• La casa

    Prima casa: nuovo termine di 2 anni anche al credito d’imposta

    Con la Risposta a interpello n 197 del 30 luglio si chiarisce l'agevolazione prima casa nel nuovo termine di due anni entro cui alienare l'immobile preposseduto.

    Ricordiamo appunto che dal 1° gennaio 2025, grazie alla Legge di Bilancio 2025 (art. 1, comma 116, Legge n. 207/2024), il termine per vendere la casa pre-posseduta per mantenere l’agevolazione “prima casa” è stato esteso da uno a due anni.
    Una modifica significativa che mira a semplificare il cambio della prima abitazione.

    L’istante ha acquistato nel novembre 2024 una nuova “prima casa” con le agevolazioni fiscali, pur possedendo ancora un immobile acquistato con le stesse agevolazioni, impegnandosi a venderlo entro un anno.
    A seguito della modifica normativa del 2025, che ha esteso tale termine da uno a due anni, chiede:

    • se può beneficiare del nuovo termine biennale, anche se ha acquistato prima del 2025;
    • se può mantenere il diritto al credito d’imposta per il riacquisto, vendendo l’immobile precedente entro due anni e non più entro uno.

    Prima casa: nuovo termine di 2 anni per vendere e mantenere l’agevolazione

    Con la novità normativa si prevede che il contribuente, già titolare di una casa acquistata con agevolazioni, possa beneficiare dell’aliquota agevolata al 2% anche se non ha ancora venduto l’immobile pre-posseduto, purché ciò avvenga entro due anni dal nuovo acquisto.

    Secondo quanto chiarito dalla Risposta n. 197/2025 dell’Agenzia delle Entrate, il nuovo termine non è limitato agli atti stipulati dopo il 1° gennaio 2025, ma vale anche per gli atti stipulati nel 2024, se al 31 dicembre 2024 non è ancora decorso il termine di un anno per la vendita della prima casa.

    Le entrate chiarisconono anche che l'agevolazione fiscale all'acquisto riguarda:

    • l’aliquota di registro ridotta al 2% per chi acquista una prima casa;
    • il credito d’imposta che spetta a chi vende la prima casa e ne riacquista una nuova entro un anno.

    La normativa sul credito d’imposta (art. 7, L. 448/1998) non è stata modificata, tuttavia, l’Agenzia conferma che, in coerenza con la ratio della riforma del 2016, il credito spetta anche se il nuovo acquisto precede la vendita, a condizione che l’immobile pre-posseduto venga venduto entro due anni.

    Il credito d’imposta spetta anche se si vende entro due anni (non più solo entro uno), ma solo se l’acquisto agevolato avviene prima della vendita e si rispetta la nuova finestra temporale.

    Differenze tra agevolazione prima casa e credito d’imposta per riacquisto

    Caratteristica Agevolazione prima casa Credito d’imposta riacquisto
    Quando si applica Al momento dell’acquisto di una casa Dopo la vendita di una casa già agevolata
    Beneficio fiscale Aliquota ridotta: 2% imposta di registro (o IVA ridotta) Recupero imposta già versata sulla casa precedente
    Requisito principale Non possedere altri immobili agevolati (oppure impegnarsi a venderli entro 2 anni) Acquistare una nuova casa con agevolazioni entro 1 anno dalla vendita della precedente (ora anche entro 2 anni, secondo prassi)
    Normativa di riferimento Nota II-bis, art. 1 Tariffa Parte I, DPR 131/1986 Art. 7, Legge 448/1998
    Compatibilità Si applica anche se si possiede un’altra casa, se venduta entro 2 anni Compatibile solo se vendita e riacquisto avvengono nei termini e con requisiti

  • La casa

    Agevolazione prima casa: decorrenza del nuovo termine di due anni

    Con la Risposta a interpello n 127 del 5 maggio le Entrate chiariscono ancora il perimetro della agevolazione prima casa relativamente al nuovo termine di rivendita dell'immobile agevolato pre–posseduto (ex articolo 1, comma 116 della legge 30 dicembre 2024, n.207).

