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Formazione sicurezza per i datori di lavoro: nuovo obbligo al via
E' stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 maggio 2025 l'accordo sottoscritto il 17 aprile 2025 nella Conferenza Stato -regioni e province autonome per l'attuazione dell'obbligo formativo dei datori di lavoro sui temi della salute e sicurezza dei lavoratori introdotto dal decreto-legge n. 146/2021 all’articolo 37 del decreto legislativo n. 81/2008 (Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro).
L’Accordo è in vigore dal 25 maggio e rappresenta un intervento sistematico per la regolamentazione dei percorsi formativi, volto a garantire uniformità e qualità nell'erogazione della formazione obbligatoria.
Il nuovo Accordo , con l'allegato A, definisce nel dettaglio la durata, i contenuti minimi e le modalità di erogazione e verifica dell’apprendimento dei percorsi formativi obbligatori, con particolare attenzione alle responsabilità dirette del datore di lavoro e alle figure della prevenzione (preposti, dirigenti, rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza – RLS).
Vediamo meglio i contenuti e una tabella sintetica degli obblighi.
La norma sulla nuova formazione obbligatoria per i datori di lavoro
Come detto, il decreto "fisco lavoro " n. 146 2021, collegato alla legge di bilancio 2022 aveva introdotto numerose modifiche al testo unico sulla sicurezza sul lavoro, in particolare sulla formazione, apportate con l’articolo 13, che prevede nuovi obblighi e un inasprimento delle sanzioni.
L’INL, con circolare n. 1 del 16 febbraio 2022, ha fornito indicazioni sui nuovi obblighi formativi che interessano datori di lavoro, dirigenti e preposti, Per la piena attuazione si era in attesa dell'Accordo Stato Regioni (inizialmente previsto entro il 30 giugno 2022.)
La novità di maggiore impatto introdotta dall’Accordo riguarda l’introduzione di un obbligo formativo specifico in capo ai datori di lavoro, che dovranno infatti frequentare un corso di formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro della durata minima di 16 ore.
Il percorso formativo per il datore di lavoro ha finalità chiare e precise:
- fornire le conoscenze necessarie per lo svolgimento delle funzioni attribuite dall’articolo 18 del D.Lgs. 81/2008,
- aumentare la consapevolezza delle responsabilità legate al proprio ruolo e promuovere un'efficace cultura della prevenzione.
Secondo quanto stabilito dal punto 3, Parte II, dell’Allegato A dell’Accordo, la formazione dovrà coprire tematiche essenziali quali:
- l’organizzazione della prevenzione aziendale,
- la valutazione dei rischi,
- la gestione delle emergenze e
- la vigilanza sull’attuazione delle misure di sicurezza.
Formazione sicurezza: Modulo specifico per i cantieri
Un’ulteriore previsione di rilievo è l’introduzione di un modulo formativo aggiuntivo, della durata minima di 6 ore, riservato ai datori di lavoro delle imprese affidatarie operanti nei cantieri temporanei e mobili.
Questo modulo – denominato “Modulo Cantieri” – risponde alla necessità di garantire un’adeguata preparazione per la redazione dei piani di sicurezza e per la gestione dei rischi nei contesti ad alto indice di pericolosità, come appunto i cantieri edili. Il riferimento normativo in questo caso è l’articolo 97 del Testo Unico, che impone al datore di lavoro dell’impresa affidataria il possesso di una formazione specifica.
Il termine per la conclusione della formazione obbligatoria è fissato in 24 mesi a partire dalla data di entrata in vigore dell’Accordo. Saranno considerati validi i corsi già erogati prima di tale data, purché conformi nei contenuti alle nuove disposizioni.
Formazione del preposto e nuove responsabilità operative
L’Accordo del 17 aprile interviene anche sulla figura del preposto, in coerenza con le modifiche introdotte dal decreto-legge 146/2021, che ha rafforzato il ruolo di vigilanza e intervento di questa figura all’interno dell’organizzazione aziendale.
In particolare, l’articolo 19, comma 1, lettere a) e f-bis), del D.Lgs. 81/2008 riconosce al preposto il potere di interrompere l’attività lavorativa di fronte a comportamenti non conformi da parte dei lavoratori o in presenza di carenze significative nei mezzi e nelle attrezzature.
Per rispondere a questi nuovi compiti, l’Accordo introduce un corso di formazione specifico della durata minima di 12 ore, articolato in tre moduli. Tale formazione è subordinata alla previa frequenza, da parte del preposto, dei corsi di formazione generale e specifica per i lavoratori.
Il nuovo percorso è mirato a consolidare le competenze del preposto in materia di sorveglianza, gestione delle non conformità, comunicazione efficace in ambito di sicurezza e capacità di gestione delle emergenze.
