• Lavoro Dipendente

    Cassazione: nulli i licenziamenti dopo protesta collettiva

    La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9526 del 11 aprile 2025, ha affrontato un caso significativo in materia di licenziamento e diritti sindacali. Al centro della questione, il comportamento di un gruppo di lavoratori che, per protestare contro la mancata corresponsione di un'indennità prevista da un contratto aziendale, aveva modificato l'orario di lavoro senza rispettare i turni a scorrimento stabiliti dal datore. 

    La Corte ha chiarito i confini tra sciopero, azione collettiva e legittimità del recesso datoriale, ribadendo l'importanza di tutelare i diritti collettivi dei dipendenti anche in assenza di una proclamazione formale dello sciopero da parte del sindacato.

    Il caso si inserisce in un contesto di conflitto aziendale, dove l'inadempimento del datore di lavoro (relativo alla mancata erogazione di un'indennità prevista) aveva generato una protesta spontanea tra i dipendenti. Questa protesta non si era tradotta in un'astensione totale o parziale dal lavoro, ma in una modifica autonoma degli orari di servizio, comunque svolti e retribuiti. I conseguenti licenziamenti sono stati infatti giudicati ritorsivi e quindi nulli.

    Ecco tutti i dettagli.

    Licenziamenti per protesta collettiva: il caso esaminato dalla Corte

    La società A.A. Trasporti Srl aveva licenziato il lavoratore B.B. — e altri colleghi — accusandolo di grave insubordinazione per non aver rispettato i turni aziendali. 

    I lavoratori avevano invece seguito gli orari previsti dal contratto collettivo nazionale di categoria (CCNL Alimentari Industria) e non quelli derivanti da un accordo aziendale di secondo livello del 2018, il cui rispetto era stato contestato per la mancata corresponsione della relativa indennità economica. 

    La Corte d'Appello di Napoli, in riforma della sentenza di primo grado, aveva già dichiarato illegittimo il licenziamento, ritenendo che il comportamento dei lavoratori non integrasse né una grave insubordinazione né una giusta causa di recesso. Tuttavia, aveva escluso che si trattasse di un vero e proprio sciopero, considerandolo piuttosto come una protesta spontanea non sindacalmente organizzata, punibile quindi con una sanzione conservativa. 

    La Cassazione è andata oltre: ha riconosciuto che, anche in assenza di astensione dal lavoro e di una proclamazione formale, la condotta collettiva rappresentava comunque una forma lecita di autotutela sindacale. 

    La modifica unilaterale degli orari, realizzata da un gruppo compatto di lavoratori, costituiva una protesta per ottenere il rispetto di diritti contrattuali e doveva essere considerata una forma di azione collettiva tutelata dalla Costituzione e dal diritto europeo.

    Protesta collettiva: normativa e decisione della Corte

    La Suprema Corte ha evidenziato come l'azione dei lavoratori fosse parte di un conflitto collettivo legittimo, finalizzato a rivendicare il rispetto di accordi contrattuali. Secondo la giurisprudenza consolidata, il diritto di azione collettiva non è limitato solo allo sciopero formale, ma comprende tutte le forme di protesta non violente che mirano alla tutela degli interessi dei lavoratori.

     Questo diritto è protetto dall'articolo 39 della Costituzione italiana, dall'articolo 28 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e da altre fonti sovranazionali.

    La Corte ha sottolineato che non è necessario che l'azione sia organizzata formalmente da un sindacato né che si traduca in un'astensione lavorativa totale: ciò che conta è la finalità collettiva dell'azione e il rispetto dei limiti posti dall'ordinamento, come :

    • l'assenza di violenza e
    • l'assenza  di danni alla produttività aziendale.

    Di conseguenza, i licenziamenti intimati dalla società sono stati dichiarati nulli in quanto discriminatori e ritorsivi, in violazione dell'articolo 4 della legge n. 604/1966.

    La sentenza rappresenta un importante richiamo per le imprese: l'esercizio collettivo dei diritti dei lavoratori, anche in forme atipiche rispetto allo sciopero tradizionale, merita una tutela piena contro ogni forma di repressione datoriale. 

    L’azione di protesta dei lavoratori, se finalizzata alla difesa di diritti riconosciuti e svolta senza violazioni gravi, non può giustificare un licenziamento disciplinare, né a titolo conservativo né espulsivo.

  • Lavoro Dipendente

    Licenziamento senza motivazione: scatta la reintegra

    Per le imprese  con più di 15 dipendenti, la mancanza o generica individuazione del motivo del licenziamento non comporta una mera violazione formale ma determina l'illegittimità originaria del licenziamento, con applicazione della reintegrazione del dipendente al suo posto di lavoro  con indennità di 12 mensilità, prevista dall'art. 18, comma 4,L. 300/1970.

    Questa la  massima della sentenza 9544 del 11 aprile 2025 emanata dalla Corte di Cassazione che chiarisce anche aspetti della presunzione di subordinazione per un contratto a progetto. Di seguito i dettagli del caso e le motivazioni della Suprema Corte.

    Licenziamento del collaboratore a progetto: il caso

    Una controversia giunta fino alla Corte di Cassazione ha riguardato un lavoratore attivo come perito assicurativo e una nota compagnia di assicurazioni. Il rapporto era formalmente regolato da una convenzione stipulata nel 2011, che configurava la prestazione come contratto a progetto. Tuttavia, nel 2017, la compagnia ha comunicato il recesso dal rapporto, contestato dal lavoratore che ha sostenuto la natura subordinata della collaborazione.

    La Corte d’Appello ha accolto parzialmente le sue ragioni, ritenendo che dal 2014 in poi vi fossero tutti i requisiti per configurare un rapporto di lavoro subordinato, mancando il “progetto” richiesto dalla normativa per la validità dei contratti a progetto. 

    Richiamandosi all’art. 69, comma 1, del D.lgs. 276/2003, la Corte ha dichiarato inefficace il licenziamento e ha condannato la società al pagamento di un’indennità risarcitoria pari a 12 mensilità, secondo quanto previsto dall’art. 18, comma 6, della Legge 300/1970 (Statuto dei Lavoratori).

    Le ragioni della società: collaborazione e presunzione di subordinazione

    La compagnia assicurativa ha proposto ricorso in Cassazione, contestando l’applicazione della disciplina dell’art. 69 del D.lgs. 276/2003.

     In particolare, ha sostenuto che la norma non potesse essere utilizzata per un collaboratore titolare di partita IVA iscritto in un ruolo professionale, in quanto la presunzione di subordinazione sarebbe esclusa per chi esercita attività regolamentate da specifici albi o registri.

    La Cassazione ha chiarito  invece che l’iscrizione in un “ruolo” non equivale all’iscrizione in un “albo professionale” ai fini dell’esclusione della disciplina dell’art. 69. Ciò che conta è la natura effettiva del rapporto: la presenza di elementi quali continuità, coordinamento e prestazione personale. 

    Anche il possesso di una partita IVA non è sufficiente a escludere la subordinazione, se in concreto il lavoratore opera prevalentemente per un solo committente, come accaduto nel caso esaminato.

    In definitiva, la Corte ha confermato la decisione d’appello, affermando che la conversione automatica del contratto in rapporto subordinato era corretta alla luce dell’assenza di un progetto, come previsto dalla legge.

    Licenziamento e motivazione: reintegra attenuata per vizio sostanziale

    Un ulteriore elemento di rilievo nella sentenza riguarda la tutela da applicare in caso di licenziamento privo di motivazione. 

    La Corte d’Appello aveva riconosciuto l’inefficacia del licenziamento per violazione dell’art. 2, comma 2, della Legge 604/1966, applicando la tutela indennitaria prevista dall’art. 18, comma 6, dello Statuto dei Lavoratori. La Cassazione ha però ritenuto questa qualificazione inadeguata.

    La Corte ha chiarito che la totale assenza di motivazione nel provvedimento espulsivo costituisce un vizio non solo formale ma anche sostanziale, che impedisce al lavoratore di esercitare il proprio diritto di difesa. In tali casi, la tutela applicabile è quella prevista dall’art. 18, comma 4, ovvero la reintegra attenuata, (che prevede la reintegra e l'indennità di risarcimento di 12 mensilita) in quanto l’assenza di motivazione equivale a mancanza del fatto giustificativo del licenziamento.

    Con questa decisione, la Cassazione ha cassato la sentenza di secondo grado e rinviato la causa alla Corte d’Appello in diversa composizione, affinché applichi il corretto regime sanzionatorio e si pronunci anche sulle spese del giudizio di legittimità.

  • Lavoro Dipendente

    CIGS aree di crisi: riparto risorse 2025

    Con decreto del 28.3.2025 firmato dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, sono state disciplinate le modalità di riparto delle risorse stanziate per il 2025 a favore delle regioni interessate dalle aree di crisi industriale complessa.

    Il provvedimento è stato pubblicato sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali il 24 aprile 2025.

    CIGS aree di crisi: quadro normativo

    La normativa vigente riconosce alle imprese ubicate nelle aree di crisi industriale complessa la possibilità di accedere a strumenti di integrazione salariale straordinaria, – CIGS – finalizzati alla salvaguardia occupazionale e al rilancio dei territori interessati.

    In particolare, l’articolo 1, comma 189, della legge 30 dicembre 2024, n. 207 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027) ha stanziato 70 milioni di euro per l'anno 2025. 

    Tali risorse, a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, sono destinate a completare i piani di recupero occupazionale nelle aree individuate.

    Tabella Risorse CIGS aree di crisi

    In attuazione delle previsioni legislative, il Ministero del Lavoro ha avviato una ricognizione dei fabbisogni regionali, sollecitando le Regioni a trasmettere le proprie richieste sulla base dei criteri stabiliti. Dall'istruttoria condotta sono emerse le seguenti situazioni: Le Regioni Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Umbria e Veneto non hanno avanzato richieste di ulteriori finanziamenti. Le Regioni Piemonte, Toscana, Marche, Lazio, Sardegna, Molise, Campania, Puglia e Sicilia hanno invece richiesto ulteriori risorse. Considerato che il totale dei fabbisogni superava i 70 milioni di euro disponibili, è stato effettuato un riparametramento delle risorse . 

    Di seguito il riparto:

    Regione Importo assegnato (€)
    Toscana 34.674.679,17
    Molise 5.065.286,82
    Lazio 8.082.032,72
    Puglia 1.739.493,81
    Sicilia 1.739.493,81
    Sardegna 8.480.032,35
    Campania 4.275.580,12
    Piemonte 3.769.033,93
    Marche 2.174.367,27

    Risorse CIGS aree di crisi: modalità operative

    Nel decreto si specifica che le risorse assegnate devono essere utilizzate esclusivamente per finanziare interventi di integrazione salariale straordinaria e per l’erogazione di trattamenti di mobilità in deroga

    Le Regioni beneficiarie devono:

    • Rispettare rigorosamente il limite di spesa attribuito;
    • Utilizzare anche eventuali residui disponibili da precedenti finanziamenti;
    • Collaborare con l’INPS per il monitoraggio della spesa.

    L’INPS, infatti, provvederà a un controllo trimestrale sull’andamento delle erogazioni, trasmettendo apposite relazioni al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e al Ministero dell’Economia e delle Finanze.

    Requisiti e domande per CIGS aree di crisi

    Ricordiamo che la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS) per le imprese operanti in un’area di crisi industriale complessa è disciplinata dall’articolo 44, comma 11-bis, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, come modificato dal decreto legislativo 24 settembre 2016, n. 185, e dal decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244.

    Il trattamento è destinato ai lavoratori e alle imprese con sede in aree riconosciute di crisi industriale complessa, individuate con decreti ministeriali e accordi di programma. Per ulteriori informazioni, è possibile contattare: [email protected].

    Destinatari

    • Possono beneficiare della misura i datori di lavoro che:
    • Abbiano già esaurito i precedenti trattamenti di CIGS;
    • Dichiarino l’impossibilità di accedere a ulteriori strumenti previsti dal d.lgs. n. 148/2015.

    È necessario presentare un piano di recupero occupazionale, concordato con la Regione, che preveda specifici percorsi di politiche attive finalizzate alla rioccupazione dei lavoratori. L’accesso al trattamento è subordinato alla stipula di un accordo governativo presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la presenza del Ministero delle Imprese e del Made in Italy e della Regione interessata.

    Modalità di presentazione dell’istanza

    L’istanza deve essere compilata utilizzando l’apposito modulo ministeriale e inviata tramite PEC a [email protected].

    Alla domanda devono essere allegati:

    • relazione tecnica motivata con il piano di recupero occupazionale;
    • Verbale di accordo governativo;
    • Verbale di accordo regionale;
    • Elenco dei lavoratori interessati;

    Informativa privacy e consenso al trattamento dei dati personali.

    Durata del trattamento

    La CIGS può essere concessa per una durata massima di 12 mesi per ciascun anno di riferimento, come previsto dall’articolo 3-ter della legge 3 agosto 2017, n. 123.

  • Lavoro Dipendente

    Anticipazione mensile del TFR: i chiarimenti dell’Ispettorato

     La recente nota n. 616/2025 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, in risposta a un quesito formulato dall’Ispettorato metropolitano di Milano, ha fornito chiarimenti rilevanti in merito alla legittimità dell’erogazione anticipata e continuativa in busta paga del TFR. Il documento, alla luce delle previsioni normative vigenti e della giurisprudenza, delinea con precisione i limiti entro cui può essere corrisposta l’anticipazione del TFR.

    Cosa prevede la normativa sul TFR

    Il trattamento di fine rapporto (TFR) costituisce una forma di retribuzione differita riconosciuta al lavoratore al termine del rapporto di lavoro.

    La disciplina del TFR è contenuta nell’articolo 2120 del Codice civile, che regola sia il calcolo della somma maturata sia i casi specifici in cui il lavoratore può richiederne un’anticipazione. In particolare, l’anticipazione è ammessa solo in presenza di determinati requisiti: un’anzianità di servizio non inferiore a otto anni presso lo stesso datore di lavoro, la richiesta da parte del dipendente, e la motivazione legata a specifiche esigenze personali come spese sanitarie straordinarie o l’acquisto della prima casa per sé o per i figli. Oltre a questo, la Legge n. 190/2014 aveva previsto, in via sperimentale e limitatamente al periodo 1° marzo 2015 – 30 giugno 2018, la possibilità per i lavoratori del settore privato di ricevere mensilmente la quota maturata di TFR in busta paga

    .

    Nota INL 616/2025: chiarimenti sull’anticipazione mensile del TFR

    Secondo quanto precisato dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro nella nota 616/2025, l’erogazione sistematica del TFR in busta paga, al di fuori dei casi previsti dalla legge, non è conforme alla normativa. In particolare, viene sottolineato che la pattuizione collettiva o individuale non può comportare l’automatico trasferimento mensile del TFR, poiché questo trasformerebbe la somma in una componente retributiva ordinaria, soggetta a contribuzione previdenziale e fiscale.

     Tale interpretazione si fonda anche sull’ordinanza della Corte di Cassazione n. 4670 del 22 febbraio 2021, che qualifica come “mera integrazione retributiva” le somme corrisposte mensilmente al di fuori dei presupposti legittimi di anticipazione.

    Controlli ispettivi e sanzioni per l’erogazione non conforme del TFR

    Laddove venga riscontrata una prassi di erogazione mensile del TFR non conforme alla normativa, il personale ispettivo dell’INL è tenuto a intervenire. In particolare, ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. n. 124/2004, è previsto che venga intimato al datore di lavoro di accantonare le quote indebitamente erogate. In caso di inottemperanza al provvedimento di disposizione, si applica una sanzione amministrativa compresa tra 500 e 3.000 euro, con un importo determinato in 1.000 euro, in quanto non è possibile ricorrere alla procedura di diffida prevista dall’art. 13, comma 2, dello stesso decreto legislativo

    .

    Allegati:
  • Lavoro Dipendente

    Recupero TFR per giornalisti in CIGS con contratto di solidarietà

    Con il Messaggio n. 1348 del 22 aprile 2025, l’INPS fornisce chiarimenti e istruzioni operative riguardanti il recupero delle quote di Trattamento di Fine Rapporto (TFR) per giornalisti dipendenti , precedentemente iscritti a INPGI,  da parte delle imprese editoriali che hanno fruito della CIGS (Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria) in costanza di contratti di solidarietà difensiva. 

    Come noto la legge di Bilancio 2022 (legge n. 234/2021, art. 1, commi da 103 a 118) ha poi  trasferito dal 1° luglio 2022 la funzione previdenziale dell’INPGI all’INPS, limitatamente alla gestione sostitutiva. Ciò ha determinato alcune problematiche per le imprese che non avevano ancora potuto recuperare le relative quote di TFR maturate prima del trasferimento.

    Ecco le istruzioni per il recupero tramite conguaglio Uniemens.

    Settore editoriale: normativa di riferimento

    Il Messaggio si rivolge in particolare alle imprese editoriali che hanno impiegato giornalisti assunti con contratti disciplinati dal regime assicurativo e regolamentare dell’INPGI (Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani) fino al 30 giugno 2022.

    Il quadro di riferimento è fornito dall’articolo 21, comma 5, del D.lgs. 148/2015, il quale stabilisce che le quote di accantonamento del TFR relative alla retribuzione persa per effetto della riduzione dell’orario di lavoro siano a carico della gestione di afferenza.

    Il  diritto è condizionato: si consolida solo in assenza di licenziamenti per motivi oggettivi o collettivi entro 90 giorni dalla fine della fruizione del trattamento CIGS, o di un eventuale trattamento straordinario successivo.

    In base al Decreto Interministeriale 23 novembre 2017, n. 100495 era stata ammessa per tali imprese la possibilità di richiedere trattamenti CIGS per la causale “contratto di solidarietà difensivo”, con applicazione della disciplina dell’art. 21, comma 5, inclusa la copertura delle quote di TFR.

    Aspetti operativi: come procedere al recupero – codice Uniemens

    L’INPS chiarisce che le imprese editoriali che abbiano fruito della CIGS per contratti di solidarietà in favore di giornalisti e che non abbiano potuto eseguire il recupero del TFR tramite l’INPGI possono ora recuperarlo tramite conguaglio presso l’Istituto.

    Come premesso, il recupero è subordinato alla verifica che nessun licenziamento per causa oggettiva o collettiva sia intervenuto entro i termini di legge (90 giorni dalla fine della CIGS o di eventuale trattamento straordinario successivo).

    Solo dopo tale verifica si consolida il diritto di credito del datore di lavoro. Inoltre, il termine decennale di prescrizione decorre solo dal momento del consolidamento del diritto, garantendo un’adeguata finestra temporale per l’esercizio del recupero.

    Codice di conguaglio

    Ai fini pratici, il datore di lavoro deve esporre il recupero delle quote di TFR nel flusso Uniemens utilizzando il codice “L045”, che identifica le “Quote TFR ex articolo 21, comma 5, D.lgs. n. 148/2015”.

    Tale codice era già stato introdotto dalla Circolare INPS n. 9 del 19 gennaio 2017, alla quale il Messaggio rinvia anche per le altre istruzioni operative. Gli importi esposti saranno oggetto di verifiche da parte dell’INPS per garantirne la coerenza con le disposizioni normative.

  • Lavoro Dipendente

    Denunce INAIL: aggiornamento dal 16.5 per invii offline

    Inail ha comunicato ieri  che sono in arrivo il prossimo 16 maggio aggiornamenti per l’invio in modalità offline o in cooperazione applicativa della  

    • Comunicazione di infortunio e 
    • Denuncia/Comunicazione di infortunio: 

    In particolare dal  16 maggio 2025 sarà disponibile la versione aggiornata degli applicativi Comunicazione di infortunio e Denuncia/Comunicazione di infortunio che contiene un nuovo campo obbligatorio per l’acquisizione dell’informazione relativa all’eventuale accadimento dell’evento lesivo in cantiere.

    Attenzione va posta la fatto che l’inserimento dell’informazione “Attività svolta in cantiere” è finalizzato anche alla gestione della patente a crediti nei cantieri temporanei o mobili.

    Denunce INAIL: obbligo adeguamento utenti entro il 15 maggio

    INAIL avvisa  quindi che  per l’inoltro di comunicazioni e denunce/comunicazioni in modalità offline o in cooperazione applicativa è necessario che gli utenti interessati adeguino i propri sistemi entro il 15 maggio 2025.

    Le cronologie delle versioni, contenenti i dettagli delle modifiche e le documentazioni tecniche aggiornate per l’invio offline dei due adempimenti citati, sono disponibili seguendo i percorsi:

    Le documentazioni tecniche aggiornate dei due servizi in cooperazione applicativa sono state comunicate alle aziende che utilizzano tale modalità di trasmissione.

  • Lavoro Dipendente

    Fondimpresa formazione 2025: domande al via il 6 maggio

    Entra nel vivo la formazione aziendale di Fondimpresa, il più grande fondo interprofessionale  promosso da Confindustria, Cgil Cisl e Uil che consente  alle aziende aderenti la possibilità di finanziare la formazione continua dei propri dipendenti, da operai a impiegati e quadri,

    Grazie ai contributi accantonati sul conto formazione, le imprese possono accedere a un'ampia gamma di attività formative personalizzate, senza sostenere costi.  

    Il primo avviso, già pubblicato nelle scorse settimane riguarda percorsi sulle competenze di base e trasversali mentre è in arrivo il nuovo Avviso n. 2  per le politiche attive del lavoro . 

    Vediamo di seguito i dettagli e le scadenze degli sportelli per le domande .

    Fondimpresa scadenze primo avviso

    L’avviso 1 come anticipato  finanzia corsi di formazione, da scegliere all’interno dei Cataloghi formativi predisposti dai Soggetti Proponenti  finalizzati allo sviluppo delle competenze di base e trasversali dei lavoratori (lingue, soft skill, digital skill, ….).

    Ogni corso deve prevedere un minimo di 4 partecipanti, per i corsi mono-aziendali

    Ogni lavoratore inserito nel Piano può partecipare a massimo 2 corsi (precisiamo che lo stesso lavoratore/azienda può partecipare ad altro piano purché l’ambito di competenza sia diverso)

    Al termine di ogni corso è previsto il rilascio di un’attestazione rafforzata/certificazione delle competenze

    Alleghiamo un esempio dell'offerta di uno dei soggetti gestori ro  qui il Catalogo Corsi relativo al primo avviso

    Gli enti gestori 

    Presentazione delle domande

    La presentazione delle domande avviene a sportello:

    • 1° Sportello: dalle ore 9:00 del 6 maggio 2025
    • 2° Sportello: dalle ore 9:00 del 14 ottobre 2025
    • 3° Sportello: dalle ore 9:00 del 10 marzo 2026

    N.B. La formazione  relativa alle domande inviate nel primo sportello si svolgerà da metà giugno a metà settembre.

    Fondimpresa 2°avviso 2025 politiche attive

     il nuovo Avviso di Fondimpresa, 2/2025 «Politiche attive»,  conta su  20 milioni di euro destinati alla qualificazione e alla riqualificazione professionale di disoccupati e/o inoccupati da assumere poi nelle imprese aderenti.

     Le domande di finanziamento dovranno arrivare, a pena di inammissibilità, a partire dalle 9 del 21 maggio fino a esaurimento delle risorse, e comunque non oltre le 13 del 31 dicembre 2025.  Si attendono ulteriori dettagli dalla presentazione ufficiale prevista per  mercoledì 16 aprilea Roma, da Fondimpresa,  il cui  presidente di Fondimpresa, Aurelio Regina  ha recentemente ribadito che  l'avviso, giunto alla 5 edizione "rappresenta un investimento strategico per la ricollocazione efficace e sostenibile. Non si limita a fornire un sostegno temporaneo in momenti di transizione, ma agisce in profondità sulle esigenze del tessuto produttivo, potenziando le capacità individuali e collettive, rendendo il nostro sistema economico più agile, competitivo e capace di affrontare le sfide del futuro con rinnovata energia e preparazione».

    Potranno presentare domanda di finanziamento  le aziende aderenti a Fondimpresa che cercano  figure professionali con profili di difficile reperimento 

    e anche e imprese la cui adesione  è stata accettata dall’Inps, ma ancora non trasmessa al Fondo).

    ATTENZIONE Il finanziamento dei corsi è subordinato all’assunzione con contratto a tempo indeterminato del 90% dei partecipanti effettivi. 

    In caso di assunzioni  in misura minore  il riconoscimento del finanziamento a consuntivo sarà proporzionalmente ridotto.

    Fondimpresa: Come funziona – Numero verde

    Il fondo mette a disposizione delle aziende tre canali  di finanziamento 

    Conto Formazione: qui sono accantonate la maggior parte delle risorse provenienti dai versamenti  aziendali tramite INPS utilizzabili in qualsiai  momento per attivare un piano formativo personalizzato.

    Contributo Aggiuntivo: periodicamente, Fondimpresa mette a disposizione fondi straordinari per supportare, ad esempio, la formazione di lavoratori neo assunti o in cassa integrazione.

    Conto di Sistema: la quota rimanente dei versamenti Inps viene raccolta in un fondo collettivo, che viene messo a disposizione tramite gli Avvisi periodici. Le aziende possono partecipare a piani formativi collettivi proposti dagli enti qualificati (come Fòrema), che raggruppano più imprese aggregate sulla base dei fabbisogni, del settore e del territorio di riferimento.

    Per le piccole e medie imprese, questa rappresenta un'opportunità unica per investire nella formazione dei propri dipendenti senza gravare eccessivamente sul budget aziendale, accedendo a un'offerta formativa completa e di alta qualità.

    Per ulteriori informazione è attivo un numro verde HELP DESK   800.11.63.11

    Fondimpresa: adesione in Uniemens e DMAG per imprese agricole

    Per aderire a Fondimpresa occorre:

    • accedere alla funzione di Denuncia Aziendale del flusso “UNIEMENS” dell’INPS;
    • selezionare l’anno, il mese di contribuzione e la Matricola INPS;
    • scegliere, all’interno dell'elemento relativo ai Fondi Interprofessionali, l’opzione “Adesione”;
    • selezionare il codice “FIMA”;
    • inserire il numero dei dipendenti interessati all'obbligo contributivo 0,30%, ad esclusione dei dirigenti.

    L’adesione non comporta un costo aggiuntivo, va effettuata una sola volta e non va rinnovata.

    Adesione delle aziende agricole

    Per l’adesione delle Matricole agricole basta accedere al flusso trimestrale “DMAG” dell'INPS, scegliere, all’interno dell'elemento relativo ai Fondi Interprofessionali, l’opzione “Nuova adesione” e indicare “Fondimpresa”. Non è necessario specificare il numero dei dipendenti interessati all'obbligo contributivo 0,30%.

    E' possibile la revoca da altro Fondo e adesione a Fondimpresa comunicando  la revoca al precedente Fondo accedendo alla funzione di Denuncia Aziendale del flusso “UNIEMENS” dell’INPS, nella sezione “FondoInterprof". 

    Si deve quindi: 

    • selezionare l’anno, il mese di contribuzione e la Matricola INPS;
    • scegliere, all’interno dell'elemento relativo ai Fondi Interprofessionali, l’opzione “Revoca  
    • inserire il codice REVO;
    • selezionare, contestualmente nella stessa Denuncia, il codice del nuovo Fondo al quale intende trasferirsi (FIMA per aderire a Fondimpresa);
    • inserire il numero dei dipendenti interessati all'obbligo contributivo 0,30%, ad esclusione dei dirigenti.
    • Se l’azienda ha più Matricole INPS, la revoca e nuova adesione è da ripetersi per ogni Matricola.

    L'effetto dell'adesione decorre dalla Denuncia Aziendale nella quale è stato inserito il codice “FIMA”, e i contributi versati all'INPS vengono accantonati sul "Conto Formazione" dell'azienda a partire dalla competenza del mese precedente.