    Agevolazione prima casa: decorrenza del nuovo termine di due anni

    L'Istante è proprietario di un'abitazione acquistata nel 2018 con le agevolazioni ''prima casa''. In data 25 gennaio 2024 egli ha acquistato, nello stesso comune, un'altra abitazione, avvalendosi della agevolazione in esame e impegnandosi ad alienare entro un anno l'immobile agevolato preposseduto.
    L'Istante evidenzia che "a causa di ritardi da parte della banca dell'acquirente, non è riuscito a vendere entro il 25 gennaio 2025, ma nel frattempo è intervenuto il comma 116 della legge n. 207/2024 (legge di bilancio 2025) che ha trasformato l'alienazione infrannuale in alienazione infrabiennale".

    Tanto premesso chiede di confermare che i «rogiti stipulati nel 2024 per i quali il termine annuale non sia scaduto al 31 dicembre 2024 rientrano nella nuova ''alienazione infrabiennale''».

    Le Entrate ricordano che l'agevolazione ''prima casa'' è disciplinata dalla Nota II bis posta in calce all'articolo 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al TUR. Leggi anche Agevolazione prima casa 2025: tutte le regole             

    Con riferimento alla decorrenza della nuova disposizione, l'Agenzia delle Entrate ha precisato che il citato articolo 1, comma 116, della legge di bilancio 2025 non prevede che l'estensione del predetto limite temporale sia riservata agli atti di acquisto di immobili stipulati a far data dal 1 gennaio 2025 e che lo stesso si applica anche nel caso in cui, al 31 dicembre 2024, non sia ancora decorso il termine di un anno, entro cui il contribuente è tenuto ad alienare l'immobile preposseduto.
    Nel caso di specie considerato che, secondo quanto dichiarato dall'Istante, il secondo acquisto dell'abitazione con l'agevolazione ''prima casa'' è avvenuto in data 25 gennaio 2024 e, dunque, al momento dell'entrata in vigore della
    citata modifica normativa introdotta, il termine per rivendere l'immobile agevolato pre posseduto era ancora in corso, si ritiene applicabile il nuovo termine di due anni per rivendere il suddetto immobile.
    In sostanza, l'Istante, in virtù dell'intervento normativo in esame, avrà tempo fino al 25 gennaio 2026 per alienare l'abitazione agevolata preposseduta, senza decadere dai benefici ''prima casa'' fruiti sul nuovo acquisto.

    Allegati:
  • La casa

    Prima casa per usucapione: principi della Cassazione

    Con l'Ordinanza n 4713 del 22 febbraio la Cassazione si è occupata dell'acquisto dell'immobile per usucapione sancendo il seguente principio relativo all'agevolazione prima casa: "il contribuente, che al fine di beneficiare dell’imposta di registro in misura ridotta, intende avvalersi dell’agevolazione prima casa, è tenuto a rilasciare le dichiarazioni previste dalla normativa di settore, anche nel caso in cui l’acquisto dell’abitazione avviene a seguito di una sentenza che accerta l’usucapione dell’immobile"

    Vediamo il caso di specie.

    Prima casa per usucapione: principi della Cassazione

    Il caso di specie prende le mosse dalla vicenda di due coniugi che hanno occupato dal 1985 un immobile utilizzandola come abitazione coniugale. Nel 2017, in favore degli stessi il Tribunale ha emesso una sentenza che riconoscimento del diritto di proprietà sull'immobile per usucapione.  

    L'Agenzia delle Entrate emetteva un avviso di liquidazione per l'imposta di registro applicando l'aliquota ordinaria anziché quella agevolata, sostenendo che i ricorrenti non avevano reso la dichiarazione di volersi avvalere dell'agevolazione "prima casa" prima della registrazione della sentenza.              

    La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso formulato dai contribuenti, i quali sostenevano che la sentenza di usucapione, avendo accertato la loro residenza nell'immobile dal 1985, avrebbe dovuto essere equiparata ad un atto   di trasferimento a titolo oneroso ai fini dell'applicazione dell'aliquota agevolata, contestando altresì il criterio di valutazione dell'immobile effettuata dall'Agenzia delle Entrate, sostenendo che si basasse esclusivamente sui valori OMI.

    Impugnata la decisione, la CTR confermava la statuizione di prime cure, sulla considerazione che i ricorrenti non avessero ottemperato alla condizione prevista dalla Nota II-bis dell'articolo 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, per l'applicazione del beneficio "prima casa", la quale richiede che la dichiarazione di volersi avvalere dell'agevolazione sia resa prima della registrazione dell'atto di trasferimento, e che il valore imponibile dell'immobile ai fini dell'imposta di registro fosse stato calcolato, oltre che con i valori OMI, anche confrontando il valore con quello di altri immobili simili nella stessa zona, dimostrando la congruenza del valore determinato, ed evidenziando che gli appellanti non avevano fornito prove contrarie a sostegno della loro contestazione.              

    Proposto ricorso per Cassazione veniva rigettato.

    La necessità della collaborazione del contribuente per il godimento dell'agevolazione, dovuta alla formulazione delle corrispondenti dichiarazioni, da rendersi nell'atto di acquisto, ha indotto la Cassazione con varie sentenze a ritenere, con decisioni ora confermata, che il caso in esame costituisca un'eccezione – unitamente alle ipotesi in cui sia esplicitamente prevista la presentazione di un'istanza – al principio generale, desumibile dal D.P.R. n. 131 del 1986 art. 77, secondo cui un'agevolazione non richiesta al momento dell'imposizione non è perduta, essendo possibile, sia pur con gli ovvi limiti temporali, rimediare all'erronea imposizione.

    Le manifestazioni di volontà vanno dunque rese, attenendo ai presupposti dell'agevolazione, anche quando il contribuente intenda far valere il proprio diritto all'applicazione dei relativi benefici rendendosi acquirente a     titolo originario, come nel caso di usucapione; in tal caso egli dovrà rendere le anzidette dichiarazioni prima della registrazione del provvedimento di trasferimento (sentenza o decreto) del giudice, che costituisce l'atto al quale va riconosciuta efficacia traslativa della proprietà del bene, dovendosi escludere che le stesse possano                 effettuarsi in un momento successivo.

    La stessa Cassazione ha anche rimarcato che con Ordinanza n. 635 del 2017, è stato statuito  che "In tema di agevolazioni "prima casa", le manifestazioni di volontà prescritte dall'art. 1, nota II bis, della tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986 vanno rese sempre, anche ove l'acquisto sia avvenuto a titolo originario per usucapione, prima della registrazione del provvedimento del giudice, atteso il carattere necessario della collaborazione del contribuente, che integra un presupposto del beneficio e costituisce un'eccezione al principio generale secondo cui un'agevolazione non richiesta al momento della imposizione non è perduta, potendosi rimediare, nei previsti limiti  temporali, all'erroneità di quest'ultima".

  • La casa

    Prima casa: cittadini trasferiti all’estero e benefici

    Le Entrate tramite la propria rivista FiscoOggi pubblicano un FAQ di chiarimento e riepilogo sulla ageovlazione prima casa per i non residenti.

    Vediamo il quesito da cui parte la replica ADE: "un italiano emigrato nel Regno unito per lavoro domanda se può acquistare una casa su tutto il territorio italiano usufruendo dei benefici “prima casa” senza l’obbligo di prendere la residenza nel Comune dove si trova l’immobile".

    Prima casa: cittadini trasferiti all’estero e benefici

    Le Entrate in mancanza di alcuni dettagli utili al chiarimento, poiché non esplicitati dal contribuente interpellante quali ad esempio: possesso di altri immobili in Italia o godimento delle agevolazioni per un precedente acquisto ricordando tutte le condizioni per avere tale agevolazione nel caso dei residenti esteri.

    Le condizioni previste dalla nota II-bis (comma 1, lettera a) della  Tariffa Parte 1 articolo 1 del DPR n 131/1986 affinché un cittadino che si è trasferito all’estero possa richiedere le agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa in Italia, sono le seguenti:

    • possono accedere alla agevolazione prima casa, le persone fisiche che, contestualmente:
      • si sono trasferite all’estero per ragioni di lavoro (per qualsiasi tipologia di rapporto di lavoro, e non necessariamente subordinato); il trasferimento deve sussistere già al momento dell’acquisto dell’immobile (se avviene in un momento successivo non è possibile usufruire del beneficio fiscale)
      • hanno risieduto in Italia per almeno cinque anni (anche non in maniera continuativa), o hanno svolto in Italia, per il medesimo periodo, la loro attività, anteriormente all’acquisto dell’immobile
      • acquistano l’immobile nel Comune di nascita o in quello in cui avevano la residenza (o in cui svolgevano la loro attività prima del trasferimento).

    Resta fermo che per richiedere l’agevolazione devono ricorrere anche le condizioni indicate alle lettere b) e c) della citata nota II-bis e rispettivamente:

    • assenza di altri diritti reali vantati su immobili ubicati nello stesso Comune
    • e novità nel godimento dell’agevolazione.

    Non è richiesto, invece, che l’interessato stabilisca la sua residenza nel Comune in cui è situato l’immobile acquistato.

    Leggi anche: Agevolazione prima casa 2025: tutte le regolecon li aggiornamenti all'ultima legge di bilancio.

  • La casa

    Ai fini fiscali anche gli uffici possono essere destinati ad abitazione principale

    L’articolo 76 comma 1 lettera b del TUIR delimita il perimetro dell’imponibilità fiscale delle plusvalenze immobiliari realizzate dalle persone fisiche.

    Con maggiore precisione, il legislatore fiscale conduce ai redditi diversi quelle operazioni di compravendita immobiliare che sottendono una finalità speculativa, mentre esime dall’imposizione fiscale le operazioni di smobilizzo patrimoniale, che non denotano una finalità speculativa.

    Per rintracciare la mancanza della finalità speculativa vengono stabiliti due criteri alternativi:

    • che l’immobile ceduto sia stato acquistato (o costruito) più di cinque anni prima;
    • che, nel periodo intercorrente tra l’acquisto (o la costruzione) dell’immobile e la successiva cessione, questo sia stato adibito ad abitazione principale da parte del contribuente.

    L’ordinanza numero 14528 della Corte di Cassazione, pubblicata il 25 giugno 2024, tratta proprio dell’imponibilità fiscale delle plusvalenze derivanti dall’alienazione dell’abitazione principale del contribuente.

    Nel caso in esame, l’Agenzia delle Entrate portava a tassazione la plusvalenza derivante dall’alienazione dell’immobile ritenendo che, essendo l’immobile un ufficio con categoria catastale A10, questo non potesse essere idoneo a configurare l’abitazione principale del contribuente.

    Del resto la pretesa è coerente con la posizione assunta ufficialmente dalla prassi con la Risoluzione 105/E/2007: su questa veniva asserito che potevano essere qualificati come abitazioni principali solo gli immobili censiti al catasto come abitazioni (quindi con categoria catastale da A1 a A9), che gli uffici non sono (avendo la categoria catastale A10).

    L’ordinanza n 14528/2024 della Corte di Cassazione

    Ricordando che la giurisprudenza costituisce fonte di diritto superiore alla prassi, la Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 14528 del 25 giugno 2024, puntualizza che:

    • l’articolo 76 comma 1 lettera b del TUIR non fa alcun riferimento alla categoria catastale dell’immobile, richiedendo soltanto che questo sia adibito ad abitazione principale;
    • il successivo articolo 10 del TUIR dispone che per abitazione principale si intende quella in cui il proprietario o suoi familiari dimorano abitualmente.

    Il punto è che il TUIR, nel definire le connotazioni fiscali di questi concetti, pone il punto sull’effettività del fatto che l’immobile sia adibito ad abitazione principale da parte del contribuente, a nulla rilevando criteri formali quali la categoria catastale d’appartenenza o il censimento della residenza in tale immobile.

    La Corte di Cassazione, quindi, nega il fatto che l’appartenenza dell’immobile alla categoria catastale A10 possa costituire un elemento ostativo alla qualificazione di un ufficio come abitazione principale, perché ciò che importa è che l’immobile sia stato effettivamente l’abitazione principale del contribuente.

    Ovviamente però, il contribuente ha al tempo stesso il diritto e l’onere di dover provare che tale immobile costituisca la sua abitazione principale, in mancanza di altri requisiti formali a sostegno di ciò.

    Per concludere la Corte di Cassazione emana il seguente principio di diritto: “in caso di cessione, entro il quinquennio dall’acquisto, di un immobile classificato ad uso ufficio, ma oggettivamente classificabile anche ad altri usi abitativi, l’effettiva adibizione di esso ad abitazione principale del cedente (sul quale grava il relativo onere probatorio) o di un suo familiare, da intendersi come destinazione a dimora abituale, ove realizzatasi per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto e la cessione, è idonea ad escludere l’assoggettamento a tassazione dell’eventuale plusvalenza conseguita dal cedente, anche se tale destinazione sia avvenuta in contrasto con la classificazione catastale dell’immobile, potendosi anche in tal caso escludere l’intento speculativo dell’operazione”.

  • La casa

    Acquisto immobile: avviso di rettifica dell’imposta di registro

    In data 26 luglio viene pubblicata la Guida ADE 2024 con tutte le regole per l'acquisto della casa.

    Tra le informazioni, vi è una sezioni di FAQ in risposta ai dubbi frequenti dei contribuenti per l'acquisto della casa.

    Avviso di rettifica e liquidazione imposta registro: che cos’è

    In una FAQ le Entrate replicano a chi ha ricevuto un avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta di registro su una compravendita immobiliare, specificando che la legge offre diversi strumenti al contribuente che ritiene l’accertamento non corretto. 

    Se ce ne sono le condizioni, si può giungere anche all’annullamento totale o parziale dell’accertamento o alla rideterminazione del valore accertato, in ogni caso è necessario attivarsi entro 60 giorni dalla data in cui l’avviso è stato notificato.

    In particolare, occorre sapere che nella parte finale dell’avviso sono comunque indicate tutte le informazioni utili per far valere le proprie ragioni.

    Il contribuente può: 

    • presentare ricorso alla Corte di giustizia tributaria competente (cioè quella del capoluogo della provincia in cui ha sede l’ufficio che ha emesso l’atto) 
    • presentare istanza di accertamento con adesione all’ufficio che ha emesso l’atto. In questo modo è possibile dialogare in contraddittorio con l’amministrazione, fornendo tutti gli elementi utili alla rideterminazione del valore accertato. L’istanza di accertamento con adesione sospende il termine per la presentazione del ricorso per un periodo di 90 giorni. 
    • presentare istanza di annullamento in autotutela all’ufficio che ha emesso l’atto. L’istanza non sospende i termini per la presentazione del ricorso. Pertanto, il contribuente può valutare di presentare l’istanza di accertamento con adesione o il ricorso qualora, prima dello scadere dei termini previsti per questi istituti, non sia pervenuta risposta favorevole all’istanza di annullamento in autotutela.

  • La casa

    Bonus prima casa nel contratto in favore di un terzo

    L'Agenzia delle Entrate con la Risposta n 145 del 4 luglio chiariscono dettagli per un caso di cessione di immobile in favore di un terzo con agevolazione prima casa.

    Nle caso di specie, il ''Promittente'' e ''Stipulante''stipulano un contratto a favore di terzo evidenziando che:

    • la Stipulante, in proprio e in qualità di genitore e legale rappresentante del figlio minore (di seguito ''Terzo''), 
    • con atto notarile acquistava dal coniuge Promittente e ai sensi dell'art. 1411 c.c., deviava gli effetti traslativi a favore del figlio […], la quota indivisa pari ad 1/2 (un mezzo) della piena proprietà di un appartamento.

    Nel medesimo atto il Terzo richiedeva l'agevolazione c.d. ''prima casa'' di cui alla Nota II bis all'articolo 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, tramite i genitori (Promittente e Stipulante), propri rappresentanti legali.

    La Stipulante intende revocare ex articolo 1411, terzo comma, del codice civile, la stipula a favore del Terzo, rimanendo, quindi, unica titolare del diritto oggetto di cessione.

    Ciò posto, si chiede se, nella fattispecie, detta revoca determini una causa di decadenza dalla predetta agevolazione (''prima casa''), richiesta dal Terzo nel citato atto notarile.

    Bonus prima casa: le regole per averlo

    L'agevolazione c.d. ''prima casa'' è disciplinata dalla Nota II bis posta in calce all'articolo 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al decreto del Presidente della Repubblica del 26 aprile 1986, n. 131 (di seguito ''TUR'').
    Tale articolo prevede l'applicazione dell'aliquota del 2 per cento per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazionedi categoria catastale diversa da A/1, A/8, A/9 e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione relativi alle stesse, al ricorrere delle seguenti condizioni:

    • «a) che l'immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l'acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall'acquisto la propria residenza […]; 
    • b) che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare;
    •  c) che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al presente
      articolo […]».

    La ratio delle disposizioni agevolative richiede certezza in merito all'acquisto dell'immobile in capo al soggetto che deve dichiarare di possedere i requisiti e di essere nelle condizioni previste per fruire dell'agevolazione fin dalla stipula dell'atto,

    assumendone i relativi obblighi.

    In tal modo, si rende possibile anche l'esercizio dell'ordinario potere di controllo da parte degli uffici nei termini di decadenza normativamente previsti.

    Nelle ipotesi di acquisto da parte di minori, la citata circolare 12 agosto 2005, n. 38/E chiarisce, inoltre, che l'agevolazione ''prima casa'' spetta anche se il bene viene acquistato da un minore non emancipato, in presenza di tutti i requisiti previsti.

    Pertanto, nel caso in cui il terzo sia un minore, le dichiarazioni ai fini dell'agevolazione ''prima casa'' possono essere rese dal genitore esercente la potestà sullo stesso, per conto del minore, in qualità di legale rappresentante del figlio (nelle forme previste dall'articolo 320 del codice civile).

    Bonus prima casa nel contratto in favore di un terzo: chiarimenti ADE

    Con riferimento alla fattispecie rappresentata, occorre altresì richiamare la disposizione di cui all'articolo 1411 (rubricato ''Contratto a favore di terzi'') del codice civile, a norma del quale «E' valida la stipulazione a favore di un terzo, qualora lo stipulante vi abbia interesse. Salvo patto contrario, il terzo acquista il diritto contro il promittente per effetto della stipulazione. Questa però può essere revocata o modificata dallo stipulante, finché il terzo non abbia dichiarato, anche in confronto del promittente, di volerne profittare.

    In caso di revoca della stipulazione o di rifiuto del terzo di profittarne, la prestazione rimane a beneficio dello stipulante, salvo che diversamente risulti dalla volontà delle parti o dalla natura del contratto».

    Nelle ipotesi di acquisto immobiliare stipulato con ''contratto a favore di terzo'', dunque, il terzo consegue la titolarità dell'immobile, per effetto della stipulazione.

    Tuttavia, chiariscono le entrate, fino a quando il terzo non dichiari di ''volerne profittare'' tale acquisto non è definitivo, essendo suscettibile di revoca o modifica da parte dello stipulante o di rifiuto da parte del terzo.

    Ai sensi del secondo comma del citato articolo 1411 del codice civile, infatti, la dichiarazione del terzo di ''volerne profittare'' consolida l'acquisto in suo favore, impedendone la revoca o la modifica da parte dello stipulante.

    Solo in tale circostanza, verificandosi la definitività dell'acquisto da parte del terzo, che con la dichiarazione di adesione rende irrevocabile/immodificabile l'acquisto, sussistono i presupposti per l'applicazione dell'agevolazione.

    In altri termini, qualora il terzo intenda fruire delle agevolazioni ''prima casa'', deve rendere, contestualmente alle dichiarazioni di cui alla citata Nota II bis, anche la dichiarazione di ''voler profittare'' della stipulazione in proprio favore, in modo da rendere definitivo il proprio acquisto.

    Nella fattispecie, il Terzo non ha reso la dichiarazione di ''volere profittare'' ex articolo 1411, secondo comma del codice civile e, pertanto, in capo allo stesso non sussistevano i requisiti per usufruire dell'agevolazione ''prima casa'' al momento della stipula dell'atto.

    Allegati: