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Maggiori acconti addizionale Ires: codici tributo per intermediari
Con Risoluzione n 43 del 20 giugno le Entrate istituitscono i codici tributo “2043” e “2044” per consentire agli intermediari finanziari di pagare i maggiori acconti dell’addizionale Ires.
Tutti i dettagli per adempiere.
Maggiori acconti addizionale Ires: codici tributo per intermediari
La Risoluzione in oggetto precisa che rimane la validità di quanto già versato con i codici 2007, 2008, 3881, 3882 istituiti con la Risoluzione n. 38 del 6 giugno 2025 per il pagamento dei maggiori acconti Ires e Irap per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 e per il successivo, in linea con quanto previsto dalla legge di Bilancio 2025 (articolo 1, commi 14-20 legge n. 207/2024).
I nuovi codici tributo sono:
- “2043” denominato “Maggior acconto I rata addizionale IRES per gli intermediari finanziari – articolo 1, comma 20, della legge 30 dicembre 2024, n. 207”
- “2044” denominato “Maggior acconto II rata addizionale IRES per gli intermediari finanziari o maggior acconto in unica soluzione – articolo 1, comma 20, della legge 30 dicembre 2024, n. 207”.
Praticamente all'atto dellaq compilazione del modello F24, i suddetti codici tributo sono esposti nella sezione “Erario”, in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, con l’indicazione nel campo “anno di riferimento” dell’anno d’imposta per cui si effettua il versamento, nel formato “AAAA”.
Per il codice tributo “2043”, in caso di versamento rateale, il campo “rateazione/Regione/Prov./mese rif.” è valorizzato nel formato “NNRR”, dove “NN” rappresenta il numero della rata in pagamento e “RR” il numero totale delle rate. Per i pagamenti in un’unica soluzione, tale campo è valorizzato con “0101”.
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Ires 2025: come prepararsi per quest’anno
Aperta la campagna dei Dichiarativi 2025: le Entrate hanno pubblicato tutte le regole anche per la Dichiarazione delle società di capitali.
In particolare, per pagare l'Ires 2025 anno di imposta 2024 le società interessate devono predisporre il Modello Redditi SC 2025 con istruzioni.
Vediamo chi deve versare l'Ires.
Ires 2025: chi la paga
Devono versare l'Ires 2025 anno di imposta 2024:
- le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione, le società europee (regolamento CE n. 2157/2001) e le società cooperative europee (regolamento CE n. 1435/2003) residenti in Italia;
- gli enti pubblici e privati residenti in Italia, compresi i consorzi, i trust, gli organismi di investimento collettivo del risparmio e gli enti non commerciali (organizzazioni no profit);
- le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, non residenti in Italia, per i soli redditi prodotti in Italia.
In particolare sono considerati fiscalmente residenti in Italia:
- le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno in Italia la sede legale o la sede di direzione effettiva o la gestione ordinaria in via principale;
- gli organismi di investimento collettivo del risparmio istituiti in Italia
- salvo prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Stati o territori diversi da quelli che consentono un adeguato scambio di informazioni con l’Italia, se almeno uno dei disponenti e almeno uno dei beneficiari del trust sono fiscalmente residenti in Italia
- salvo prova contraria, i trust istituiti in Stati o territori diversi da quelli che consentono un adeguato scambio di informazioni quando, dopo la loro costituzione, un soggetto residente in Italia effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, e vincoli di destinazione sugli stessi.
Attenzione al fatto che, sono esenti dall’imposta sulle società i redditi degli organismi di investimento collettivo del risparmio istituiti in Italia e di quelli con sede in Lussemburgo, nei casi previsti dalla legge (TUIR art. 73, comma 5-quinquies).
Ires 2025: a cosa prestare attenzione quest’anno
Quest'anno occorre prestare attenzione ad alcune delle principali novità:
- Concordato preventivo biennale. È stato previsto il nuovo quadro CP e sono stati aggiornati i quadri RF, RS, RH, TN, PN e GN per accogliere le novità della disciplina del concordato preventivo biennale (decreto legislativo 12 febbraio 2024, n. 13).