La valorizzazione del ruolo del preposto risponde all’esigenza di rafforzare i meccanismi di prevenzione a livello operativo, garantendo che vi siano figure adeguatamente formate e consapevoli all’interno dell’azienda, capaci di vigilare e intervenire in tempo utile in caso di anomalie o situazioni di rischio.
La frequenza ai corsi per preposti dovrà essere periodicamente aggiornata, secondo quanto previsto dall’Accordo.
Formazione sicurezza: regime transitorio, tempi di attuazione e validità dei percorsi
In termini operativi, l’entrata in vigore dell’Accordo formalizzata con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale comporta .
- un periodo transitorio di 12 mesi, durante il quale sarà ancora possibile avviare corsi secondo i precedenti accordi Stato-Regioni e l'allegato XIV del D.Lgs. 81/2008, fino al 23 maggio 2026 .
- Tutti i datori di lavoro dovranno completare i percorsi formativi previsti dal nuovo accordo entro il 24 maggio 2027 .
Durante questo periodo, si prevede una fase di graduale adeguamento da parte degli enti formatori, delle imprese e dei consulenti del lavoro, che avranno il compito di pianificare e promuovere la formazione secondo le nuove modalità.
Il testo dell’Accordo specifica anche la validità dei corsi già svolti prima dell’entrata in vigore: essi saranno ritenuti validi se conformi ai requisiti contenutistici e strutturali definiti dall’Accordo stesso.
Formazione datori di lavoro e preposti tabella di sintesi
Soggetto Coinvolto Obbligo Formativo Durata Minima Note Operative Datore di Lavoro Corso obbligatorio su salute e sicurezza 16 ore Da completare entro 24 mesi dalla pubblicazione in G.U. Datore di Lavoro (Impresa affidataria – cantieri) Modulo aggiuntivo “Cantieri” 6 ore Riguarda redazione PSC e gestione cantieri temporanei Preposto Corso specifico sulla vigilanza e gestione dei rischi 12 ore Dopo la formazione generale e specifica lavoratori Tutti i corsi Verifica finale di apprendimento Prevista Test scritto, colloquio o prova pratica -
Permessi elettorali per referendum: regole, assenze, diritti e doveri
Nell'ambito del rapporto di lavoro dipendente, anche per i referendum abrogativi su lavoro e cittadinanza 2025 in programma nel prossimo fine settimana vale la specifica disciplina di gestione delle assenze per attività elettorali.
Come noto, infatti , i lavoratori titolari di un rapporto di lavoro subordinato che vengono chiamati ad assumere ruoli nei seggi elettorali sono assistititi dalla legge sia per quanto attiene a
- diritti collegati all'assenza dal lavoro, e
- recupero della giornata di riposo spettante per aver lavorato al seggio.
In sostanza i giorni lavorativi passati alle urne sono considerati giorni lavorati agli effetti del cedolino paga, come se il lavoratore avesse normalmente prestato la sua attività lavorativa in azienda.
Diversamente, i giorni festivi e quelli non lavorativi (in caso di settimana corta) sono recuperati con una giornata di riposo compensativo o compensati con quote giornaliere di retribuzione in aggiunta alla retribuzione normalmente percepita.
La disciplina che regola i permessi spettanti ai lavoratori subordinati chiamati a presenziare i seggi elettorali scaturisce dal combinato disposto di due norme:
- art. 119, DPR n. 361/1957 come sostituito dall’articolo 11 della legge n. 53/1990, e
- art. 1, legge n. 69/1992 .
I permessi elettorali debbono essere concessi ai lavoratori pubblici e privati (sia con rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato che determinato) chiamati ad assumere ruoli nei seggi elettorali qualora ricoprano le seguenti figure:
• presidente di seggio;
• segretario;
• scrutatore;
• rappresentante di lista, di gruppo, di partiti;
• componente dei Comitati promotori in caso di referendum.Vediamo nello specifico adempimenti diritti e doveri dei datori di lavoro e dei dipendenti.
Permessi elettorali: gli adempimenti del datore di lavoro
Il datore di lavoro è tenuto a retribuire i giorni di assenza e garantire le giornate di riposo compensativo in maniera differente in base all'orario di lavoro normalmente svolto. Vediamo nella seguente tabella riepilogativa:
Orario di lavoro
dal lunedì al sabato
Pagamento delle due giornate di assenza come avesse lavorato (il sabato e il lunedì);una giornata di riposo compensativo per il mancato riposo della sola giornata della domenica ovvero, in alternativa in accordo con il lavoratore, un compenso pari ad una quota giornaliera di retribuzione in aggiunta alla retribuzione normalmente percepita.Orario di lavoro
dal lunedì al venerdì
Pagamento della giornata di assenza come avesse lavorato (il lunedì);
- Le giornate da recuperare con riposo compensativo, per essere stato al seggio nelle giornate di sabato, domenica e lunedì, sono due, al fine di recuperare il sabato e la domenica.
