• Banche, Imprese e Assicurazioni

    Diritto camerale: quando si prescrive?

    Con Sentenza n 34890/2023 la Cassazione ribadisce che il Diritto Camerale è soggetto alla prescrizione in cinque anni.

    Sul tema opera l'art. 2948 comma 1 n 4 del codice civile inerente a “gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”.

    Recentemente la stessa Cassazione aveva invece specificato che nel caso del Canone Rai non essendoci una norma ad hoc la prescrizione da considerare è quella decennale.

    In proposito leggi: Canone RAI: in quanti anni si prescrive?

    Diritto camerale: quando si prescrive?

    Nel dettaglio la questione rimessa al Collegio riguarda l'individuazione del termine di prescrizione entro il quale la Camera di commercio deve agire al fine di ottenere la liquidazione dei diritti camerali (istituiti dall'art. 18 della L. n. 580 del 1993 a carico delle imprese iscritte nei relativi registri) i quali hanno la funzione di garantire il finanziamento di tali organismi.

    Nel caso di specie la Commissione Tributaria Regionale ha correttamente sostenuto che il diritto a riscuotere il tributo camerale è soggetto all'ordinario termine quinquennale di prescrizione di cui all'art. 2946 c.c.

    In particolare, nella fattispecie la contribuente ha impugnato l'intimazione di pagamento, emessa dalla Concessionaria, afferente al mancato versamento della tassa di iscrizione e dei diritti annuali dovuti alla Camera di Commercio relativi alle annualità 2001-2008, intimazione notificata il 27.10.2015.

    La Corte sottolinea che, come recentemente affermato, in via preliminare va affermata la natura di tributo del diritto camerale ad opera dell'art. 13 della legge Finanziaria per il 2003 (legge n. 289 del 2002);

    L'art. 13, comma 3, stabilisce, infatti, che «ai fini delle disposizioni del presente articolo, si intendono tributi propri delle regioni, delle province e dei comuni i tributi la cui titolarità giuridica ed il cui gettito siano integralmente attribuiti ai predetti enti, con esclusione delle compartecipazioni ed addizionali a tributi erariali, nonché delle mere attribuzioni ad enti territoriali del gettito, totale o parziale, di tributi erariali»;

    Con il successivo art. 5 quater, comma 1, DL n. 282 del 2002 (introdotto in sede di conversione dalla legge n. 27 del 2003), l'art. 13 della legge n. 289 del 2002 è stato esteso anche alle Camere di Commercio, con riferimento al diritto annuale, demandando ad un successivo decreto del Ministero delle Attività produttive le modalità di attuazione.

    Individuata la natura del diritto camerale esso è disciplinato dall'art. 18 della L. n. 580 del 1993 il quale prevede che esso, finalizzato al finanziamento ordinario delle camere di commercio sia versato con cadenza annuale.

    Il diritto camerale è, dunque, assimilabile a quei tributi aventi cadenza periodica, ogni anno o in termini più brevi configurandosi alla stregua di un'obbligazione periodica o di durata, per la quale trova applicazione l'art. 2948 n. 4 c.c., il quale prevede la prescrizione quinquennale.

    Inoltre, tali tributi non richiedono, quanto alla sussistenza dei relativi presupposti, una valutazione autonoma per ogni anno di imposta, assumendo all'uopo, oltre alla suindicata periodicità, il versamento annuale in un'unica soluzione e il fatto che il presupposto per il sorgere dell'obbligo di pagamento la mera iscrizione dell'impresa nel registro delle imprese.

    Quest'ultima, infatti, non è oggetto di riesame periodico, essendo onere dell'impresa, per non pagare più il diritto camerale, quello di richiedere la cancellazione dall'albo presso la Camera di Commercio ed essendo prevista la cancellazione d'ufficio, ai sensi del DPR n. 247 del 2004, solo in presenza di precisi presupposti e comunque sempre con efficacia decorrente dalla data di avvio del procedimento di cancellazione;

    Tali conclusioni trovano fondamento nell'univoco indirizzo della Cassazione che con diverse sentenza ha affermato che «il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. «conversione» del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell'art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti – in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via».

