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Acquisti intra-UE in assenza di iscrizione al Vies
Nel momento in cui un operatore economico decide di effettuare acquisti fuori dal perimetro nazionale, ma all’interno dell’Unione Europea, questi sono soggetti al regime di non imponibilità IVA ex articolo 41, comma 1, lettera a), del DL numero 331 del 1993.
La disposizione elenca le condizioni affinché il contribuente possano sfruttare tale regime di non imponibilità, che materialmente si configura nella non applicazione dell’IVA agli acquisti (e sulle cessioni) effettuati in altro stato dell’unione.
Affinché si possa applicare il regime di non imponibilità IVA è richiesto che:
- sia l’acquirente che il venditore siano operatori economici (quindi sono interessate le operazioni B2B);
- avvenga il trasferimento del diritto di proprietà o di altro diritto reale sui beni;
- la cessione o la prestazione sia a titolo oneroso;
- l'effettiva movimentazione dei beni da altro stato membro dell’UE.
Nel contesto di una operazione che soddisfa tali requisiti, il punto in trattazione è se l’assenza di iscrizione al Vies da parte dell’acquirente precluda o meno l’applicazione del regime di non imponibilità: la situazione è stata presa in esame dalla Risposta a interpello numero 230 del 2023.
L’Agenzia delle Entrate spiega che a questa domanda risponde l’articolo 41, comma 2ter, del DL numero 331 del 1993, il quale prevede che queste operazioni “costituiscono cessioni non imponibili a condizione che i cessionari abbiano comunicato il numero di identificazione agli stessi attribuito da un altro stato membro”.
In passato lunga è stata la discussione intorno all’eventuale necessità dell’iscrizione al Vies ai fini dell’applicazione del regime di esenzione, per la quale la dottrina prevalente non aveva individuato una effettiva necessità; ma, ci ricorda l’agenzia, il disposto normativo oggi richiamato è stato introdotto solo nel 2008 nell’ambito della Direttiva UE 2018/1910, la cosiddetta Direttiva quick fixes, il cui obiettivo era quello di dettare un insieme di misure rapide al fine di migliorare, semplificare e armonizzare le procedure degli scambi intra-UE tra operatori economici B2B.
In questo nuovo conteso, quindi, l’iscrizione al Vies da parte dell’acquirente costituisce condizione necessaria affinché il venditore possa non applicare l’IVA sulla cessione, in quanto, spiega l’Agenzia delle Entrate, “a seguito dell'introduzione del nuovo comma 2ter dell'articolo 41 […], la comunicazione di un numero di identificazione IVA valido diventa una condizione sostanziale per l'applicazione della non imponibilità anziché un mero requisito di forma”.
Il fatto che il richiamato “numero di identificazione IVA valido” sia da considerarsi la partita IVA iscritta al Vies è stato chiarito dalla Commissione UE nelle Note esplicative della Direttiva quick fixes: “è rilevante solo il numero di identificazione IVA che dispone di un prefisso con cui può essere identificato lo stato membro che lo ha attribuito”, “questo è l'unico numero di identificazione IVA che lo stato membro di identificazione include nella banca dati Vies e quindi l'unico numero di identificazione IVA che il cedente è in grado di verificare”.
Quindi l’acquirente che non è iscritto al Vies, se effettua un acquisto intra-UE, riceverà una fattura su cui sarà addebitata l’imposta.
Tuttavia, la presenza dell’IVA, non modificherà la natura dell’operazione che continuerà ad essere un acquisto intra-UE, in quanto le condizioni prima richiamate sono necessarie solo per l’applicazione del regime di esenzione.
La conseguenza di ciò è che, in capo all’acquirente, anche non iscritto al Vies, resteranno gli obblighi in tema di reverse charge ed esterometro; fermo restando che l’IVA versata nel paese d’origine, essendo indetraibile, dovrà essere considerata componente del costo. A tutti gli effetti, quindi, ai fini IVA l’operazione sconterà due volte l’imposta: nel paese d’origine e in quello di destinazione.
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Cessioni apparecchi medici per infermità: quale aliquota IVA?
Con Risposta a interpello n 287 del 7 aprile le Entrate si occupano di chiarire quando si applica l'aliquota IVA al 4 per cento per cessioni di apparecchi da inserire nell'organismo per compensare una deficienza o una infermità di cui al n. 30) Tab. A Parte II allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633 .
La Società istante è una società di diritto italiano appartenente ad un gruppo multinazionale che commercializza nel territorio italiano dispositivi medicali in ambito vascolare ad alta tecnologia.
Nel marzo 2019 l'Istante ha registrato presso il Ministero della Salute il dispositivo denominato ''BETA'', una protesi per la sostituzione delle corde tendinee mitraliche nell'ambito della chirurgia cardiaca nelle sue diverse tipologie e configurazioni
Tale protesi cordale ha una indicazione chirurgica esclusiva per la sostituzione delle corde tendinee mitraliche allungate o rotte e non può dunque essere utilizzata per altre finalità.
Essa si presenta in due diverse tipologie:
- cappi premisurati
- sistema di sutura
entrambe con la stessa indicazione chirurgica e costituite da fili da sutura monofilamento non riassorbibili in politetrafluoroetilene espanso
Dal punto di vista funzionale, il dispositivo, indipendentemente dalla tipologia, viene impiantato nel ventricolo sinistro del cuore umano a mezzo di un ancoraggio tra la base del muscolo papillare della valvola mitralica e la valvola stessa, sostituendo il tendine naturale danneggiato.
L'Istante precisa che il mercato di riferimento, considerata la tipologia di prodotto, è rappresentato esclusivamente da aziende ospedaliere ed istituti sanitari.
Tale dispositivo è stato anche registrato presso il Ministero della Salute nella categoria ''prodotti non riassorbibili per riempimento e ricostruzione''. In merito all'aliquota IVA da applicare, l'istante ritiene che il dispositivo BETA sia da considerare un ''apparecchio da impiantare nell'organismo per compensare una deficienza o una infermità'' e come tale assoggettabile all'aliquota IVA del 4 per cento ai sensi del numero 30), della Tabella A, parte II, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633.
Al riguardo, la Società allega anche un parere rilasciato alla consociata GAMMA con il quale è stata ritenuta applicabile per le vendite nel Paese X (UE), la cui normativa agevolativa è del tutto simile a quella italiana, l'aliquota agevolata in luogo di quella ordinaria.
L'Istante riferisce che alla medesima classificazione dei dispositivi è giunta anche l'Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli con accertamento tecnico che ha così concluso: ''Si ritiene che le sopra descritte protesi cordali artificiali, commercializzate da ALFA, possano essere classificate, nel rispetto delle Regole generali per l'interpretazione della nomenclatura combinata (in particolare le regole nn. 1 e 6) nell'ambito del Capitolo 90 della Tariffa doganale: ''Strumenti ed apparecchi di ottica, per fotografia e per cinematografia, di misura, di controllo di precisione, strumenti ed apparecchi medicochirurgici, parti ed accessori di questi strumenti o apparecchi'', in particolare alla voce doganale 90.21 ''Oggetti ed apparecchi di ortopedia, comprese le cinture e le fasce medicochirurgiche e le stampelle, stecche, docce ed altri oggetti ed apparecchi per fratture, oggetti ed apparecchi di protesi, apparecchi per facilitare l'audizione ai sordi ed altri apparecchi da tenere in mano, da portare sulla persona o da impiantare nell'organismo, per compensare una deficienza o un'infermità'' sottovoce 9021 39 00 ''altri ( di altri oggetti e apparecchi di protesi).'' L'Istante chiede un parere alla agenzia la quale replica quanto segue.
L'agenzia specifica che visto l'accertamento tecnico dell'Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli nel quale viene specificato anche che ''Tale classificazione doganale è supportata dalle Note Esplicative del Sistema Armonizzato relative alla voce 9021 laddove al capitolo III oggetti e apparecchi di protesi dentaria, oculistica o altre precisa che tali sono gli apparecchi destinati a sostituire totalmente o parzialmente e in genere imitandolo un organo mancante.'' conformemente alle indicazioni fornite dai documenti di prassi, si ritiene dunque, che i dispositivi oggetto dell'istanza siano da ricondurre nell'ambito degli ''apparecchi da inserire nell'organismo per compensare una deficienza o una infermità'' di cui al n. 30) della Tabella A, parte II, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, le cui cessioni sono soggette ad IVA con aliquota nella misura ridotta del 4 per cento.
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IVA agevolata disabili: guida alla documentazione per sussidi informatici
Con Risposta a interpello n 282 del 4 aprile le Entrate chiariscono quando è possibile acquistare prodotti informatici con IVA al 4% se disabili con Legge n 104.
Vediamo i dettagli dell'interpello
La società istante che svolge l'attività di commercio al dettaglio e all'ingrosso di elaboratori elettronici, loro componenti e prodotti connessi, telefoni cellulari e dispositivi mobili, effettua anche vendita di prodotti informatici a soggetti portatori di handicap secondo quanto previsto dalla legge 5 febbraio 1992 n. 104 e quindi con applicazione di IVA agevolata al 4 per cento ai sensi dell'articolo 1 del decreto ministeriale 14 marzo 1998 del Ministero delle Finanze.
In proposito, la Società fa presente che in data 4 agosto 2022 ha sospeso la vendita di un cellulare con aliquota IVA al 4 per cento, poiché sebbene il cliente fosse in possesso dei requisiti soggettivi e del supporto documentale aveva acquistato, a breve distanza di tempo e nello stesso negozio il medesimo prodotto fruendo dell'aliquota IVA ridotta.
L'Istante chiede, dunque, di sapere se l'esercente sia tenuto a verificare se il cliente abbia richiesto ed ottenuto di recente l'acquisto di un prodotto similare con l'applicazione dell'IVA ridotta e a chiedere al cliente di giustificare l'eventuale secondo acquisto agevolato effettuato a breve distanza temporale dal precedente.
Iva agevolata disabili: quando spetta
Le Entrate ricordano che l'art. 1, comma 3bis), del decreto legge 29 maggio 1989, n. 202 prevede che ''Tutti gli ausili e le protesi relativi a menomazioni funzionali permanenti sono assoggettati all'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto del 4 per cento''
In virtù di quanto previsto dall'art. 2, nono comma, del decreto legge 31 dicembre 1996, n. 669, l'aliquota IVA agevolata ''si applica anche ai sussidi tecnici ed informatici rivolti a facilitare l'autosufficienza e l'integrazione dei soggetti portatori di handicap di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104'
Rientrano nell'agevolazione in parola le apparecchiature e i dispositivi basati su tecnologie meccaniche, elettroniche o informatiche sia di comune reperibilità (i.e. fax, modem, computer, telefono a viva voce, ecc.) sia appositamente fabbricati.
Deve, in ogni caso, trattarsi di sussidi da utilizzare a beneficio di persone limitate da menomazioni permanenti di natura motoria, visiva, uditiva o del linguaggio.
In particolare, l'articolo 1 del citato d.m. del 14 marzo 1998 prevede che l'aliquota del 4 per cento si applica ''Alle cessioni e importazioni dei sussidi tecnici ed informatici rivolti a facilitare l'autosufficienza e l'integrazione dei soggetti portatori di handicap di cui all'art. 3della legge 5 febbraio 1992, n. 104''.
Il successivo articolo 2, comma 1, precisa che ''Si considerano sussidi tecnici ed informatici rivolti a facilitare l'autosufficienza e l'integrazione dei soggetti portatori di handicap le apparecchiature e i dispositivi basati su tecnologie meccaniche, elettroniche o informatiche, appositamente fabbricati o di comune reperibilità, preposti ad assistere la riabilitazione, o a facilitare la comunicazione interpersonale, l'elaborazione scritta o grafica, il controllo dell'ambiente e l'accesso alla informazione e alla cultura in quei soggetti per i quali tali funzioni sono impedite o limitate da menomazioni di natura motoria, visiva, uditiva o del linguaggio''.
Iva agevolata disabili: la documentazione necessaria
Riguardo alla documentazione necessaria al fine di fruire dell'aliquota IVA agevolata, l'articolo 2, comma 2, del citato d.m. 14 marzo 1998, nella formulazione in vigore dal 4 maggio 2021, prevede che «Ai fini dell'applicazione dell'aliquota del 4 per cento per le cessioni di sussidi tecnici e informatici effettuate direttamente nei loro confronti, le persone con disabilità, al momento dell'acquisto, producono copia del certificato attestante l'invalidità funzionale permanente rilasciato dall'azienda sanitaria locale competente o dalla commissione medica integrata».
Il successivo comma 2bis stabilisce che i certificati dai quali non risulti il collegamento funzionale tra il sussidio tecnico informatico e la menomazione permanente sono integrati con la certificazione, da esibire in copia all'atto dell'acquisto, rilasciata dal medico curante contenente la relativa attestazione, richiesta per l'accesso al beneficio fiscale.
Occorre, tuttavia, osservare che la possibilità di esibire il certificato del medico curante e non del medico specialista è riconosciuta solo per gli acquisti da effettuarsi successivamente al 4 maggio 2021 data di entrata in vigore del citato comma 2bis dell'art. 2 dell'aggiornato decreto del ministero delle finanze del 14 marzo 1998.
Pertanto, nel caso in cui il verbale della commissione medica pubblica non contenga le indicazioni relative al collegamento funzionale tra menomazione permanente e sussidi tecnici informatici, perché rilasciato in data anteriore alle modifiche apportate all'articolo 2 del d.m. 14 marzo 1998, è necessario esibire l'attestazione del medico specialista.
Iva agevolata disabili: è possibile per due acquisti ravvicinati di prodotti informatici?
Tanto premesso l'agenzia specifica che, in assenza di un'espressa limitazione del numero di sussidi informatici che un singolo cliente (soggetto disabile ex art. 3 della legge n. 104 del 1992) può acquistare, al fine dell'ottenimento dell'aliquota IVA agevolata al 4 per cento l'esercente dovrà acquisire copia del certificato rilasciato dagli organi competenti, attestante l'invalidità funzionale permanente da cui risulti, nei termini anzidetti, lo specifico collegamento funzionale tra la menomazione di natura motoria, visiva, uditiva o del linguaggio e il sussidio tecnico informatico che il soggetto interessato intende acquistare.
Al riguardo, si evidenzia, che la ricorrenza dell'invalidità funzionale permanente e lo specifico collegamento funzionale tra la menomazione e il sussidio tecnico informatico richiede valutazioni non effettuabili né dall'Amministrazione finanziaria né dal rivenditore del bene, risultando demandate ai soggetti a ciò istituzionalmente preposti (ad esempio: aziende sanitarie locali; commissioni mediche; ecc.).
In relazione al caso di specie, pertanto, nel ribadire quanto sopra precisato a proposito dell'assenza di un limite di acquisto dei sussidi, occorre ricordare che la necessità dell'attestazione del collegamento funzionale tra la menomazione e lo specifico sussidio tecnico informatico preposto ''ad assistere la riabilitazione, o a facilitare la comunicazione interpersonale, l'elaborazione scritta o grafica, il controllo dell'ambiente e l'accesso alla informazione e alla cultura in quei soggetti per i quali tali funzioni sono impedite o limitate da menomazioni di natura motoria, visiva, uditiva o del linguaggio'' vale per quei sussidi che, per caratteristiche tecniche e qualità, sono suscettibili anche di diverso uso, non rappresentando sussidi che ''per vocazione'' possono essere utilizzati esclusivamente da un malato affetto da menomazioni funzionali permanenti.
Per questa ragione il certificato rilasciato dal soggetto preposto deve contenere l'individuazione dello specifico sussidio tecnico informatico oggetto di acquisto per il quale ricorre il sopra menzionato nesso funzionale.
Nel caso rappresentato dall'istante, alla luce della documentazione fornita in sede di integrazione, risulta assente tale analitica indicazione.
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Prestazioni diagnosi: chiarimenti sulla emissione della fattura
Con Risposta a interpello n 275 del 4 aprile le Entrate chiariscono che:
- le prestazioni sanitarie rese da poliambulatori o laboratori di analisi
- devono essere obbligatoriamente certificate mediante fattura.
Nel dettaglio la società istante è un laboratorio analisi cliniche autorizzato per l'attività sanitaria di laboratorio analisi chimico cliniche e microbiologiche, struttura sanitaria autorizzata, aperta al pubblico ed esegue direttamente le prestazioni sanitarie di analisi cliniche avvalendosi di professionisti sanitari abilitati quali infermieri, biologi, tecnici di laboratorio ed inquadrati come dipendenti o collaboratori.
Riferisce, inoltre, che: «Trattasi in definitiva di prestazione sanitaria resa dalla struttura sanitaria nei propri locali (e non da un professionista terzo nei locali medesimi). I referti delle analisi vengono rilasciati su carta intestata del laboratorio. Il titolo fiscale è redatto dalla società [ALFA], in quanto servizi sanitari resi da impresa, e trasmesso come vuole la norma al Sistema Tessera Sanitaria».
Tanto premesso, l'istante chiede se possa emettere il cd. ''scontrino parlante'', invece della fattura con indicazione della natura, qualità e quantità delle prestazioni sanitarie eseguite.
Sinteticamente l'agenzia specifica che nel caso prospettato le prestazioni sanitarie sono rese direttamente dall'istante che è un Poliambulatorio specialistico Chirurgico ed Endoscopico, nonché laboratorio di analisi cliniche e di conseguenza devono essere documentate mediante fattura ex articolo 21 del decreto IVA.
Nel dettaglio, l'articolo 10, comma 1, n. 18), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 prevede che sono esenti dall'imposta «le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione della persona rese nell'esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell'articolo 99 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, ovvero individuate con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze»
L'articolo 22 del decreto IVA dispone che l'emissione della fattura non è obbligatoria, se non è richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell'operazione:
- per le cessioni di beni effettuate da commercianti al minuto autorizzati in locali aperti al pubblico, in spacci interni, mediante apparecchi di distribuzione automatica, per corrispondenza, a domicilio o in forma ambulante;
- per le operazioni esenti indicate ai numeri da 1) a 5) e ai numeri 7), 8), 9), 16) e 22) dell'art. 10
Dunque, sottolinea l'agenzia, la norma individua puntualmente le operazioni esenti elencate dall'articolo 10 del decreto IVA (''da 1) a 5) e ai numeri 7), 8), 9), 16) e 22)'') per le quali l'emissione della fattura non è obbligatoria e che, dunque, possono attualmente essere documentate attraverso la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi, di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, e l'emissione del cd. ''documento commerciale''
Tra queste non sono ricomprese le ''prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione della persona'' indicate al n. 18, che pertanto devono essere documentate mediante fattura, indipendentemente dalla richiesta del cliente.
L'agenzia specifica inoltre che la suddetta previsione è in linea con quando previsto dal successivo articolo 36bis del decreto IVA, secondo cui, «Il contribuente che ne abbia data preventiva comunicazione all'ufficio è dispensato dagli obblighi di fatturazione e di registrazione relativamente alle operazioni esenti da imposta ai sensi dell'art. 10, tranne quelle indicate al primo comma, numeri 11), 18) e 19), e al terzo comma dello stesso articolo, fermi restando l'obbligo di fatturazione e registrazione delle altre operazioni eventualmente effettuate, l'obbligo di registrazione degli acquisti e gli altri obblighi stabiliti dal presente decreto, ivi compreso l'obbligo di rilasciare la fattura quando sia richiesta dal cliente»
Prestazioni sanitarie farmacie: quando è ammesso lo scontrino parlante
Infine, in merito ai chiarimenti contenuti nella risoluzione n. 60/E del 12 maggio 2017, l'agenzia osserva che è stato ammesso il ricorso all'utilizzo del cd. ''scontrino parlante'' (ora ''documento commerciale parlante'', integrato con il codice fiscale del destinatario) da parte delle farmacie in linea con quanto già disposto (ex articoli 10, comma 1, lettera b) e 15, comma 1, lettera c), del T.U.I.R., di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), per la certificazione dei medicinali dalle medesime ceduti circoscrivendo puntualmente, secondo le previsioni contenute nel decreto legislativo 3 ottobre 2009, n. 153, il tipo di prestazioni eseguibili nei locali delle farmacie medesime, e valorizzando, altresì, la circostanza che, «i soggetti abilitati all'esercizio della professione sanitaria, i quali rendono le prestazioni per conto della farmacia nei suoi locali, emettono comunque fattura nei confronti di quest'ultima», nel rispetto di quanto previsto dalle disposizioni innanzi richiamate.
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Servizi internet da residente UE: come sanare l’errore nel luogo d’imponibilità IVA
Come regolarizzare l'IVA dovuta da un residente UE che presta servizi di teleradiodiffusione via internet.
Con la Risposta a interpello n 253 del 17 marzo le Entrate replicano ad un istante, società stabilita in UE che offre ai propri clienti, business e privati, i seguenti servizi di organizzazione e implementazione delle infrastrutture informatiche:
- i) servizi di connettività;
- ii) server dedicati indipendenti;
- iii) servizi di Cloud Computing;
- iv) fornitura di dispositivi per il controllo del traffico entrante ed uscente (FWaaS).
Listante precisa che:
- ai sensi dell'articolo 7 del Regolamento di esecuzione (UE) del Consiglio del 15 marzo 2011, n. 282, si considerano ''prestati tramite mezzi elettronici'' i ''servizi forniti attraverso Internet o una rete elettronica e la cui natura rende la prestazione essenzialmente automatizzata, corredata di un intervento umano minimo e impossibile da garantire in assenza della tecnologia dell'informazione'';
- l'articolo 58 della ''direttiva IVA'', rubricato ''Prestazioni di servizi di telecomunicazione, servizi di teleradiodiffusione e servizi elettronici a persone che non sono soggetti passivi'', prevede che il luogo di effettuazione di tali servizi è il ''luogo in cui la persona è stabilita oppure ha l'indirizzo permanente o la residenza abituale''.
La Società riferisce di aver errato nell'individuare il luogo di imponibilità IVA delle prestazioni di servizi erogate nel periodo di imposta 2016-2021 a committenti non soggetti passivi.
In particolare, ha assoggettato ad IVA nel proprio Stato di stabilimento i servizi resi ai privati consumatori applicando erroneamente alle prestazioni di servizi elettronici erogate ai clienti privati l'articolo 45 della direttiva IVA ai sensi del quale ''il luogo delle prestazioni di servizi resi a persone che non sono soggetti passivi è il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica''.
Resasi conto dell'errore, in relazione all'individuazione del luogo di effettuazione delle prestazioni rese ai committenti non soggetti passivi stabiliti in Italia, l'Istante chiede di conoscere le modalità da seguire per liquidare in Italia l'IVA dovuta per il periodo 20162021.
Avendo aderito al regime OSS dal 1° gennaio 2022 chiede l'autorizzazione a pagare l'importo dovuto ai fini IVA per il periodo 2016 2021 mediante la prossima dichiarazione OSS.
L'agenzia specifica che in relazione al quesito, si segnala che l'articolo 57 quinquies, comma 1 del Regolamento di esecuzione (UE) del Consiglio del 15 marzo 2011, n. 282, disciplinante gli adempimenti gravanti sul soggetto passivo che intende avvalersi dei predetti regimi OSS/IOSS, prevede che ''Se un soggetto passivo comunica allo Stato membro di identificazione che intende avvalersi del regime non UE o del regime UE, tale regime speciale si applica a decorrere dal primo giorno del trimestre civile successivo''.
La decorrenza temporale fissata dal legislatore per l'operatività dei regimi speciali è quindi definita in maniera precisa: l'adesione dispiega i propri effetti dall'inizio del trimestre successivo all'iscrizione al portale.
Analogamente, la direttiva IVA, nel disciplinare termini e contenuto delle dichiarazioni IVA (articoli 364 e ss.), fa riferimento alle sole cessioni e prestazioni, rientranti nei regimi speciali, effettuate nel corso del periodo d'imposta.
Coerentemente, l'articolo 74 sexies del decreto IVA dispone che le dichiarazioni presentate dai soggetti passivi che hanno aderito ai regimi in argomento riportino l'ammontare delle operazioni (prestazioni di servizi; vendite a distanza intracomunitarie di beni; cessioni di beni nazionali facilitate tramite piattaforme) ''effettuate nel periodo di riferimento''.
Pertanto alla luce delle prescrizioni fissate dal legislatore, unionale e nazionale, in merito all'ambito operativo dei regimi speciali in esame, non si ritiene percorribile la richiesta della Società di utilizzare il regime OSS per regolarizzare il debito IVA relativo alle prestazioni di servizi elettronici rese nel periodo 2016-2021 a privati consumatori stabiliti nello Stato.
Si segnala, tuttavia, che in base alla normativa italiana, alle violazioni commesse nell'ambito del regime speciale MOSS si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie contenute nel d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472.
Nella circolare n. 22/E del 26 maggio 2016, si è ammesso che ''il soggetto passivo non residente, con riferimento alle operazioni effettuate nel territorio nazionale, possa sanare l'omessa o tardiva presentazione della dichiarazione trimestrale, nonché l'omesso o tardivo versamento dell'IVA avvalendosi dell'istituto del ravvedimento operoso di cui all'articolo 13 del d.lgs. n. 472 del 1997. Resta inteso che, ai fini della regolarizzazione della violazione commessa, il soggetto passivo non residente dovrà versare l'imposta allo Stato di identificazione, mentre gli interessi e le sanzioni ridotte calcolati sulla parte di imposta dovuta per le operazioni effettuate nel territorio dello Stato direttamente all'Italia, quale Stato membro di consumo''.
Pertanto, l'Istante dovrà verificare con il proprio Stato di identificazione la possibilità di effettuare una registrazione tardiva al MOSS finalizzata a regolarizzare l'imposta dovuta in Italia, nei limiti di quanto ammesso dal citato articolo 13 del d.lgs. 472/1997 e quindi del ravvedimento operoso.
Se la registrazione tardiva fosse possibile, la Società potrà versare l'imposta nel proprio Stato di stabilimento, tramite MOSS, e versare interessi e sanzioni ridotte in Italia mediante Modello F24, previa acquisizione di un codice fiscale italiano (senza identificazione ai fini IVA).
Qualora, invece, tale opzione di registrazione tardiva non fosse possibile per effettuare i predetti adempimenti, contabili e di versamento, l'Istante dovrà registrarsi ai fini IVA in Italia secondo quanto previsto dagli articoli 17, comma 3 e 35ter del decreto IVA.
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Aliquota IVA per cessione di prodotti oftalmici monodose
Con Risposta a interpello n 257 del 20 marzo le Entrate chiariscono che un soggetto che commercializza un prodotto oftalmico in formato monodose può applicare l’aliquota Iva al 10% alle cessioni del bene.
Il chiarimento è stato fornito anche sulla base del parere di accertamento tecnico rilasciato dall’Agenzia delle dogane e monopoli in cui viene precisato che il prodotto può essere classificato tra le sostanze utilizzate per cure mediche, alla voce 3004 della nomenclatura doganale, e quindi fra i beni agevolabili.La società istante svolge attività di produzione e confezionamento di piante officinali, prodotti erboristici, integratori alimentari, dispositivi medici e prodotti fitocosmetici.
Tra gli altri, commercializza, applicando l'aliquota IVA del 22 per cento, il ''prodotto oftalmico in formato monodose'' confezionato in un astuccio di cartone con 10 flaconcini monodose da 0,5 ml.
La Società chiede quale sia la corretta aliquota IVA da applicare allegando il prescritto parere di accertamento tecnico della competente Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli.
Le Entrate specificano che, la circolare 10 aprile 2019 n. 8/E ha chiarito che la norma di interpretazione autentica di cui all'articolo 1, comma 3, della Legge di Bilancio 2019 fa rientrare «i dispositivi medici a base di sostanze, normalmente utilizzate per cure mediche, per la prevenzione delle malattie e per trattamenti medici e veterinari, classificabili nella voce 3004 della nomenclatura combinata (…)» tra i beni le cui cessioni sono soggette all'aliquota IVA del 10 per cento, prevista dal numero 114) della Tabella A, parte III, allegata Decreto IVA
Per il citato numero 114) sono soggette all'aliquota IVA del 10 per cento le cessioni aventi a oggetto «medicinali pronti per l'uso umano o veterinario, compresi i prodotti omeopatici; sostanze farmaceutiche ed articoli di medicazione di cui le farmacie debbono obbligatoriamente essere dotate secondo la farmacopea ufficiale».
La predetta norma di interpretazione autentica non riguarda tutti i dispositivi medici, bensì solo quelli classificabili nella voce 3004 della Nomenclatura combinata
In base alle dichiarazioni fornite dalla Società, ''il prodotto è indicato per il solo uso oftalmico, favorendo il ripristino delle naturali condizioni funzionali dell'occhio, lubrificandolo e formando un film protettivo. Inoltre, previene e attenua i fastidi caratteristici della sindrome dell'occhio secco''.
ADM afferma che:
- ''Poiché ''il Prodotto'' ha un contenuto, dichiarato nell'istanza di parte, di 2,5 g (quantità % Peso su Volume) di sodio ialuronato crosslinkato soluzione al 4% acido ialuronico , alla luce del recente orientamento unionale relativo ai prodotti oftalmici contenenti acido ialuronico,
- si può considerare tale bene come classificabile nell'ambito del Capitolo 30 della Tariffa Doganale: ''Prodotti farmaceutici'' ed in particolare alla sottovoce 3004 90 00: 'Medicamenti (esclusi i prodotti delle voci 3002, 3005 o 3006) costituiti da prodotti anche miscelati, preparati per scopi terapeutici o profilattici, presentati sotto forma di dosi (compresi i prodotti destinati alla somministrazione per assorbimento percutaneo) o condizionati per la vendita al minuto''.
Alla luce di queste nuove considerazioni, il prodotto può essere classificato alla voce 3004, in quanto:
- è confezionato in dosi per la vendita al minuto,
- riporta in etichetta, sulla confezione e nel foglietto illustrativo i disturbi o i sintomi per i quali il prodotto deve essere utilizzato, le istruzioni per l'uso, le avvertenze, modi e tempi di somministrazione,
- è utilizzato solo per un uso specifico, e presenta un principio attivo in concentrazione nota.
Preso atto della classificazione nella voce 3004 effettuata da ADM, le cessioni del dispositivo medico oggetto del presente interpello sono conseguentemente soggette all'aliquota IVA del 10 per cento prevista dal n. 114) della Tabella A, parte III, allegata al Decreto IVA.
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Aliquote IVA beni covid in vigore dal 1 gennaio 2023
Pubblicata la Circolare n. 5/2023 delle Dogane che rende note le nuove aliquote IVA in vigore dal 1°gennaio 2023
Con la Circolare n. 5 del 15 febbraio 2023 le Dogane hanno fornito chiarimenti sulla riduzione dell’aliquota IVA per le cessioni e le importazioni di beni necessari per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 aggiornando quanto già chiarito con la circolare n. 9/D del 3 marzo 2021.
In particolare, con la precedente Circolare veniva data notizia di quanto disposto con la Legge di Bilancio 2021 in materia di IVA, laddove era stata prevista:
- l’esenzione IVA, fino al 31 dicembre 2022, sulle cessioni di “strumentazione per diagnostica in vitro per COVID-19” nonché,
- la previsione dell’esenzione IVA, dal 20 dicembre 2020 al 31 dicembre 2022, sulle cessioni dei “vaccini contro il COVID-19 autorizzati dalla Commissione europea o dagli Stati membri e le prestazioni di servizi strettamente connesse a tali vaccini”.
Pertanto, con il documento di prassi in commento si informa che sono state aggiornate le integrazioni nella TARIC, individuando l’aliquota IVA in vigore con decorrenza 1° gennaio 2023, valevole per le importazioni ma anche per le cessioni domestiche dei suddetti prodotti. È, quindi, precisato che si applica:
1. l’aliquota IVA del 5% per la strumentazione per diagnostica in vitro per COVID-19, individuata con i codici di nomenclatura combinata 3822 1900 10; ex 3821 0000; ex 9018 90; ex 9027 89; 3822 1900 10; ex 9027 8990, ai sensi del n. 1-ter.1 della Tabella A, parte II-bis, allegata al DPR 633/72;
Per le operazioni doganali aventi ad oggetto i suddetti beni, ad esclusione del codice TARIC 3822 1900 10, gli operatori economici dovranno utilizzare il Cadd Q102, che risponde alla seguente descrizione: “Riduzione aliquota IVA per le cessioni dei beni necessari per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 (Art.124 comma 1 del DL 19/05/2020, n. 34 convertito nella Legge n.77 del 17/07/2020, che ha introdotto il punto 1- ter.1, parte II-bis, Tabella A del DPR 633/72)”.
2. l’aliquota IVA del 10% per i vaccini contro il COVID-19, identificati con il codice di nomenclatura combinata codice 3002 4110, come previsto dal n. 114) della Tabella A, parte III, allegata al DPR 633/72.
Per tale fattispecie non dovrà essere inserito alcun Codice Addizionale (Cadd) in dichiarazione doganale.
Alla luce di quanto sopra, viene precisato che si considera soppresso, a far data dal 1° gennaio 2023, l’allegato 2 alla circolare 9/D, che conteneva i casi di esenzione dall’IVA ormai non più previsti.
Restano fermi gli ulteriori chiarimenti e codici di nomenclatura individuati con la circolare n. 9/2021 per le importazioni dei beni necessari per il contenimento e la gestione dell’emergenza COVID-19, ai quali si applica l’aliquota IVA del 5% ai sensi del richiamato n. 1-ter.1 della Tabella A, parte II-bis, allegata al DPR 633/72, a decorrere dal 1° gennaio 2021.