- Regime agevolato primo insediamento imprese giovanili in agricoltura. Nel quadro RQ è stata prevista la sezione XXV dedicata ai giovani agricoltori che hanno intrapreso un’attività d’impresa nel settore agricolo ed esercitato l’opzione per il regime fiscale agevolato consistente nel pagamento di un’imposta sostitutiva dell’IRES, delle relative addizionali e dell’IRAP applicata alla base imponibile costituita dal reddito d’impresa prodotto nel periodo d’imposta (art. 4 della legge 15 marzo 2024, n. 36)
- Maggiorazione costo del personale. Il quadro RF è stato aggiornato per accogliere, tra le variazioni in diminuzione, la maggior deduzione del costo del personale di nuova assunzione (art. 4 del decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 216).
- Plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate da parte di società ed enti commerciali non residenti. Nel quadro RT è stata inserita la sezione VI dedicata al nuovo regime delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate con requisiti di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 1 dell’art. 87 del TUIR, da parte di società ed enti commerciali non residenti (art. 1, comma 59, della legge 30 dicembre 2023, n. 213).
Affrancamento straordinario delle riserve. È stata prevista la nuova sezione VII-B del quadro RQ riservata ai contribuenti che optano per l’affrancamento dei saldi attivi di rivalutazione, delle riserve e dei fondi, in sospensione di imposta, esistenti nel bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023, che residuano al termine dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024 (art. 14 del decreto legislativo 13 dicembre 2024, n. 192).
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Interessi su mutui per acquisto terreni da destinare a diritti di superficie: deducibilità
Con Risposta a interpello n 110 del 16 aprile le Entrate hanno replicato ad una società che acquista terreni per impianti solari.
Essa acquista terreni con mutui ipotecari per poi concederli a terzi con contratto ventennale di diritto di superficie.
I soggetti terzi vi installeranno impianti solari.
Le Entrate replicano al quesito specificando che l'articolo 1, comma 36, della legge n. 244/2007 prevede la piena deducibilità degli interessi passivi su tali mutui a condizione che gli immobili siano destinati alla locazione e che il finanziamento sia garantito da ipoteca. Vediamo il dettaglio dell'interpello.
Interessi su mutui per acquisto terreni da destinare a diritti di superficie: deducibilità
Una Srl chiede sull’interpretazione dell'articolo 1, comma 36, della legge n. 244/2007, riguardo alla deducibilità fiscale degli interessi passivi derivanti da finanziamenti garantiti da ipoteca su terreni destinati alla creazione di diritti di superficie (Dds).
La società ha firmato dei contratti preliminari per l’acquisto di terreni con mutuo ipotecario sui terreni e comporteranno interessi passivi.
I diritti di superficie avranno una durata ventennale e saranno concessi a terzi, dietro pagamento di un canone periodico, per installare pannelli fotovoltaici.La società specifica di aver scelto i Dds per garantire una tutela reale agli istituti di credito, che preferiscono questa forma contrattuale rispetto a un contratto di locazione. La Srl redige il bilancio secondo i principi contabili nazionali.
Le Entrate dissentono con la soluzione interpretativa dell'listante che sosteneva di potere dedurre integralmente gli interessi passivi.Secondo l'ADE tanto la normativa quanto la prassi, richiamata nella risposta di cui si tratta, specificano chiaramente che solo gli immobili dati in locazione possono beneficiare della deducibilità prevista dal comma 36 e che non è possibile equiparare i diritti di superficie a contratti di locazione.
L’Agenzia delle entrate ricorda che la deducibilità ai fini Ires degli interessi passivi relativi a finanziamenti contratti dalle società per l’attività d’impresa è disciplinata dall'art 96 del Tuir, il quale stabilisce che l’eccedenza degli interessi passivi rispetto agli interessi attivi è deducibile entro certi limiti, calcolati nella misura del 30% del risultato operativo lordo della gestione caratteristica del periodo d'imposta e del periodo precedente.
L'articolo 1 comma 36, della legge n. 244/2007, modificato dall’articolo 4 dal Dlgs n. 147 del 2015, prevede una deroga a questi limiti per gli interessi passivi relativi all’acquisto o costruzione di immobili patrimoniali.
La modifica ha previsto che le “società che svolgono in via effettiva e prevalente attività immobiliare” devono avere un attivo patrimoniale composto per la maggior parte dal valore normale degli immobili destinati alla locazione e ricavi da canoni di locazione per almeno due terzi.
Per applicare tale deroga, è necessario che gli interessi siano relativi all’acquisto o costruzione degli immobili e che il mutuo ipotecario riguardi gli stessi immobili concessi in locazione.
La Circolare n. 37/2009 chiarisce che la disposizione si applica sia agli immobili patrimoniali che a quelli strumentali, purché destinati all’attività locativa.
In conclusione, secondo l'Ade la società non può beneficiare della deduzione integrale degli interessi passivi prevista dal comma 36, poiché non soddisfa il requisito della destinazione alla locazione.
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Ires al 20% per le imprese che investono in beni tecnologici
La Legge di Bilancio 2025 ha previsto novità sull'ires.
In particolare, una norma agevolativa, prevede per le imprese che investono in beni strumentali tecnologicamente avanzati una aliquota ires ridotta.
L'aliquota Ires è ordinaziarmente al 24% ma con la disposizione introdotta dal 1° gennaio si riconosce per il solo periodo d’imposta 2025, a determinati soggetti passivi IRES, al ricorrere di talune condizioni, l’aliquota agevolata del 20 per cento in luogo di quella ordinaria. Si prevedono, altresì, specifici casi di decadenza, nonché di esclusione, da tale agevolazione.
L'8 agosto 2025 è stato pubblicato il decreto attuativo del MEF, clicca qui per scaricare il testo del decreto.
Per approfondire leggi anche IRES premiale: regole, condizioni e cause di decadenza.
Ires al 20% per le imprese che investono in beni tecnologici
Nelle more dell’attuazione dei principi e dei criteri direttivi previsti dall’articolo 6, comma 1, lettera a) della legge n. 111 del 2023 in materia di revisione del sistema di imposizione sui redditi delle società e degli enti (riduzione dell'aliquota IRES nel caso in cui sia impiegata in investimenti, con particolare riferimento a quelli qualificati, o anche in nuove assunzioni ovvero in schemi stabili di partecipazione dei dipendenti agli utili) la riduzione dell’aliquota IRES dal 24 per cento al 20 per cento, per il solo periodo d’imposta 2025, per le società e gli enti che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali o non residenti nel territorio dello Stato, assoggettate all’IRES qualora ricorrano cumulativamente le seguenti condizioni:
- a) accantonamento ad apposita riserva di una quota minima pari all’80 per cento degli utili dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024;
- b) destinazione di una quota pari ad almeno il 30 per cento di tali utili accantonati e, comunque, non inferiore al 24 per cento degli utili dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023 (di ammontare non inferiore, in ogni caso, a 20 mila euro), a investimenti nell’acquisto, anche mediante contratti di locazione finanziaria, di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, indicati negli allegati A e B alla legge n. 232 del 2016 (investimenti beni strumentali Transizione 4.0) e nell’articolo 38 del decreto-legge n. 19 del 2024 (investimenti beni strumentali Transizione 5.0), che siano effettuati tra la data di entrata in vigore della presente legge e la scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024;
- c) nel periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024:
- il numero di unità lavorative per anno (ULA) non sia diminuito rispetto alla media del triennio precedente;
- siano effettuate nuove assunzioni di lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato in misura tale da garantire un incremento occupazionale di almeno l’1 per cento del numero di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato mediamente occupato nel periodo d’imposta precedente (ovvero quello in corso al 31 dicembre 2024) e, comunque, in misura non inferiore a una nuova assunzione
- d) l’impresa non abbia fatto ricorso all’istituto della cassa integrazione guadagni nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024 o in quello successivo, ad eccezione del caso in cui l’integrazione salariale ordinaria sia stata corrisposta in presenza di situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali.
Vengono individuati i casi di decadenza dall’agevolazione:
- a) distribuzione della predetta quota di utile accantonata entro il secondo esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024;
- b) dismissione, cessione a terzi, destinazione a finalità estranee all’esercizio dell'impresa ovvero destinazione stabilmente a strutture produttive localizzate all’estero, anche se appartenenti allo stesso soggetto, dei beni oggetto di investimento sopra menzionati entro il quinto periodo d’imposta successivo a quello nel quale è stato realizzato l’investimento.
Si prevede l’esclusione dal presente beneficio delle società e degli enti in liquidazione ordinaria, assoggettati a procedure concorsuali di natura liquidatoria, nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 o che determinano il proprio reddito imponibile, anche parzialmente, sulla base di regimi forfetari.
Inoltre, si provvede a disciplinare una serie di casi specifici:
- qualora le società e gli enti sopra menzionati partecipino al consolidato nazionale o mondiale, l’importo su cui spetta l’aliquota del 20 per cento è utilizzato dalla società o ente controllante, ai fini della liquidazione dell’imposta dovuta, fino a concorrenza del reddito eccedente le perdite computate in diminuzione;
- in caso di opzione per il regime di trasparenza fiscale, l’importo su cui spetta la predetta aliquota è attribuito a ciascun socio in misura proporzionale alla sua quota di partecipazione agli utili;
- gli enti non commerciali e gli altri soggetti indicati all’articolo 73, comma 1, lettera c), del TUIR possono fruire dell’agevolazione limitatamente all’IRES riferibile al reddito di impresa.
Viene disposto, altresì, che, ai fini della determinazione dell’acconto dovuto per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025, si assume, quale imposta del periodo precedente, quella determinata non applicando le presenti disposizioni.
Infine, si demanda ad apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze l’attuazione delle disposizioni in esame.
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Errori contabili: come correggerli, rilevanza Ires e Irap
Con Risposta a interpello n 63 del 4 marzo le Entrate chiariscono il caso di una società che ha erroneamente imputato un bene.
La questione riguarda la correzione nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2023 di un errore contabile commesso nel 2022. Nello specifico, la società ha erroneamente contabilizzato l’acquisto di due semirimorchi usati come costo di esercizio invece che come beni strumentali ammortizzabili, portando alla loro deduzione immediata nell'anno 2022, con effetti sulle imposte.
La S.r.l. chiede se la correzione dell'errore possa avvenire direttamente nelle dichiarazioni dei redditi 2023, senza la necessità di presentare una dichiarazione integrativa per il 2022.
I chiarimenti riguardano l'interpretazione e applicazione delle seguenti disposizioni normative:
- l'articolo 83, comma 1, del TUIR, come modificato dal Decreto-Legge n. 73/2022 e dalla Legge n. 197/2022, ai fini delle imposte sui redditi delle società (IRES).
- l'articolo 8, comma 1-bis, del Decreto-Legge n. 73/2022, ai fini dell'IRAP.
Vediamo la replica delle Entrate.
Errori contabili: come correggerli se rilevanti per Ires e Irap
L'agenzia riepiloga che, nel caso di specie, l'errore contabile ha conseguentemente determinato l'erronea imputazione del complessivo ammontare di tale costo nell'anno di acquisto degli automezzi (2022); costo che, invece, doveva essere ripartito lungo l'intera vita utile degli stessi mediante il meccanismo contabile dell'ammortamento.
L'Istante si interroga sulla possibilità di attribuire rilevanza fiscale (ai fini IRES e IRAP) alla correzione dell'errore contabile derivante da un'errata classificazione di una posta contabile, avvenuta nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2023 (primo esercizio soggetto a revisione legale) attraverso una rettifica (positiva) del saldo degli utili portati a nuovo (trattandosi di un errore qualificato dalla Società come ''rilevante'' in base all'OIC 29).
Va ricordato che laddove l'errore contabile rappresentato in istanza risultasse, invece, conseguenza di una non corretta applicazione di norme fiscali (ossia, in altri termini, non fosse qualificabile come errore secondo i principi contabili nazionali valutazione che non è riconducibile all'area dell'istituto dell'interpello), le previsioni qui richiamate concernenti la rilevanza fiscale dell'errore contabile non troverebbero, in radice, applicazione.L'agenzia precisa che in relazione agli effetti fiscali della correzione degli errori contabili, in base all'attuale formulazione dell'articolo 83, comma 1, del Tuir ''ai soggetti che procedono alla correzione di errori contabili in bilancio e che applicano la ''derivazione rafforzata'' e sono sottoposti a revisione legale, viene riconosciuto a fini fiscali il corrispondente componente correttivo nel medesimo esercizio in cui la correzione è eseguita; possibilità che viene, tramite le previsioni del richiamato
comma 1bis, estesa anche ai fini dell'IRAP per le voci di bilancio rilevanti ai fini della determinazione della base imponibile del tributo regionale. La citata modifica normativa, quindi, consente di dare rilevanza ai fini fiscali alla correzione degli
errori contabili, sia quelli qualificati come ''rilevanti'', sia come ''non rilevanti'' in applicazione di corretti principi contabili, nell'esercizio/periodo di imposta in cui avviene la correzione stessa, in luogo della presentazione della dichiarazione integrativa di cui ai commi 8 e 8 bis del decreto del Presidente della Repubblica 2 luglio 1998, n. 322 (che, tuttavia, continua a trovare applicazione in relazione ai casi in cui difettino i requisiti soggettivi e/o oggettivi per la fruizione delle semplificazioni in commento). […]
Ciò comporta, altresì, che nei confronti del contribuente che procede (sempre nel rispetto delle condizioni richieste dall'articolo 83 del Tuir) a detta correzione risulta preclusa la possibilità di ricorrere alla presentazione di una dichiarazione dei redditi integrativa per emendare quella del periodo d'imposta in cui si è verificato l'errore contabile oggetto della procedura di correzione.Analoga soluzione deve ritenersi applicabile anche ai fini dell'IRAP per quanto riguarda la correzione degli errori contabili che riguardano le voci rilevanti ai fini della determinazione del tributo regionale'' (così la richiamata risposta n. 73 del 2024).
Secondo la Società, l'errata rilevazione del costo sostenuto per l'acquisto degli automezzi avrebbe determinato un'''errata qualificazione della ''natura'' del componente negativo di reddito''; nella specie, si ritiene che l'errore contabile sia ascrivibile a un'errata classificazione della posta contabile in questione, la quale ha comportato, a sua volta, un'errata imputazione temporale di tale costo ai fini IRES e IRAP.
Nella circolare n. 7/E del 28 febbraio 2011, è stato precisato, in generale, che sotto il profilo contabile ''le qualificazioni attengono alla ''sostanziale'' individuazione degli effetti di ciascuna operazione aziendale, le ''classificazioni'', invece, costituiscono il passo successivo: infatti, una volta individuato il ''modello'' giuridiconegoziale di riferimento e una volta chiarito se l'operazione presenti unicamente profili patrimoniali o si manifesti, in tutto o in parte, come fenomeno reddituale occorre definirne gli specifici effetti che la stessa eventualmente produce sul reddito (e, contestualmente, individuare la specifica appostazione in bilancio dei relativi elementi reddituali e/o patrimoniali)''.
Ciò implica che una diversa classificazione in bilancio può generare una diversa imputazione temporale dei relativi componenti di reddito.
In base a quanto indicato dalla Società, l'errore nella classificazione della posta contabile concernente il costo per l'acquisto dei beni in parola ha determinato un errore nella quantificazione (riducendolo) dell'utile di esercizio relativo al 2022, il quale ha assunto, a sua volta, valenza fiscale in quanto ha comportato, in capo alla Società, l'integrale deducibilità (ai fini IRES e IRAP) del costo in parola (senza procedere all'ammortamento di detto costo vista la natura strumentale del bene acquistato a utilità differita)Come ricordato nella citata risposta n. 73 del 2024 la finalità delle modifiche introdotte dall'articolo 8, commi 1, lettera b), e 1 bis, del citato decretolegge n. 73 del 2022 risiede nella volontà del Legislatore fiscale di semplificare gli adempimenti degli operatori quando pongono in essere una procedura di correzione di errori contabili in conformità ai principi contabili ''evitando così alle imprese la presentazione di un'apposita dichiarazione integrativa (IRES IRAP) del periodo in cui la componente di reddito avrebbe dovuto essere contabilizzata ed eliminando i connessi oneri di adempimento'' (comunque, a condizione che, per i componenti negativi oggetto di correzione, non siano scaduti i termini per emendare la dichiarazione infedele).
Valorizzando, dunque, la predetta finalità di semplificazione sottesa alle disposizioni normative in esame, si ritiene che anche nel caso di specie (avente ad oggetto la correzione di un errore di classificazione che ha comportato una a sua volta errata imputazione temporale di componenti negativi) sussistano le condizioni richieste dalla legge per attribuire rilevanza sul piano fiscale (sia ai fini IRES che ai fini IRAP) alla correzione degli errori contabili effettuata dalla Società.
A tale soluzione non è ostativo il fatto che l'errore contabile sia stato commesso dalla Società nell'ambito di un esercizio non soggetto a revisione legale dei conti.Infatti, data la formulazione delle disposizioni in commento si ritiene che, ai fini della loro applicazione, rilevi solo la circostanza che l'esercizio in cui l'errore viene corretto (ossia, quello nel quale vengono contabilizzate le poste correttive degli errori contabili) sia soggetto a revisione legale (nella specie, il 2023).
Coerentemente a quanto affermato nella risposta n. 73 del 2024, a fronte del recupero a tassazione dei costi erroneamente dedotti (nel 2022) tramite un'apposita variazione in aumento del reddito imponibile IRES nel 2023, in merito alla quota di ammortamento non dedotta nel 2022 si ritiene che la Società potrà dedurre nel 2023 tale quota nei limiti dell'importo deducibile ai sensi dell'articolo 102, commi 1 e 2, del Tuir per il periodo d'imposta a cui detta quota si riferisce (2022).Infatti, si ricorda che ''[i]n generale, le previsioni introdotte dall'articolo 8 del decreto legge n. 73 del 2022 che attribuiscono rilevanza fiscale alle poste correttive degli errori contabili nei termini sopra detti, non consentono di derogare alle altre norme fiscali (diverse dall'articolo 83 del Tuir) che limitano o riducono la rilevanza fiscale di determinati componenti reddituali (come, ad esempio, i commi 1 e 2 dell'articolo 102 citato). In altri termini, non può ammettersi la deduzione nell'ambito del periodo d'imposta in cui la correzione avviene di un componente negativo di reddito per un importo maggiore di quello ''cristallizzato'' nel singolo periodo d'imposta interessato dall'errore contabile qualora detto errore non fosse stato commesso (ottenendo così, fermo restando il rispetto dei principi contabili, il ripristino, nel periodo d'imposta in cui avviene la correzione, del regime fiscale applicabile al singolo componente reddituale negativo nel periodo d'imposta in cui l'errore che lo riguarda, è stato commesso)'' (così la citata risposta n. 73).
Inoltre, in relazione al meccanismo di deduzione degli interessi passivi previsto dall'articolo 96 del Tuir, va evidenziato che, fermo restando che anche i componenti reddituali rilevanti ai fini fiscali a seguito della correzione dell'errore contabile concorreranno sempre nel rispetto delle previsioni del comma 4 del menzionato articolo 96 alla determinazione del risultato operativo lordo (ROL) nell'anno in cui viene eseguita la correzione (2023), la Società dovrà tener conto del quantum dei costi in questione che hanno ridotto il ROL riferito al 2022 operando una corrispondente variazione in aumento di quello riferito al 2023 (anno di rilevazione dell'errore), sempreché naturalmente il costo in questione abbia assunto rilevanza ai fini della quantificazione del ROL riferito al 2022.Per quanto riguarda la quota di ammortamento relativa al 2022, poi, la Società dovrà assicurare che questa comunque non concorra alla formazione del ROL per effetto della correzione dell'errore contabile, sempre nel rispetto di quanto stabilito dal comma 4 dell'articolo 96 del Tuir.
Infine ai fini IRAP, la correzione dell'errore contabile riferito al 2022 comporterà, per il periodo d'imposta 2023: una variazione in aumento del valore della produzione corrispondente ai costi (erroneamente) dedotti nel 2022 ai fini della determinazione del tributo regionale; e una variazione in diminuzione in misura pari alla quota dell'ammortamento degli automezzi relativa al 2022 rilevante ai fini della determinazione del costo della produzione ai fini IRAP ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo n. 446 del 199Si rimanda alla lettura della Risposta a interpello n 63/2025 per tutti gli approfondimenti del caso.
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Contributo solidarietà 2023: extraprofitti anche su riserve di rivalutazione
Con Risposta n. 158/2024 le Entrare forniscono chiarimenti sulla corretta interpretazione e applicazione dell'articolo 1, commi da 115 a 119, della legge n. 197 del 2022 (Legge di Bilancio 2023), che disciplina il contributo di solidarietà temporaneo per il 2023.
Prima di dettagliare ricordiamo che il contributo di solidarietà temporaneo è istituito per contenere gli effetti dell'aumento dei prezzi e delle tariffe nel settore energetico per imprese e consumatori.
Questo contributo si applica ai soggetti che, nel territorio dello Stato, producono e vendono energia elettrica, gas metano, gas naturale, prodotti petroliferi e altri beni energetici, nonché ai soggetti che importano o introducono tali beni da altri Stati membri dell'Unione Europea per la successiva rivendita.
La normativa prevede un limite massimo al contributo, pari al 25% del valore del patrimonio netto alla chiusura dell'esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022.
Le Entrate con l'interpello in oggetto hanno chiarito che il contributo di solidarietà del 2023 per il comparto energetico, laddove si calcola sul limite del 25% del patrimonio netto, tiene in considerazione anche la riserva di rivalutazione ex DL n 104 del 2020.
Contributo solidarietà temporaneo: il computo del reddito incrementale
La società ALFA S.R.L.U. esercita attività di produzione e vendita di energia elettrica, gas metano e gas naturale, ed è soggetta al contributo di solidarietà temporaneo per il 2023.
Lo ha determinato applicando il 50% sul reddito incrementale, ma esso non può superare il 25% del valore del patrimonio netto alla data di chiusura dell'esercizio precedente (2021).
La società ha chiesto se la riserva da rivalutazione ex articolo 110 del decreto-legge n. 104 del 2020, proporzionalmente corrispondente agli ammortamenti non ancora effettuati, debba essere compresa nel patrimonio netto rilevante per la determinazione del limite del 25% per il contributo di solidarietà.
L'Agenzia delle Entrate ha chiarito che:
- 1. gli utilizzi delle riserve in sospensione d'imposta sono esclusi dalla determinazione del contributo di solidarietà, come specificato nella normativa;
- 2. la riserva di rivalutazione (affrancata) ex articolo 110 del decreto-legge n. 104 del 2020, deve essere inclusa nel patrimonio netto ai sensi dell'articolo 2424 del codice civile, concorrendo alla determinazione del limite del 25%.
Pertanto, secondo le entrate la riserva da rivalutazione proporzionalmente corrispondente agli ammortamenti non ancora effettuati, deve essere inclusa nel patrimonio netto rilevante ai fini della determinazione del limite del 25% del contributo di solidarietà dovuto per il 2023.
Il contributo di solidarietà è determinato applicando un'aliquota del 50% sull'ammontare della quota del reddito complessivo (determinato ai fini dell'IRES) relativo al periodo di imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023, che eccede di almeno il 10% la media dei redditi complessivi determinati nei quattro periodi di imposta precedenti.
Tuttavia, il contributo non può essere superiore al 25% del valore del patrimonio netto alla data di chiusura dell'esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022.
L'Agenzia ha anche ricordato che la Circolare n. 4/E del 2023 ha chiarito che il contributo di solidarietà deve essere determinato come il minore tra:
- l'importo teorico del contributo,
- e il 25% del patrimonio netto risultante dal bilancio dell'anno 2021.
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Dimezzamento aliquota Ires: chiarimenti dell’Agenzia in merito ai beneficiari
Ulteriori chiarimenti, forniti dall'Agenzia delle Entrate con la Circolare del 28.12.2023 n. 35, in merito al dimezzamento dell’aliquota Ires, con riguardo ad alcune tipologie di soggetti (articolo 6 del dPR del 29 settembre 1973, n. 601), tra cui le fondazioni di origine bancaria (FOB) e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, sia con riguardo agli enti di assistenza e beneficenza, nonché sulla compatibilità della predetta riduzione Ires con il regime agevolato per la tassazione degli utili percepiti dagli enti non commerciali, introdotto dall’articolo 1, commi da 44 a 47, della legge 30 dicembre 2020, n. 178.
Con riferimento alle FOB, al fine di beneficiare del dimezzamento dell’aliquota Ires, queste ultime hanno l’onere di dimostrare:
- la loro riconducibilità, sia dal punto di vista formale che sostanziale, ad una delle categorie di enti specificamente indicate dal comma 1 dell’articolo 6 del d.P.R. n. 601 del 1973 (rilevano, in specie, le categorie di cui alla lettera a), cioè: «enti ed istituti di assistenza sociale, […], enti di assistenza e beneficenza» e alla lettera b), cioè «istituti di studio e sperimentazione di interesse generale che non hanno fine di lucro, […], fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche, di esperienze e ricerche aventi scopi esclusivamente culturali»);
- di non svolgere attività che ne connotino la natura imprenditoriale secondo i canoni individuati dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale, nonché dalla Commissione europea, illustrati nei citati documenti di prassi.
Con riferimento agli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, la cui equiparazione per legge agli enti con “finalità di beneficenza o istruzione” ne consente la riconducibilità nella categoria di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 6, la circolare n. 15/E ha confermato l’applicazione della riduzione Ires per i redditi derivanti dalle attività “diverse” da quelle di “religione o di culto”, ancorché commerciali, a condizione che le “attività diverse” siano svolte in maniera non prevalente e siano in rapporto di “strumentalità immediata e diretta” con i fini di “religione o di culto”.
È stata inoltre riconosciuta l’applicazione della riduzione Ires anche ai redditi derivanti dal godimento statico-conservativo del patrimonio immobiliare (locazione e/o vendita di immobili), subordinata alla contestuale ricorrenza delle seguenti condizioni:
- si configuri in concreto un mero godimento del patrimonio immobiliare e non lo svolgimento di un’attività commerciale. Al riguardo, sono stati indicati, a titolo esemplificativo, alcuni elementi che possono costituire indici significativi per stabilire la sussistenza o meno di un’organizzazione in forma di impresa;
- i proventi ritratti dalla locazione o dalla vendita siano effettivamente impiegati nelle attività di religione o di culto.
I chiarimenti forniti in ordine agli enti ecclesiastici, sempreché si riscontrino previsioni analoghe nelle leggi di approvazione degli accordi e delle intese tra lo Stato italiano e le relative confessioni religiose, valgono anche per gli enti con fini di religione o di culto appartenenti a confessioni religiose diverse dalla Chiesa cattolica, che siano equiparati per legge agli “enti con finalità di beneficenza o di istruzione”.
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