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Consulente ONG: tassazione per lavoro prestato a Roma
Con Risposta a interpello n 9 del 23 gennaio le Entrate replicano ad una consulente UNICEF che lavora da Roma relativamente alla corretta tassazione dei suoi redditi.
L'istante è una cittadina italiana, residente in Italia, che è stata assunta dall'Agenzia delle Nazioni Unite UNICEF ECARO (UNICEF), con la qualifica di Consultant (Individual Contractor), vale a dire di Consulente.
La prestazione lavorativa è svolta in Italia, a Roma, presso l'avamposto dell'ufficio UNICEF di Ginevra creato nel 2016. Il contratto di lavoro prevede un pagamento per deliverables, da effettuarsi a fronte della presentazione di una richiesta interna da parte della lavoratrice nei confronti dell'UNICEF al momento della consegna di ogni deliverable, senza la necessità che questa apra partita IVA.
Le Entrate specificano che il reddito è soggetto a tassazione in Italia vediamo il perché.
Consulente UNICEF: tassazione per lavoro prestato a Roma
Le Entrate specificano che in linea generale, i dipendenti di Organizzazioni internazionali beneficino di peculiari regimi di esenzione con riferimento ai redditi percepiti nell'esercizio delle relative funzioni.
La ratio di tale esenzione è quella di evitare che gli Stati aderenti alle Organizzazioni internazionali possano, attraverso l'esercizio della propria potestà impositiva, riappropriarsi di parte dei contributi versati a favore delle stesse.
I rapporti tra i singoli Stati (ospitanti) e gli Enti (ospitati) sono disciplinati dai c.d. Accordi di sede, i quali, limitando in qualche modo la sovranità dei primi, mirano a garantire il pieno svolgimento dell'attività dei secondi nonché a prevedere taluni privilegi e immunità in favore dei relativi dipendenti.
Nell'ordinamento italiano, importante punto di riferimento in relazione agli accordi di sede è l'articolo 41 del D.P.R. del 29 settembre 1973, n. 601, rubricato «Accordi ed enti internazionali», ai sensi del quale «Continuano ad applicarsi le esenzioni e agevolazioni previste dagli accordi internazionali resi esecutivi in Italia e dalle leggi relative ad enti e organismi internazionali»
Di conseguenza, in presenza di particolari esenzioni in materia fiscale previsti dalle Convenzioni internazionali di cui è parte l'Italia, è necessario darvi applicazione in luogo degli ordinari regimi di tassazione.
Ciò posto, si rileva come per l'UNICEF, che si inserisce nella struttura dell'ONU, si faccia riferimento alla Convenzione sui privilegi e le immunità delle Nazioni Unite, approvata dall'Assemblea generale ONU del 13 febbraio 1946 e resa esecutiva in Italia con la legge del 20 dicembre 1957, n. 1318.
La Convenzione citata prevede, all'articolo V, taluni privilegi e immunità in favore dei funzionari («Officials») dell'ONU compresi nelle categorie individuate dal Segretario Generale, tra cui, per quel che in questa sede rileva, l'esenzione da qualsiasi imposta sugli stipendi e sugli emolumenti ad essi corrisposti dall'Organizzazione
Si osserva che tale esenzione trova applicazione esclusivamente con riferimento ai funzionari («Officials») dell'Organizzazione, mentre l'Istante ha stipulato con l'UNICEF ECARO un contratto che le attribuisce la qualifica di Consulente («Consultant»).
Infatti, come risulta dall'Allegato III contenente i termini e le condizioni generali del contratto di consulenza, al punto 2.2, il Consulente non è un membro dello staff in base alle Staff Regulations delle Nazioni Unite e alle politiche UNICEF, né un funzionario ai fini della Convenzione sui privilegi e le immunità delle Nazioni Unite. Pertanto, in assenza di tale essenziale requisito soggettivo, non si ritiene applicabile nei confronti della Contribuente l'esimente di cui trattasi, con la conseguente affermazione della potestà impositiva dello Stato italiano e l'assoggettamento a tassazione in Italia dei compensi dalla stessa percepiti
Per quel che concerne, inoltre, la necessità o meno che l'Istante apra partita IVA, si rileva come quest'ultima vada aperta da chi esercita un'attività economica o professionale in modo abituale e continuativo.
