    Servizio verifica codice fiscale: attivo dal 6 febbraio per Banche e Assicurazioni

    Riapre, dal 6 febbraio e fino al 30 aprile, la possibilità per banche e altri operatori finanziari gestori di utenze, di verificare tramite il “Servizio Anagrafico Massivo SM1.02 l’esistenza dei codici fiscali dei clienti e la corrispondenza con i dati anagrafici presenti in Anagrafe tributaria, e acquisire le corrette informazioni ove mancanti.
    Si tratta di un servizio messo a disposizione dall’Agenzia delle entrate periodicamente, ricordiamo infatti che l'ultima finestra era stata attivata del 2023.

    Servizio verifica codici fiscale: attivo dal 6 febbraio per Banche e Assicurazioni

    L'Agenzia delle Entrate, in virtù del D.L. 78/2010, rende periodicamente disponibile il Servizio Anagrafico Massivo-SM1.02, che consente la verifica dell’esistenza del codice fiscale e della corrispondenza con i dati anagrafici presenti in Anagrafe Tributaria, nonché l’acquisizione delle corrette informazioni ove mancanti. 

    Possono accedere al servizio solo i soggetti che abbiano inviato all’Agenzia delle Entrate le comunicazioni obbligatorie per l’anno precedente la richiesta di verifica.

    Il servizio è erogato via PEC (Posta Elettronica Certificata) mediante il SID al quale l’ente deve essere accreditato. 

    Il Servizio Anagrafico Massivo consente l’individuazione del soggetto per codice fiscale o per dati anagrafici secondo le seguenti modalità di interrogazione, tra loro alternative:

    • interrogazione tramite codice fiscale: si ottengono le informazioni anagrafiche che corrispondono al soggetto identificato univocamente a partire dal codice fiscale interrogato;
    • interrogazione tramite dati anagrafici: il sistema procede, comunque, ad una preventiva ricostruzione del codice fiscale univocamente associato all’anagrafica fornita e restituisce il codice fiscale e l’anagrafica completa (Cognome, Nome, Sesso, Data di Nascita, Comune e Provincia di Nascita) del soggetto interrogato.

    Il servizio consente, per ogni file di richiesta inviata, l’interrogazione di un numero massimo di 100.000 posizioni. 

    L’Ente può trasmettere più file di richiesta ed il numero massimo di interrogazioni/verifiche è determinato in proporzione a quello delle comunicazioni inviate all’Agenzia delle Entrate per l’anno precedente la richiesta. 

    I soggetti che hanno già fruito del Servizio Anagrafico Massivo, possono verificare un numero di codici fiscali pari al 20% del numero di comunicazioni inviate all’Agenzia per l’anno precedente.

    Agli enti che hanno un numero limitato di soggetti da verificare, si ricorda che l’Agenzia delle Entrate rende disponibili, sempre sul sito istituzionale, i servizi puntuali di libero accesso per la verifica di un codice fiscale o di una partita IVA:

    • Servizio di verifica del codice fiscale,
    • Servizio di verifica della partita Iva.
  • Banche, Imprese e Assicurazioni

    Tassa extra profitti banche: codice tributo per pagare

    Con Risoluzione n 7 del 24 gennaio viene istituito il codice tributo per versare mediante modello F24 l’imposta straordinaria calcolata sull’incremento del margine di interesse (di cui all’articolo 26 del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104)

    Leggi anche Tassa extraprofitti Banche: come funziona.

    Tassa extra profitti banche: codice tributo per pagare

    L’articolo 26 del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, convertito con modificazioni dalla legge 9 ottobre 2023, n. 136, ha istituito, per l'anno 2023 e alle condizioni ivi indicate, un’imposta straordinaria a carico delle banche di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.

    L'imposta straordinaria è determinata applicando un'aliquota pari al 40 per cento sull'ammontare del margine degli interessi ricompresi nella voce 30 del conto economico redatto secondo gli schemi approvati dalla Banca d'Italia relativo all'esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024 che eccede per almeno il 10 per cento il medesimo margine nell'esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022

    L'imposta straordinaria è versata entro il sesto mese successivo a quello di chiusura dell'esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024. 

    I soggetti che in base a disposizioni di legge approvano il bilancio oltre il termine di quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio effettuano il versamento entro il mese successivo a quello di approvazione del bilancio.

    Per i soggetti con esercizio non coincidente con l'anno solare, se il termine di cui ai primi due periodi scade nell'anno 2023, il versamento è effettuato e, comunque, entro il 31 gennaio.