Giova ricordare forse che la normativa di riferimento non detta le modalità di scelta tra riposo compensativo e retribuzione e non definisce neppure eventuali maggiorazioni da corrispondere per i giorni festivi trascorsi al seggio.
Si può ritenere dunque che spetti al lavoratore rifiutare o accettare l’eventuale riposo compensativo da fruire entro un arco temporale possibilmente ristretto, in quanto lo stesso ha natura compensativa del mancato riposo settimanale.
Permessi elettorali diritti e doveri del lavoratori
I lavoratori dipendenti chiamati ad operare presso i seggi elettorali hanno diritto :
- ad assentarsi dal lavoro per tutto il periodo in cui sono tenuti a presenziare alle operazioni elettorali, previa richiesta scritta al datore di lavoro.
- al pagamento di specifiche quote retributive, in aggiunta alla ordinaria retribuzione mensile, ovvero a riposi compensativi, per i giorni festivi o non lavorativi eventualmente compresi nel periodo di svolgimento delle operazioni elettorali, oltre al compenso erogato dallo Stato.
In assenza di una regolamentazione contrattuale, il lavoratore chiamato a svolgere funzioni al seggio, è tenuto ad osservare una serie di adempimenti dovuti sulla base dei principi di correttezza e buona fede insiti nel rapporto di lavoro:
- preavvertire tempestivamente il proprio datore di lavoro, con richiesta come da fac-simile indicato in seguito, dell’ assenza dal lavoro, consegnando eventuale copia della convocazione a lui recapitata dal competente ufficio elettorale, cui seguirà certificazione presidente del seggio;
- ultimate le operazioni di voto, consegnare al datore di lavoro copia della documentazione attestante l’indicazione dei giorni e delle ore occupate nella funzione svolta presso il seggio elettorale rilasciata dal presidente del seggio.
La documentazione da produrre al rientro in azienda tuttavia, può differire a seconda che il lavoratore abbia assunto il ruolo di scrutatore, segretario, presidente o rappresentante di lista.
I permessi richiesti per motivi elettorali concessi per tutto il tempo necessario all’adempimento delle funzioni presso gli uffici elettorali (politiche, amministrative, europee, referendum nazionali e regionali) sono considerati dalla legge, a tutti gli effetti, giorni lavorativi e per questo motivo al datore di lavoro non è consentito richiedere prestazioni lavorative nei giorni coincidenti con quelli richiesti per le operazioni elettorali, anche se eventuali esigenze di servizio dovessero collocarsi in orario diverso da quello di impegno ai seggi.
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Referendum 2025: tutti i quesiti spiegati bene
L'8 e il 9 giugno 2025, i cittadini italiani saranno chiamati a votare su cinque referendum riguardanti temi di lavoro e cittadinanza. Quattro quesiti sono stati promossi dalla CGIL e da altre associazioni della società civile, mentre il quinto è stato proposto dal partito Piu Europa con il sostegno di Possibile, PSI, Radicali Italiani e Rifondazione Comunista . Le proposte di referendum hanno ampiamente superato, con milioni di firme, il limite minimo di 500mila adesioni necessario.
Va ricordato che i referendum sono abrogativi, cioè chiedono di cancellare alcune norme per ripristinare le regole precedenti.
I cinque quesiti referendari in estrema sintesi sono i seguenti:
- Licenziamenti illegittimi e contratto a tutele crescenti: Si propone l'abrogazione di uno dei decreti del Jobs act che riguarda il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti,L'obiettivo è ripristinare la possibilità di reintegrazione del lavoratore nel suo posto di lavoro, in tutti i casi di licenziamento illegittimo.
- Indennità per licenziamenti nelle piccole imprese: Questo quesito mira a eliminare il tetto massimo all'indennità per licenziamenti illegittimi nelle aziende con meno di 15 dipendenti, consentendo al giudice di determinare l'importo senza limiti predefiniti .
- Contratti a termine: Si propone l'abrogazione di alcune norme contenute nel Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81, che regolano la possibilità di instaurare contratti a tempo determinato e le condizioni per le proroghe e i rinnovi
- Responsabilità solidale negli appalti: Il quesito chiede l'abrogazione della norma che esclude la responsabilità solidale del committente, dell'appaltatore e del subappaltatore, per gli infortuni sul lavoro derivanti da rischi specifici dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici .
- Cittadinanza italiana per stranieri: Si propone di dimezzare da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale in Italia richiesto agli stranieri extracomunitari maggiorenni per poter richiedere la cittadinanza italiana .
Di seguito vediamo meglio il contenuto dei quesiti e come si vota sia in Italia che dall'estero.
Referendum 2025: cosa succede se si vota sì
Licenziamenti illegittimi e contratto a tutele crescenti
Si propone l'abrogazione del Decreto Legislativo 4 marzo 2015, n. 23, che disciplina il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, introdotto dal Jobs Act.