Difatti, in materia di IVA, ai sensi dell'articolo 5 del D.P.R. del 26 ottobre 1972, n. 633, che definisce l'ambito soggettivo dell'imposta in esame, «per esercizio di arti e professioni si intende l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche ovvero da parte di società semplici o di associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l'esercizio in forma associata delle attività stesse»
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Redditi Campione d’Italia: fissata la riduzione forfettaria 2023
Con Provvedimento n 32991 dell'8 febbraio delle Entrate, su parere conforme della Banca d’Italia pervenuto con nota n. 238275 del 6 febbraio 2024, viene determinata nel 33,27 per cento la riduzione forfetaria del cambio di cui all’articolo 188-bis, commi 1 e 2, del TUIR da applicare ai redditi, diversi da quelli di impresa, delle persone fisiche iscritte nei registri anagrafici del Comune di Campione d’Italia, nonché ai redditi di lavoro autonomo di professionisti e con studi nel Comune di Campione d’Italia, prodotti in franchi svizzeri nel territorio dello stesso comune, e/o in Svizzera, e ai redditi d’impresa realizzati dalle imprese individuali, dalle società di persone e da società ed enti di cui all’articolo 73 del TUIR, iscritti alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Como e aventi la sede sociale operativa, o un’unità locale, nel Comune di Campione d’Italia, prodotti in franchi svizzeri nel Comune di Campione d’Italia
Si ricorda che l’art. 1 comma 632 della L. 147/2013, come modificato, stabilisce che, per tenere conto delle variazioni del cambio tra franco svizzero ed euro, la percentuale di riduzione forfetaria, definita per i soggetti sopraindicati nella misura del 30% dall’art. 188-bis commi 1 e 2 del TUIR, è annualmente maggiorata o ridotta, in misura pari allo scostamento percentuale medio annuale registrato tra le due valute.
Tale rideterminazione va effettuata con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate entro il 15 febbraio di ciascun anno e non può comunque essere inferiore al 30%.
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Imposta sostitutiva sugli utili esteri: pubblicate le regole attuative
Pubblicato in GU del 26.06.2023 n. 147, il Decreto del MEF del 26.06.2023 contenente le disposizioni di attuazione in materia di imposta sostitutiva sugli utili e riserve di utili esteri (ai sensi dell’articolo 1, comma 95, della Legge di Bilancio 2023).
Si tratta di un regime facoltativo temporaneo per l’affrancamento e di eventuale rimpatrio degli utili e delle riserve di utili risultanti dal bilancio delle partecipate estere con l’effetto di escludere da imposizione, in capo al soggetto partecipante fiscalmente residente o localizzato in Italia, gli utili provenienti da dette partecipate estere.
La disciplina consente, quindi, di assoggettare a imposta sostitutiva delle imposte sui redditi gli utili e le riserve di utili esteri non ancora percepiti alla data del 1° gennaio 2023 e presenti nel bilancio relativo all’esercizio chiuso nel periodo d’imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022 della partecipata estera, evitando la loro imposizione ordinaria al momento della percezione in Italia, secondo quanto disposto dagli articoli 47, comma 4, e 89, comma 3, del TUIR.
Tale possibilità è riconosciuta sia ai partecipanti residenti sia ai partecipanti non residenti.
L'opzione si perfeziona mediante apposita indicazione nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2022 ed è efficace a decorrere dall'inizio del periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2022.
Con Risoluzione n. 34 del 26 giugno, l'Agenzia delle Entrate ha pubblicato i codici tributo da utilizzare per il versamento dell'imposta sostitutiva per l'affrancamento degli utili esteri.
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Polizza vita estera: la rilevanza fiscale
Fattispecie di non ordinaria trattazione è il caso della polizza vita corrisposta ad un contribuente italiano da una compagnia di assicurazione di un paese estero.
La situazione unisce questioni relative alla tassazione della polizza vita con specificità legate al fatto che chi l’eroga non ha sede in Italia.
In ragione della stratificazione delle questioni e della specificità della normativa italiana, i dubbi applicativi possono essere più d’uno, per lo più chiariti dalla prassi con la Risposta a interpello numero 300/2019.
L’imposta sostitutiva
Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la Risposta a interpello 300/2019, “rientrano nella definizione di contratti di assicurazione sulla vita, sia quelli aventi ad oggetto il rischio morte qualora la compagnia sia obbligata a corrispondere al beneficiario una somma o una rendita alla morte dell’assicurato, sia quelli che assicurano in caso di sopravvivenza dell’assicurato il diritto a quest’ultimo o al terzo beneficiario di ricevere una somma o una rendita ad una data prestabilita”.
Siccome l’articolo 34 del DPR 601/1973 prevede che “i capitali percepiti in caso di morte in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita, a copertura del rischio demografico, sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche”, ai fini della tassazione diretta, per una polizza vita, bisognerà distinguere tra componente a copertura del rischio demografico e componente finanziaria: la prima risulterà esente dalle imposte sui redditi, la seconda sottoposta a imposizione fiscale in base alle disposizioni dell’articolo 44 comma 1 lettera g) del TUIR, il quale prevede che “i capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione costituiscono reddito per la parte corrispondente alla differenza tra l’ammontare percepito e quello dei premi pagati”.
Definita la base imponibile, il passo successivo è l’applicazione dell’imposta: come nel caso di polizza vita erogata da compagnia assicurativa con sede in Italia, il reddito scaturente è un reddito di capitale sottoposto a imposta sostitutiva del 26%, ex articolo 26-ter comma 1 del DPR 600/1973.
L’Agenzia delle Entrate ci ricorda però che l’aliquota del 26% si applica ai contratti sottoscritti dal giorno 1 luglio 2014 per le plusvalenze realizzate in data successiva; diversamente, alle polizze sottoscritte in data precedente dovranno applicarsi diverse aliquote in base al periodo di maturazione dei redditi sottostanti, per la precisione:
- il 12,50% per la parte di redditi maturati fino al giorno 31 dicembre 2011;
 - il 20% per la parte di redditi maturati dal giorno 1 gennaio 2012 al giorno 30 giugno 2014;
 - il 26% per la parte di redditi maturati da giorno 1 luglio 2014 in poi.
 
L’imposta sostitutiva, in questa situazione, di norma dovrebbe essere versata dall’impresa di assicurazione che agisce come sostituto d’imposta; ma, nel caso in cui il soggetto erogante non abbia sede in Italia, sarà necessario valutare il caso specifico: infatti tale compagnia potrebbe anche essere stabilita in Italia, oppure operare tramite rappresentante fiscale o per il tramite di intermediari: anche in questi casi agirà come sostituto d’imposta ed effettuerà direttamente la ritenuta che poi verserà per conto del contribuente.
Nei casi diversi da questi, invece, l’impresa di assicurazione estera non potrà agire come sostituto d’imposta: ciò comporterà che l’imposta sostitutiva del 26% dovrà essere liquidata dallo stesso contribuente, il quale sarà gravato anche da connessi obblighi dichiarativi da risolversi con la compilazione del quadro RM del modello Redditi PF, dedicato ai “Redditi soggetti a tassazione separata e imposta sostitutiva”.
In alternativa, sarà anche possibile “optare per il regime di tassazione ordinaria al fine di fruire del credito d’imposta di cui all’articolo 165 del TUIR per le imposte pagate all’estero”.
Il quadro RM
Le istruzioni del modello Redditi PF 2023, precisano che nella sezione V del quadro RM dovranno essere indicati “i redditi di capitale di fonte estera, diversi da quelli che concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente (che vanno dichiarati nel quadro RL, sezione I), percepiti direttamente dal contribuente senza l’intervento di intermediari residenti. Tali redditi sono soggetti ad imposizione sostitutiva nella stessa misura della ritenuta alla fonte a titolo di imposta applicata in Italia sui redditi della stessa natura (articolo 18 del TUIR). Il contribuente ha la facoltà di non avvalersi del regime di imposizione sostitutiva e in tal caso compete il credito d’imposta per le imposte pagate all’estero”.
L’Agenzia delle Entrate precisa che “il contribuente deve assoggettare ad imposizione detti redditi in dichiarazione, indicando nel quadro RM del modello Redditi Persone Fisiche 2019, l’ammontare del reddito al lordo delle eventuali ritenute subìte con applicazione dell’aliquota vigente nei periodi di maturazione, sulla base di quanto certificato dalla compagnia assicuratrice erogante”.

La compilazione della sezione non presenta particolari rilevanze, facendo attenzione al fatto che, nel caso in cui il contribuente voglia optare per la tassazione ordinaria dovrà flaggare la colonna 7 del rigo RM12 e procedere alla compilazione del successivo rigo RM15 della sezione VI.

In questo caso “il totale dei redditi per i quali il contribuente ha optato per la tassazione ordinaria deve essere sommato agli altri redditi assoggettati all’Irpef e riportato nel rigo RN1, colonna 5, del quadro RN; le relative ritenute devono essere sommate alle altre ritenute e riportati nel rigo RN33, colonna 4”.
Il quadro RW e l’IVAFE
Dichiarata e liquidata l’imposta, il passaggio finale sarà definire se il valore finanziario della polizza vita detenuta all’estero dovrà essere dichiarato ai fini del monitoraggio fiscale.
Secondo l’Agenzia delle Entrate “tale obbligo sussiste anche in presenza di polizze di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione sempreché la compagnia estera non abbia optato per l’applicazione dell’imposta sostitutiva e dell’imposta di bollo e che non sia stato conferito ad un intermediario finanziario italiano l’incarico di regolare tutti i flussi connessi con l’investimento, il disinvestimento e il pagamento dei proventi”.
In termini di monitoraggio fiscale il periodo di detenzione da considerare è quello che va dall’inizio del periodo di riferimento fino al giorno dell’accredito delle somme e di estinzione della polizza, nel caso in cui avvenga in corso d’anno; ricordando che il monitoraggio fiscale si effettua per le attività detenute all’estero in ogni anno fiscale di mantenimento.
Direttamente collegata al monitoraggio fiscale è l’Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie detenute all’Estero che, semplificando per brevità, è alternativa all’Imposta di bollo sugli strumenti finanziari, ed è dovuta nel caso in cui la media delle giacenze estere nel periodo di imposta supera i 5.000 euro.
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Assonime sull’affrancamento con rimpatrio degli utili delle società partecipate estere
L’articolo 1, commi da 87 a 95, della Legge numero 197 del 2022 prevede la possibilità, per i soci titolari di partecipazioni in società estere, nel contesto dello svolgimento di una attività, di affrancare gli utili e le riserve di utili realizzati da società estere, assolvendo una imposta sostitutiva, al fine da poterli distribuire senza doverli assoggettare a ulteriore imposizione fiscale in Italia.
La normativa
Sono interessati dalla norma gli utili e le riserve di utili dell’esercizio precedente a quello in corso giorno 1 gennaio 2022 (quindi, nella maggior parte delle situazioni, quelli risultanti dal bilancio 2021) che non siano ancora stati distribuiti giorno 1 gennaio 2023.
Dal punto di vista tecnico l’imposta sostitutiva sarebbe dovuta per l’affrancamento, il quale però è sostitutivo delle imposte sui redditi.
La norma fa riferimento generico agli utili e alle riserve di utili prodotti all’estero, ma per un semplice calcolo di convenienza fiscale del regime opzionale, i destinatari sono gli utili formati in società residenti in paesi a fiscalità privilegiata, soggetti a sfavorevole tassazione.
L’obiettivo della norma è quello di favorire l’emersione di questi utili e il successivo rimpatrio e mantenimento nell’economia dell’azienda italiana; in ragione di ciò i destinatari della misura opzionale sono coloro che esercitano attività d’impresa, sia in forma individuale che collettiva d’impresa (sono quindi escluse le persone fisiche non imprenditori); e, per favorire il mantenimento in azienda degli utili e delle riserve di utili affrancati, è prevista una riduzione dell’aliquota dell’imposta sostitutiva nel caso in cui:
- gli utili affrancati vengano rimpatriati in Italia, presso il soggetto controllante, entro il termine di scadenza del versamento del saldo delle imposte sui redditi del periodo d’imposta 2023 (ad oggi previsto per il 30 giugno 2024);
 - gli utili rimpatriati vengano accantonati in una apposita riserva di utili del patrimonio netto per un periodo non inferiore a due esercizi, prima di procedere all’eventuale distribuzione.
 
Aliquota ordinaria
Aliquota ridotta
Società
9%
6%
Imprenditore individuale
30%
27%
L’imposta sostitutiva dovuta, ottenuta applicando l’aliquota agli utili, deve essere versata in un’unica soluzione entro il termine previsto per il versamento del saldo delle imposte sui redditi del periodo d’imposta 2022, senza possibilità di avvalersi della compensazione orizzontale.
In ragione del fatto che gli utili della società partecipata possono essere monetizzati non solo attraverso la distribuzione, ma anche attraverso la cessione della partecipazione, la normativa prevede che, in una tale situazione, l’importo degli utili affrancati incrementerà il costo della partecipazione e che la successiva distribuzione ne determinerà una riduzione.
Le rilevazioni di Assonime
Il 2 marzo 2023 Assonime ha pubblicato una circolare, la numero 5, dedicata per intero all’argomento.
La circolare, per lo specifico caso del rimpatrio senza distribuzione, ha rilevato alcune sensibilità che probabilmente verranno tecnicamente chiarite quando il ministero competente emanerà l’apposito decreto attuativo, previsto per la fine del mese di marzo.
Un primo nodo da sciogliere è se, per soddisfare il requisito del rimpatrio, sia necessario una formale distribuzione di utili dalla società controllata a quella controllante, oppure se il requisito possa essere risolto anche con modalità alternative indirette, come, ad esempio, l’incorporazione della società controllata estera nella controllante italiana.
Altra questione non chiara è se il rimpatrio possa essere considerato realizzato anche nel momento in cui gli utili di origine estera confluiscano in una società controllata dall’impresa che ha esercitato l’opzione; in ragione del fatto che la norma fa esplicito riferimento al socio controllante, è possibile che, in caso di gruppo societario, le riserve debbano confluire alla capogruppo che provvederà poi all’accantonamento.
Proprio in relazione alla costituzione e al monitoraggio della riserva di utili da accantonare, Assonime ha rilevato poi ulteriori sensibilità.
Questione tecnicamente da chiarire, di non secondaria importanza, è come si dovrà soddisfare l’obbligo di iscrizione della riserva di utili nel caso in cui la società italiana presenti una perdita d’esercizio; la soluzione più semplice sarebbe la possibilità di utilizzare altre riserve già iscritte in patrimonio netto, ma si dovrà anche considerare l’ipotesi, non per forza accademica, che siano iscritte solo riserve obbligatorie.
Altra questione da definire è il computo preciso del periodo biennale di siano sorveglianza, durante il quale gli utili accantonati non possono essere distribuiti; in relazione ciò le ipotesi sono sostanzialmente tre:
- che per il computo del biennio inizi dalla data dell’effettivo rimpatrio;
 - che il computo del biennio faccia riferimento al primo giorno del periodo d’imposta nel quale il rimpatrio è avvenuto;
 - che il computo del biennio faccia riferimento al primo giorno del periodo d’imposta successivo a quello in cui è avvenuto il rimpatrio, considerato che la riserva vincolata sarà definitiva nel momento in cui il bilancio è approvato.
 
Nel caso in cui i requisiti dell’effettivo rimpatrio e del mantenimento biennale della riserva indisponibile non siano entrambi soddisfatti, la normativa prevede una recapture dell’agevolazione consistente nella riduzione dell’aliquota adottata. Secondo Assonime la situazione che dovrebbe, in base alla logica sottostante alla misura agevolativa, comportare la perdita dell’agevolazione è solo il caso in cui la riserva vincolata venga meno per distribuzione ai soci degli utili rimpatriati, e non per le ipotesi alternative di riduzione della riserva senza effettiva distribuzione degli utili ai soci, come può essere, ad esempio, la riduzione della riserva in conseguenza delle perdite subite dall’impresa.
