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    Sentenze Tributarie: attiva dal 27.06 una banca dati MEF

    Il MEF con un avviso del 27 giugno informa del fatto che è attivo il servizio di ricerca e consultazione della Banca Dati della Giurisprudenza Tributaria di merito del Ministero dell’economia e delle finanze.

    La banca dati, che conta ad oggi 329.316 sentenze pubblicate, si basa su una piattaforma digitale innovativa che offre libero accesso alla consultazione delle sentenze tributarie di primo e secondo grado, native digitali e pseudoanonimizzate depositate dal 2021 al 2023. 

    Il servizio di consultazione sarà progressivamente e costantemente aggiornato con le sentenze native digitali pubblicate dal 2024 e con quelle analogiche depositate dal 2021.

    Viene inoltre precisato che sono in corso, implementazioni finalizzate non solo a consentire la ricerca delle ordinanze emesse dagli organi della giustizia tributaria di rinvio alle Corti superiori (Corte costituzionale, Corte di Cassazione e Corte di giustizia dell’Unione Europea), ma anche alla possibilità, previo accordo con la Suprema Corte di Cassazione, di verificare l’eventuale presenza del ricorso di legittimità e della relativa decisione con riguardo alla sentenza di merito oggetto di consultazione.

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    PTT: domani 22 giugno sospesa la consultazione del fascicolo processuale

    Con un messaggio comparso sulla pagina del MEF si rende noto che sabato 22 giugno dalle 09:53 nel processo tributario telematico non sarà possibile consultare i documenti del fascicolo processuale telematico per un intervento tecnico di manutenzione straordinaria.

    Ricordiamo le regole generali.

    PTT: riepilogo delle regole di accesso

    Il Processo Tributario Telematico (PTT) è obbligatorio per i giudizi instaurati, in primo e secondo grado, con ricorso/appello notificato a partire dal 1° luglio 2019: i servizi del PTT sono assicurati sette giorni su sette e 24 ore al giorno: Accedi al PTT.

    Il MEF comunica per il giorno 22 una interruzione per la consultazione del fascicolo processuale, causa manutenzione.

    L’articolo 16 del D.L. 23 ottobre 2018, n. 119 convertito in legge 17 dicembre 2018, n. 136, modificando l’articolo 16 bis del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 ha, infatti, stabilito che dal 1° luglio 2019, la notifica  e  il deposito degli atti processuali presso le segreterie delle Corti di Giustizia Tributaria sono eseguiti esclusivamente  in modalità telematica.
    L’obbligo non sussiste per i contribuenti che stanno in giudizio senza difensore per le controversie fino a 3.000,00 euro.
    Per potere eseguire il deposito del ricorso/appello e degli altri atti processuali in modalità telematica è necessario registrarsi all’applicazione PTT del Sistema informativo della Giustizia Tributaria (SIGIT).
    Per la registrazione al PTT è indispensabile avere:

    • la connessione a Internet;
    • la firma digitale;
    • la casella di Posta Elettronica Certificata (PEC).

    A seguito della registrazione, è possibile accedere al PTT per la trasmissione dei documenti/atti che così formano il fascicolo processuale informatico, consultabile online dal giudice e dalle parti del processo (contribuenti,  professionisti, enti impositori).

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    Le circolari dell’Agenzia delle Entrate non vincolano né i contribuenti né i giudici

    A volte può essere necessario specificare l’ovvio, se anche una ovvietà viene messa in discussione.

    È questa la situazione in cui si è trovata la Corte di Cassazione in occasione dell’ordinanza numero 1335 del 12 gennaio 2024.

    La situazione non risulterà nuova ad alcuni contribuenti e professionisti tributari italiani: l’Agenzia delle Entrate avviava un contenzioso basato sulla violazione di un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate e di due circolari del medesimo ente; dopo aver perso il contenzioso davanti ai giudici ordinari, la stessa Agenzia proponeva ricorso alla Corte di Cassazione.

    La situazione non è nuova: non è neanche una rarità per il contribuente trovarsi al centro di un contestazione basata sulla violazione di interpretazioni di prassi.

    Anche grazie al fatto che il contribuente è generalmente poco incline a rischiare di restare incastrato in un contenzioso costoso e dai tempi incerti, non è raro che questo tipo di contestazioni portino ad un risultato positivo per l’ente emanatore. Ciò però non rende i provvedimenti ministeriali in alcun modo equivalenti alla legge né vincolanti per i contribuenti. Ad affermarlo è appunto la Corte di Cassazione nell’ordinanza numero 1335 del 12 gennaio 2024.

    Ordinanza Corte di Cassazione numero 1335/2024

    La Corte in generale afferma infatti che “la violazione di circolari ministeriali non può costituire motivo di ricorso per Cassazione sotto il profilo della violazione di legge”; la motivazione è che questi atti “non contengono norme di diritto, bensì disposizioni di indirizzo uniforme interno all'Amministrazione da cui promanano”.

    Proprio per queste caratteristiche “che ne evidenziano la natura di meri atti amministrativi non provvedimentali”, è da escludere che questi “possano fondare posizioni di diritto soggettivo in capo a soggetti esterni all'Amministrazione stessa”.

    Poi, entrando più nello specifico, precisa che “a questa regola non si sottraggono le circolari dell'Amministrazione Finanziaria (del resto priva di poteri discrezionali nella determinazione delle imposte dovute, regolata per legge), le quali non vincolano né i contribuenti né i giudici”.

    Il punto precisato dalla Corte di Cassazione è appunto ovvio ed evidente: in un sistema giuridico civil law, come quello italiano, il fondamento del diritto sono le leggi, alla giurisprudenza spetta il compito di interpretare le norme, e in nessun modo la prassi si dovrebbe sostituire al legislatore.

    Purtroppo però, va segnalato come, in Italia, questo talvolta accade. A titolo di esempio, chi scrive ricorda facilmente il sistema di sfavore fiscale riservato alle società di capitali a ristretta partecipazione societaria, che appunto non trova fondamento nella legge.

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    Società di capitali a ristretta base partecipativa equiparate a società di persone

    La sentenza della Corte di Cassazione numero 2752, pubblicata il 30 gennaio 2024, aggiunge un ulteriore tassello alla difficile questione della “ristretta base partecipativa” delle società di capitali.

    Quella della ristrettezza della base societaria costituisce una presunzione di legge, che non trova fondamento nel diritto, ma solo nella giurisprudenza e nella prassi, secondo la quale eventuali maggiori redditi contestati alla società di capitali con un numero esiguo di soci possono essere considerati come distribuiti ai soci stessi, con tutte le conseguenze fiscali derivanti da ciò.

    Nella legge delega sulla riforma fiscale era previsto un intervento normativo sul tema, per definire chiaramente un perimetro e dare dei limiti a una presunzione che oggi, nella concretezza del contenzioso tributario, riesce persino a vincere i principi dettati dal Legislatore con norme di diritto positivo.

    Vediamo il contenuto della Sentenza n 2752/2024 della Cassazione.

    Società di capitali a ristretta base partecipativa equiparate a società di persone

    Secondo la sentenza 2752/2024, “l’utile extrabilancio, non rispettoso delle disposizioni di cui all’articolo 81 e seguenti TUIR, diviene allora un utile equiparato, anche nella dosimetria della imposizione che lo colpisce, a quello ottenuto per trasparenza da società di cui all’articolo 5 TUIR e di cui agli articoli 115 e 116 TUIR”, ciò in quanto nella situazione esaminata “la società risulta, nel concreto, trasparente come una società di persone poiché i soci, come avviene in tali entità, hanno agito come tali ripartendosi l’utile societario presuntivamente accertato in capo alla società”.

    Con altre parole, secondo la Corte, nel momento in cui viene accertato in capo alla società di capitali a ristretta base partecipativa un utile extracontabile, questo deve essere imputato ai soci pro quota e per trasparenza, come avviene nelle società di persone, anche quando, a tutti gli effetti, la società a cui il maggior reddito viene contestato non è niente affatto una società trasparente.

    Non è facile comprendere il perché, in una situazione del genere, il maggior reddito non dovrebbe essere attribuito alla società di capitali, che è un soggetto giuridico, e di conseguenza essere assoggettato a IRES.

    Fermo restando le annose perplessità sulla legittimità di una presunzione legale che non trova fondamento nel diritto, né fiscale né civile, ci si chiede però se tale presunzione non dovrebbe trovare almeno un limite nel rispetto delle norme che governano il diritto tributario.

    La sentenza in discussione rappresenta un ulteriore giro di vite in sfavore delle società di capitali a ristretta base partecipativa, che costituisce un evidente ostacolo all’aggregazione societaria.

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    Riforma fiscale: Dlgs in materia di contenzioso tributario pubblicato in GU

    Pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 03.01.2024 serie generale n.2, il decreto legislativo del 30 dicembre 2023 n. 220 in materia di contenzioso tributario, in attuazione della Riforma fiscale (Legge n. 111 del 09.08.2023). 

    Scarica qui il testo del Dlgs del 30.12.2023 n. 220

    Il testo si compone di 4 articoli e reca diverse modifiche al d.lgs. 546/1992 recante disposizioni sul processo tributario, dando attuazione ai principi e criteri direttivi per la revisione della disciplina e l’organizzazione del contenzioso tributario e, in particolare, attua:

    • il coordinamento tra gli istituti a finalità deflativa operanti nella fase antecedente la costituzione in giudizio;
    • l’ampliamento e il potenziamento dell’informatizzazione della giustizia tributaria tramite la semplificazione della normativa processuale funzionale alla completa digitalizzazione del processo tributario, l’obbligo dell’utilizzo di modelli predefiniti per la redazione degli atti processuali, dei verbali e dei provvedimenti giurisdizionali, la disciplina delle conseguenze processuali derivanti dalla violazione degli obblighi di utilizzo delle modalità telematiche, la previsione che la discussione da remoto possa essere chiesta anche da una sola delle parti costituite nel processo, con istanza da notificare alle altre parti, fermo restando il diritto di queste ultime di partecipare in presenza;
    • il rafforzamento del divieto di produrre nuovi documenti nei gradi processuali successivi al primo;
    • la previsione della pubblicazione e della successiva comunicazione alle parti del dispositivo dei provvedimenti giurisdizionali entro termini ristretti;
    • l’accelerazione dello svolgimento della fase cautelare anche nei gradi di giudizio successivi al primo;
    • le previsioni sull’impugnabilità dell’ordinanza che accoglie o respinge l’istanza di sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato.

    Nel testo pubblicato, sono state modificate le disposizioni relative alle spese di giudizio prevedendo la compensazione delle stesse, oltre che in caso di soccombenza reciproca e quando ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, anche nel caso in cui la parte è risultata vittoriosa sulla base di documenti decisivi che la stessa ha prodotto solo nel corso del giudizio.

    Inoltre, solo per le controversie in cui il contribuente è costituito in giudizio personalmente, si ammette la possibilità di utilizzare anche la modalità di notifica e di deposito cartaceo degli atti

    Si include il rifiuto espresso dell’istanza di autotutela tra gli atti impugnabili.

    Si prevede che, alla parte che lo abbia richiesto, sia garantito il diritto di discutere da remoto anche in caso di discussione in presenza e si chiarisce che, nel caso in cui una parte chieda di discutere in presenza, il giudice e il personale amministrativo partecipano sempre in presenza.

    Infine, si definiscono con maggior chiarezza le modalità della redazione della sentenza in forma semplificata prevedendo che il giudice, nei casi di manifesta fondatezza, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso, decida, con motivazione recante un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo o a un precedente conforme.

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    Contenzioso tributario: i dati MEF lo danno in calo

    Il MEF, in data 20 dicembre, ha pubblicato i dati sul contenzioso tributario del trimestre luglio-settembre 2023.

    Dal dettaglio, si denota un netto calo del processo tributario, e in particolare, il rapporto del MEF evidenzia che il terzo trimestre del 2023 registra, rispetto allo stesso periodo del 2022, una diminuzione del 23,9% dei nuovi ricorsi mentre, nel secondo grado, il raffronto rileva una diminuzione del 17% degli appelli depositati.
    Inoltre viene registrato che si consolida l’utilizzo delle funzionalità per la redazione digitale delle sentenze, che si attesta al 92,4% dei provvedimenti depositati, con un tempo medio per il deposito pari a 59 giorni, notevolmente inferiore rispetto al tempo medio dei depositi analogici che è pari a 136 giorni.

    Contenzioso tributario: il MEF pubblica i dati del III trim 2023

    Secondo il documento delle Finanze il numero dei ricorsi presentati nel trimestre in esame risulta pari a 24.327, registrando una diminuzione del 23,89% (-7.637 ricorsi) rispetto all’analogo trimestre del 2022 e un marcato aumento del 50,20% (+8.131 ricorsi) rispetto al dato riscontrato nel secondo trimestre del 2021. 

    Il 40,60% dei nuovi ricorsi riguarda atti impositivi emessi dall’AE-Riscossione, seguono con il 30,44% i ricorsi che coinvolgono gli Enti Territoriali e con il 28,70% i ricorsi avviati contro l’Agenzia delle Entrate.

    Il confronto con il terzo trimestre del 2022 mostra un forte decremento del nuovo contenzioso verso l’AE-Riscossione (-33,86%) e gli Enti Territoriali (-28,05%), meno marcata la riduzione registrata verso gli Altri Enti (-13,45%), l’Agenzia delle Entrate (- 12,63%) e l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (-10,35%).

    Nonostante la contrazione del numero dei contenziosi, passati da 31.964 a 24.327, il valore complessivo delle cause avviate nel terzo trimestre del 2023 aumenta dell’8,97%, passando da 2.541,05 milioni (luglio-settembre 2022) a 2.769,09 milioni. 

    Il valore medio dei ricorsi pervenuti è pari a 113.827,82 euro, circa il 43% in più del valore registrato nel terzo trimestre 2022 (79.497,27 euro).

    In particolare:

    • il 52,55% dei ricorsi pervenuti (12.783 ricorsi) è di valore inferiore/uguale a 3.000 euro, cui corrisponde un valore complessivo pari a 10,69 milioni di euro. Rispetto al medesimo trimestre dell’anno precedente, i ricorsi riferibili a questo scaglione diminuiscono in termini assoluti, in valore economico e nell’incidenza percentuale (anno 2022: 17.452 ricorsi, con incidenza sul totale pari al 54,60% e valore complessivo di 14,69 mln di euro); 
    • il 59,09% dei ricorsi pervenuti (14.375 ricorsi) è di valore inferiore/uguale a 5.000 euro, cui corrisponde un valore complessivo pari a 16,90 milioni di euro. Rispetto al medesimo trimestre dell’anno precedente, i ricorsi riferibili a questo scaglione diminuiscono in termini assoluti, in valore economico e nell’incidenza percentuale (anno 2022: 19.545 ricorsi, con incidenza sul totale pari al 61,15% e valore complessivo di 22,95 mln di euro); 
    • l’83,87% dei ricorsi pervenuti (20.404 ricorsi) è di valore inferiore/uguale a 50.000 euro, cui corrisponde un valore complessivo pari a 126,60 mln. Rispetto al terzo trimestre 2022, il numero delle controversie relative allo scaglione diminuisce così come il loro valore economico; mentre restano quasi invariati l’incidenza percentuale (anno 2022: 26.841 ricorsi con incidenza sul totale pari all’83,97%) e il valore complessivo (157,53 mln di euro); 
    • il 14,61% delle nuove controversie (3.553 ricorsi) è di valore superiore a 50.000 euro, cui corrisponde un valore pari a 2.642,49 mln. Il raffronto con il dato tendenziale mostra che i ricorsi riferibili a questo scaglione diminuiscono in termini assoluti ma aumentano come incidenza percentuale e nel valore complessivo (anno 2022: 4.492 ricorsi con una incidenza sul totale pari al 14,05% e valore complessivo di 2.383,52 mln di euro); 
    • l’1,44% del totale dei ricorsi pervenuti (350 ricorsi) rientra nella fascia economica superiore ad un milione di euro e genera il 72,60% del valore complessivo dei ricorsi presentati nel trimestre in esame, che ammonta a 2.010,24 mln di euro. Rispetto al medesimo trimestre 2022, il volume di tali ricorsi aumenta, così come il loro valore complessivo e l’incidenza percentuale (anno 2022: 322 ricorsi per una incidenza sul totale pari all’1,01%, con un valore di 1.587,13 mln di euro).
    • l’1,52% è di valore indeterminabile (370 ricorsi). Rispetto allo stesso trimestre del 2022 il numero di tali ricorsi diminuisce sia in termini assoluti che percentuali (anno 2022: 631 ricorsi con una incidenza sul totale pari al 1,97%).
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    Assistenza in sede di verifica fiscale: cosa prevede il Collegato Fiscale

    Il Decreto Anticipi o Collegato Fiscale in conversione prevede che integraione alla norma sulla tutela per i contribuenti in sede di verifica.

    Nel dettaglio, si aggiunge un periodo alla norma attuale, ossia l'art 12 comma 2 dello Statuto del Contribuente, che disciplina i diritti e le garanzie per i cittadini in sede di verifiche fiscali.

    Assistenza in sede di verifica fiscale: cosa prevede la norma attuale

    Attualmente, la norma prevede che tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all'esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo. 

    Essi si svolgono, salvo casi eccezionali e urgenti adeguatamente documentati, durante l'orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente (questo è quanto prevede il comma 1).

    Quando viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l'abbiano giustificata e dell'oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche (questo è quanto prevede il comma 2).

    A tale come viene fatta una integrazione, vediamola.

    Assistenza in sede di verifica fiscale: cosa prevede il Collegato Fiscale

    L’articolo 8-bis, inserito in sede referente, prevede che anche in sede di verifiche fiscali siano sempre applicabili le norme in tema di assistenza e rappresentanza del contribuente presso gli uffici finanziari. 

    In particolare l’articolo in oggetto modifica l’articolo 12, comma 2, dello Statuto del contribuente (legge n. 212 del 2000), che disciplina i diritti e le garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali.

    Più in dettaglio la norma aggiunge un periodo alla fine dell’articolo 12, comma 2, che dispone che, quando viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l'abbiano giustificata e dell'oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche. 

    Per effetto delle modifiche si prevede che "in sede di verifica sono comunque sempre applicabili l'assistenza e la rappresentanza del contribuente, ai sensi dell'articolo 63 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 600". Tale norma consente al contribuente di farsi rappresentare, presso gli uffici finanziari da un procuratore generale o speciale.