Riguarda le aziende con oltre 15 dipendenti e in particolare gli assunti a partire dal 2015 (data di entrata in vigore della riforma)
Si chiede in pratica di ripristinare la possibilità di reintegrare nel posto di lavoro il dipendente in caso di licenziamento giudicato illegittimo dai giudici, come previsto in precedenza dall'art 18 dello Statuto dei lavoratori. Questa modifica è stata raccomandata dalla Corte costituzionale e da molte sentenze della Corte di Cassazione
Per approfondire vedi Licenziamenti e reintegra: novità dalla Corte costituzionale
Indennità in caso di licenziamento nelle piccole imprese (fino a 15 dipendenti)
in caso di licenziamento illegittimo oggi una lavoratrice o un lavoratore può al massimo ottenere 6 mensilità di risarcimento, anche qualora una/un giudice reputi infondata l’interruzione del rapporto, cioè priva di giustificato motivo o di giusta causa. CGIL ricorda che i dipendenti delle piccole imprese (fino a 15 dipendenti) sono circa 3 milioni e 700mila . Votando sì, si cancella il limite massimo di sei mensilità all’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato e si affida al giudice l'incarico di determinare il giusto risarcimento (la reintegra nel posto di lavoro non è prevista per le piccole imprese). Anche in questo caso la corte di cassazione spesso si è espressa per una maggiore tutela dei lavoratori.
Contratti a termine
Si propone l'abrogazione di alcune disposizioni del Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81, che regolano la possibilità di instaurare contratti a tempo determinato con proroghe e rinnovi , Nello specifico di vorrebbe reintrodurre l’obbligo di una “causale”, cioè di indicare il motivo per cui si ricorre a tale forma di contratto anche per i contratti fino a 12 mesi. Oggi infatti l'obbligo di spiegare le motivazioni scatta solo dai 12 mesi ai 24 mesi di durata ( oltre questa soglia il contratto a termine è vietato). (Vedi in merito Contratto a tempo determinato le regole) Inoltre, sarebbero eliminate le attuali deroghe che consentono proroghe o rinnovi più flessibili.
Responsabilità solidale negli appalti
Il quesito chiede l'abrogazione della norma che esclude la responsabilità solidale del committente, dell'appaltatore e del subappaltatore per gli infortuni sul lavoro derivanti da rischi specifici dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.
Se vince il SÌ:Il committente diventa corresponsabile degli infortuni anche quando la causa è un rischio specifico dell’impresa appaltatrice o subappaltatrice. In pratica, si estenderebbe il principio della responsabilità solidale per la sicurezza del lavoratore.
Se vince il NO: Il committente non sarà responsabile se l’infortunio è collegato a un rischio specifico proprio dell’impresa appaltatrice. La responsabilità resterà quindi limitata, come ora.
Cittadinanza italiana: da 10 a 5 anni
Attualmente la cittadinanza per naturalizzazione può essere richiesta dopo 10 anni di residenza legale e continuativa in Italia. Il referendum punta ad abbreviare questo termine anche perche dal momento della richeista fatta dall'interessato passano solitamente anni prima di ottenerla
Se vince il SÌ Il termine richiesto sarà ridotto da 10 a 5 anni, facilitando l’accesso alla cittadinanza italiana per gli stranieri non comunitari che risiedono regolarmente nel Paese.
Se vince il NO: Il requisito attuale rimane invariato: saranno ancora necessari 10 anni di residenza per presentare la domanda di cittadinanza.
Referendum 2025: il voto dall’estero
Gli italiani residenti all'estero possono partecipare ai referendum abrogativi dell'8 e 9 giugno 2025 attraverso il voto per corrispondenza, come previsto dalla Legge 27 dicembre 2001, n. 459. Nello specifico:
- i cittadini iscritti all'AIRE riceveranno il plico elettorale al proprio indirizzo di residenza all'estero, senza bisogno di fare domanda, entro il 21 maggio 2025. Le schede votate dovranno pervenire al consolato di riferimento entro le ore 16:00 locali di giovedì 5 giugno 2025. In alternativa, gli elettori residenti all'estero potevano scegliere di votare in Italia comunicando la propria opzione all'Ufficio consolare competente entro il 10 aprile 2025.
- Gli elettori non iscritti all'AIRE perche temporaneamente all'estero per motivi di lavoro, studio o cure mediche per un periodo di almeno tre mesi comprendente la data delle votazioni, nonché i familiari conviventi, possono optare per il voto per corrispondenza inviando una richiesta al proprio Comune di iscrizione elettorale entro il 7 maggio 2025.
Per ulteriori informazioni e per scaricare i moduli necessari, si consiglia di consultare il sito ufficiale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale o di contattare l'Ufficio consolare di riferimento.
