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Contenzioso tributario: le prove in appello, le novità della Delega Fiscale
Il 16 novembre il consiglio dei Ministri, tra l'altro, ha approvato, in esame preliminare, il decreto legislativo con Disposizioni in materia di contenzioso tributario, ai sensi dell’articolo 19 della legge 9 agosto 2023, n. 111 Delega per la Riforma Fiscale.
Diverse le novità che potrebbero riguardare questa materia, se venisse confermato il testo del Dlgs che passa al vaglio della Commissione competente.
Vediamo le modifiche all'art 58 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 recante norme sulle prove in appello.
Contenzioso tributario: le prove in appello, le novità in arrivo
L'attuale formulaizone dell'art 58 prevede che:
- il giudice d'appello non puo' disporre nuove prove, salvo che non le ritenga necessarie ai fini della decisione o che la parte dimostri di non averle potute fornire nel precedente grado di giudizio per causa ad essa non imputabile.
- è fatta salva la facolta' delle parti di produrre nuovi documenti.
La nuova formulazione che si vorrebbe introdurre con la riforma fiscale, secondo le previsioni del Dlgs approvato ieri prevede di sostituire quanto suddetto con un nuovo art.58 che recita quanto segue: "Non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile.
Possono essere proposti motivi aggiunti qualora la parte venga a conoscenza di documenti, non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado, da cui emergano vizi degli atti o provvedimenti impugnati"
Come sottoliena la relazione al Dlgs, la novità legislativa, in attuazione del criterio direttivo di cui all’articolo. 19, comma. 1, lettera d), concernente il divieto di produrre nuovi documenti nei gradi successivi al primo, riscrive la disposizione prevendo, nell’ottica del rafforzamento del divieto indicato nel predetto criterio, la preclusione espressa per il giudice d’appello di fondare la propria decisione su prove che avrebbero potuto esse disposte o acquisite nel giudizio di primo grado.
Resta eccezionalmente ferma la possibilità per il giudice di secondo grado di acquisire le prove pretermesse nel primo grado, in ragione della loro indispensabilità ai fini della decisione, oppure in esito alla dimostrazione della riferibilità della mancanza probatoria a causa non imputabile alla parte appellante.
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Compensazione crediti inesistenti: il caso del professionista non responsabile
La Cassazione con sentenza n. 35133/2023 ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un procuratore contro quello di un professionista (accolto dal Tribunale del riesame) accusato di essere stato ideatore di una frode ai danni dell'erario.
Essa ha ritenuto inammissilbe il ricorso poichè nessun elemento aveva supportato l’ipotesi che l’indagato rivestisse il ruolo di ideatore della frode, allontanandosi poi dalla società per escludere da sé ogni sospetto.
Con Ordinanza del 2023, il Tribunale del riesame accoglieva la richiesta presentata ex art. 324 cod. proc. pen. da un professionista avverso il decreto di sequestro preventivo, finalizzato a confisca per equivalente, emesso dal Giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale con riguardo al delitto di cui all'art. 10-quater, d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74, annullando la misura.
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale presentava ricorso deducendo la violazione di legge poichè il Collegio, accogliendo il ricorso con riguardo al profilo soggettivo del reato, avrebbe steso una motivazione inesistente, o comunque meramente apparente.
In particolare, non avrebbe considerato la costante giurisprudenza di legittimità, che, quanto al reato in esame commesso,con l'inoltro di modelli F24 da parte del professionista riconoscerebbe la responsabilità anche a titolo di dolo eventuale, per non aver esercitato un controllo sulla documentazione offertagli.
La Cassazione ha rigettato il ricorso.Quanto alla motivazione, ha innanzitutto premesso che, a norma dell'art. 325 cod. proc. pen., il ricorso per cassazione in materia di misure cautelari reali è ammesso soltanto per violazione di legge, per questa dovendosi intendere – quanto alla motivazione della relativa ordinanza – soltanto l'inesistenza o la mera apparenza.
Successivamente ha rilevato che il provvedimento impugnato non presenta un simile e radicale vizio, contenendo un'effettiva e congrua motivazione sull'unico elemento in discussione, quale il dolo del delitto di cui all'art. 10-quater, d. Igs. n. 74 del 2000.
