• Adempimenti Iva

    IVA protesi: quale aliquota spetta

    Con Risposta a interpello n 11 del 24 gennaio viene fornito un chiarimento in base alla nomenclatura doganale sulla corretta aliquota da applicare alle cessioni delle protesi all'anca.

    L'istante domanda la corretta IVA da utilizzare per la cessione di un dispositivo medico destinato a sostituire l'articolazione dell'anca, che l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM) ha classificato sotto la voce doganale 9021 31 00 della Nomenclatura Combinata, relativa a oggetti ed apparecchi di protesi.

    IVA cessione di protesi: quale aliquota spetta

    L'istante ritiene che i prodotti da lui ceduti siano riconducibili al numero 30 della Tabella A, parte II, allegata al D.P.R. n. 633/1972 (Decreto IVA), e quindi soggetti all'aliquota IVA ridotta del 4%, applicabile agli "apparecchi di ortopedia" destinati all'inserimento nell'organismo.

    L'Agenzia delle Entrate conferma l'applicabilità dell'aliquota IVA ridotta del 4%, per le seguenti ragioni:

    • la classificazione doganale del prodotto rientra nel Capitolo 90 della Nomenclatura combinata, sotto la voce 9021, che comprende oggetti ed apparecchi di protesi.
    • la Tabella A, parte II, del Decreto IVA prevede l'aliquota ridotta del 4% per "apparecchi di ortopedia e protesi" destinati a compensare una deficienza o una infermità.
    • Il richiamo alla voce doganale 90.19, contenuto nella normativa IVA precedente al 1987, corrisponde all'attuale voce 90.21, secondo la risoluzione n. 46/E del 2015.

    L'Agenzia delle Entrate, sulla base della classificazione doganale e della normativa vigente, ritiene che le cessioni del dispositivo in questione rientrino nel regime agevolato con aliquota IVA del 4%, come previsto dal n. 30 della Tabella A, parte II, allegata al Decreto IVA.

  • Adempimenti Iva

    IVA agevolata rifiuti da discarica: cosa cambia dal 2025

    La legge di bilancio 2025 tra le altre novità ha previsto che, dal 1° gennaio, il conferimento in discarica e l’incenerimento dei rifiuti, senza recupero energetico, non potranno fruire dell’Iva agevolata al 10% e,si allineano all'aliquota al 22%.

    A prevederlo è l'articolo 1, comma 49, legge 207/2024 che modifica il numero 127-sexiesdecies) alla tabella A, parte III, Dpr 633/1972 (Testo unico Iva).

    IVA agevolata per i rifiuti da discarica: cosa cambia dal 2025

    Il comma 49 dell'art 1 novella la disciplina dell’IVA al fine di assoggettare all’aliquota IVA ordinaria del 22% (anziché ridotta al 10%) le prestazioni di smaltimento dei rifiuti qualora avvengano mediante conferimento in discarica o mediante incenerimento senza recupero efficiente di energia.

    Il comma 49 modifica l’elenco dei beni e servizi soggetti ad aliquota IVA ridotta al 10% (anziché aliquota ordinaria del 22%) di cui alla tabella A, parte III, del D.P.R. n. 633 del 1972 sostituendo il punto 127-sexiesdecies) in modo tale da escludere dall’applicazione dell’aliquota ridotta il conferimento in discarica e l’incenerimento senza recupero efficiente di
    energia di rifiuti urbani e di rifiuti speciali.
    Il comma in esame ha la finalità di transizione ecologica ed energetica, mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici previsti nell’ambito dei documenti programmatici. 

    Il Governo nella relazione illustrativa ha specificato che l’innalzamento dell’aliquota IVA, dal 10% al 22%, per le attività di smaltimento in discarica e di incenerimento senza efficiente recupero di energia dei rifiuti, risponde alla finalità di eliminare un sussidio ambientale dannoso (SAD) in contrasto con il principio dell’economia circolare, in coerenza con il disposto delle direttive unionali in tema di economia circolare, a mente delle quali lo smaltimento in discarica dovrebbe costituire una opzione residuale.

  • Adempimenti Iva

    Distacchi personale: cosa cambia dal 1° gennaio per l’IVA

    Cambiano le regole Iva per i prestiti e i distacchi di personale a seguito della conversione in legge del decreto “Salva infrazioni” (Dl n. 131/2024).

    Dal 1° gennaio, l’articolo 16-ter ha abrogato la disposizione sull’irrilevanza impositiva dei trasferimenti temporanei secondo cui “non sono da intendere rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo” (articolo 8, comma 35, legge n. 67/1988). 

    Pertanto a partire da tale data, i contratti che regolano il prestito e il distacco di dipendenti tra aziende saranno soggetti a Iva.

    La norma recita testualmente: Il comma 35 dell’articolo 8 della legge 11 marzo 1988, n. 67, è abrogato. 2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai prestiti e ai distacchi di personale stipulati o rinnovati a decorrere dal 1° gennaio 2025; sono fatti salvi i comportamenti adottati dai contribuenti anteriormente a tale data in conformità alla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea dell’11 marzo 2020, nella causa C-94/19, o in conformità all’articolo 8, comma 35, della legge n. 67 del 1988, per i i quali non siano intervenuti accertamenti definitivi 

    Distacchi personale: cosa cambia dal 1° gennaio per l’IVA

    Fino al 31 dicembre 2024 era prevista l’irrilevanza ai fini Iva delle somme percepite per i prestiti e i distacchi di personale a condizione che fossero commisurate al solo rimborso del relativo costo. In caso fosse previsto un corrispettivo superiore a tale costo la norma prescriveva l'imponibilità IVA.

    Il Dl “Salva infrazioni” rende l’Italia in linea con l’orientamento della Corte di Giustizia Ue, abrogando la norma che prevedeva l’irrilevanza impositiva dell’addebito del puro costo nel caso di distacchi del personale. 

    In pratica, le imprese dovranno considerare l’Iva anche nei casi di distacco al mero costo.

    Secondo l'articolo 30 del Dlgs n. 276/2003, il distacco si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa.

    In tali casi, il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo del dipendente. 

    Relativamente al trattamento fiscale l'art. 8, comma 35,  della Legge n.  67  del 1988 ha previsto che  "non  sono da intendere rilevanti ai  fini  dell'imposta  sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo".     

    L'orientamento dell'Ue ha chiarito, invece, che il distacco di personale costituisce sempre una prestazione di servizi soggetta ad Iva, indipendentemente dall’importo del rimborso.

    Conseguentemente i giudici comunitari hanno stabilito che l’articolo 2, punto 1, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che esso osta a una legislazione nazionale che non ritiene rilevanti ai fini Iva i prestiti o i distacchi di personale di una controllante presso la sua controllata, a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo, a patto che gli importi versati dalla controllata a favore della società controllante, da un lato, e tali prestiti o distacchi, dall’altro, si condizionino reciprocamente.

    A tal proposito appunto interviene la modifica effettuata dalla legge di conversione del decreto “Salva infrazioni”, volta per allineare la normativa interna alle disposizioni comunitarie. 

    I riflessi per le imprese che si avvalgono dei distacchi di personale riguarderanno:

    • l’obbligo di fatturazione, 
    • la determinazione della base imponibile
    • il diritto alla detrazione dell’Iva assolta per l’impresa che utilizza i dipendenti.

    Leggi anche Distacco di personale con l’IVA dal 1.1.2025 con ulteriori approfondimenti.     

  • Adempimenti Iva

    Aliquota Iva applicabile all’attività di rimozione dei rifiuti

    Con Risposta a interpello n 234 del 28 novembre le Entrate replicano ad un soggetto responsabile di un intervento di bonifica ambientale in un'area demaniale, che ha affidato l'esecuzione dei lavori a una ditta privata attraverso un contratto di appalto specificando se e quando spetta l'aliquota al 10%.

    Aliquota Iva applicabile all’attività di rimozione dei rifiuti

    L'Istante chiede se l'aliquota IVA ridotta al 10% possa essere applicata all'attività di rimozione dei rifiuti nell'ambito dell'intervento di bonifica, come previsto da alcune disposizioni normative (numeri 127-quinquies e 127-septies della Tabella A, Parte III, allegata al d.P.R. 633/1972), o se, invece, debba essere applicata l'aliquota ordinaria del 22%.

    Egli specifica che nel quadro economico del progetto di bonifica, è stata inizialmente prevista l'aliquota IVA ridotta al 10%, sulla base di chiarimenti precedenti dell'Agenzia

    Tuttavia, l'Istante non ha allegato un progetto di bonifica approvato dalla Regione, condizione necessaria per applicare l'aliquota ridotta.

    Chiede pertanto se l'attività di rimozione dei rifiuti rientri nelle opere di bonifica che giustificherebbero l'applicazione dell'aliquota IVA ridotta, in assenza di un progetto di bonifica approvato formalmente dalla Regione.

    Nello specifico il quesito è il seguente: "tenuto conto che nel quadro economico del progetto appaltato è stata prevista l'applicazione di un'aliquota Iva del 10 per cento, anche sulla base dei chiarimenti resi dall'Agenzia con risposta n. 399 del 2021, intende conoscere il trattamento fiscale applicabile ai fini Iva all'attività di rimozione dei rifiuti, chiedendo in particolare se è corretta l'applicazione dell'aliquota Iva nella misura del 10 per cento ovvero occorra procedere all'applicazione dell'aliquota Iva nella misura ordinaria del 22 per cento"

    L'Agenzia delle Entrate, nella sua risposta, nega l'applicazione dell'aliquota IVA ridotta al 10% per l'attività di rimozione dei rifiuti nel caso specifico, motivando  come segue:

    • ai sensi della normativa vigente (numeri 127-quinquies e 127-septies della Tabella A, Parte III, allegata al d.P.R. 633/1972), l'aliquota IVA ridotta del 10% è applicabile a determinati interventi di bonifica, ma solo se tali interventi sono parte di un progetto di bonifica approvato dalla competente autorità pubblica, ossia dalla Regione, come previsto dalla normativa ambientale (D.lgs. n. 152/2006);
    • nel caso in esame, l'Istante non ha allegato un progetto di bonifica approvato dalla Regione. L'attività di rimozione dei rifiuti è stata avviata senza che fosse stato precedentemente approvato un suddetto, di conseguenza, l'Agenzia conclude che non possono essere applicate le disposizioni relative all'aliquota IVA ridotta.

    L'Agenzia richiama la risoluzione n. 247/E del 2007 e altre risposte precedenti n cui è stato chiarito che l'aliquota IVA ridotta si applica solo agli interventi di bonifica che sono parte integrante di un progetto regolarmente approvato dalle autorità competenti.

    Poiché, nella fattispecie, la bonifica e la rimozione dei rifiuti non sono ancora state formalmente approvate e risultano ancora soggette a verifiche (ad esempio, la qualità del suolo), l'aliquota IVA applicabile rimane quella ordinaria, al 22%.

    La bonifica vera e propria (composta da attività di ripristino ambientale e messa in sicurezza) potrà essere avviata solo successivamente, qualora vengano riscontrati superamenti delle soglie di contaminazione. In assenza di un progetto approvato e di una bonifica formale, l'attività di rimozione rifiuti non può beneficiare dell'aliquota IVA ridotta.

    Allegati:
  • Adempimenti Iva

    Acconto IVA 2024: in scadenza il 27 dicembre

    Il 27 dicembre è il termine ultimo per versare l’acconto Iva dovuto per le liquidazioni periodiche di chiusura dell'ultimo mese o dell'ultimo trimestre dell'anno. Il versamento deve essere effettuato con l'F24, telematicamente. 

    Acconto IVA 2024: chi deve versare e chi è escluso

    Sono obbligati al versamento dell'acconto tutti i contribuenti Iva tranne coloro che non sono tenuti a effettuare le liquidazioni periodiche Iva, mensili o trimestrali.

    Sono, invece, esonerati dal versamento dell’acconto i soggetti che non dispongono di uno dei due dati: “storico” o “previsionale”, su cui sostanzialmente si basa il calcolo.

    Ad esempio, è il caso dei soggetti che:

    • hanno cessato l'attività, anche per decesso, entro il 30 novembre se mensili o entro il 30 settembre se trimestrali oppure hanno iniziato l'attività
    • hanno chiuso il periodo d’imposta precedente con un credito di imposta (risultante anche dalla liquidazione Iva periodica), a prescindere dalla presentazione della richiesta di rimborso 
    • pur avendo effettuato un versamento per il mese di dicembre o per l'ultimo trimestre del periodo d’imposta precedente, oppure in sede di dichiarazione annuale per il periodo d’imposta precedente, prevedono di chiudere la contabilità Iva con una eccedenza detraibile di imposta.

    Non sono, poi, obbligati al versamento, i contribuenti per i quali risulta un importo dovuto a titolo d’acconto non superiore a 103,29 euro.

    Sono, inoltre, esonerati dal versamento dell’acconto:

    • i contribuenti che, nel periodo d’imposta, hanno effettuato soltanto operazioni non imponibili, esenti, non soggette a imposta o, comunque, senza obbligo di pagamento dell'imposta
    • i produttori agricoli "di cui all’art. 34, comma 6, del DPR n. 633 del 1972"
    • i soggetti che esercitano attività di spettacoli e giochi in regime speciale
    • le associazioni sportive dilettantistiche, nonché le associazioni senza fini di lucro e quelle pro loco, in regime forfetario
    • i raccoglitori e i rivenditori di rottami, cascami, carta da macero, vetri e simili, esonerati dagli obblighi di liquidazione e versamento del tributo
    • gli imprenditori individuali che hanno dato in affitto l'unica azienda, entro il 30 settembre, se contribuenti trimestrali o entro il 30 novembre, se contribuenti mensili, a condizione che non esercitino altre attività soggette all'Iva.

    Acconto IVA 2024: come si calcola

    L’acconto Iva può essere calcolato scegliendo tra tre diversi metodi di calcolo: 

    1. storico
    2. previsionale
    3. analitico.

    Applicando il metodo storico, l’acconto Iva è pari all'88% del versamento effettuato, o che avrebbe dovuto essere effettuato, per il mese o trimestre dell'anno precedente. 

    Il versamento preso a base del calcolo deve essere al lordo dell’acconto dovuto per l’anno precedente.

    Semplificando, la base di calcolo, su cui applicare l’88%, è pari al debito d’imposta risultante:

    • per i contribuenti mensili dalla liquidazione periodica relativa al mese di dicembre dell’anno precedente 
    • per i contribuenti trimestrali ordinari dalla dichiarazione annuale Iva 
    • per i contribuenti trimestrali “speciali” (autotrasportatori, distributori di carburante, imprese di somministrazione acqua, gas, energia elettrica, ecc..) alla liquidazione periodica del quarto trimestre dell’anno precedente.

    Applicando il metodo previsionale l’acconto viene calcolato sulla base di una stima delle operazioni che si ritiene di effettuare fino al 31 dicembre.

    Con questo metodo, l’acconto è pari all’88% dell’Iva che si prevede di dover versare:

    • per il mese di dicembre, se si tratta di contribuenti mensili,
    • in sede di dichiarazione annuale Iva, se si tratta di contribuenti trimestrali ordinari,
    • per il quarto trimestre, per i contribuenti trimestrali “speciali”.

    Per rendere omogenei il dato storico con quello previsionale, occorre considerare il dato previsionale al netto dell'eventuale eccedenza detraibile riportata dal mese o dal trimestre precedente.

    Il calcolo con il metodo analitico si basa sulle operazioni effettuate fino al 20 dicembre. In particolare, l’acconto è pari al 100% dell’importo risultante da un’apposita liquidazione che tiene conto dell’Iva relativa alle seguenti operazioni:

    • operazioni annotate nel registro delle fatture emesse (o dei corrispettivi) dal 1° dicembre al 20 dicembre (se si tratta di contribuenti mensili) o dal 1° ottobre al 20 dicembre (se si tratta di contribuenti trimestrali) 
    • operazioni effettuate, ma non ancora registrate o fatturate, dal 1° novembre al 20 dicembre
    • operazioni annotate nel registro delle fatture degli acquisti dal 1° dicembre al 20 dicembre (se si tratta di contribuenti mensili) o dal 1° ottobre al 20 dicembre (se si tratta di contribuenti trimestrali).

    Acconto IVA 2024: i codici tributo per F24

    Il versamento dell’acconto deve essere effettuato utilizzando il modello F24 in modalità esclusivamente telematica utilizzando i seguenti codici tributo:

    • 6013 per i contribuenti mensili,
    • 6035 per quelli trimestrali.

    Attenzione al fatto che è possibile compensare l’importo dovuto a titolo d’acconto con eventuali crediti di imposte o contributi di cui il contribuente abbia la disponibilità.

    A differenza di quanto previsto per le liquidazioni periodiche, i contribuenti trimestrali ordinari non devono applicare la maggiorazione degli interessi dell’1%.

    L’acconto versato deve essere sottratto all’Iva da versare per il mese di dicembre (per i contribuenti mensili), in sede di dichiarazione annuale Iva (per i contribuenti trimestrali) o da quanto dovuto per la liquidazione del 4° trimestre (per i contribuenti trimestrali speciali).

  • Adempimenti Iva

    Non è reato il mancato versamento IVA per ft non incassate

    La Cassazione nella sentenza n 41238/2024 statuisce che non commette reato l’imprenditore che non ha versato l’Iva perché non ha incassato fatture. 

    La Cassazione ha affermato questo importante principio che tiene conto non più della giurisprudenza consolidata ma trova riscontro nella Riforma Fiscale in atto e nella giurisprudenza minoritaria.

    La Corte d’appello aveva dato seguito all’indirizzo della Cassazione per il quale l’emissione della fattura, se antecedente al pagamento del corrispettivo, espone il contribuente, per sua scelta, all’obbligo di versare comunque la relativa imposta. 

    Ma ad oggi, anche alle luce delle recenti novità legislative previste dal Dlgs n 87/2024, occorre tenere conto di un altro indirizzo della stessa Cassazione che invita i giudici di merito a tenere conto delle argomentazioni difensive a spiegazione del mancato pagamento, tutte le volte che queste fossero in grado di dimostrare la grave e straordinaria crisi di liquidità dell’impresa. Vediamo il caso di specie.

    Non è reato il mancato versamento IVA per ft non incassate

    La Cassazione ha annullato la condanna emessa da una Corte d’appello di un imprenditore accusato di non avere versato l’Iva per l’anno d’imposta 2016.

    La condanna era stata conseguenza anche del giudizio di irrilevanza, formulato dai giudici, sulla documentazione presentata dalla difesa sul mancato incasso dell’Iva risultante dalle fatture dell’anno di imposta contestato a causa dell’inadempimento di un numero considerevole di committenti.

    Nel processo specifico, con sentenza del 2024, la Corte d'Appello di Napoli confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Napoli, nel 2022, con la quale l'imprenditore era stato condannato alla pena di giustizia in relazione al reato di cui all'art 10 ter del Dlgs n 74/2000 per l'anno di imposta 2016 nella qualità di rappresentante legale di una società.

    Il soggetto ricorreva contro la sentenza adducendo un vizio di motivazione con riferimento alla sussistenza del reato, con riferimento alla mancata risposta ai rilievi difensivi imperniati sul mancato incasso dell'IVA dichiarata, in conseguenza del mancato pagamento delle fatture emesse.

    La Cassazione ha ritenuto il primo motivo di ricorso fondato, e con valenza assorbente delle altre censure prospettate.

    La sentenza impugnata ha ritenuto del tutto irrilevanti le allegazioni difensive, poste in essere già in primo grado, concernenti il mancato incasso dell'IVA risultante dalle fatture dell'anno di imposta in contestazione, per via dell'inadempimento di un consistente numero di committenti; così come irrilevante è stata considerata la vendita di un bene immobile personale.

    La Corte territoriale era pervenuta a tali conclusioni in espressa adesione all'indirizzo interpretativo della Cassazione secondo cui "in tema di reato di omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto, l'emissione della fattura, se antecedente al pagamento del corrispettivo, espone il contribuente, per sua scelta, all'obbligo di versare comunque la relativa imposta sicché egli non può dedurre il mancato pagamento della fattura né lo sconto bancario della fattura quale causa di forza maggiore o di mancanza dell'elemento soggettivo" 

    Ad avviso della Cassazione però vi è la necessità di dar seguito ad una diversa opzione ermeneutica, che impone di tenere adeguato conto delle deduzioni difensive concernenti la concreta impossibilità di far fronte ai versamenti dovuti che trova ormai un importante riscontro nel diritto positivo.

    Il recente D.Lgs. n. 87 del 14/06/2024, intervenendo sull' art. 13 D.Lgs. n. 74 del 2000 ha introdotto (con il nuovo comma 3-bis) una ulteriore causa di non punibilità per i reati di cui agli artt. 10-bis e ter del medesimo decreto, "se il fatto dipende da cause non imputabili all'autore sopravvenute, rispettivamente, all'effettuazione delle ritenute o all'incasso dell'imposta sul valore aggiunto. Ai fini di cui al primo periodo, il giudice tiene conto della crisi non transitoria di liquidità dell'autore dovuta alla inesigibilità dei crediti per accertata insolvenza o sovraindebitamento di terzi o al mancato pagamento di crediti certi ed esigibili da parte di amministrazioni pubbliche e della non esperibilità di azioni idonee al superamento della crisi".

    In tale ottica ricostruttiva, la Cassazione ritiene di dover osservare che il contribuente, già nel corso del primo grado di giudizio, aveva non solo documentato l'accettazione della propria proposta concordataria da parte dell'Agenzia delle Entrate (successivamente recepita nel decreto di omologazione del concordato preventivo emesso in data 06/10/2021 dal Tribunale di Napoli), ma aveva allegato circostanze di estremo rilievo ai fini che qui rilevano.

    Da un lato era stato evidenziato il riepilogo delle fatture emesse e non pagate nell'anno di imposta 2016 (complessivo imponibile non pagato di Euro 570.112,07, IVA relativa pari a Euro 125.424,26) e, d'altro lato, il contenuto della relazione del commissario giudiziale nell'ambito della procedura di concordato preventivo, nella quale si individuano da un lato le cause della crisi:

    • nel blocco dei pagamenti da parte della P.A., 
    • nella crisi del mercato delle costruzioni 
    • e nel mancato recupero di ingenti crediti verso terzi 

    e si evidenziava che la Società aveva cercato di far fronte alla situazione riducendo i costi di produzione e provvedendo ad un aumento di capitale.

    Alla luce di quanto detto le allegazioni difensive non potevano essere ignorate dai giudici di merito, nella valutazione della sussistenza della responsabilità penale del soggetto ricorrente, anche in considerazione della loro incidenza sul margine di superamento della soglia di punibilità di Euro 250.000 (essendo l'IVA non versata ammontante a Euro 315.120,367, così corretto l'erronea quantificazione contenuta nel capo di accusa, pari a Euro 367.517,24 cfr. pag. 2 della sentenza impugnata).

    Da ciò consegue l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Napoli, restando assorbite le ulteriori censure difensive.

  • Adempimenti Iva

    Insetticidi fitosanitari e aliquota IVA: chiarimenti ADE

    Con Risposta a interpello n 22 del 7 novembre le Entrate chiariscono l'aliquota IVA dei prodotti contenenti feromoni finalizzati al monitoraggio e alla cattura di insetti infestanti.

    Vediamo i chiarimenti.

    Insetticidi fitosanitari: quale aliquota applicare

    L'istante opera nell'ambito del settore della produzione e della vendita all'ingrosso di prodotti per la disinfestazione, commercializzando, tra l'altro, beni inquadrati come ''prodotti fitosanitari'', nonché prodotti contenenti feromoni, finalizzati al monitoraggio e alla cattura degli insetti infestanti, anche nel settore dell'agricoltura.
    Alla luce delle disposizioni contenute nella Circolare del Ministero della Salute del 4 ottobre 1999, n. 14 e nel Regolamento (CE) n. 1107/2009, l'Istante chiede quale sia l'aliquota IVA applicabile alla vendita dei prodotti contenenti feromoni che commercializza, precisando che detti prodotti non sono soggetti ad autorizzazione da parte del Ministero della Salute, prevista dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194 per i prodotti fitosanitari.

    In particolare, chiede di sapere se il prodotto X debba essere considerato un prodotto fitosanitario, con conseguente applicazione dell'aliquota IVA ridotta del 10 per cento ai sensi del punto 110) della Tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 anche in assenza
    dell'autorizzazione di immissione in commercio da parte del Ministero della Salute
    .
    Al tal fine, il Contribuente ha presentato un parere di accertamento tecnico rilasciato dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli, che ha classificato il prodotto in questione tra gli ''Insetticidi, rodenticidi, fungicidi, erbicidi, inibitori di germinazione e regolatori di crescita per piante, disinfettanti e prodotti simili presentati in forme o in imballaggi per la vendita al minuto oppure allo stato di preparazioni o in forma di oggetti quali nastri, stoppini e candele solforati e carte moschicide: altri insetticidi: altri altri '', di cui al codice NC 3808 91 90.

    L'Amministrazione evidenzia che il numero 110), Tabella A, parte III, allegata al Decreto IVA, prevede l'applicazione dell'aliquota IVA ridotta del 10% per la cessione dei prodotti fitosanitari. 
    Secondo l'ADE i prodotti in commento consentono di attirare l'infestante mediante l'erogazione di feromoni, per poi catturarlo ed ucciderlo (visto anche il parere tecnico di ADM); di conseguenza, pur non essendo soggetti all'autorizzazione ministeriale, i beni in commento possono essere considerati come "prodotto fitosanitario" e potranno beneficiare dell'aliquota IVA ridotta pari al 10%, in ragione della loro finalità di salvaguardia.

    L'agenzia ritiene che il rilascio dell'AIC non sia un requisito per qualificare ''fitosanitario'' un prodotto: rappresenta piuttosto un requisito imprescindibile per la sua commercializzazione e per il suo utilizzo nel territorio dello Stato, o in altro Stato membro.
    In altri termini, se un prodotto presenta tutte le caratteristiche per essere definito ''fitosanitario'' ai sensi del citato articolo 2 del Regolamento n. 1107/2009 può essere immesso in commercio ed impiegato solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione ministeriale.

    Allegati: