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IVA servizi in streaming: novità dal 2025
Il governo ha approvato un Dlgs preliminare (cdm 7 agosto 2024) in attuazione della direttiva (UE) 2020/285 del Consiglio del 18 febbraio 2020 che modifica la direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda il regime speciale per le piccole imprese e della direttiva (UE) 2022/542 del Consiglio del 5 aprile 2022 recante modifica delle direttive 2006/112/CE e (UE) 2020/285 per quanto riguarda le aliquote dell’imposta sul valore aggiunto ed anche novità sulla territorialità ai fini IVA degli eventi in streaming, vediamo i dettagli.
IVA degli eventi in streaming: novità in arrivo
Con il Dlgs si modifica il regime IVA in materia di territorialità dell’imposta negli eventi in streaming o altrimenti resi disponibili virtualmente.
In particolare, in materia di “principio di territorialità”, si prevede che:
- le attività culturali, artistiche, sportive etc.
- trasmesse in streaming o altrimenti rese virtualmente disponibili,
si considerano effettuate in Italia – e quindi assoggettate a IVA – se il committente non soggetto passivo è domiciliato o residente (senza domicilio all’estero) in Italia, in deroga al principio secondo cui si considera effettuata nel luogo in cui si svolge la manifestazione.
Allo stesso modo, ove la presenza agli eventi culturali, artistici, sportivi, scientifici e simili (fiere, esposizioni, etc.) sia in modalità virtuale, la prestazione di servizi si considera effettuata nel territorio italiano quando il committente soggetto passivo è ivi stabilito.
Si attende il testo definitivo per ulteriori dettagli.
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Editoria digitale: l’ADE specifica quando si applica l’IVA al 4%
Con la Risposta n 5 del 2 settembre le entrate specificano che si applica l'IVA al 4% anche alla editoria digitale, vediamo di quali servizi editoriali si tratta nella consulenza giuridica in oggetto.
Editoria digitale: l’ADE specifica quando si applica l’IVA al 4%
Sinteticamente le Entrate hanno chiarito che alle prestazioni di composizione tipografica e digitale di libri effettuate con le più moderne tecnologie si applica l’aliquota Iva ridotta del 4%, al pari dei testi predisposti su supporti fisici.
Ciò nel rispetto della volontà del legislatore unionale che intende agevolare la produzione e vendita di libri anche elettronici.
Il documento specifica che l'aliquota IVA ridotta del 4% si applica a una serie di servizi legati alla produzione di libri, anche quando questi sono realizzati con tecnologie moderne e in particolare:
- Composizione tipografica e digitale: Si tratta dell'insieme delle operazioni di trasposizione del manoscritto attraverso la scelta del font, della dimensione delle lettere, e della loro disposizione sulla pagina, ora eseguite principalmente con software di elaborazione del testo e di impaginazione.
- Impaginazione: Questa attività, che determina l'aspetto finale di ogni pagina del libro attraverso l'accostamento del testo, delle tabelle, delle immagini e degli altri elementi grafici, è considerata parte integrante della composizione e viene anch'essa svolta tramite software dedicati.
- Montaggio: storicamente, il montaggio delle pellicole delle singole pagine è stato sostituito dalla creazione e combinazione di file PDF delle pagine tramite software.
- Duplicazione delle pellicole: Anche questa operazione è stata superata dalla rappresentazione delle pagine in file PDF.
- Correzione di bozze: Sebbene il testo venga spesso corretto direttamente al computer, la correzione di bozze rimane una fase necessaria nella produzione del libro.
- Legatoria: Anche i servizi di legatoria legati alla produzione fisica del libro sono inclusi nell'ambito di applicazione dell'aliquota ridotta.
- Stampa: La stampa finale del libro è un'altra operazione che beneficia dell'aliquota ridotta.
L'Agenzia delle Entrate conferma la possibilità dell'IVA al 4%, basandosi su diversi elementi normativi e giurisprudenziali.
Viene richiamato il regime speciale IVA per il settore dell'editoria, previsto dall'articolo 74, primo comma, lettera c), del DPR n. 633/1972, la cui applicazione è stata ulteriormente chiarita dalla circolare n. 23/2014.
Successivamente, l'Agenzia fa riferimento alla normativa sovranazionale, in particolare alla direttiva UE n. 1713/2018, che ha modificato la direttiva IVA CE n. 112/2006.
Questa modifica ha introdotto la possibilità per gli Stati membri di applicare alle pubblicazioni fornite per via elettronica le stesse aliquote IVA delle pubblicazioni su supporti fisici.
Tale direttiva ha quindi rappresentato il primo riconoscimento a livello europeo della necessità di agevolare la produzione e la vendita dei libri, indipendentemente dal supporto utilizzato.
Infine la Cassazione ha fornito un contributo significativo in questo ambito.
La sentenza delle Sezioni Unite n. 31022/2015 ha riconosciuto la necessità di un'interpretazione estensiva del termine "stampa", includendo anche le pubblicazioni elettroniche, in coerenza con l'evoluzione tecnologica. In particolare, la Corte ha affermato che la testata giornalistica telematica è assimilabile a quella tradizionale cartacea e rientra quindi nella nozione di "stampa" ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 47/1948.
Concludendo l'Agenzia delle Entrate chierisce che le prestazioni di composizione tipografica e digitale di libri, realizzate con le moderne tecnologie, possono beneficiare dell'aliquota IVA ridotta del 4%.
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Conferimenti in natura in srl: base imponibile IVA, ires e irap
Con Risposta a interpello n 171 del 20 agosto le Entrate si occupano del trattamento fiscale dei conferimenti in natura presso una società.
L'istante è una S.p.A che ha costituito una S.r.l. e ha effettuato un conferimento di beni a quest'ultima.
La S.p.A. ha posto i seguenti quesiti:
- come determinare la base imponibile IVA per i beni conferiti, ai sensi dell'articolo 13, comma 1, del D.P.R. 633/1972.
- come calcolare il corretto valore da confrontare con il costo non ammortizzato, al fine di determinare la minus/plusvalenza rilevante ai fini IRES e IRAP, ai sensi degli articoli 9, 86 e 101 del TUIR e dell'articolo 5 del D.Lgs. 446/1997.
Conferimenti in natura: bae imponibile IVA, ires e irap
L'Agenzia delle Entrate ha risposto come segue:
- si conferma che i conferimenti in società sono soggetti a IVA, trattandosi di operazioni assimilabili a cessioni a titolo oneroso. La base imponibile su cui applicare l'IVA deve essere individuata nell'aumento di capitale della società conferitaria, comprensivo del sovrapprezzo e delle eventuali somme erogate a titolo di conguaglio.
- si osserva che, facendo riferimento all’articolo 9, comma 2 del Testo unico, ai fini delle imposte sui redditi, il corrispettivo del conferimento è il valore normale dei beni conferiti a prescindere dall’aumento di capitale.
Alfa S.p.A. in merito al secondo quesito suggeriva che il valore da considerare per il calcolo della plusvalenza o minusvalenza debba essere il valore dell'aumento di capitale e del sovrapprezzo ricevuto da Beta S.r.l., in quanto tale valore è stato ritenuto congruo rispetto al valore dei beni conferiti secondo la perizia di stima. Pertanto, propone di considerare tale importo come il "valore normale" ai sensi dell'articolo 9, comma 2, del TUIR per determinare la rilevanza fiscale ai fini IRES e IRAP.
Ma l'agenzia non concorda per i motivi su indicati.
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Rimborso IVA soggetti non residenti: l’ADE chiarisce i termini
Le Entrate con Risposta a interpello n 147 del giorno 11 luglio replicano ad una società di diritto tedesco, che è «in possesso di un'identificazione diretta in Italia, se pur non attraverso un numero di partita IVA, bensì un codice fiscale, n. (…), attribuito in data 25 luglio 2018.»
Con riferimento all'attività svolta in Italia, l'istante dichiara di aver «ricevuto, negli anni 2017, 2018 e 2019, fatture da fornitori nazionali con applicazione dell'IVA ordinaria nazionale al 22%, in quanto riferite a merci che la stessa [ALFA] avrebbe poi venduto nuovamente a soggetti nazionali, completando così una triangolazione che non comportava fuoriuscita di merci dal territorio nazionale italiano».
Precisa di non aver ancora presentato alcuna dichiarazione o posto in essere altro adempimento fiscale.