In particolare, il Tribunale ha negato che dagli atti emergesse un riscontro della consapevolezza in capo al consulente fiscale della natura illecita della compensazione di crediti inesistenti in favore della "srl sua clienate e al riguardo ha evidenziato:
a) l'assenza di un qualunque elemento (conversazioni, dichiarazioni, documenti) che attestasse la partecipazione dell'indagato al disegno criminoso volto a frodare l'Erario, in termini diversi dal mero inoltro di 3 modelli F24;
b) il numero stesso dei modelli inviati, che "non depone di certo nel senso di un suo consapevole inserimento nella trama fraudolenta", necessariamente a base della frode, peraltro evidentemente sostenuta da atti preordinati (contratto di accollo, pagamenti) nei quali il professionista non risultava aver mai coperto alcun ruolo o essere stato coinvolto;
c) la cessazione del rapporto professionale con la s.r.l. avvenuta appena dopo l'invio dei modelli F24.
Ancora, il Tribunale ha sottolineato che il fiscalista aveva inoltrato per conto della società solo 3 modelli F24, peraltro il primo per un importo rilevante (circa 110mila euro), mentre i successivi per somme modeste (957,71 euro e 601,77 euro), così da far emergere ulteriormente l'insussistenza del profilo soggettivo del reato.
Nessun elemento, infine, aveva supportato l'ipotesi che l'indagato rivestisse il ruolo di ideatore della frode, e che si fosse poi allontanato dalla società soltanto per escludere da sé ogni sospetto.
Inoltre, il Tribunale ha richiamato la costante giurisprudenza secondo cui, in tema di misure cautelari reali, il giudice del riesame può negare il profilo soggettivo del reato solo qualora emergano, al riguardo, indici negativi del tutto evidenti, da apprezzare.Proprio in questi termini ben poteva concludersi nel caso in esame, dovendosi diversamente affermare un inammissibile giudizio di responsabilità fondato su mere presunzioni oggettive.
Non emergono margini per affermarne l'inesistenza o la mera apparenza, come invece denunciato.La radicale assenza di elementi probanti il profilo soggettivo del reato, in termini di piena evidenza, è stata infatti sostenuta in termini adeguati e legati al contenuto degli atti.
Dunque, non si è palesata nessuna responsabilità penale per il professionista per le compensazioni di crediti inesistenti, poiché non è stato provato il dolo con elementi di chiara evidenza.
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Compensi Giudici tributari: gli importi in vigore dal 1 gennaio
Viene pubblicato in GU n 109 dell'11 maggio il decreto MEF del 24 marzo con Definizione dei compensi fissi e aggiuntivi spettanti ai giudici tributari delle Corti di giustizia tributaria presenti nel ruolo unico nazionale.
Compenso fisso giudice tributario: gli importi
In particolare, si prevede che il compenso fisso mensile spettante a ciascun componente della Corte di giustizia tributaria di primo e di secondo grado è determinato nella seguente misura:
- a) euro 1.138,50 per il Presidente;
- b) euro 1.018,90 per il Presidente di sezione;
- c) euro 959,10 per il vice Presidente di sezione;
- d) euro 899,30 per il giudice.
Il compenso spettante al Presidente di Corte di giustizia tributaria non è cumulabile con quello spettante al Presidente di sezione.
Gli importi si assumono al lordo delle ritenute di legge.
Compenso aggiuntivo giudice tributario: gli importi
Il compenso aggiuntivo per ogni ricorso definito è stabilito in euro 100,00, oltre la maggiorazione di euro 1,50 da corrispondere, a titolo di rimborso forfetario per le spese sostenute, a ciascun giudice tributario componente di Corte di giustizia tributaria di primo e di secondo grado residente in comune della stessa regione diverso da quello in cui ha sede la medesima Corte di giustizia tributaria.
Tale compenso aggiuntivo di euro 100,00 viene così ripartito:
a) euro 4,50 per il Presidente;
b) euro 3,50 per il Presidente di sezione;
c) euro 2,50 per il vice Presidente di sezione;
d) euro 11,50 per l'estensore;
e) euro 26,00 per ciascuno dei tre componenti del collegio giudicante.
Nei casi di definizione del ricorso con provvedimento presidenziale non impugnato mediante reclamo, il compenso aggiuntivo spetta al solo giudice tributario in qualità di estensore del provvedimento ed è stabilito nella misura di euro 12,50, oltre la maggiorazione di euro 1,50 da corrispondere, a titolo di rimborso forfetario per le spese sostenute, al giudice tributario residente in comune della stessa regione diverso da quello in cui ha sede la Corte di giustizia tributaria.