    L''applicabilità del termine di prescrizione quinquennale al credito derivante dal diritto camerale si fonda, infine, sulla previsione del corrispondente termine fissato, in via generale, per l'irrogazione delle sanzioni dall'art. 20 co. 3 del DLgs. n. 472 del 1997 e, con specifico riferimento a quelle dovute per omesso versamento dei diritti camerali, dall'art. 10 del DM n. 54 del 2005, secondo cui «l'atto di irrogazione delle sanzioni deve essere notificato a pena di decadenza entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione. 2. Il diritto alla riscossione della sanzione si prescrive nel termine di cinque anni a decorrere dalla data della notificazione dell'atto d'irrogazione. L'impugnazione del provvedimento di irrogazione interrompe la prescrizione».

    Sul diritto camerale leggi anche Diritto camerale 2023: il MIMIT prevede aumento

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    Tassa extraprofitti Banche: come funziona

    Il data 9 ottobre viene pubblicatoa in GU n 236 la legge di conversione del Decreto Asset o omnibus bis.

    Tra le altre, il provvedimento contiene la norma sugli extraprofitti delle banche sostanzialmente modificata in sede di conversione del decreto in legge.

    Tassa extraprofitti Banche: che cos'é?

    Nel dettaglio, la nuova norma prevede per l’anno 2023, un'imposta straordinaria sui margini di interesse (cd. extraprofitti) delle banche operanti nel territorio dello Stato,  applicando un’aliquota pari al 40 per cento sull’ammontare del marginedegli interessi ricompresi nella voce 30 del conto economico redatto secondo gli schemi approvati dalla Banca d’Italia relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024 che eccede per almeno il 10 per cento il medesimo margine nell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022. 

    Resta ferma l’applicazione dell’articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212.

    Ciò premesso, la novità disposta dalla legge di conversione, è contenuta nel nuovo comma 5-bis dell’articolo 26, che prevede che le banche, in alternativa al versamento della tassa, possano destinare, in sede di approvazione del bilancio relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024, a una riserva non distribuibile, a tal fine individuata, un importo non inferiore a due volte e mezzo l’imposta.
    Qualora la riserva fosse utilizzata per la distribuzione di utili, la banca subirebbe una penale ossia dovrebbe versare l’imposta, maggiorata di un importo pari, per anno, al tasso di interesse sui depositi presso la Banca centrale europea.
    Infine, la norma dispone che è fatto divieto alle banche di traslare nei confronti di imprese e clienti finali gli oneri derivanti dall’applicazione di tale nuova imposizione, spettando all’Autorità garante della concorrenza e del mercato vigilare sulla puntuale osservanza del divieto. 

    L’Antitrust potrà operare anche con accertamenti a campione.

    Tassa extraprofitti Banche: la posizione di ABI

    Sul tema, nei primi giorni di settembre Unimpresa Unione nazionale di imprese diffondeva alcuni dati relativi ai profitti delle banche di seguito smentiti da ABI.

    Con due distinti comunicati di settembre, ABI forniva posizione ufficiale sulla tassa sugli extraprofitti delle banche recentemente introdotto per il solo anno 2023.

    Il primo comunicato stampa del 6 settembre sottolineava che, in riferimento a quanto diffuso da Unimpresa in tema di tassazione delle banche, il Vice direttore generale vicario dell’ABI, Gianfranco Torriero segnala che il dato diffuso è errato e fuorviante

    Il calcolo sull’incidenza delle imposte sugli utili deve essere effettuato considerando, tra l’altro, anche l’ammontare delle imposte che le banche hanno già pagato in anticipo e che compensano.

    Viena anche precisato che, negli anni le banche hanno sistematicamente anticipato imposte principalmente per il ritardato riconoscimento di costi, ad esempio le perdite su crediti. 

    Le banche subiscono le imposte degli altri settori con aliquote maggiorate:

    • 1. dal 2011 un’aliquota IRAP maggiorata al 4,65% in luogo di quella ordinaria fissata al 3,90%;
    • 2. dal 2017 un’addizionale IRES del 3,5% che si aggiunge all’aliquota ordinaria del 24%.

    Il secondo comunicato datato 06.09 ma pubblicato il giorno 11 settembre a firma del Vice Direttore dell'ABI Torriero specificava che "il dato ufficiale su quanto pagano di tasse le banche in Italia, e’ conosciuto dalla Banca Centrale Europea e dalla Banca d’Italia nonché dalle autorità finanziare, che hanno le informazioni di dettaglio su tutte le imposte pagate, comprensive anche delle imposte differite attive, di tutte le banche italiane, europee ed internazionali operanti in Italia".