Referendum 2025: Come e quando si vota – il Quorum
Date e orari: Domenica 8 giugno dalle 7:00 alle 23:00 e lunedì 9 giugno dalle 7:00 alle 15:00.
Modalità di voto: Ogni elettore riceverà cinque schede, una per ciascun quesito. Per ogni scheda, si potrà votare "Sì" per abrogare la norma o "No" per mantenerla.
Quorum: Perché un referendum sia valido, è necessario che partecipi almeno il 50% più uno degli aventi diritto al voto.
Anche non andare a votare quindi comporta la scelta indiretta di non far passare le richieste di modifica delle norme esistenti.
Conseguenze del SI e del NO tabella di sintesi
Quesito Argomento Conseguenze del SÌ Conseguenze del NO 1 Reintegra nei contratti a tutele crescenti per le aziende oltre i 15 dipendenti Più casi di reintegra nel posto di lavoro, anche nei contratti Reintegro raro, in genere solo indennizzo (da 6 a 36 mesi di stipendio) 2 Indennità per licenziamenti ingiustificati in piccole imprese Il giudice potrà decidere l’importo del risarcimento senza limiti Massimo 6 mensilità di retribuzione, anche in casi gravi 3 Contratti a termine e obbligo di causale Motivazione per il contratto a termine sempre obbligatoria Nessuna causale necessaria sotto i 12 mesi 4 Responsabilità del committente per infortuni Committente responsabile anche per rischi specifici Nessuna responsabilità per rischi dell’appaltatore 5 Accesso alla cittadinanza italiana Bastano 5 anni di residenza per richiedere la cittadinanza Servono 10 anni di residenza continuativa per fare la richiesta -
Corsi ADR 2025: nuove regole per i conducenti merci pericolose
Con il decreto 16 maggio 2025, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 120 del 26 maggio, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha aggiornato le regole per l'erogazione dei corsi destinati ai conducenti di veicoli che trasportano merci pericolose su strada (ADR).
Il provvedimento modifica il decreto del 6 ottobre 2006 e introduce significative novità operative per gli organismi di formazione, i docenti e gli uffici della motorizzazione.
Il decreto si inserisce in un processo di armonizzazione con le norme europee e mira a elevare la qualità dei percorsi formativi, offrendo maggiori opportunità anche a operatori italiani che finora si rivolgevano a corsi esteri.
Vediamo qualche dettaglio operativo.
Nuove definizioni CFP e riferimento all’ADR aggiornato
L’articolo 1 del decreto 2006 viene integralmente sostituito. Vengono definite chiaramente le fonti normative aggiornate:
Allegati A e B dell’accordo ADR (versione aggiornata dalla direttiva 2025/149/UE) entrano a pieno titolo nella normativa italiana.
Si chiarisce il significato di CFP (certificato di formazione professionale), obbligatorio per chi guida veicoli adibiti al trasporto di merci pericolose, come da capitolo 8.2 dell’allegato B ADR.
Si ricorda che il rilascio dei CFP (certificati ADR) è competenza esclusiva degli uffici della motorizzazione civile, che operano secondo le disposizioni impartite dalla Direzione generale per la motorizzazione. Non cambiano quindi le procedure, ma viene confermata l’organizzazione attuale.
Le disposizioni applicative per il rilascio dei certificati (CFP) saranno dettate a livello interno, con circolari o note operative della Direzione Generale,
Soggetti abilitati per la formazione e requisiti docenti
Una delle principali novità è l’ampliamento dei soggetti che possono erogare i corsi ADR. Accanto agli organismi già autorizzati, potranno accreditarsi anche:
- Associazioni di esperti in trasporto merci pericolose, attive da almeno 10 anni nel campo della formazione, a condizione che rispettino i requisiti previsti dall’art. 5 del decreto 2006.
Inoltre, è aggiornata la terminologia ministeriale: scompaiono i riferimenti ai “S.I.I.T. – settore trasporti”, ora sostituiti dalla Direzione generale territoriale, coerentemente con la riorganizzazione interna del MIT.
Requisiti più stringenti per i docenti
Chi intende insegnare nei corsi ADR dovrà possedere:
- Laurea in chimica, ingegneria o equipollenti;
- Certificato di consulente per la sicurezza nel trasporto di merci pericolose, valido e riferito alle stesse materie oggetto del corso.
Probabile un prossimo provvedimento amministrativo, linee guida o circolare, che definisca le modalità per questi nuovi soggetti per:
- presentare domanda di autorizzazione;
- dimostrare i 10 anni di esperienza;
- documentare il possesso dei requisiti dei docenti.
Conclusioni
Per mantenere aggiornati i contenuti d’esame rispetto alle evoluzioni della normativa ADR, il decreto prevede che la Direzione generale per la motorizzazione istituisca un gruppo di lavoro tecnico, con:
- Esperti esterni nel settore ADR;
- Compiti di elaborazione dei questionari d’esame.
Importante: la partecipazione al gruppo non prevede compensi.
Per i consulenti del lavoro e i datori di lavoro che gestiscono autisti ADR, queste modifiche implicano:
- Controllare che gli enti formativi scelti siano aggiornati e abilitati secondo i nuovi requisiti;
- Verificare i titoli e le abilitazioni dei docenti coinvolti nei corsi;
- Assicurarsi che i CFP rilasciati provengano dalla motorizzazione, come previsto.
Per gli enti di formazione, invece, è fondamentale verificare il possesso dei requisiti e, per le nuove associazioni ammesse, prepararsi a documentare l’esperienza decennale nel settore.
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Indennità congedo parentale all’80%: le istruzioni 2025
Pubblicata il 26 maggio la circolare INPS n.95 con le istruzioni dettagliate per la fruizione dell'ulteriore mese di congedo parentale facoltativo con indennità innalzata all' 80% invece che 30 .
A partire dal 2025, i genitori lavoratori dipendenti che usufruiscono del congedo parentale entro i 6 anni di vita del bambino (o 6 anni dall’ingresso in famiglia in caso di adozione/affidamento) possono beneficiare di un'indennità più alta. La nuova legge prevede che per tre mesi in totale, anche non consecutivi, il congedo parentale sia retribuito all’80% dello stipendio.
I tre mesi all’80% non sono aggiuntivi rispetto ai 10/11 mesi complessivi già previsti per il congedo parentale, ma rappresentano solo un aumento della retribuzione per tre di questi mesi. I tre mesi retribuiti meglio possono essere divisi tra i due genitori o utilizzati da uno solo, e valgono anche se il congedo viene preso a ore, a giorni o in modalità continuativa.
La misura si applica solo ai lavoratori dipendenti: sono esclusi i lavoratori autonomi e quelli iscritti alla Gestione separata INPS.
Inoltre, è necessario che il congedo di maternità o paternità sia terminato dopo determinate date (31 dicembre 2023 o 31 dicembre 2024) per poter accedere alla retribuzione più alta.
Se il figlio è nato prima di certe date, si ha diritto a uno o due mesi con l’80% a seconda dei casi. In generale, il diritto all’80% spetta solo se si ha un lavoro dipendente al momento della richiesta del congedo. Le amministrazioni pubbliche gestiscono direttamente questi congedi per i propri dipendenti.
La circolare dettaglia anche le istruzioni per la fruizione in Uniemens e Liste PosPA.
Ecco i dettagli.
Indennità congedo 80%: a chi spetta – tabella sintetica ed esempi
Mese di congedo parentale Indennità Decorrenza Condizioni 1° mese 80% della retribuzione Dal 1° gennaio 2023 Genitore dipendente con fine maternità/paternità dopo il 31/12/2022 2° mese 80% della retribuzione Dal 1° gennaio 2024 Genitore dipendente con fine maternità/paternità dopo il 31/12/2023 3° mese 80% della retribuzione Dal 1° gennaio 2025 Genitore dipendente con fine maternità/paternità dopo il 31/12/2024 Ulteriori 6 mesi 30% della retribuzione Regime vigente Indipendente da reddito Ultimi 2 mesi 0% (salvo basse soglie di reddito) Regime vigente Possibile indennità se reddito basso Riportiamo due dei 4 esempi forniti dalla circolare:
Esempio A) – Figlio nato il 20 novembre 2024;
– la madre lavoratrice dipendente termina il periodo di congedo di maternità il 20 febbraio 2025;
– il padre fruisce di due mesi di congedo parentale dal 21 novembre 2024 al 20 gennaio 2025.
I mesi di congedo parentale dal 21 novembre 2024 al 20 gennaio 2025 sono indennizzati all’80% della retribuzione (come previsto dalla legge di Bilancio 2023 e 2024) in quanto il mese dal 21 novembre 2024 al 20 dicembre 2024 rientra nella previsione della legge di Bilancio 2023 e il mese dal 21 dicembre 2024 al 20 gennaio 2025 rientra nella previsione della legge di Bilancio 2024 per il periodo dal 21 dicembre 2024 al 31 dicembre 2024 e nella previsione della legge di Bilancio 2025 per il periodo dal 1° gennaio 2025 al 20 gennaio 2025 che ha elevato l’indennità di congedo parentale dal 60% all’80% per tutti i periodi fruiti a decorrere dal 1° gennaio 2025.
Ai genitori residua un ulteriore mese di congedo parentale indennizzabile all’80% (introdotto dalla legge di Bilancio 2025), da fruire entro il compimento di 6 anni di età del figlio, in quanto, il figlio è nato prima del 1° gennaio 2025 e la madre termina il periodo di congedo di maternità successivamente al 31 dicembre 2024.