Assonime nota infine che il beneficio fiscale derivante dal rientro dei capitali con accantonamento biennale non è circoscritto alla sola riduzione del 3% dell’aliquota dell’imposta sostitutiva dovuta per l’affrancamento, in quanto a questa dovrà essere sommato il risparmio fiscale derivante dall’ACE sugli utili rimpatriati e accantonati a patrimonio netto.
Infatti, anche in mancanza di un esplicito riferimento normativo, secondo Assonime, dato che trova applicazione la normativa ACE ordinaria, questi accantonamenti a riserva, che derivano dalla realizzazione di un utile d’esercizio estero, potranno concorrere alla formazione della base ACE, come avviene per gli utili nazionali dell’impresa accantonati a riserva, senza necessità che tali riserve siano destinate a uno specifico investimento.
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Brexit: trattamento fiscale utili distribuiti alla controllante britannica
Con la Risposta a interpello n 117 del 20 gennaio le Entrate replicano al seguente quesito posto da una società italiana, che distribuisce utili alla controllante società britannica.
L'istante osserva come, nel caso di distribuzione di dividendi da parte di una società italiana ad una società residente in uno Stato membro dell'Unione europea o in uno Stato aderente all'Accordo sullo Spazio Economico Europeo, trovi applicazione la ritenuta ridotta del 1,20 per cento a titolo d'imposta, ai sensi del comma 3ter dell'articolo 27 del DPR 29 settembre 1973, n.600.
Inoltre, in presenza di determinate condizioni, tale ritenuta non è operata in virtù dell'articolo 27 bis dello stesso DPR n. 600 del 1973, attuativo della c.d. direttiva madrefiglia (2011/96/UE).
Il dubbio interpretativo prospettato dall'istante attiene al trattamento fiscale degli utili distribuiti alla controllante britannica a seguito della Brexit.
Poiché, infatti, non può trovare applicazione la richiamata disciplina riservata agli Stati membri, l'istante chiede se, nel caso di specie, possa operare la ritenuta prevista dalla Convenzione per evitare le doppie imposizioni in vigore tra Italia e Regno Unito, firmata a Pallanza il 21 ottobre 1988 e ratificata con legge 5 novembre 1990, n. 329
L'istante ritiene che ai dividendi corrisposti alla controllante sia applicabile il trattamento fiscale previsto dalla Convenzione, in quanto fonte gerarchicamente sovraordinata rispetto alla normativa nazionale.
Pertanto, qualora l'assemblea dei soci deliberasse la distribuzione di utili, sulla quota spettante alla controllante estera sarebbe applicata una ritenuta a titolo d'imposta nella misura del 5 per cento.
L'agenzia replica, ricordando che il 30 gennaio 2020 l'Unione europea ha ratificato l'accordo di recesso con il Regno Unito che, dalla mezzanotte del 31 gennaio 2020, è diventato un Paese terzo.
Ciò ha segnato l'inizio di un periodo transitorio che si è protratto fino al 31 dicembre 2020, in cui ha continuato a trovare provvisoriamente applicazione il diritto unionale, incluse le libertà fondamentali sancite dal Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea.
Terminato il periodo transitorio, i rapporti tra Unione europea e Regno Unito sono regolati dall'Accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione tra:
- l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica, da una parte,
 - e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del nord, dall'altra.
 
Nonostante l'Accordo in esame promuova un forte partenariato tra Unione europea e Regno Unito, tale Paese non può comunque essere considerato al pari di uno Stato membro, non facendo ormai più parte né del mercato unico né dell'unione doganale e non essendo più coinvolto negli accordi internazionali dell'Unione.
Pertanto, le Entrate concordano con l'istante nel ritenere che nel caso in esame non trovano applicazione né l'articolo 27, comma 3ter, del DPR n.600 del 1973, né il successivo 27bis del medesimo DPR.
Tuttavia, la normativa nazionale deve essere coordinata con quella convenzionale, la cui prevalenza sull'ordinamento interno è ammessa dall'articolo 169 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR).
In particolare, viene in rilievo l'articolo 10, paragrafo 2, lettera a), del Trattato, secondo cui i ''dividendi possono essere tassati anche nello Stato contraente di cui la società che paga i dividendi è residente ed in conformità alla legislazione di detto Stato ma, se la persona che percepisce i dividendi ne è l'effettivo beneficiario, l'imposta così applicata non può eccedere:
a) il 5 per cento dell'ammontare lordo dei dividendi se l'effettivo beneficiario è una società che controlla direttamente o indirettamente, almeno il 10 per cento del potere di voto della società che paga i dividendi''.
Considerato che, nel caso di specie, nel presupposto che la dichiarata partecipazione comporti almeno il 10% del potere di voto della società italiana che paga il dividendo si ritiene applicabile la ritenuta convenzionale nella misura del 5%.
Resta inteso che l'operatività del Trattato è subordinata al ricorrere anche delle altre condizioni ivi previste, ossia che la controllante britannica integri la nozione di persona residente ai fini convenzionali e sia beneficiaria effettiva dei dividendi.
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Esterometro 2019: ecco come funziona
Gli adempimenti ai fini IVA riguardanti le operazioni con l’estero, già di per sé articolati, dal 1° gennaio 2019 dovranno interfacciarsi con la fatturazione elettronica che è diventata obbligatoria in Italia per le operazioni in ambito B2B.
In linea di principio le operazioni con l'estero sono escluse dall’obbligo di fatturazione elettronica ma è stato introdotto un nuovo adempimento, il c.d. esterometro, per comunicare le operazioni effettuate da e verso operatori non residenti. Per evitare l’esterometro si può optare per la fatturazione elettronica delle operazioni attive verso l’estero. I soggetti passivi esteri identificati in Italia, se in un primo tempo sembravano dover rientrare tra i soggetti obbligati alla fatturazione elettronica (articolo 1, comma 909, della legge n. 205 del 2017) con la Circolare n. 13/E del 2 luglio 2018 e con l’art. 15 del Decreto fiscale sono stati esclusi dall’obbligo di fatturazione elettronica, in vigore dal 1° gennaio 2019.
Dopo annunci di slittamenti da una parte e minacce di astensione collettiva dall'altra, in extremis il giorno prima della scadenza inziale prevista il 28 febbraio 2019 è stata concessa la proroga al 30 aprile 2019 per gli esterometri relativi alle operazioni dei mesi di gennaio e febbraio 2019.
Questo articolo è un estratto della Circolare del Giorno 230/2018 Fatturazione soggetti esteri identificati redatta dagli stessi autori e disponibile anche nell'abbonamento alla Circolare del Giorno
Esterometro 2019: cos’è e quali operazioni include
Con l’introduzione della fatturazione elettronica scompare lo “spesometro” ossia la comunicazione generalizzata di tutte le fatture attive e passive comprese le bollette doganali. Il termine per inviare l’ultima comunicazione delle operazioni del secondo semestre 2018 era previsto il 28 febbraio 2019 ma in seguito alle polemiche e alle richieste degli operatori, in extremis è stata concessa la proroga al 30 aprile 2019 anche per lo spesometro.
Rimangono confermate nel 2019, con regole invariate, le comunicazioni Intrastat per le operazioni con soggetti comunitari. A partire dalle fatture emesse o registrate dal 1° gennaio 2019, è introdotta una nuova comunicazione delle fatture relative ad operazioni transfrontaliere, il cosiddetto “esterometro”. Gli operatori IVA residenti comunicano le operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato.
Sono escluse dall’obbligo di comunicazione (quindi sono comunicate solo facoltativamente) le operazioni per le quali è stata emessa una bolletta doganale e quelle per le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche.
Si riepilogano di seguito le operazioni da includere della comunicazione “esterometro”:
- fatture emesse verso soggetti comunitari non stabiliti anche se identificati ai fini IVA in Italia, per i quali non è stata emessa fattura elettronica tramite SdI;
 - fatture ricevute da soggetti comunitari non stabiliti;
 - fatture emesse per servizi generici verso soggetti extracomunitari per cui non è stata emessa la fattura elettronica e per le quali non c’è una bolletta doganale;
 - autofatture per servizi ricevuti da soggetti extracomunitari;
 - autofatture per acquisti di beni provenienti da magazzini italiani di fornitori extraUe.
 
Esterometro 2019: cosa indicare
Nella nuova comunicazione occorre pertanto indicare anche le fatture emesse o ricevute da soggetti esteri non stabiliti ma solo identificati direttamente nel territorio dello Stato oppure con rappresentante fiscale. A tal fine occorre indicare nell’esterometro l’acquisto di merce che si trova in Italia con fattura ricevuta:
- da fornitore comunitario (integrazione della fattura senza Intrastat);
 - da fornitore extracomunitario (autofattura).
 
Allo stesso modo occorre indicare nell’esterometro le fatture emesse per vendita di beni con consegna in Italia nei confronti di un cliente estero identificato in Italia.
A differenza delle precedenti, le fatture attive e passive che hanno come controparte un soggetto stabilito nel territorio dello Stato, non sono incluse nell’esterometro.
È possibile inoltre non comunicare l’operazione nell’esterometro se viene emessa fattura elettronica con indicazione, tra i dati anagrafici del cessionario, del Codice Destinatario “XXXXXXX” (esclusivamente per i dati delle fatture emesse).Affinché il file xml sia accettato dal sistema dell’Agenzia delle Entrate predisposto per la ricezione dei file (di seguito Sistema Ricevente), il responsabile della trasmissione (il soggetto obbligato o un suo delegato) deve apporvi una firma elettronica (qualificata o basata su certificati Entrate) oppure, solo in caso di invio del file tramite upload sull’interfaccia web del servizio “Fatture e Corrispettivi”, il sigillo elettronico dell’Agenzia delle Entrate.
EMISSIONE FATTURA ELETTRONICA VERSO TIPOLOGIA CLIENTE Non residenti, non stabiliti ma identificati Non residenti, non stabiliti, non identificati CODICE DESTINATARIO “0000000” “XXXXXXX” FIRMA ELETTRONICA NO SI OBBLIGO DI RIPORTARE L’OPERAZIONE NELL’ESTEROMETRO NO NO 
E' possibile trasmettere i dati con un file compresso (.zip) non firmato se tutti i file xml in esso contenuti sono firmati. Se, invece, i file xml non sono tutti firmati, il file compresso deve essere obbligatoriamente firmato.Esterometro 2019: informazioni da trasmettere
Con riferimento alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, gli operatori IVA residenti trasmettono con l’esterometro le seguenti informazioni:
- i dati identificativi del cedente/prestatore,
 - i dati identificativi del cessionario/committente,
 - la data del documento comprovante l’operazione,
 - la data di registrazione (per i soli documenti ricevuti e le relative note di variazione),
 - il numero del documento,
 - la base imponibile,
 - l’aliquota IVA applicata e l’imposta ovvero, ove l’operazione non comporti l’annotazione dell’imposta nel documento, la tipologia dell’operazione.
 
Esterometro 2019: modalità di trasmissione
È possibile trasmettere i dati con un file compresso (.zip) non firmato se tutti i file xml in esso contenuti sono firmati. Se, invece, i file xml non sono tutti firmati, il file compresso deve essere obbligatoriamente firmato.
Il file può essere inviato dall’interfaccia “Fatture e corrispettivi”. Non è possibile trasmettere i file dati fattura (“Esterometro”) attraverso la piattaforma Desktop telematico. La trasmissione telematica è effettuata entro l’ultimo giorno del mese successivo a quello della data del documento emesso ovvero a quello della data di ricezione del documento comprovante l’operazione. Per data di ricezione si intende la data di registrazione dell’operazione ai fini della liquidazione dell’IVA.
La prima comunicazione mensile delle operazioni di gennaio doveva essere inviata entro il 28 febbraio 2019 ma come detto è stata prorogata al 30 aprile 2019.