• Crisi d'impresa

    Piano del consumatore: non spetta ai fideiussori di attività d’impresa

    Con la Sentenza 11 novembre 2025, n. 29746, la Cassazione si è pronunciata in tema di qualifica di “consumatore” ai fini dell’accesso al piano di ristrutturazione dei debiti ex art. 67 D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza – CCII).

    Viene specificato che, secondo il nuovo codice della crisi, è considerata "consumatore" la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta, anche se socia di una società dei tipi disciplinati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del Codice civile.

    La qualifica di "consumatore" spetta esclusivamente alle persone fisiche

    La stessa persona fisica che esercita un’attività imprenditoriale o professionale può essere considerata "consumatore" solo quando stipula un contratto finalizzato alla soddisfazione di esigenze della vita quotidiana, estranee all’esercizio della propria attività.

    Viceversa, devono essere qualificati come "professionisti", persone fisiche o giuridiche, coloro che concludono un contratto non necessariamente nell’ambito della propria attività principale, ma comunque per uno scopo connesso all’attività imprenditoriale o professionale.

    Piano del consumatore omologato e poi revocato in sede di reclamo

    La pronuncia della Corte di Cassazione, Sez. I civile, 11 novembre 2025 n. 29746, trae origine dal procedimento avviato da un soggetto che aveva chiesto l’omologazione di un piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore ai sensi dell’art. 67 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII).

    Il Tribunale aveva omologato il piano, dopo aver ritenuto sussistente la qualifica soggettiva di consumatore e adeguata la proposta.

    Contro tale decisione proponevano reclamo due srl, sostenendo che il soggetto non potesse essere considerata consumatrice.

    I debiti per i quali richiedeva la ristrutturazione derivavano infatti da fideiussioni prestate in favore di due società nelle quali la stessa:

    • deteneva partecipazioni rilevanti (80% in una società e 60% nell’altra),
    • aveva ricoperto ruoli di amministratrice per anni,
    • aveva rilasciato le garanzie pochi giorni dopo la cessazione delle cariche, pur rimanendo socia di maggioranza.

    La Corte d’Appello aveva accolto il reclamo revocando l’omologa, ritenendo che i debiti non fossero estranei all’attività imprenditoriale.

    Il soggetto ricorreva per Cassazione affidandosi a cinque motivi, contestando:

    • erronea interpretazione della nozione di “consumatore” ex art. 2, comma 1, lett. e) CCII;
    • mancata considerazione dell’attività concretamente svolta al momento della domanda (non più imprenditoriale);
    • omesso esame di fatti decisivi;
    • nullità della sentenza per violazione dell’art. 101, comma 2, c.p.c.;
    • violazione dell’art. 115 c.p.c. e del giudicato interno.

    Sosteneva, tra l’altro, che le garanzie fossero state rilasciate quando le società erano inattive e prossime al fallimento e che gli scopi perseguiti fossero personali, per evitare aggressioni derivanti da debiti successori. La Cassazione rigetta integralmente il ricorso, ritenendo corretta la valutazione in fatto svolta dalla Corte territoriale.

    La Corte richiama i principi della giurisprudenza UE (Corte di Giustizia, cause C-74/15 “Tarcau” e C-534/15 “Dumitras”), secondo cui la tutela del consumatore non spetta quando il garante:

    • è amministratore della società debitrice, oppure,
    • detiene una partecipazione non trascurabile nella stessa,
    • e la garanzia è prestata in collegamento funzionale con l’attività imprenditoriale.

    Questi elementi, afferma la Cassazione, ricorrono pienamente nel caso di specie.

    Secondo la Corte, la prestazione di fideiussione: “costituisce vero e proprio atto strumentale all’attività del debitore ove il garante sia coinvolto nell’effettiva gestione dell’impresa”

    E nel caso concreto il collegamento funzionale tra garanzie e attività delle società è “strettissimo”.

    La Cassazione precisa che la definizione di consumatore del CCII:

    • non si discosta dalla previgente definizione della L. 3/2012,
    • non estende automaticamente la qualifica ai soci,
    • richiede comunque che il debito sia contratto per scopi estranei all’attività imprenditoriale.

