• Contenzioso Tributario

    Compensazione crediti inesistenti: il caso del professionista non responsabile

    La Cassazione con sentenza n. 35133/2023 ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un procuratore contro quello di un professionista (accolto dal Tribunale del riesame) accusato di essere stato ideatore di una frode ai danni dell'erario.

    Essa ha ritenuto inammissilbe il ricorso poichè nessun elemento aveva supportato l’ipotesi che l’indagato rivestisse il ruolo di ideatore della frode, allontanandosi poi dalla società per escludere da sé ogni sospetto.

    Con Ordinanza del 2023, il Tribunale del riesame accoglieva la richiesta presentata ex art. 324 cod. proc. pen. da un professionista avverso il decreto di sequestro preventivo, finalizzato a confisca per equivalente, emesso dal Giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale con riguardo al delitto di cui all'art. 10-quater, d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74, annullando la misura.

    Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale presentava ricorso deducendo la violazione di legge poichè il Collegio, accogliendo il ricorso con riguardo al profilo soggettivo del reato, avrebbe steso una motivazione inesistente, o comunque meramente apparente.
    In particolare, non avrebbe considerato la costante giurisprudenza di legittimità, che, quanto al reato in esame commesso,con l'inoltro di modelli F24 da parte del professionista riconoscerebbe la responsabilità anche a titolo di dolo eventuale, per non aver esercitato un controllo sulla documentazione offertagli.
    La Cassazione ha rigettato il ricorso.

    Quanto alla motivazione, ha innanzitutto premesso che, a norma dell'art. 325 cod. proc. pen., il ricorso per cassazione in materia di misure cautelari reali è ammesso soltanto per violazione di legge, per questa dovendosi intendere – quanto alla motivazione della relativa ordinanza – soltanto l'inesistenza o la mera apparenza.

    Successivamente ha rilevato che il provvedimento impugnato non presenta un simile e radicale vizio, contenendo un'effettiva e congrua motivazione sull'unico elemento in discussione, quale il dolo del delitto di cui all'art. 10-quater, d. Igs. n. 74 del 2000.

    In particolare, il Tribunale ha negato che dagli atti emergesse un riscontro della consapevolezza in capo al consulente fiscale della natura illecita della compensazione di crediti inesistenti in favore della "srl sua clienate e al riguardo ha evidenziato: 

    a) l'assenza di un qualunque elemento (conversazioni, dichiarazioni, documenti) che attestasse la partecipazione dell'indagato al disegno criminoso volto a frodare l'Erario, in termini diversi dal mero inoltro di 3 modelli F24; 

    b) il numero stesso dei modelli inviati, che "non depone di certo nel senso di un suo consapevole inserimento nella trama fraudolenta", necessariamente a base della frode, peraltro evidentemente sostenuta da atti preordinati (contratto di accollo, pagamenti) nei quali il professionista non risultava aver mai coperto alcun ruolo o essere stato coinvolto; 

    c) la cessazione del rapporto professionale con la s.r.l. avvenuta appena dopo l'invio dei modelli F24. 

    Ancora, il Tribunale ha sottolineato che il fiscalista aveva inoltrato per conto della società solo 3 modelli F24, peraltro il primo per un importo rilevante (circa 110mila euro), mentre i successivi per somme modeste (957,71 euro e 601,77 euro), così da far emergere ulteriormente l'insussistenza del profilo soggettivo del reato

    Nessun elemento, infine, aveva supportato l'ipotesi che l'indagato rivestisse il ruolo di ideatore della frode, e che si fosse poi allontanato dalla società soltanto per escludere da sé ogni sospetto.
    Inoltre, il Tribunale ha richiamato la costante giurisprudenza secondo cui, in tema di misure cautelari reali, il giudice del riesame può negare il profilo soggettivo del reato solo qualora emergano, al riguardo, indici negativi del tutto evidenti, da apprezzare.

    Proprio in questi termini ben poteva concludersi nel caso in esame, dovendosi diversamente affermare un inammissibile giudizio di responsabilità fondato su mere presunzioni oggettive.
    Non emergono margini per affermarne l'inesistenza o la mera apparenza, come invece denunciato. 

    La radicale assenza di elementi probanti il profilo soggettivo del reato, in termini di piena evidenza, è stata infatti sostenuta in termini adeguati e legati al contenuto degli atti.

    Dunque, non si è palesata nessuna responsabilità penale per il professionista per le compensazioni di crediti inesistenti, poiché non è stato provato il dolo con elementi di chiara evidenza.

  • Contenzioso Tributario

    Compensi Giudici tributari: gli importi in vigore dal 1 gennaio

    Viene pubblicato in GU n 109 dell'11 maggio il decreto MEF del 24 marzo con Definizione dei compensi fissi e aggiuntivi spettanti ai giudici tributari delle Corti di giustizia tributaria presenti nel ruolo unico nazionale. 

    Compenso fisso giudice tributario: gli importi

    In particolare, si prevede che il compenso fisso mensile spettante a ciascun componente  della Corte di  giustizia  tributaria di  primo e  di secondo grado è determinato nella seguente misura:

    • a) euro 1.138,50 per il Presidente;
    • b) euro 1.018,90 per il Presidente di sezione;
    • c) euro 959,10 per il vice Presidente di sezione;
    • d) euro 899,30 per il giudice.

    Il compenso spettante al Presidente di Corte di giustizia tributaria non è cumulabile con  quello spettante al Presidente di sezione. 

    Gli importi si assumono al  lordo delle ritenute di legge.

    Compenso aggiuntivo giudice tributario: gli importi

    Il compenso aggiuntivo per ogni ricorso definito è stabilito in euro 100,00, oltre la maggiorazione di euro 1,50 da corrispondere,  a titolo di rimborso forfetario  per  le  spese  sostenute,  a  ciascun giudice tributario componente di Corte di  giustizia  tributaria di primo e di secondo grado residente in  comune  della  stessa  regione diverso da quello in cui ha  sede  la  medesima Corte di  giustizia tributaria.

    Tale compenso aggiuntivo di euro 100,00 viene così ripartito:

    a) euro 4,50 per il Presidente;

    b) euro 3,50 per il Presidente di sezione;

    c) euro 2,50 per il vice Presidente di sezione;

    d) euro 11,50 per l'estensore;

    e) euro 26,00 per ciascuno dei  tre componenti  del  collegio giudicante.

    Nei casi di  definizione del  ricorso  con provvedimento presidenziale non impugnato mediante reclamo, il compenso aggiuntivo spetta al solo giudice tributario  in qualità di estensore del provvedimento ed è stabilito nella  misura  di  euro 12,50, oltre la maggiorazione di euro 1,50 da corrispondere, a titolo di rimborso forfetario per le spese sostenute, al giudice  tributario residente in comune della stessa regione diverso da quello in cui  ha sede la Corte di giustizia tributaria.

    Gli importi si  assumono al  lordo delle ritenute di legge.

    Compenso aggiuntivo giudice tributario monocratico: gli importi

    Il compenso aggiuntivo per ogni ricorso definito ai  sensi dell'art. 44-bis del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, è stabilito in euro 100,00 ed è così ripartito:

    a) euro 4,50 per il Presidente

    b) euro 3,50 per il Presidente di sezione;

    c) euro 2,50 per il vice Presidente di sezione;

    d) euro 89,50 per il giudice monocratico.
    Il compenso aggiuntivo per ogni ricorso definito in composizione monocratica ai sensi  dell'art.  4-bis  del  decreto  legislativo  31 dicembre 1992, n. 546, è stabilito  in  euro  100,00  ed  è così ripartito:

    a) euro 4,50 per il Presidente;

    b) euro 3,50 per il Presidente di sezione;

    c) euro 92,00 per il giudice monocratico.

    Il compenso  aggiuntivo per ogni ricorso definito ai  sensi dell'art. 70, comma 10-bis, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, è stabilito in euro 100,00 ed è così  ripartito:

    a) euro 4,50 per il Presidente;

    b) euro 3,50 per il Presidente di sezione;

    c) euro 2,50 per il vice Presidente di sezione;

    d) euro 89,50 per il giudice monocratico.
    Gli importi si assumono al lordo  delle ritenute di legge.

    Compensi giudice tributario: decorrenza

    Il presente decreto si applica ai compensi dei giudici tributari presenti nel ruolo unico nazionale di cui all'art. 4,  comma  39-bis, della legge 12 novembre 2011, n. 183, di seguito elencati:

    a) compensi fissi spettanti a decorrere dal  1° gennaio 2023;

    b) compensi aggiuntivi di cui agli articoli 2 e 3, commi 1 e  3, in relazione ai ricorsi definiti a decorrere dal 1° gennaio 2023;

    c) compensi aggiuntivi di cui all'art. 3, comma 2, in relazione alle definizioni dei  ricorsi  fino  a  3.000,00  euro  notificati  a decorrere dal 1° gennaio 2023;

    d) compensi aggiuntivi di cui all'art. 3, comma 2, in  relazione alle definizioni dei  ricorsi  fino a  5.000,00  euro  notificati  a decorrere dal 1° luglio 2023. Leggi qui il dettaglio nel Decreto MEF del 24 marzo 2023

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    Processo tributario telematico: stop all’obbligo di firma digitale sugli allegati

    Pubblicato in GU n 102 del 3 maggio il Decreto 21 aprile 2023 del MEF  con Modifiche alle specifiche tecniche previste dall'articolo 3, comma 3, del decreto 23 dicembre 2013, n. 163, concernente il «Regolamento recante la disciplina dell'uso di strumenti informatici e telematici nel processo tributario in attuazione delle disposizioni contenute nell'articolo 39, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011 n 111.

    Ricordiamo che già con un avviso pubblicato sul Portale della Giustizia Telematica, il MEF informava del fatto che, con il decreto di cui si tratta sono state apportate modifiche al decreto ministeriale 4 agosto 2015, che individua le regole tecniche del processo tributario telematico previste dall'articolo 3, comma 3, del regolamento 23 dicembre 2013, n. 163. 

    Inoltre, si riepiloga che, dal 1° luglio 2019, sussiste l'obbligo di notificare e depositare gli atti processuali, i documenti ed i provvedimenti giurisdizionali esclusivamente con modalità telematica, mentre per i soggetti che stanno in giudizio senza assistenza tecnica (entro un valore complessivo della controversia inferiore a Euro 3.000) l'utilizzo del PTT è facoltativo.

    Nel dettaglio, il comunicato MEF ha specificato che l’aggiornamento delle regole tecniche per il deposito telematico degli atti/documenti riguarda:

    • l’eliminazione dell’obbligo della firma digitale sugli allegati al momento del deposito; la firma andrà comunque apposta sul file dell’atto processuale principale da depositare ovvero sul ricorso o sull’atto di costituzione in giudizio e sulla memoria illustrativa,
    • la previsione nel sistema di controlli bloccanti di integrità, dimensioni e formati sui file durante la fase del loro caricamento;
    • la trasmissione di atti processuali, con sottoscrizioni digitali plurime, a condizione che almeno una di esse risulti valida;
    • l’accettazione a sistema dei file nel formato EML (Electronic mail);
    • la previsione della validità della firma PADES, già consentita dal sistema insieme alla firma CADES (Cfr. circolare 1/DF del 4 luglio 2019).

    Il PTT consentirà, inoltre, di depositare esclusivamente allegati anche non firmati digitalmente, mediante una nota di deposito documenti generata dal sistema.

    Attenzione al fatto che, le nuove disposizioni entrano in vigore il 15 maggio 2023.

  • Contenzioso Tributario

    Portale Giustizia tributaria: dal 5.12 attivo il servizio di download fascicoli

    Con Avviso pubblicato sul Portale della Giustizia Tributaria si informano gli utenti del PTT Processo Tributario telematico che nell’area riservata, dal 5 dicembre è attiva la nuova funzionalità per il download del fascicolo processuale, che permette di acquisire tutti gli atti processuali sui dispositivi personali per la consultazione in modalità offline.

    Processo Tributario telematico: download fascicoli come fare

    Si specifica che gli interessati, dopo aver ricercato il fascicolo processuale, mediante la funzionalità “Ricerca Fascicolo” del PTT, possono richiedere il download completo del fascicolo o solo di alcune cartelle utilizzando il nuovo pulsante “Download Fascicolo” presente nella pagina “Dettaglio Fascicolo”.

    Il sistema, ricevuta la richiesta di download, procede alla creazione di un file compresso nel formato ZIP contenente gli atti processuali del fascicolo o delle cartelle selezionate.

    Per verificare lo stato di lavorazione e l’esito finale della richiesta di download occorre selezionare il pulsante “Richieste Download Fascicolo”, sempre dalla pagina del fascicolo in esame.

    Solo dopo il corretto completamento della procedura, il file ZIP può essere scaricato sul dispositivo personale dell’utente.

    Attenzione al fatto che, il sistema conserva il file ZIP per 15 giorni, oltre tale termine è necessario ripetere la richiesta di download per scaricare nuovamente il fascicolo.

    Infine, è possibile visualizzare le richieste di download in corso di lavorazione e quelle relative ai fascicoli processuali per i quali è disponibile il file ZIP, selezionando la funzionalità “Elenco richieste download nel menu “Interrogazione Atti Depositati” del PTT.

    Sui servizi del Portale della Giustizia tributaria ti consigliamo anche: Consultazione contenziosi tributari: attivo dal 15 dicembre il servizio gratuito

  • Contenzioso Tributario

    Consultazione contenziosi tributari: attivo dal 15 dicembre il servizio gratuito

    Con un comunicato pubblicato ieri 12 dicembre sul portale della Giustizia Tributaria si informa che dal 15/12/2022 sarà disponibile:

    • il nuovo servizio online di “Consultazione pubblica contenziosi tributari”, accessibile liberamente,
    • per la ricerca delle informazioni anonimizzate e delle date di udienza dei contenziosi tributari instaurati presso le Corti di giustizia tributaria.

    Consultazione pubblica contenziosi tributari: come si accede

    Per accede al servizio occorre cliccare dalla “home page” del portale:

    • mediante l’utilizzo dell’apposito link nell’intestazione o dal pulsante “Consultazione pubblica contenziosi tributari”
    • presente nella sezione “Utilità”,
    • anche nell’analoga voce del menu “Servizi” 
    • e nelle apposite pagine dedicate alle singole Corti di giustizia tributaria 

    Si precisa che selezionando una Corte di Giustizia Tributaria di interesse, di primo o secondo grado, il servizio permette di effettuare due tipologie di ricerca:

    • “Info ricorso” per consultare le informazioni di un contenzioso tributario, indicando il numero di registro generale e l’anno di iscrizione a ruolo. Nel risultato della ricerca sono presenti le principali informazioni descrittive del ricorso, quali l’oggetto della controversia, la categoria dei soggetti interessati e l’esito del contenzioso. Sono, inoltre, disponibili i dati relativi alla tipologia degli atti depositati, alle udienze e ai provvedimenti giurisdizionali emanati dall’organo giudicante con riguardo al singolo ricorso.
    • “Calendario udienze” per ricercare le udienze di una specifica sezione della Corte di giustizia tributaria preselezionata, in base ad un intervallo di date e all’orario selezionati. In riferimento alla singola sezione sono consultabili le date e le aule di svolgimento delle udienze, nell’ambito delle quali sono individuati i dettagli dei relativi ricorsi, come il numero di registro generale, l’ordine di chiamata e la modalità di trattazione (udienza pubblica, camera di consiglio, udienza da remoto).

    Si invita, per ulteriori informazioni, a consultare le istruzioni presenti nella Assistenza Online -Consultazione pubblica contenziosi tributari:

  • Contenzioso Tributario

    Omesso versamento ritenute: non rilevanti le difficoltà economiche

    La Corte di Cassazione nella sentenza 44861 2022 ha confermato la legittimità  della condanna a due mesi e venti giorni di reclusione sancita dalla Corte territoriale per   il  legale rappresentante di una spa, per omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle  retribuzioni dei  dipendenti tra il dicembre 2013 e  il novembre 2015 per un importo di circa 135.000 euro.

    La cassazione precisa  infatti che  il datore di lavoro  ha l'obbligo di  accantonare  per tempo le somme da versare all'Erario e all'INPS   perche il debito d'imposta   non può essere evaso  neppure in favore dell'erogazione degli stipendi.

    Il ricorrente aveva evidenziato in sua difesa le difficoltà economiche  dell'azienda presenti al momento del mancato adempimento, testimoniate anche dal ritardato versamenti delle retribuzioni ai dipendenti.

    La suprema Corte  riafferma anche   il principio per cui per il reato  di omesso versamento delle ritenute fiscali e contributive è sufficente la configurazione di dolo generico e  non il fine di evasione fiscale.

    Inoltre,  ricorda la Cassazione,  il dolo generico può  essere escluso solo in considerazione del modesto importo delle somme non versate o della discontinuità ed episodicità delle  inadempienze (cfr. Cass. sez. 3 n.3663 del 8/1/2014), evenienza che non ricorre nel caso di specie.

    Il dolo deve ritenersi perciò integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, che si verifica anche se il datore di lavoro, in presenza di una

    situazione di difficoltà economica, decide di dare preferenza al pagamento  degli emolumenti ai dipendenti ed alla manutenzione dei mezzi destinati allo

    svolgimento dell'attività di impresa, e di  posticipare  il versamento delle ritenute.

    Onere del datore di lavoro infatti è quello di " ripartire le risorse esistenti all'atto della corresponsione delle retribuzioni in modo da adempiere al proprio obbligo   contributivo, anche se ciò comporta l'impossibilità di pagare i compensi nel loro  intero ammontare".

    La cassazione respinge dunque il ricorso in quanto "manca ogni presupposto per invocare l'impossibilità di adempiere  l'obbligazione dovendo, la punibilità della condotta, perche la pubnibilità risiede proprio nel mancato accantonamento delle somme dovute all'Istituto (in nome e per conto del quale tali somme sono state trattenute)". 

  • Contenzioso Tributario

    Ristretta base societaria: i costi indeducibili diventano utili distribuiti

    Dalla riforma del diritto societario in poi, il Legislatore italiano ha portato avanti una azione normativa orientata a trasformare la Società a responsabilità limitata: da mini-SPA della sua versione originaria, fino a diventare un veicolo societario dinamico e versatile, quasi ibrido, a metà tra società di persone e società di capitali.

    L’obiettivo dichiarato era quello di incentivare l’utilizzo delle società di capitali, per adeguare il paese agli standard unionali, dove, in molti legislazioni, sono previste anche versioni semplificate di questo tipo di società.

    Però, nello specifico caso in cui le quote di una Società a responsabilità limitata sono possedute da un numero ristretto di persone, possibilmente legate tra loro da legami di parentela, l’azione incentivante del Legislatore è stata in una certa misura sterilizzata dalla prassi, che, nel caso in esame, si è trasversalmente posizionata con un atteggiamento di sfavore, non senza l’avallo della giurisprudenza.

    È proprio “in forza di un principio ribadito in più occasione dai giudici della Suprema Corte” che “l'accertamento di utili extracontabili in capo alla società di capitali a ristretta base sociale consente di inferire la loro distribuzione tra i soci in proporzione alle loro quote di partecipazione, salva la facoltà per gli stessi di fornire la prova contraria costituita dal fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, ma siano, invece, stati accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti”.

    In questo contesto arriva l’ordinanza 25322 della Corte di Cassazione del 25 agosto 2022, appena citata, che aggiunge un importante tassello al dibattito.

    L’ordinanza prende in esame il caso in cui venga accertato, in capo alla SRL a ristretta base societaria, un maggior reddito derivante dal riporto a tassazione di costi, effettivamente sostenuti dalla società, ma considerati indeducibili

    Secondo la Corte, la presunzione di distruzione ai soci, in caso di SRL a ristretta base societaria, opera anche nel caso in cui il maggior reddito accertato (rispetto a quello dichiarato) derivi dal riporto a tassazione di costi sostenuti, ma considerati indeducibili, in quanto anche i costi indeducibilivanno ad alterare il conto economico”.

    Fondamentalmente, in caso di contestazione, un maggior reddito può derivare solo da tre situazioni: 

    • da ricavi non contabilizzati
    • da costi inesistenti 
    • o da costi indeducibili.

    Nel primo caso, quello dei ricavi non contabilizzati, la presunzione di distribuzione ai soci ha dalla sua la forza dell’ipotesi che, se i maggiori ricavi non sono nelle casse della società, dovranno essere da qualche parte, possibilmente presso gli amministratori o i soci.

    Similmente, nel caso dei costi inesistenti, se una spesa non è stata effettivamente sostenuta, il relativo movimento finanziario, se non è nelle casse della società, sarà stato intercettato da qualcuno.

    Il caso dei costi indeducibili è però diverso: un costo viene qualificato come indeducibile nel momento in cui avviene il disconoscimento del suo significato fiscale, ma tale disconoscimento non avrà impatto sull’esistenza civilistica della posta contabile; con la conseguenza che l’impatto sul conto economico sarà limitato all’ammontare dell’imposta.

    Inoltre, nella situazione in esame, anche se i costi di cui si tratta sono contestati come non deducibili, le risorse della società sono state effettivamente impiegate per sostenere tali costi, che sono civilisticamente esistenti (e non simulati): non è chiaro per quale motivazione logica si dovrebbe legittimamente presumere che le somme impiegate siano state, invece, distribuite ai soci.