Gli importi si assumono al lordo delle ritenute di legge.
Compenso aggiuntivo giudice tributario monocratico: gli importi
Il compenso aggiuntivo per ogni ricorso definito ai sensi dell'art. 44-bis del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, è stabilito in euro 100,00 ed è così ripartito:
a) euro 4,50 per il Presidente
b) euro 3,50 per il Presidente di sezione;
c) euro 2,50 per il vice Presidente di sezione;
d) euro 89,50 per il giudice monocratico.
Il compenso aggiuntivo per ogni ricorso definito in composizione monocratica ai sensi dell'art. 4-bis del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, è stabilito in euro 100,00 ed è così ripartito:a) euro 4,50 per il Presidente;
b) euro 3,50 per il Presidente di sezione;
c) euro 92,00 per il giudice monocratico.
Il compenso aggiuntivo per ogni ricorso definito ai sensi dell'art. 70, comma 10-bis, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, è stabilito in euro 100,00 ed è così ripartito:
a) euro 4,50 per il Presidente;
b) euro 3,50 per il Presidente di sezione;
c) euro 2,50 per il vice Presidente di sezione;
d) euro 89,50 per il giudice monocratico.
Gli importi si assumono al lordo delle ritenute di legge.Compensi giudice tributario: decorrenza
Il presente decreto si applica ai compensi dei giudici tributari presenti nel ruolo unico nazionale di cui all'art. 4, comma 39-bis, della legge 12 novembre 2011, n. 183, di seguito elencati:
a) compensi fissi spettanti a decorrere dal 1° gennaio 2023;
b) compensi aggiuntivi di cui agli articoli 2 e 3, commi 1 e 3, in relazione ai ricorsi definiti a decorrere dal 1° gennaio 2023;
c) compensi aggiuntivi di cui all'art. 3, comma 2, in relazione alle definizioni dei ricorsi fino a 3.000,00 euro notificati a decorrere dal 1° gennaio 2023;
d) compensi aggiuntivi di cui all'art. 3, comma 2, in relazione alle definizioni dei ricorsi fino a 5.000,00 euro notificati a decorrere dal 1° luglio 2023. Leggi qui il dettaglio nel Decreto MEF del 24 marzo 2023
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Corti di giustizia tributaria: regolamento dell’Ufficio ispettivo
Con Regolamento del 28 marzo 2023 pubblicato in GU n 91 del 18 aprile il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria detta le regole sul funzionamento dell'Ufficio Ispettivo.
Ai sensi e per gli effetti dell'art. 24, commi 2-bis e 2-ter, del decreto legislativo n. 545/1992, come modificato dall'art. 1, lettera q) della legge 31 agosto 2022, n. 130, è istituito presso il Consiglio di Presidenza, con carattere di autonomia e indipendenza, l'Ufficio ispettivo al fine di garantire l'esercizio efficiente delle attribuzioni di cui al comma 2, con il primario compito di «svolgere attività presso le Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, finalizzate alle verifiche di rispettiva competenza.»
L'Ufficio ispettivo è composto di sei magistrati o giudici tributari esonerati dall'esercizio delle funzioni giurisdizionali presso le Corti di giustizia tributaria.
L'Ufficio ispettivo svolge funzioni di controllo dell'operato di soggetti appartenenti alla giustizia tributaria, nei limiti posti dalla legge a salvaguardia dell'esercizio della funzione giurisdizionale, mediante attività di accertamento imparziale ed obiettivo di situazioni e comportamenti oggetto di segnalazione o rilevati in via autonoma, nonché della regolarità delle condotte tenute nell'adempimento dei doveri d'ufficio.
L'Ufficio ispettivo può svolgere attività congiunte presso le Corti di giustizia tributaria, finalizzate alle verifiche di rispettiva competenza, sulla base di appositi protocolli stipulati tra il Consiglio di Presidenza e il Dipartimento delle finanze.
Le principali attività dell'Ufficio ispettivo sono l'ispezione ordinaria e l'ispezione straordinaria.
Su disposizione del Consiglio di Presidenza, esso svolge inchieste amministrative.
Ufficio ispettivo Corti tributarie: l'ispezione ordinaria
L'ispezione ordinaria ha luogo con cadenza tendenzialmente triennale secondo una programmazione annuale approvata dal Consiglio di Presidenza.
Essa è affidata all'Ufficio ispettivo, coadiuvato da funzionari-ispettori del Consiglio, allo scopo di riferire sull'entità e tempestività del lavoro eseguito dai magistrati e dai giudici tributari ed accertare la regolare tenuta delle udienze e il rispetto delle disposizioni di legge e regolamentari disciplinanti il servizio giustizia.
Ufficio ispettivo Corti tributarie: l'ispezione straordinaria
L'ispezione straordinaria ha luogo, su richiesta del Consiglio di Presidenza anche su proposta del direttore dell'Ufficio ispettivo, quando siano state riscontrate dagli ispettori, o siano state comunque segnalate, deficienze o irregolarità che richiedono approfondimento ulteriore.
Nei casi di urgenza, anche su sollecitazione della Commissione disciplina o di almeno cinque Consiglieri, il Consiglio di Presidenza può disporre inchiesta amministrativa per l'accertamento di fatti di rilevanza disciplinare; in tal caso, il magistrato ispettore incaricato di un'inchiesta nei riguardi di un magistrato tributario o giudice tributario può, anche senza l'osservanza di particolari formalità chiedere informazioni al capo dell'ufficio e chiarimenti al giudice o magistrato interessato, e poi riferire in merito al Consiglio.
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Portale Giustizia tributaria: dal 5.12 attivo il servizio di download fascicoli
Con Avviso pubblicato sul Portale della Giustizia Tributaria si informano gli utenti del PTT Processo Tributario telematico che nell’area riservata, dal 5 dicembre è attiva la nuova funzionalità per il download del fascicolo processuale, che permette di acquisire tutti gli atti processuali sui dispositivi personali per la consultazione in modalità offline.
Processo Tributario telematico: download fascicoli come fare
Si specifica che gli interessati, dopo aver ricercato il fascicolo processuale, mediante la funzionalità “Ricerca Fascicolo” del PTT, possono richiedere il download completo del fascicolo o solo di alcune cartelle utilizzando il nuovo pulsante “Download Fascicolo” presente nella pagina “Dettaglio Fascicolo”.
Il sistema, ricevuta la richiesta di download, procede alla creazione di un file compresso nel formato ZIP contenente gli atti processuali del fascicolo o delle cartelle selezionate.
Per verificare lo stato di lavorazione e l’esito finale della richiesta di download occorre selezionare il pulsante “Richieste Download Fascicolo”, sempre dalla pagina del fascicolo in esame.
Solo dopo il corretto completamento della procedura, il file ZIP può essere scaricato sul dispositivo personale dell’utente.
Attenzione al fatto che, il sistema conserva il file ZIP per 15 giorni, oltre tale termine è necessario ripetere la richiesta di download per scaricare nuovamente il fascicolo.
Infine, è possibile visualizzare le richieste di download in corso di lavorazione e quelle relative ai fascicoli processuali per i quali è disponibile il file ZIP, selezionando la funzionalità “Elenco richieste download” nel menu “Interrogazione Atti Depositati” del PTT.
Sui servizi del Portale della Giustizia tributaria ti consigliamo anche: Consultazione contenziosi tributari: attivo dal 15 dicembre il servizio gratuito
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Consultazione contenziosi tributari: attivo dal 15 dicembre il servizio gratuito
Con un comunicato pubblicato ieri 12 dicembre sul portale della Giustizia Tributaria si informa che dal 15/12/2022 sarà disponibile:
- il nuovo servizio online di “Consultazione pubblica contenziosi tributari”, accessibile liberamente,
- per la ricerca delle informazioni anonimizzate e delle date di udienza dei contenziosi tributari instaurati presso le Corti di giustizia tributaria.
Consultazione pubblica contenziosi tributari: come si accede
Per accede al servizio occorre cliccare dalla “home page” del portale:
- mediante l’utilizzo dell’apposito link nell’intestazione o dal pulsante “Consultazione pubblica contenziosi tributari”
- presente nella sezione “Utilità”,
- anche nell’analoga voce del menu “Servizi”
- e nelle apposite pagine dedicate alle singole Corti di giustizia tributaria
Si precisa che selezionando una Corte di Giustizia Tributaria di interesse, di primo o secondo grado, il servizio permette di effettuare due tipologie di ricerca:
- “Info ricorso” per consultare le informazioni di un contenzioso tributario, indicando il numero di registro generale e l’anno di iscrizione a ruolo. Nel risultato della ricerca sono presenti le principali informazioni descrittive del ricorso, quali l’oggetto della controversia, la categoria dei soggetti interessati e l’esito del contenzioso. Sono, inoltre, disponibili i dati relativi alla tipologia degli atti depositati, alle udienze e ai provvedimenti giurisdizionali emanati dall’organo giudicante con riguardo al singolo ricorso.
- “Calendario udienze” per ricercare le udienze di una specifica sezione della Corte di giustizia tributaria preselezionata, in base ad un intervallo di date e all’orario selezionati. In riferimento alla singola sezione sono consultabili le date e le aule di svolgimento delle udienze, nell’ambito delle quali sono individuati i dettagli dei relativi ricorsi, come il numero di registro generale, l’ordine di chiamata e la modalità di trattazione (udienza pubblica, camera di consiglio, udienza da remoto).
Si invita, per ulteriori informazioni, a consultare le istruzioni presenti nella Assistenza Online -Consultazione pubblica contenziosi tributari:
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Ristretta base societaria: i costi indeducibili diventano utili distribuiti
Dalla riforma del diritto societario in poi, il Legislatore italiano ha portato avanti una azione normativa orientata a trasformare la Società a responsabilità limitata: da mini-SPA della sua versione originaria, fino a diventare un veicolo societario dinamico e versatile, quasi ibrido, a metà tra società di persone e società di capitali.
L’obiettivo dichiarato era quello di incentivare l’utilizzo delle società di capitali, per adeguare il paese agli standard unionali, dove, in molti legislazioni, sono previste anche versioni semplificate di questo tipo di società.
Però, nello specifico caso in cui le quote di una Società a responsabilità limitata sono possedute da un numero ristretto di persone, possibilmente legate tra loro da legami di parentela, l’azione incentivante del Legislatore è stata in una certa misura sterilizzata dalla prassi, che, nel caso in esame, si è trasversalmente posizionata con un atteggiamento di sfavore, non senza l’avallo della giurisprudenza.
È proprio “in forza di un principio ribadito in più occasione dai giudici della Suprema Corte” che “l'accertamento di utili extracontabili in capo alla società di capitali a ristretta base sociale consente di inferire la loro distribuzione tra i soci in proporzione alle loro quote di partecipazione, salva la facoltà per gli stessi di fornire la prova contraria costituita dal fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, ma siano, invece, stati accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti”.
In questo contesto arriva l’ordinanza 25322 della Corte di Cassazione del 25 agosto 2022, appena citata, che aggiunge un importante tassello al dibattito.
L’ordinanza prende in esame il caso in cui venga accertato, in capo alla SRL a ristretta base societaria, un maggior reddito derivante dal riporto a tassazione di costi, effettivamente sostenuti dalla società, ma considerati indeducibili.
Secondo la Corte, la presunzione di distruzione ai soci, in caso di SRL a ristretta base societaria, opera anche nel caso in cui il maggior reddito accertato (rispetto a quello dichiarato) derivi dal riporto a tassazione di costi sostenuti, ma considerati indeducibili, in quanto anche i costi indeducibili “vanno ad alterare il conto economico”.
Fondamentalmente, in caso di contestazione, un maggior reddito può derivare solo da tre situazioni:
- da ricavi non contabilizzati,
- da costi inesistenti
- o da costi indeducibili.
Nel primo caso, quello dei ricavi non contabilizzati, la presunzione di distribuzione ai soci ha dalla sua la forza dell’ipotesi che, se i maggiori ricavi non sono nelle casse della società, dovranno essere da qualche parte, possibilmente presso gli amministratori o i soci.
Similmente, nel caso dei costi inesistenti, se una spesa non è stata effettivamente sostenuta, il relativo movimento finanziario, se non è nelle casse della società, sarà stato intercettato da qualcuno.
Il caso dei costi indeducibili è però diverso: un costo viene qualificato come indeducibile nel momento in cui avviene il disconoscimento del suo significato fiscale, ma tale disconoscimento non avrà impatto sull’esistenza civilistica della posta contabile; con la conseguenza che l’impatto sul conto economico sarà limitato all’ammontare dell’imposta.
Inoltre, nella situazione in esame, anche se i costi di cui si tratta sono contestati come non deducibili, le risorse della società sono state effettivamente impiegate per sostenere tali costi, che sono civilisticamente esistenti (e non simulati): non è chiaro per quale motivazione logica si dovrebbe legittimamente presumere che le somme impiegate siano state, invece, distribuite ai soci.