    Il cuore della pronuncia è contenuto nel seguente principio, espresso letteralmente nella motivazione: “Ne consegue che i requisiti soggettivi per l'applicazione della ‘disciplina consumeristica’ alla ricorrente sono stati motivatamente esclusi, proprio in ragione della sua peculiare ‘posizione’ nella vicenda societaria sopra descritta, dovendosi negare, nella fattispecie in esame, che la ricorrente avesse stipulato le garanzie in parola nella qualità di consumatore, al contrario avendolo fatto invece nell’esclusivo interesse delle due società. Tali fideiussioni, pertanto, si presentavano come a quelle società strettamente ‘funzionali’.”

  • Crisi d'impresa

    Concordato preventivo: quando emettere nota variazione

    Le Entrate con la Risposta a interpello n 234 del 9 settembre replicano a dubbi sul concordato preventivo, consecuzione tra procedure concorsuali, ed emissione nota di variazione ex art. 26 d.P.R. 633 del 1972

    L'istanza è stata presentata dalla società Alfa, esercente attività di commercio di articoli sportivi creditrice commerciale nei confronti della società Beta, attiva nel settore della vendita al dettaglio, che per crisi di liquidità, è divenuta insolvente nei confronti dei propri fornitori. 

    La società ha provato ad accedere nell’anno 2020 a una procedura di concordato preventivo, che prima ammessa, è stata poi revocata.

    Nel 2022, la società Beta ha proposto un nuovo ricorso per concordato preventivo in continuità aziendale, ottenendo l’omologa di un piano di riparto da adempiere entro la fine dell’anno 2027 con una generale falcidia dei crediti, compreso quello vantato dalla società Alfa.
    La società creditrice Alfa ha presentato interpello all’Agenzia delle entrate per conoscere le corrette modalità per il recupero dell’Iva fatturata ma che, all’esito della procedura di concordato, verrà incassata soltanto parzialmente.

    L'istante ha domandato:

    • se al caso prospettato debba applicarsi l’articolo 26 del decreto Iva (Dpr n. 633/1972) nella formulazione ante o post riforma del 2021 a opera del decreto "Sostegni-bis". Il legislatore ha introdotto nella norma i commi 3-bis e 10-bis che stabiliscono la possibilità per il cedente/prestatore di emettere una nota di credito dal momento in cui il cessionario/committente è assoggettato a una procedura concorsuale, ovverosia dal momento dell’apertura della procedura medesima.
    • se il recupero dell’Iva possa avvenire all’esito del piano di riparto, quindi al momenti d’infruttuosità della procedura concorsuale, poiché al verificarsi di tale condizione vi è la “ragionevole certezza” dell’incapienza del patrimonio del debitore.

    Concordato preventivo: quando emettere nota variazione

    La replica dell'agenzia ai due quesiti ha specificato quanto segue:

    • ha escluso il ricorrere di un’ipotesi di una “consecuzione” tra le due procedure concorsuali. Nella specie, la prima procedura di concordato aperta nel 2020 non è “confluita” nella seconda aperta nel 2022, ancorché in presenza di un originario stato di insolvenza. Tanto perché, in accordo con la giurisprudenza di legittimità, la “consecuzione” prescinde dalla semplice successione cronologica, ma richiede una “unicità della causa”. Riscontrata, quindi, l’autonomia tra le due procedure, per l’Agenzia bisogna fare riferimento alla data di avvio del secondo concordato preventivo. Per questo motivo, pertanto, la norma di riferimento è l’articolo 26 Dpr n. 633/1972 nella sua nuova formulazione;
    • l’Agenzia ha richiamato un precedente documento di prassi (lcircolare n. 20/E del 2021), precisando che, laddove il cedente scelga di insinuarsi al passivo e di non emettere la nota di credito al momento dell’apertura della procedura concorsuale (ai sensi dell’articolo 26, comma 3-bis del Dpr n. 633/1972), e la procedura si riveli infruttuosa, il cedente ha la possibilità di avvalersi di quanto disposto dal comma 2 dello stesso articolo 26 del decreto Iva. Può insomma attendere la definitività del piano di riparto infruttuoso che attesta il mancato definitivo pagamento del corrispettivo ed emettere la nota di variazione con detrazione dell’imposta.

    L’Agenzia, condividendo la soluzione proposta dalla Società, ha chiarito che nel caso in concreto non rileva il principio della consecuzione tra le procedure concorsuali; che va applicato l’articolo 26 del Dpr Iva, come novellato dal decreto "Sostegni-bis" e che l’istante può attendere la conclusione della procedura di concordato ed emettere nota di variazione in diminuzione in caso di esito infruttuoso della stessa.