Ciò premesso, chiede di conoscere la corretta procedura da adottare al fine di ottenere il rimborso dell'eccedenza IVA generata per effetto delle operazioni passive svolte in Italia nei suddetti periodi d'imposta.
Le Entrate rigettano l'ipotesi di aprire una PIVA con effetto retroattivo e ricordano quando si può chiedere il rimborso IVA tramite il portale elettronico per gli operatori comunitari, specificando che la società non può avvelersene per decorso del termine perentorio.
Rimobrso IVA tramite portale elettronico per operatori comunitari: regole
Le Entrate nel replicare alla società istante ricordano che l'articolo 38bis2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 detta le regole in tema di rimborsi chiesti con il c.d. 'portale elettronico' dagli operatori comunitari che hanno corrisposto l'IVA in Italia, secondo le regole previste dalla direttiva 2008/9/CE.
Il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate n. 53471 del 1° aprile 2010, attuativo della normativa in parola, ha stabilito le modalità e i termini procedurali per il rimborso e per la realizzazione dei relativi scambi informativi, attribuendo al Centro operativo di Pescara la competenza a gestire i rimborsi in oggetto.
Dal 2010, infatti, i soggetti passivi stabiliti in altri Stati membri, che hanno intenzione di chiedere il rimborso dell'imposta assolta in Italia, relativamente agli acquisti ivi eseguiti direttamente senza ricorrere all'identificazione diretta o al rappresentante fiscale devono presentare un'apposita istanza in via telematica al proprio Stato membro di stabilimento, che provvede ad inoltrarla al Centro operativo di Pescara.
La domanda di rimborso può riferirsi ad un trimestre solare o all'anno solare, e può essere presentata:
- se trimestrale, a partire dal primo giorno del mese successivo al trimestre di riferimento ed entro il 30 settembre dell'anno solare successivo al periodo di riferimento;
- se annuale, a partire dal primo gennaio dell'anno successivo a quello oggetto della richiesta di rimborso ed entro il 30 settembre del medesimo anno.
Il termine del 30 settembre dell'anno successivo, previsto dalla Direttiva 2008/9/ CE, è un termine perentorio, la cui inosservanza provoca la decadenza del rimborso.
Tra le condizioni che escludono la possibilità di attivare la procedura di rimborso mediante ''portale elettronico'', il comma 1 dell'articolo 38bis2 annovera:
- 1) la presenza in Italia di una stabile organizzazione del soggetto non residente;
- 2) l'acquisto di beni e servizi con imposta indetraibile secondo la legge italiana;
- 3) l'effettuazione in Italia di operazioni attive, ad eccezione:
- delle prestazioni di trasporto e delle relative operazioni accessorie, non imponibili ai sensi dell'articolo 9 del decreto IVA;
- delle operazioni per le quali l'imposta è assolta dal cessionario o committente con il meccanismo del reversecharge;
- delle operazioni effettuate ai sensi dell'articolo 74septies del decreto IVA.
Con riferimento alla condizione sub 1), si rammenta che con diversi documenti di prassi è stato chiarito che l'identificazione diretta (che, come previsto dall'articolo 35ter del decreto IVA, prevede l'attribuzione di una partita IVA italiana), al pari della nomina di un rappresentante fiscale (facoltà riconosciuta dall'articolo 17, comma 3, del decreto IVA), non preclude al soggetto non residente la facoltà di chiedere il rimborso IVA mediante la procedura del 'portale elettronico ', purché le fatture di acquisto la cui IVA è richiesta a rimborso:
- siano intestate alla partita IVA del soggetto non residente (non è, quindi, consentito utilizzare il portale per ottenere il rimborso dell'eccedenza dell'IVA a credito relativa alle fatture passive intestate alla partita IVA italiana);
- non confluiscano nelle liquidazioni periodiche e nella dichiarazione annuale presentata utilizzando la partita IVA italiana.
Ciò in quanto l'utilizzo della partita IVA italiana denota, invece, la scelta di ottenere il rimborso dell'eccedenza del credito IVA, al verificarsi delle condizioni prescritte dall'articolo 30 del decreto IVA, ai sensi dell'articolo 38bis del medesimo decreto e, dunque:
- se annuale, mediante la compilazione del quadro VX della dichiarazione IVA, da presentare entro i termini di cui all'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322;
- se trimestrale, mediante la presentazione dell'istanza telematica (modello TR), da inviare entro l'ultimo giorno del mese successivo al trimestre di riferimento, secondo quanto previsto dall'articolo 8, comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica 14 ottobre 1999, n. 542.
Residua, infine, la procedura del cd. ''rimborso anomalo'', oggi disciplinato dall'articolo 30ter del decreto IVA, secondo cui «la domanda di restituzione dell'imposta non dovuta, a pena di decadenza, entro il termine di due anni dalla data del versamento della medesima ovvero, se successivo, dal giorno in cui si è verificato il presupposto».
Detto articolo prevede una disciplina applicabile nelle ipotesi di indebito versamento IVA speciale rispetto a quella prevista dall'articolo 30 e 38bis, 38bis2 per i rimborsi c.d. 'ordinari ' dell'eccedenza a credito IVA che si genera nell'ambito del processo di liquidazione periodica o annuale, quando l'imposta sugli acquisti eccede quella sulle vendite o, come accade per i non residenti, quando sono effettuati acquisti rilevanti ai fini IVA in Italia intestati direttamente alla partita IVA estera.
La facoltà di avvalersi di tale rimedio è stata, altresì, riconosciuta dalla prassi, con le circolari n. 34/E del 6 agosto 2012 e n. 21/E del 25 giugno 2013, nell'ipotesi di crediti IVA emergenti da dichiarazioni omesse, utilizzati in detrazione nelle dichiarazioni successive, solo se:
- i) a seguito di liquidazione operata ai sensi dell'articolo 54bis del decreto IVA, il contribuente attesti con idonea documentazione l'esistenza del credito, ovvero
- ii) all'esito del riconoscimento dello stesso in sede di contenzioso relativo alla cartella di pagamento conseguente alla predetta liquidazione (sia in fase di mediazione/ conciliazione che a seguito di pronuncia giudiziale).
Rimborso IVA soggetti non residenti: l’ADE chirisce i criteri
Dalla ricostruzione dei fatti sembrerebbe che l'istante abbia operato sul territorio italiano per un periodo di tempo:
- avvalendosi della propria partita IVA estera, essendo in possesso solo di un codice fiscale in Italia e, quindi, in assenza di identificazione diretta o di un rappresentante fiscale;
- effettuando operazioni attive nei confronti di soggetti passivi (con versamento dell'imposta mediante applicazione con il meccanismo del reversecharge), non avendo posto in essere alcun adempimento fiscale nel territorio anche dichiarativo.
Nel presupposto, quindi, che sussistessero tutte le condizioni prescritte dalla normativa di riferimento l'istante avrebbe potuto esclusivamente azionare la procedura di rimborso mediante ''portale elettronico'' disciplinata dall'articolo 38bis2 del decreto IVA.
Essendo ormai decorsi i termini prescritti (ovvero il 30 settembre dell'anno solare successivo al periodo di riferimento per i rimborsi trimestrali ed il 30 settembre del medesimo anno per i rimborsi annuali), l'istante risulta decaduto dalla possibilità di recuperare l'eccedenza IVA generata per effetto delle operazioni passive svolte in Italia.
Resta esclusa, in tale circostanza, la facoltà di avvalersi previa attribuzione 'retroattiva ' della partita IVA, a valere dal 2017 (ossia a distanza di 7 anni) e presentazione delle dichiarazioni annuali ultratardive per gli anni dal 2017 al 2022 del rimedio del ''rimborso anomalo'' al fine di ottenere la restituzione dell'imposta oltre i termini ordinari'', con le modalità illustrate dalle citate circolari nn. 34/E del 2012 e 21/ E del 2013.
D'altronde, l'attribuzione, con effetto retroattivo, della partita IVA italiana è possibile solo se effettuata entro un 'termine ragionevole' dalla data di effettuazione della prima operazione di acquisto.
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DPC ospedaliero di filtraggio aria: corretta IVA da applicare
Con Risposta a interpello n 106/2024 le Entrate hanno chiarito l'aliquota IVA da applicare ad un Dispositivo di copertura letti ospedalieri con filtro.
L'istante ha depositato una richiesta di brevetto per un dispositivo di protezione collettiva DPC e ritiene di potervi applicare l'IVA al 5% per i sistemi di filtraggio, l'ADE non è d'accordo, vediamo il perché
DPC ospedaliero di filtraggio aria ospedaliero: corretta IVA da applicare
La Società riferisce che:
- 1. ha sviluppato un Dispositivo di Protezione Collettiva (DPC) che consiste, in estrema sintesi, in un sistema di copertura/tenda da applicare ai letti ospedalieri dei pazienti collegata ad un sistema di aspirazione e filtraggio, per il controllo delle infezioni ospedaliere;
- 2. ha depositato una domanda di brevetto per tale DPC presso l'Ufficio Italiano Brevetti denominato ''Dispositivo di protezione collettiva particolarmente per strutture sanitarie del tipo di ospedali, cliniche private, presidi sanitari e simili'', in quanto l'invenzione che si vuole tutelare attraverso il brevetto consiste nel particolare sistema di aperture passanti e richiudibili che consentono, grazie al sistema di aspirazione e filtraggio, di operare sul paziente attraverso la copertura/tenda senza che si verifichi fuoriuscita di aria contaminata;
- 3. è sua intenzione produrlo e commercializzarlo
La Società chiede quale sia l'aliquota IVA applicabile alla cessione del decritto DPC, alla luce delle norme specifiche adottate contestualmente al diffondersi della pandemia da COVID19.
Le entrate specificano che è applicabile l'IVA ordinaria e non quella ridotta al 5% in quanto il DPO dopo valutazione anche di documenti di prassi in consultazione con l'ADM, non è qualificabile né come sistema di aspirazione, né come aspiratore chirurgico e, allo stato attuale, non rientra in alcuna altra categoria dei beni riportati nell'elenco tassativo di cui al numero 1ter.1 della Parte IIbis, né in altre voci delle Parti II e III della Tabella A, allegata al Decreto IVA, che prevedono l'applicazione di aliquote ridotte.
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Rimborso IVA su ristrutturazione bene di terzi
La Cassazione, con la sentenza n. 13162 del 14 maggio ha riconosciuto il diritto al rimborso dell’IVA assolta su opere di ristrutturazione aventi a oggetto beni di proprietà di terzi.
La suprema corte in sintesi afferma il seguente principio «L'esercente attività d'impresa o professionale ha diritto al rimborso dell'IVA per i lavori di ristrutturazione o manutenzione di immobili dei quali non è proprietario, ma che detiene in virtù di un diritto personale di godimento, purché sia presente un nesso di strumentalità tra tali beni e l'attività svolta».
Rimborso IVA su ristrutturazione bene di terzi
L'Agenzia delle entrate notificava al titolare dell'impresa individuale Alfa, l'atto di recupero di un rimborso IVA.
La pretesa impositiva e relativa sanzione si fondava sul fatto che il rimborso era stato chiesto dal contribuente per IVA afferente alla effettuazione di lavori di ristrutturazione di fabbricati ed impianti su un terreno che il contribuente stesso deteneva in virtù di un contratto di locazione stipulato con un soggetto terzo e non quale proprietario, quindi al di fuori della previsione di cui all'art. 30, terzo comma, lett. c), DPR n. 633/1972.
Contro tale provvedimento dell'Agenzia il contribuente proponeva ricorso affermando il suo diritto al rimborso IVA.
L'impugnativa veniva accolta dalla Commissione tributaria provinciale che respingeva l'appello dell'Agenzia delle entrate
La CTR osservava in particolare che nel caso di specie doveva applicarsi il principio di diritto sancito dalle SS.UU. della Corte di Cassazione, secondo il quale «L'esercente attività d'impresa o professionale ha diritto alla detrazione IVA anche per i lavori di ristrutturazione o manutenzione di immobili di proprietà di terzi, purché sia presente un nesso di strumentalità tra tali beni e l'attività svolta, anche se potenziale o di prospettiva e pur se, per cause estranee al contribuente, detta attività non possa poi in concreto essere esercitata» (Cass. SS.UU., Sentenza n. 11533 del 11.5.2018).
Avverso la decisione ha proposto ricorso l'Agenzia delle entrate deducendo un motivo unico ma la cassazione ha rigettato il ricorso.
Con la sentenza n. 13162/2024 si evidenzia come il problema interpretativo consista nel comprendere se la normativa unionale consenta al legislatore nazionale di differenziare il trattamento giuridico della detrazione da quello del rimborso in termini sostanziali ovvero solo procedimentali.
Viene esaminato l’art. 183 della direttiva 2006/112/Ce, secondo cui, “qualora, per un periodo d’imposta, l’importo delle detrazioni superi quello dell’IVA dovuta, gli Stati membri possono far riportare l’eccedenza al periodo successivo, o procedere al rimborso secondo modalità da essi stabilite”.
La disposizione è interpretata dalle Sezioni Unite nel senso dell’“equivalenza dei presupposti della detrazione e del rimborso dell’IVA”, inquanto la norma possiede valenza meramente procedimentale (e non sostanziale), limitandosi a riconoscere agli Stati membri la facoltà di definire le “modalità” di rimborso dell’imposta.
Le condizioni sostanziali del diritto a detrazione e a rimborso sono individuate negli artt. 167 e ss. della citata direttiva, mentre gli artt. 178 ss. disciplinano le modalità di esercizio di tali diritti.
Le Sezioni Unite della Cassazione evidenziano che affermano avendo il giudice nazionale obbligo di un’interpretazione conforme delle disposizioni, la questione è risolta sulla base della disciplina unionale, fondata sul principio di neutralità, in virtù del quale vi è una “totale equiparazione di detrazione e rimborso”;
Inoltre la normativa interna art. 30 comma 2 lett. c) del DPR 633/72 non può essere interpretata limitandosi al tenore letterale ma deve essere riconosciuto il significato di “disponibilità di tali beni in virtù di un titolo giuridico che ne garantisca il possesso ovvero la detenzione per un periodo di tempo apprezzabilmente lungo”.
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Classificazione merci e IVA: nuovo modello dal 1 maggio
L'Agenzia delle Dogane con avviso del 23 aprile informa del fatto che dal 1° maggio rende disponibile una nuova procedura telematica per definire l'aliquota Iva delle merci, come previsto dalla circolare 32/E del 2010.
Come specificato dalle istruzione delle stesse Dogane, l’istanza, presentabile col nuovo modello, deve riportare una descrizione dettagliata della merce e deve essere corredata di eventuali schede tecniche, foto, analisi chimiche e campioni. L’accertamento tecnico viene rilasciato in 120 giorni.
Nel caso in cui sia necessario espletare l’analisi del campione merceologico da parte dei Laboratori chimici doganali, tale termine è sospeso fino all’esito delle analisi.
Classificazione merci e IVA: come compilare l’istanza
Il richiedente l'accertamento tecnico, nel modello deve indicare:
- Campo 1: indicare la denominazione, la sede e la partita IVA del richiedente.
- Campo 2: nel caso il richiedente sia un soggetto certificato AEO, indicare gli estremi dell’autorizzazione.
- Campo 3: nel caso sia previsto un soggetto che rappresenta il richiedente per la presentazione della istanza, indicare il nominativo e allegare la procura e un documento di identità.
- Campo 4: indicare una persona di contatto (nominativo, e-mail, n. di telefono)
- Campo 5: indicare la classificazione tariffaria proposta dal richiedente (facoltativo).
- Campo 6: indicare la denominazione commerciale della merce
- Campo 7: riportare la descrizione dettagliata della merce per consentire la corretta identificazione dell’articolo da classificare, allegando eventuali schede tecniche, foto, analisi chimiche e campioni. Oltre ad indicare la natura della merce, il richiedente deve anche fornire informazioni riguardo alla descrizione fisica, alla funzione o all’uso della merce e alla sua composizione, descrivendone le caratteristiche, ad esempio le dimensioni, il colore, l’imballaggio ed altre particolarità, nonché il processo di fabbricazione.
- Campo 8: indicare eventuali ulteriori informazioni (contenziosi pregressi e/o pendenti aventi ad oggetto la merce oggetto di richiesta di accertamento).
- Campo 9: barrare le caselle interessate.
Le istanze, corredate dal documento di identità del soggetto richiedente, devono essere trasmesse all’indirizzo di posta certificata: [email protected] utilizzando il modello di istanza.