Esempio B) – Madre lavoratrice dipendente che fruisce del congedo di maternità, esclusivamente dopo il parto, dal 15 settembre 2024 (data effettiva del parto) al 15 febbraio 2025;
– il padre lavoratore dipendente fruisce di tre mesi di congedo parentale dal 1° ottobre 2024 al 31 dicembre 2024 di cui due mesi indennizzati all’80% della retribuzione (come previsto dalle leggi di Bilancio 2023 e 2024) e un mese indennizzato al 30% della retribuzione, in quanto l’ulteriore mese di congedo indennizzabile all’80%, previsto dalla legge di Bilancio 2025, è fruibile solo a decorrere dal 1° gennaio 2025;
– il padre fruisce, inoltre, di un mese di congedo parentale dal 10 gennaio 2025 al 9 febbraio 2025.
Il mese di congedo parentale fruito dal padre nel corso dell’anno 2025 è indennizzabile solo al 30% e non all’80% della retribuzione, in quanto l’elevazione dell’indennità è prevista solo nei tre mesi spettanti a ogni genitore e non trasferibili all’altro (primo periodo del comma 1 dell’art. 34 del T.U.). Il padre ha fruito dei suoi tre mesi non trasferibili all’altro genitore dal 1° ottobre al 31 dicembre 2024.
La madre, concluso il periodo di congedo di maternità, può fruire dell’ulteriore mese di congedo parentale indennizzato all’80%, di cui alla legge di Bilancio 2025 entro i 6 anni di vita del figlio.
Congedo parentale: come si richiede?
La domanda di congedo parentale deve essere presentata esclusivamente in modalità telematica attraverso uno dei seguenti canali:
– tramite il portale istituzionale www.inps.it, se si è in possesso di identità digitale (SPID almeno di livello 2, CIE 3.0 o CNS), utilizzando gli appositi servizi raggiungibili dalla home page attraverso il percorso “Lavoro” > “Congedi, permessi e certificati”;
– tramite il Contact center Multicanale, chiamando il numero verde 803.164 (gratuito da rete fissa) o il numero 06 164.164 (da rete mobile a pagamento, in base alla tariffa applicata dai diversi gestori);
– tramite gli Istituti di patronato, utilizzando i servizi offerti dagli stessi.
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NASpI: come si calcolano le 30 giornate di lavoro?
Con ordinanza n. 3593 del 12 febbraio 2025, la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro – si è pronunciata su un caso di particolare interesse per chi si trova ad affrontare una situazione di disoccupazione dopo rapporti di lavoro brevi o frammentati.
Al centro della vicenda, la domanda di NASpI presentata da un lavoratore licenziato da un impiego di soli quattro giorni dopo essersi dimesso volontariamente, senza giusta causa, da un precedente rapporto di lavoro più stabile.
La Corte riconferma che tutte le giornate lavorative rilevano per il dititto alla NASPI, se rientrano nei 12 mesi prima della disoccupazione.
Vediamo piu in dettaglio il caso.
Conteggio giornate per Naspi: il caso
Un lavoratore si era visto negare dall’INPS l’indennità NASpI perché le sue trenta giornate di lavoro di prerequisito includevano i giorni di un impiego concluso con dimissioni volontarie.
Il ricorso del lavoratore contro l'Istituto era stato respinto in primo grado dal Tribunale di Pescara, e la decisione era stata confermata in appello.
I giudici avevano ritenuto che il breve rapporto lavorativo non fosse sufficiente per maturare il requisito previsto dalla legge per accedere alla NASpI, e avevano escluso dal conteggio le giornate del precedente impiego, poiché cessato per dimissioni volontarie prive di giusta causa.
Secondo tale interpretazione, solo il lavoro presso l’ultimo datore avrebbe potuto contribuire al raggiungimento del requisito richiesto, tagliando fuori dal calcolo ogni altra esperienza lavorativa precedente, anche se svolta nei dodici mesi antecedenti.
Requisiti per Naspi: la legge e le conclusioni della Cassazione
La Corte di Cassazione ha ribaltato le conclusioni della Corte d’Appello, accogliendo il ricorso del lavoratore.
In particolare, ha fornito un’interpretazione rigorosamente letterale dell’art. 3, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 22 (nella versione precedente alla riforma introdotta dalla Legge 30 dicembre 2024, n. 207). Tale norma stabilisce che il diritto alla NASpI è riconosciuto ai lavoratori che:
- sono in stato di disoccupazione involontaria,
- possano far valere almeno tredici settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti e
- trenta giornate di lavoro effettivo nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.