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    Contributo IVASS 2022 imprese assicuratrici

    Con il decreto del 7 settembre 2022  pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 20.9.2022 il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha stabilito il contributo dovuto a IVASS. istituto di vigilanza  sulle assicurazioni  –  da parte delle imprese assicuratrici come previsto dall'art. 335, comma  1,  del  decreto legislativo  7 settembre  2005,  n.  209.

    Le misure del contributo di vigilanza sono le seguenti:

    1.     0,42 per mille dei premi incassati nel  2021  a  carico  delle  imprese di assicurazione e riassicurazione con sede legale in  Italia  e  delle  sedi  secondarie   delle   imprese   di   assicurazione   e  riassicurazione extracomunitarie stabilite in Italia; 
    2.      0,10 per mille dei premi incassati in Italia nel 2021 a carico  delle imprese di assicurazione europee operanti in Italia  in  regime  di stabilimento e in libera prestazione di servizi. 

    Si ricorda che il contributo  di  vigilanza  per  l'anno  2022  e'   dovuto:

    •      dalle rappresentanze situate in Italia delle  imprese  europee  che operano in Italia in regime di stabilimento, sulla base dei premi  raccolti nel territorio italiano; 
    •     dalle case madri delle imprese europee che operano  in  Italia  in regime di libera prestazione  di  servizi,  sia  direttamente  dal  proprio paese di origine che tramite rappresentanze situate in  altri  paesi europei, con riguardo ai premi  complessivamente  raccolti  nel  territorio italiano. 

     Le imprese di riassicurazione pura europee operanti in Italia in   regime di stabilimento iscritte nell'elenco III in appendice all'albo  delle imprese sono escluse dal pagamento del contributo di vigilanza. 

    L'importo del contributo va calcolato sui  premi incassati nell'esercizio 2021  dalle  imprese  di  assicurazione  e  riassicurazione,  al netto degli   oneri   di  gestione,  quantificati,  in  relazione  all'aliquota   fissata    pari  al 4,07 per cento dei predetti premi. 

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    Contributi IVASS intermediari 2022: ecco il decreto

    E' apparso ieri in Gazzetta Ufficiale il decreto del Mef  del 6 settembre 2022  che fissa:

    1. il Contributo di vigilanza dovuto dagli intermediari di assicurazione  e    riassicurazione per l'anno 2022 all'IVASS ( vedi sotto gli importi in dettaglio)
    2. il Contributo dovuto all'IVASS da coloro che intendono svolgere la prova   di idoneita' di cui all'art. 110, comma 2, del decreto  legislativo   n. 209 del 2005 relativo alla sessione d'esame 2022 per laccesso al Registro degli intermediari assicurativi e riassicurativi,  pari a 70 euro.

     Contributo di vigilanza IVASS 2022

    La misura del contributo di vigilanza  dovuto  per  l'anno  2022  all'IVASS, dagli intermediari di assicurazione  e  riassicurazione  iscritti al registro di cui all'art.  109  e  all'elenco  annesso  al  registro e' determinata come segue: 

     Sezione A – agenti di assicurazione: persone fisiche: euro 40,00;     persone giuridiche: euro 230,00;
    Sezione B – broker:       persone fisiche: euro 40,00 persone giuridiche: euro 230,00
     Sezione C- produttori diretti: euro 15

     Sezione D –  banche,  intermediari  finanziari,  SIM  e  Poste  Italiane:

    Banche con raccolta premi oltre 100 mil. e poste italiane:  euro 10.000,00

    banche con raccolta premi da 1 a 99,9  milioni  di  euro:  euro 8.170,00;

     banche con raccolta  premi  inferiore  a  1  milione  di  euro, intermediari finanziari e SIM: euro 2.760,00;

     e) intermediari europei iscritti nell'elenco annesso al  registro  unico degli intermediari:

        persone fisiche: euro 15,00;    persone giuridiche: euro 75,00.

        

    Si ricorda che sono tenuti al pagamento del  contributo  di vigilanza i soggetti che risultano iscritti nel registro unico  degli  intermediari alla data del 30 maggio 2022. 

    I contributi  andranno versati sulla base  di  un prossimo provvedimento  dell'IVASS  concernente  le  modalita'  ed  i  termini di versamento.

    Allegati: