• Determinazione del Reddito

    Il Decreto Fiscale è legge: le novità della conversione

    Il Decreto Fiscale 84 -2025 pubblicato in GU n 138/2025  ha terminato il suo iter di conversione . Il testo  della legge di conversione n. 108 2025 è apparso in Gazzetta Ufficiale il 1 agosto 2025.

    Diverse le novità approvate con emendamento, e tra queste la conferma del ravvedimento speciale per il CPB 2025-2026 e maggiori tutele per gli accessi e le ispezioni da parte ella GdF.

    Ricordiamo che il DL già conteneva il differimento dei termini di versamento delle tasse delle partite IVA:

    • del primo acconto 2025 e del saldo 2024 dal 21 luglio 2025 (anziché 30 giugno 2025) e, quindi, 20 agosto 2025 con maggiorazione dell’0,4%, per i soggetti ISA e forfetari.

    Vediamo una sintesi dei contenuti piu rilevanti.

    Decreto fiscale: nuovo ravvedimento per il CPB

    Tra le novità il Decreto Fiscale convertito in Legge, contiene la riapertura del ravvedimento speciale con una nuova sanatoria fiscale per i contribuenti che hanno applicato gli Indici Sintetici di Affidabilità (ISA).

    Si consente di regolarizzare le annualità dal 2019 al 2023 attraverso il versamento di un’imposta sostitutiva calcolata in base ai voti di affidabilità ottenuti per ciascun anno, se si aderisce al concordato preventivo biennale per il biennio 2025-2026.

    Per beneficiare della sanatoria l’adesione al CPB dovrà avvenire entro il 30 settembre 2025, mentre il pagamento dell’imposta sostitutiva potrà essere effettuato entro il 15 marzo 2026.

    Leggi anche: CPB, confermato il nuovo Ravvedimento speciale: i dettagli.

    Decreto Fiscale: maggiori tutele per gli accessi della GdF

    Relativamente agli accessi e ispezioni della Guardia di Finanza, vengono stabiliti nuovi criteri per le verifiche fiscali.

    In particolare si limitano i controlli tributari in aziende e studi professionali che dovranno essere motivati adeguatamente da Agenzia delle Entrate e Gdf.

    In caso di accesso, ispezione e verifiche fiscali nei locali destinati all'esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali, le circostanze e le condizioni che hanno giustificato l'accesso dovranno essere "espressamente ed adeguatamente indicate e motivate" negli atti di autorizzazione e nei verbali, stabilisce la nuova norma

    Decreto Fiscale: i contenuti di prima approvazione

    Il primo testo prevedeva una serie di misure di semplificazione per la determinazione dei redditi di lavoro autonomo, tra le quali la deducibilità delle spese di viaggio, vitto e alloggio, sostenute all’estero anche se effettuate con mezzi non tracciabili

    Al pari delle imprese, la deducibilità delle spese di rappresentanza è invece vincolata al pagamento con mezzi tracciabili ovunque, non solo in Italia.

    Sempre nell’ambito del reddito di lavoro autonomo, si chiariscono due importanti aspetti legati alla dichiarazione per il periodo d’imposta 2024:

    1. le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in associazioni e società che esercitano un’attività artistica o professionale, ivi comprese quelle in STP, costituiscono redditi diversi;
    2. gli interessi e gli altri proventi finanziari percepiti nell’esercizio di arti e professioni costituiscono redditi di capitale e non reddito di lavoro autonomo.

    Inoltre, per la determinazione del reddito d’impresa vi sono delle importanti semplificazioni in merito:

    • al calcolo della determinazione del riporto delle perdite;
    • alla determinazione della maggiore deduzione del costo del lavoro (chi più assume meno paga) eliminando il riferimento alle società collegate;
    • al calcolo del regime per le società estere controllate (CFC) sia nell’ambito del calcolo dell’imposta minima nazionale del Pillar 2, sia nell’ambito del regime opzionale per il calcolo della CFC introdotto dalla riforma fiscale.

     Lo stesso decreto in ambito IVA, prevede:

    • a seguito della scadenza dell’autorizzazione UE, dal 1° luglio 2025 non sono più soggette allo split payment le operazioni effettuate con le società quotate FTSE-MIB;
    • per quanto riguarda lo split payment nell’ambito della logistica, si estende l’ambito applicativo anche al settore del trasporto.

    Infine, per dare seguito alla comfort letter notificata dalla Direzione generale della Concorrenza (COMP) della Commissione europea in cui si è affermato che le misure fiscali del Terzo Settore e per le imprese sociali non sono selettive (ai fini degli aiuti di Stato), si rimuove il riferimento all’autorizzazione da parte della Commissione. Tale regime fiscale troverà applicazione dal 1° gennaio 2026.

  • Determinazione del Reddito

    Deducibilità delle consulenze professionali degli amministratori di società

    Nel contesto del reddito d’impresa, il compenso corrisposto agli amministratori di società di capitali è regolato dall’articolo 2389 comma 1 del Codice civile, il quale prescrive che “i compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all’atto della nomina o dall’assemblea”.

    La norma ha carattere imperativo e, in conseguenza di ciò, l’esistenza della delibera che determina esplicitamente l’entità del compenso dell’amministratore (in mancanza di previsione statutaria) è essenziale, sia ai fini civili che fiscali.

    Infatti, da un punto di vista civilistico, in mancanza della delibera, l’atto di autodeterminazione del compenso, da parte degli amministratori, è nullo; mentre, dal punto di vista fiscale, il compenso, anche se corrisposto, non sarà deducibile per l’impresa.

    Unica eccezione il caso in cui il compenso e la sua entità sia espressamente previsto dall’atto costitutivo della società.

    In questo contesto normativo si inseriscono le prestazioni di servizi professionali resi dagli amministratori alla società amministrata non in qualità di amministratori ma in qualità di consulenti esterni.

    Non è infatti inusuale che gli amministratori prestino servizi di consulenza specialistica o servizi professionali alla società amministrata: la natura di queste prestazioni è estranea ai servizi prestati in qualità di amministratori.

    È consuetudine consolidata quella di considerare tali costi, i servizi prestati dagli amministratori come consulenti esterni, come estranei a quanto disposto dall’articolo 2389 comma 1 del Codice civile, in quanto prestazioni per natura estranee all’incarico di amministratore.

    Anche la società più prudente usualmente non prevede una delibera assembleare per un costo di questa natura; tutt’al più, per certificare il costo e non offrire il fianco a possibili contestazioni sulla deducibilità fiscale, può prevedere la stipula di uno specifico contratto tra impresa e consulente.

    Ma una recente ordinanza della Corte di Cassazione cambia radicalmente l’approccio a questa tipologia di costi.

    L’ordinanza 20613/2024 della Corte di Cassazione

    L’ordinanza numero 20613 della Corte di Cassazione, datata 24 luglio 2024, prende in esame proprio la deducibilità fiscale dei compensi corrisposti agli amministratori di società di capitali in qualità di professionisti o consulenti esterni; quindi la deducibilità non di costi relativi all’attività di amministratori, bensì di costi per servizi o per consulenza.

    La novità, per cui si segnala l’ordinanza 20613/2024, è che la Corte scardina radicalmente il paradigma consolidato dagli usi prima indicato.

    Nella situazione esaminata l’Agenzia delle Entrate contestava le somme corrisposte per prestazioni di servizi di consulenza agli amministratori di una società, prestati a fronte di specifici contratti, in quanto tali contratti sarebbero stati simulati: secondo l’agenzia questi documenti servivano a mascherare dei compensi attribuiti agli amministratori, i quali non sarebbero stati deducibili in quanto privi di apposita delibera dell’assemblea.

    L’Agenzia delle Entrate, quindi, non contestava l’estraneità dei servizi di consulenza rispetto alle mansioni di amministratore, ma, per il solo caso specifico, contestava una simulazione abusiva da parte della società.

    La Corte di Cassazione invece supera questa impostazione e dichiara il seguente principio di diritto: “la disciplina sul compenso degli amministratori di cui agli articoli 2389, comma 1, e 2364, comma 1, numero 3 Codice civile, è dettata anche nell’interesse pubblico al fine del regolare svolgimento dell’attività economica e tali norme sono imperative e vincolanti ai fini dell’articolo 1418, comma 1, Codice civile, non potendo essere derogate attraverso il ricorso a onerosi contratti di consulenza di prestazione intellettuale prestate dagli amministratori nei confronti della società di capitali da loro amministrata, senza le prescritte formalità e nella determinazione dell’assemblea dei soci”.

    La Corte quindi, con una interpretazione restrittiva, di chiaro intento antielusivo, dell’articolo 2389 del Codice civile, ritiene che il punto non sia la presunta simulazione dei contratti, ma il fatto che, ai fini della deducibilità dei compensi corrisposti agli amministratori di società di capitali, è necessario che ci sia alla base una quantificazione nello statuto o in una delibera assembleare, senza che vi sia possibilità di aggirare il disposto normativo facendo ricorso a contratti per prestazioni di servizi o di consulenza prestati dagli amministratori alla società amministrata.

    Con altre parole, secondo l’interpretazione della Corte di Cassazione, tutti i compensi corrisposti agli amministratori di società sono soggetti alle prescrizioni dell’articolo 2389 comma 1 del Codice civile e non solo quanto corrisposto in relazione al mandato di amministratore.

    L’interpretazione di certo è restrittiva, ma forse non è implausibile, se si vuole attribuire alla norma pieno potere antielusivo.

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