Secondo i giudici della Suprema Corte, la norma richiede dunque semplicemente che le trenta giornate siano maturate nei dodici mesi antecedenti la disoccupazione, indipendentemente dal datore di lavoro presso cui esse siano state svolte e anche se derivanti da un rapporto cessato per dimissioni volontarie. L’importante è che si tratti di giornate effettive di lavoro e che siano collocate nel periodo temporale indicato dalla legge. Non è richiesto, pertanto, che le giornate siano consecutive né che provengano da un unico rapporto.
La Corte ha sottolineato inoltre che un’interpretazione più restrittiva – come quella seguita dalla Corte d’Appello – non ha alcun fondamento nel testo della norma e, anzi, sarebbe in contrasto con l’obiettivo dichiarato della disciplina: ampliare la platea dei beneficiari della NASpI, tenendo conto della frammentazione sempre più diffusa dei rapporti di lavoro.
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Codici ATECO 2025: INPS da il via all’adeguamento automatico
Con la Circolare n. 71 del 31 marzo 2025 INPS ha annunciato l'adozione della nuova classificazione delle attività economiche ATECO 2025, predisposta dall'ISTAT, a partire dal 1° aprile 2025. Con il Messaggio n. 1471 del 13 maggio 2025, INPS comunica che è partito l’aggiornamento automatico delle matricole aziendali per tutte le aziende già iscritte al 1° aprile 2025.
Si ricorda che la classificazione ATECO, che rappresenta la versione italiana della nomenclatura europea NACE, è stata aggiornata per riflettere meglio i cambiamenti nella realtà economica nazionale. L'aggiornamento riguarda i codici ATECO a 5 e 6 cifre, in coerenza con la classificazione NACE vigente.
La circolare prevede anche l'aggiornamento del "Manuale di classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali ed assistenziali"
Leggi per maggiori dettagli Nuovi codici ATECO 2025 operativi dal 1 aprile
Codici ATECO 2025 nuove iscrizioni e variazioni
L'INPS adotta l'ATECO 2025 nei propri sistemi informativi per classificare le attività economiche dei datori di lavoro, utilizzando un documento di transcodifica fornito dall'ISTAT per garantire la corrispondenza tra i vecchi e i nuovi codici.
Le nuove iscrizioni aziendali dal 1° aprile 2025 devono indicare il codice ATECO 2025, mentre per le aziende già esistenti l'Istituto provvederà progressivamente ad aggiornare i codici.
ATTENZIONE Nel caso in cui un datore di lavoro disponga solo del codice ATECO 2007 al momento dell'iscrizione, la procedura permette di inserire tale codice, proponendo automaticamente il corrispondente codice ATECO 2025. Questo si applica, ad esempio, alle imprese costituite prima del 1° aprile 2025 che assumono dipendenti successivamente, senza aver ancora ricevuto il nuovo codice ATECO 2025 dalla CCIAA.
È stato istituito inoltre un nuovo codice statistico contributivo (CSC) 70713 per le attività di consulenza, con le stesse caratteristiche del CSC 70708
Per le richieste di variazione contributiva, verrà attribuito provvisoriamente un codice ATECO 2025 basato sul codice ATECO 2007 presente nell'archivio, soggetto a consolidamento una volta completata la fase di riattribuzione.
Per la Gestione separata, i committenti dovranno utilizzare il codice ATECO 2025 nei flussi UniEmens trasmessi dal 1° aprile 2025.
Per i soggetti già presenti, la classificazione attuale rimarrà valida fino a eventuali variazioni o ricodifiche. ATTENZIONE Per artigiani e commercianti, l'aggiornamento delle procedure per l'acquisizione dei codici ATECO 2025 sarà comunicato in seguito.
ATECO 2025 al via l’aggiornamento automatico per aziende già attive
Con il Messaggio n. 1471 del 13 maggio 2025, INPS comunica che è partito l’aggiornamento automatico dell’ATECO per tutte le aziende già iscritte al 1° aprile 2025, in stato “Attiva” o “Riattivata”.
La conversione viene eseguita ogni giorno, e ogni azienda riceve notifica via PEC con:
- nuovo codice ATECO 2025
- nuovo codice statistico contributivo (CSC)
Come sapere se è stata fatta la conversione?
Gli intermediari abilitati ricevono un report settimanale con le matricole aggiornate, il nuovo codice ATECO e il CSC.
Se il codice non è corretto?
Il datore di lavoro può inviare richiesta di rettifica tramite il Cassetto Previdenziale del Contribuente, sezione “Attribuzione codice ATECO 2025”, allegando:
- visura camerale
- statuto
- altri documenti utili
Attenzione alle matricole sospese o riattivate
Le matricole sospese riceveranno il codice ATECO 2025 al momento della riattivazione.
L’operatore di sede INPS:
- accede alla procedura “Iscrizione e Variazione Azienda”
- registra i dati per l’assegnazione automatica dell’ATECO 2025
- invia comunicazione tramite PEC al datore o all’intermediario