    Allegati:
  • Crisi d'impresa

    Esonero Contributo CIGS per Aziende in Crisi: istruzioni INPS

    Il Messaggio  INPS  n. 283 del 24 gennaio 2025 chiarisce i criteri per l'esonero dal versamento del contributo addizionale previsto dall'art. 8, comma 8-bis, del D.L. 21 marzo 1988, n. 86, convertito dalla L. 20 maggio 1988, n. 160, in relazione alle aziende in procedure concorsuali con prosecuzione dell’esercizio d’impresa e che beneficiano di integrazioni salariali straordinarie. 

    L’esonero è stato introdotto per sostenere le aziende in difficoltà e incentivare la continuità aziendale, un obiettivo perseguito dalla riforma del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14), che ha sostituito la vecchia Legge Fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267). 

    Secondo il messaggio, il legislatore ha attribuito un ruolo residuale alla liquidazione giudiziale, promuovendo invece  meccanismi di ristrutturazione e continuità aziendale per salvaguardare i livelli occupazionali e soddisfare i creditori.

    Esonero contributivo CIGS aziende in crisi: la decorrenza

    Nel dettaglio, il messaggio  ricorda  che la circolare 4 2018 del Ministero del lavoro  aveva precisato i riferimenti  per determinare la decorrenza e il termine dell'esonero dal contributo addizionale , con date di inizio variabili a seconda della procedura, come segue: 

    • – nel caso del fallimento con esercizio provvisorio, dalla data di deposito della sentenza  dichiarativa di cui all’articolo 16 della legge Fallimentare (cfr., attualmente, l’art. 49 del CCII);
    • – nel caso del concordato preventivo con continuità aziendale (inclusa l’ipotesi del c.d.  concordato in bianco di cui all’articolo 161, comma 6, della legge Fallimentare), dalla data del decreto di ammissione alla procedura di cui all’articolo 163 della legge Fallimentare (cfr., attualmente, gli artt. 44 e 47 del CCII);
    • – nel caso degli accordi di ristrutturazione del debito, dalla data di pubblicazione degli stessi  nel registro delle imprese ai sensi dell’articolo 182-bis della legge Fallimentare (cfr.  attualmente, l’art. 57 del CCII);
    • – nel caso di liquidazione coatta amministrativa, a partire dal giorno di ammissione alla procedura concorsuale, ai sensi dell’articolo 195 della legge Fallimentare, ferma restando l’autorizzazione alla continuazione dell’esercizio d’impresa (cfr., attualmente, gli artt. 293 e seguenti del CCII);
    • – nel caso di amministrazione straordinaria, dalla dichiarazione dello stato di insolvenza (cfr.  l’art. 3 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, e l’art. 2 del decreto-legge 23 dicembre  2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, e successive modificazioni).

    Tali  chiarimenti  sono stati integrati con l’indicazione del termine finale di fruizione dello  stesso, tenuto conto anche della novella introdotta dal Codice della Crisi d’Impresa e

    dell’Insolvenza.

    Esonero contributo CIGS aziende in crisi: istruzioni operative aggiornate

    Il messaggio precisa che a seguito di interlocuzioni con il Ministero del lavoro  la durata dell'esonero si differenza come segue:

    1. –    in caso di fallimento (o liquidazione giudiziale) con autorizzazione all’esercizio provvisorio, l’esonero dal versamento del contributo addizionale spetta limitatamente alla durata dello stesso;
    2. –    in caso di concordato preventivo con continuazione dell’attività, l’esonero dal pagamento del contributo addizionale viene meno dal momento in cui interviene il provvedimento di omologa in quanto, per effetto dell’omologazione, il debitore torna in bonis e riacquista la possibilità di disporre del proprio patrimonio e di gestire l’azienda;
    3. –    in caso di accordi di ristrutturazione, il contributo addizionale torna a essere dovuto una volta intervenuta l’omologa del piano di ristrutturazione, tenuto conto che tale circostanza consente di considerare il debitore rientrato in bonis, analogamente a quanto prospettato per il concordato preventivo;
    4. –    in caso di liquidazione coatta amministrativa, l’esonero dal versamento del contributo addizionale spetta a partire dal provvedimento che la ordina, ferma restando l’autorizzazione alla continuazione dell’esercizio d’impresa, fino alla chiusura della procedura (cfr. l’art. 313 del CCII);
    5. –    in caso di amministrazione straordinaria, l’esonero dal versamento del contributo addizionale è riconosciuto dalla dichiarazione dello stato di insolvenza fino al termine indicato dall’articolo 27, commi 2 e 2-bis[3], del decreto legislativo n. 270/1999, per la realizzazione, sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa, del "programma di cessione dei complessi aziendali" o del “programma di cessione dei complessi di beni e contratti” (non superiore a un anno) o del "programma di ristrutturazione" (non superiore a due anni), fatte salve le previsioni dell’articolo 4, commi 4-bis e 4-ter, del decreto-legge n. 347/2003[4] e di eventuali discipline speciali, derogatorie alla disciplina ordinaria.

    Il messaggio sottolinea inoltre l’importanza di rispettare le condizioni normative specifiche per ogni procedura, richiamando le disposizioni del D.Lgs. 270/1999 e del D.L. 347/2003, per a evitare abusi e a rendere più efficiente la gestione delle crisi d'impresa.

  • Crisi d'impresa

    Beni da pignorare: operativo l’accesso ai dati per gli ufficiali giudiziari

    Con un comunicato stampa del 3 ottobre il Ministero della giustizia informa del fatto che dal mese di ottobre è pienamente attiva e operativa la convenzione tra il Ministero della giustizia e l'Agenzia delle entrate che consente l'accesso autonomo degli ufficiali giudiziari alle banche dati ADE, utili ai fini della ricerca telematica di beni con titolo esecutivo da pignorare su richiesta di creditore o da sottoporre a procedura concorsuale da parte del curatore della liquidazione giudiziale.
    La convenzione, siglata a giugno dal Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e dal Direttore dell'Agenzia delle entrate, Ernesto Maria Ruffini, introduce, infatti, la possibilità che siano i creditori a richiedere agli ufficiali giudiziari l'accesso alle banche dati telematiche.
    Il Dipartimento per la Transizione digitale della giustizia ha completato il processo di connessione alle banche dati di Agenzia delle entrate da parte di tutti gli uffici NEP (Uffici Notificazioni, Esecuzioni e Protesti) che possono ora accedere direttamente e reperire agevolmente i dati sui beni da sottoporre a esecuzione forzata o a procedure concorsuali.
    Gli ufficiali giudiziari possono ricercare i beni da sottoporre a esecuzione, nel rispetto della disciplina del codice della privacy, direttamente dalle banche dati interconnesse, all'interno dell'Anagrafe tributaria, comprensiva dell'archivio dei rapporti tributari, senza oneri aggiunti per la finanza pubblica. 

    Le nuove procedure imprimono una notevole accelerazione nelle attività di indagine: le risposte sono fornite in pochi minuti agli ufficiali giudiziari rendendo agevole e fluido lo svolgimento delle attività e limitando sensibilmente l'impiego di risorse.
    Ricordiamo che già con una nota del 21 agosto il Ministero della Giustizia informava del fatto che a partire dal 22 agosto 2023 è operativo con valore legale l’accesso diretto da parte dell’ufficiale giudiziario alle banche dati dell’Agenzia delle Entrate per le finalità di cui all'articolo 492-bis c.p.c., ossia per la ricerca, con modalità telematiche, dei beni da pignorare.

    Si specificava che si tratta dell’accesso diretto da parte dell’ufficiale giudiziario attraverso il Sistema di Interscambio flussi Dati (SID) alle seguenti banche dati: 

    • a) Dichiarazioni dei Redditi e Certificazione unica;
    • b) atti del Registro; 
    • c) archivio dei Rapporti finanziari
  • Crisi d'impresa

    Codice crisi: da giugno 2023 segnalazioni anche da INAIL

    Con la circolare 28 del 16 giugno 2023 INAIL ha comunicato le modalità con cui dal mese di giugno,  in ottemperanza a quanto previsto o dal codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza provvederà a comunicare l'esistenza di debiti, nei suoi confronti da parte delle imprese,  con invito fare domanda per l'intervento di un esperto  per l'accesso alla composizione negoziata

    Ricorda che l’articolo 25-novies del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, recante Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (CCII)   in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155, come sostituito dall’articolo 6 del decreto legislativo 17 giugno  2022, n. 83 ha introdotto l’obbligo anche per l’Inail di segnalare all'imprenditore e,

    ove presente all'organo di controllo, l’esistenza di debiti nei propri confronti, come già previsto per l’Inps, l’Agenzia delle Entrate e per l’Agenzia delle  entrate-Riscossione 

    La circolare chiarisce i requisiti  le tempistiche e fornisce il fac simile della comunicazione che verrà inviata . 

    Vediamo i dettagli principali.

    Modalità e requisiti debiti INAIL segnalati 

    La  comunicazione avviene a mezzo di posta elettronica certificata o, in mancanza, mediante  raccomandata con avviso di ricevimento inviata all'indirizzo risultante dall'anagrafe  tributaria l’esistenza di debiti nei propri confronti.

    Per ogni creditore soggetto all’obbligo di segnalazione sono previsti specifici requisiti:

    •  presenza di un debito per premi assicurativi  superiore all'importo di euro 5.000,
    • scaduto da  oltre novanta giorni e non versato,
    • in relazione ai debiti accertati a decorrere dal 15 luglio 2022, data di entrata in vigore del Codice della Crisi
    • solo agli imprenditori, come individuati dall’articolo 2082 del Codice civile, soggetti all'obbligo  dell'iscrizione nel Registro delle Imprese.

    La segnalazione non è inviata se il debito,è stato già iscritto a ruolo.  In tale ultima ipotesi è l’Agenzia delle Entrate-Riscossione che effettua la segnalazione-

    Codice crisi: contenuto  e tempi delle segnalazioni INAIL 

    La segnalazione contiene l'invito alla presentazione dell'istanza di nomina dell'esperto indipendente di cui all'articolo 17, comma 1, se ne ricorrono i presupposti, per

    l’accesso alla composizione negoziata di cui all'articolo 12 del CCII (articolo 25-novies,  comma 3).

    Le segnalazioni, il cui contenuto è riportato nell’allegato 2, vengono inviate dall’Inail   con cadenza mensile a partire dal mese di giugno 2023.

  • Crisi d'impresa

    Sovraindebitamento e compensi gestori: linee guida del CNDCEC

    Con l'Informativa n 73 del 31 maggio il CNDCEC ha diffuso Linee guida sui compensi del Gestore nelle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento”.

    Il documento, viene specificato in premessa, si propone di dirimere le variegate problematiche legate alla determinazione dei compensi spettanti agli OCC e, in particolar modo, quelle afferenti alla percezione di acconti in talune ipotesi ed alla liquidazione dei compensi al termine della fase esecutiva delle procedure.

    Nella seduta del 24 maggio il Consiglio Nazionale ha approvato le Linee guida sui compensi elaborate in conformità a quanto disposto all’articolo 22 (Determinazione compensi e rimborsi spese dell’OCC) delle “Linee guida per la redazione dei Regolamenti OCC dei commercialisti”, di cui all’Informativa 48/2023 del 3 aprile 2023, con la finalità di uniformare i comportamenti degli Organismi di Composizione della Crisi dei diversi Ordini territoriali relativamente alle regole che disciplinano la corresponsione dei compensi contenute nel decreto ministeriale 24 settembre 2014, n. 202. 

    Scarica qui:

    Linee Guida Sovraindebitamento: oggetto 

    Ai sensi dell'art 2 del documento di cui si tratta si specifica che: "Il presente Regolamento si applica alle procedure di sovraindebitamento di cui alla legge n. 3/2012 e a quelle previste dal d.lgs. n. 14 del 2019, gestite dall’OCC Commercialisti….. come definito dall’art. 2, lett. t), d.lgs. n. 14 del 2019."

    Esso contiene norme di autodisciplina vincolanti per gli aderenti, ai sensi dell’art. 2 del d.m. n. 202/2014 e disciplina l’organizzazione dell’OCC che eroga il servizio di gestione della crisi da sovraindebitamento previsto dalla legge n. 3/2012 e dal CCII, inclusi i compiti di liquidatore, di gestore della liquidazione, per il tramite di professionisti aderenti e iscritti nell’Elenco dei gestori, individualmente o collegialmente, secondo le modalità previste dalla vigente normativa. 

    Il presente regolamento, contenente anche norme di autodisciplina (“Codice etico”) vincolanti per tutti i suoi aderenti, si ispira ai principi di legalità, indipendenza, professionalità, riservatezza e trasparenza.

    Linee Guida Sovraindebitamento: i principi

    Il CNDCEC ha specificato specifica che, il documento è stato curato dal gruppo di lavoro “Metodi ADR” del Consiglio nazionale con la partecipazione del Presidente e del Vicepresidente della Fondazione ADR Commercialisti.

    L’elaborazione di nuove linee guida è stata necessaria:

    • per l’entrata in vigore del nuovo Codice della crisi, che ha sostituito le norme della legge n. 3/2012 – se pur ancora vigenti per effetto della disciplina transitoria di cui all’art. 390 CCII,
    • per le ulteriori modifiche operative che hanno interessato in questi ultimi anni molti OCC dei commercialisti, anche per effetto di sopravvenuti orientamenti giurisprudenziali e delle prassi adottate.

    Le Linee guida, frutto di un approfondito studio di commercialisti esperti della materia, contengono anche indicazioni e suggerimenti di molti Referenti territoriali ai quali è stato preventivamente chiesto un contributo sulla base delle esperienze maturate sul campo. 

    In ragione dello spirito di condivisione profuso dalle parti in causa, vi è un preciso interesse affinché le Linee guida vengano diffusamente recepite, se pur con le dovute modifiche imposte dalla struttura organizzativa e dalle dimensioni di ogni singolo OCC territoriale, al fine di condividere “modelli unici” di categoria su tutto il territorio nazionale.

    Attenzione al fatto che, al documento sono allegati il Codice etico del gestore e il Procedimento per l’applicazione delle sanzioni e i criteri di sostituzione dei gestori.

  • Crisi d'impresa

    Crisi di impresa: gli elenchi professionali e requisiti di iscrizione

    L'attuale normativa del Codice della Crisi d'impresa prevede sette figure professionali a supporto dell'imprenditore.

    I professionisti interessati a far parte degli albi preposti alla crisi d'impresa devono iscriversi presso l'albo di riferimento con specifiche:

    • modalità,
    • requisiti,
    • formazione prevista per gli iscritti.

    Il Codice della crisi d’impresa ha segnato il nascere di elenchi di professionisti abilitati a seguire le varie fasi della “procedura”, interessando le seguenti figure professionali:

    • avvocati, 
    • commercialisti, 
    • consulenti del lavoro,
    • notai,

    iscritte ai rispettivi Ordini professionali, tenuti a dimostrare o conseguire ulteriori titoli, per entrare in ulteriori elenchi abilitanti tenuti dalle autorità competenti quali: Tribunale, Ministero della Giustizia, Camera di commercio.

    A titolo esemplificativo, i requisiti di iscrizione variano a seconda dell'elenco cui si vuole iscriversi, con la previsione di requisiti soggettivi come:

    • l’anzianità di iscrizione all’Albo professionale, l’esperienza, che può riguardare la dimostrazione di aver ottemperato ad un certo numero di incarichi in un periodo di tempo determinato,
    • i corsi di formazione che possono arrivare a 200 ore,
    • la permanenza dei requisiti in quanto gli elenchi sono sottoposti a revisione, permanente o con cadenza periodica. 

    Si tratta in sintesi di condizioni eterogenee, senza una base comune che permetta un filo conduttore cui attenersi.

    Vediamo una tabella di riepilogo che specifica le regole per iscrizione agli elenchi tenuti presso il Ministero della Giustizia.

    Gestori OCC Gestori crisi Amm. giudiziari ordinari Amm. giudiziari esperti
    Tenuta elenco Ministero Ministero Ministero Ministero
    Professionisti Laurea economico/giuridica Avvocati,
    Commercialisti,
    Consulenti Lav
    Avvocati,
    Commercialisti
    Avvocati,
    Commercialisti
    Anzianità di iscrizione no no 5 anni 5 anni o 2 anni
    Non ordinisti si si si si
    Territorialità  domicilio professionale domicilio professionale domicilio professionale domicilio professionale
    Esperienza in anni nessun requisito 4 anni generico generico
    Esperienza in incarichi nessun requisito 2 anni generico generico
    Prima iscrizione 200 ore di formazione + tirocinio 200 ore di formazione + tirocinio nessun requisito 2 anni
    Permanenza 39 ore biennio 40 ore biennio nessuna 2 anni di iscrizione