    Tanto premesso, per consentire il versamento, tramite modello F24, delle somme in argomento e degli eventuali interessi e sanzioni dovuti in caso di ravvedimento, si istituiscono i seguenti codici tributo: 

    •  “2717” denominato “Imposta straordinaria sull’incremento del margine di interesse – articolo 26, decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104; 
    • “1947” denominato “Imposta straordinaria sull’incremento del margine di interesse – INTERESSI – articolo 26, decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104; 
    • “8955” denominato “Imposta straordinaria sull’incremento del margine di interesse – SANZIONI – articolo 26, decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104.

     In sede di compilazione del modello F24, i suddetti codici tributo sono esposti nella sezione “Erario”, in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, con l’indicazione nel campo “Anno di riferimento”, dell’anno d’imposta per cui si effettua il versamento, nel formato “AAAA”.

    Allegati:
  • Banche, Imprese e Assicurazioni

    Tassi d’interesse: la BCE comunica che restano invariati

    Con comunicato stampa del 14 dicembre, la BCE informa del fatto che, il Consiglio direttivo ha deciso di mantenere invariati i tre tassi di interesse di riferimento della BCE.

    L’inflazione, pur essendo diminuita negli ultimi mesi, tornerà probabilmente a registrare un temporaneo incremento nel breve periodo. 

    I tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale rimarranno invariati rispettivamente al 4,50%, al 4,75% e al 4,00% che sono quelli aumentati in settembre scorso.

    Aumento dei tassi di interesse dalla BCE: le previsioni per l'inflazione

    Il comunicato inoltre, precisa che, secondo le ultime proiezioni per l’area dell’euro formulate dagli esperti dell’Eurosistema, dovrebbe ridursi gradualmente nel corso del prossimo anno, per poi avvicinarsi all’obiettivo del Consiglio direttivo del 2% nel 2025.

    Nell’insieme gli esperti si attendono che l’inflazione complessiva si collochi in media al 5,4% nel 2023, al 2,7% nel 2024, al 2,1% nel 2025 e all’1,9% nel 2026. 

    Gli esperti dell’Eurosistema si attendono che l’inflazione al netto della componente energetica e alimentare si porti in media al 5,0% nel 2023, al 2,7% nel 2024, al 2,3% nel 2025 e al 2,1% nel 2026. 

    Viene evidenziato che i passati incrementi dei tassi di interesse continuano a trasmettersi con vigore all’economia. 

    Le decisioni future del Consiglio direttivo assicureranno che i tassi di riferimento siano fissati su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario.

    Il Consiglio direttivo continuerà a seguire un approccio guidato dai dati nel determinare livello e durata adeguati della restrizione. 

    In particolare, le decisioni sui tassi di interesse saranno basate sulla sua valutazione delle prospettive di inflazione, considerati i dati economici e finanziari più recenti, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria.

    Concludendo la BCE sottolinea che, i tassi di interesse di riferimento rappresentano lo strumento principale per definire l’orientamento di politica monetaria.

  • Banche, Imprese e Assicurazioni

    Diritto camerale: quando si prescrive?

    Con Sentenza n 34890/2023 la Cassazione ribadisce che il Diritto Camerale è soggetto alla prescrizione in cinque anni.

    Sul tema opera l'art. 2948 comma 1 n 4 del codice civile inerente a “gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”.

    Recentemente la stessa Cassazione aveva invece specificato che nel caso del Canone Rai non essendoci una norma ad hoc la prescrizione da considerare è quella decennale.

    In proposito leggi: Canone RAI: in quanti anni si prescrive?

    Diritto camerale: quando si prescrive?

    Nel dettaglio la questione rimessa al Collegio riguarda l'individuazione del termine di prescrizione entro il quale la Camera di commercio deve agire al fine di ottenere la liquidazione dei diritti camerali (istituiti dall'art. 18 della L. n. 580 del 1993 a carico delle imprese iscritte nei relativi registri) i quali hanno la funzione di garantire il finanziamento di tali organismi.

    Nel caso di specie la Commissione Tributaria Regionale ha correttamente sostenuto che il diritto a riscuotere il tributo camerale è soggetto all'ordinario termine quinquennale di prescrizione di cui all'art. 2946 c.c.

    In particolare, nella fattispecie la contribuente ha impugnato l'intimazione di pagamento, emessa dalla Concessionaria, afferente al mancato versamento della tassa di iscrizione e dei diritti annuali dovuti alla Camera di Commercio relativi alle annualità 2001-2008, intimazione notificata il 27.10.2015.

    La Corte sottolinea che, come recentemente affermato, in via preliminare va affermata la natura di tributo del diritto camerale ad opera dell'art. 13 della legge Finanziaria per il 2003 (legge n. 289 del 2002);

    L'art. 13, comma 3, stabilisce, infatti, che «ai fini delle disposizioni del presente articolo, si intendono tributi propri delle regioni, delle province e dei comuni i tributi la cui titolarità giuridica ed il cui gettito siano integralmente attribuiti ai predetti enti, con esclusione delle compartecipazioni ed addizionali a tributi erariali, nonché delle mere attribuzioni ad enti territoriali del gettito, totale o parziale, di tributi erariali»;

    Con il successivo art. 5 quater, comma 1, DL n. 282 del 2002 (introdotto in sede di conversione dalla legge n. 27 del 2003), l'art. 13 della legge n. 289 del 2002 è stato esteso anche alle Camere di Commercio, con riferimento al diritto annuale, demandando ad un successivo decreto del Ministero delle Attività produttive le modalità di attuazione.

    Individuata la natura del diritto camerale esso è disciplinato dall'art. 18 della L. n. 580 del 1993 il quale prevede che esso, finalizzato al finanziamento ordinario delle camere di commercio sia versato con cadenza annuale.

    Il diritto camerale è, dunque, assimilabile a quei tributi aventi cadenza periodica, ogni anno o in termini più brevi configurandosi alla stregua di un'obbligazione periodica o di durata, per la quale trova applicazione l'art. 2948 n. 4 c.c., il quale prevede la prescrizione quinquennale.

    Inoltre, tali tributi non richiedono, quanto alla sussistenza dei relativi presupposti, una valutazione autonoma per ogni anno di imposta, assumendo all'uopo, oltre alla suindicata periodicità, il versamento annuale in un'unica soluzione e il fatto che il presupposto per il sorgere dell'obbligo di pagamento la mera iscrizione dell'impresa nel registro delle imprese.

    Quest'ultima, infatti, non è oggetto di riesame periodico, essendo onere dell'impresa, per non pagare più il diritto camerale, quello di richiedere la cancellazione dall'albo presso la Camera di Commercio ed essendo prevista la cancellazione d'ufficio, ai sensi del DPR n. 247 del 2004, solo in presenza di precisi presupposti e comunque sempre con efficacia decorrente dalla data di avvio del procedimento di cancellazione;

    Tali conclusioni trovano fondamento nell'univoco indirizzo della Cassazione che con diverse sentenza ha affermato che «il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. «conversione» del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell'art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti – in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via».

    L''applicabilità del termine di prescrizione quinquennale al credito derivante dal diritto camerale si fonda, infine, sulla previsione del corrispondente termine fissato, in via generale, per l'irrogazione delle sanzioni dall'art. 20 co. 3 del DLgs. n. 472 del 1997 e, con specifico riferimento a quelle dovute per omesso versamento dei diritti camerali, dall'art. 10 del DM n. 54 del 2005, secondo cui «l'atto di irrogazione delle sanzioni deve essere notificato a pena di decadenza entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione. 2. Il diritto alla riscossione della sanzione si prescrive nel termine di cinque anni a decorrere dalla data della notificazione dell'atto d'irrogazione. L'impugnazione del provvedimento di irrogazione interrompe la prescrizione».

    Sul diritto camerale leggi anche Diritto camerale 2023: il MIMIT prevede aumento

  • Banche, Imprese e Assicurazioni

    Assicurazioni estere che operano in LPS vincolate al Monitoraggio fiscale

    Con Risoluzione n. 62 del 13 novembre con oggetto obblighi di monitoraggio fiscale a carico delle imprese di assicurazione (articolo 1 del decreto legge 28 giugno 1990, n. 167) l'Agenzia conferma che le assicurazioni estere che operano in Italia in Lps (libera prestazione di servizi) senza l’intervento di un intermediario residente, sono tenute agli obblighi di monitoraggio fiscale. 

    Eicordiamo che la normativa del monitoraggio fiscale è stata modificata dal Dlgs 90/2017 e risultano obbligate, fra gli altri:

    • le imprese assicurative residenti;
    • le stabili organizzazioni di società di stati membri o terzi;
    • le assicurazioni con sede in Stati membri che operano in Italia in Lps.

    La risoluzone in oggetto replica ad una Associazione che ha chiesto chiarimenti riguardo a tali obblighi per le imprese di assicurazione estere che operano in Italia in regime di libera prestazione di servizi per i contratti di assicurazione sulla vita stipulati con contraenti italiani. 

    Assicurazioni estere che operano in LPS vincolate al Monitoraggio fiscale

    Nel dettaglio, viene chiarito che, tali compagnie sono esentate dagli obblighi di monitoraggio fiscale se nell'operazione transfrontaliera interviene un intermediario finanziario residente in grado di tracciare i flussi in entrata/uscita dal circuito bancario e finanziario italiano.

    In caso di trasferimento transfrontaliero con più intermediari coinvolti, il monitoraggio fiscale eseguito da uno degli intermediari esonera l'altro intermediario, a condizione che quest'ultimo possa dimostrare di aver ricevuto la comunicazione dall'intermediario che ha effettuato il monitoraggio fiscale.

    La normativa di riferimento prevede l'obbligo di segnalazione per le istituzioni finanziarie riguardo ai dati acquisiti durante l'identificazione dei clienti che effettuano trasferimenti di denaro, assegni, carte di credito ed altri strumenti finanziari. 

    Tale obbligo si applica anche per i trasferimenti in valuta virtuale o cripto attività di importo pari o superiore a 5mila euro.

    L'obiettivo della norma è prevenire il riciclaggio di denaro ed il finanziamento del terrorismo, richiedendo alle istituzioni finanziarie di segnalare le operazioni sospette alle autorità competenti. 

    In sintesi, si tratta di una misura di prevenzione che mira a contrastare il riciclaggio di denaro ed il finanziamento del terrorismo attraverso la segnalazione di operazioni sospette.

    Allegati:
  • Banche, Imprese e Assicurazioni

    Tassa extraprofitti Banche: come funziona

    Il data 9 ottobre viene pubblicatoa in GU n 236 la legge di conversione del Decreto Asset o omnibus bis.

    Tra le altre, il provvedimento contiene la norma sugli extraprofitti delle banche sostanzialmente modificata in sede di conversione del decreto in legge.

    Tassa extraprofitti Banche: che cos'é?

    Nel dettaglio, la nuova norma prevede per l’anno 2023, un'imposta straordinaria sui margini di interesse (cd. extraprofitti) delle banche operanti nel territorio dello Stato,  applicando un’aliquota pari al 40 per cento sull’ammontare del marginedegli interessi ricompresi nella voce 30 del conto economico redatto secondo gli schemi approvati dalla Banca d’Italia relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024 che eccede per almeno il 10 per cento il medesimo margine nell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022. 

    Resta ferma l’applicazione dell’articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212.

    Ciò premesso, la novità disposta dalla legge di conversione, è contenuta nel nuovo comma 5-bis dell’articolo 26, che prevede che le banche, in alternativa al versamento della tassa, possano destinare, in sede di approvazione del bilancio relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024, a una riserva non distribuibile, a tal fine individuata, un importo non inferiore a due volte e mezzo l’imposta.
    Qualora la riserva fosse utilizzata per la distribuzione di utili, la banca subirebbe una penale ossia dovrebbe versare l’imposta, maggiorata di un importo pari, per anno, al tasso di interesse sui depositi presso la Banca centrale europea.
    Infine, la norma dispone che è fatto divieto alle banche di traslare nei confronti di imprese e clienti finali gli oneri derivanti dall’applicazione di tale nuova imposizione, spettando all’Autorità garante della concorrenza e del mercato vigilare sulla puntuale osservanza del divieto. 

    L’Antitrust potrà operare anche con accertamenti a campione.

    Tassa extraprofitti Banche: la posizione di ABI

    Sul tema, nei primi giorni di settembre Unimpresa Unione nazionale di imprese diffondeva alcuni dati relativi ai profitti delle banche di seguito smentiti da ABI.

    Con due distinti comunicati di settembre, ABI forniva posizione ufficiale sulla tassa sugli extraprofitti delle banche recentemente introdotto per il solo anno 2023.

    Il primo comunicato stampa del 6 settembre sottolineava che, in riferimento a quanto diffuso da Unimpresa in tema di tassazione delle banche, il Vice direttore generale vicario dell’ABI, Gianfranco Torriero segnala che il dato diffuso è errato e fuorviante

    Il calcolo sull’incidenza delle imposte sugli utili deve essere effettuato considerando, tra l’altro, anche l’ammontare delle imposte che le banche hanno già pagato in anticipo e che compensano.

    Viena anche precisato che, negli anni le banche hanno sistematicamente anticipato imposte principalmente per il ritardato riconoscimento di costi, ad esempio le perdite su crediti. 

    Le banche subiscono le imposte degli altri settori con aliquote maggiorate:

    • 1. dal 2011 un’aliquota IRAP maggiorata al 4,65% in luogo di quella ordinaria fissata al 3,90%;
    • 2. dal 2017 un’addizionale IRES del 3,5% che si aggiunge all’aliquota ordinaria del 24%.

    Il secondo comunicato datato 06.09 ma pubblicato il giorno 11 settembre a firma del Vice Direttore dell'ABI Torriero specificava che "il dato ufficiale su quanto pagano di tasse le banche in Italia, e’ conosciuto dalla Banca Centrale Europea e dalla Banca d’Italia nonché dalle autorità finanziare, che hanno le informazioni di dettaglio su tutte le imposte pagate, comprensive anche delle imposte differite attive, di tutte le banche italiane, europee ed internazionali operanti in Italia".