• Lavoro Dipendente

    Licenziamento ritorsivo: utilizzabili le registrazioni abusive

    La Cassazione ammette come prove  nel ricorso contro un licenziamento ritorsivo  le registrazioni audio  non autorizzate di conversazioni  avvenute nel luogo di lavoro. Il principio è ribadito nella  sentenza 28398- 2022, in cui la suprema Corte ribalta i giudizi di merito  che non avevano considerato ammissibili alcune registrazioni di conversazioni tra colleghi  addotte come prova dalla ricorrente 

    Viene ricordato infatti che anche il codice sulla privacy  all'articolo 24 consente di utilizzare  dati personali  in sede giudiziale  senza il consenso degli interessati  quando  risulti necessario per far valere i propri diritti.

    Licenziamento ritorsivo cos'è – onere della prova

    Il  licenziamento per ritorsione, diretta o indiretta , costituisce "l'ingiusta e arbitraria reazione ad un comportamento legittimo del lavoratore colpito (diretto) o di altra persona ad esso legata e pertanto accomunata nella reazione (indiretto), con connotati di  ingiustificata vendetta". E' stato ricondotto dalla giurisprudenza di legittimità data l'analogia di struttura, alla fattispecie di licenziamento discriminatorio, vietato dall’art. 4 della L. 604/1966, dell’art. 15 della L. 300/1970 e dell’art. 3 della L. 108/1990 .E' un licenziamento nullo, quando il motivo ritorsivo,sia stato l'unico determinante dello stesso, 

    l'onere della prova del carattere ritorsivo nel provvedimento adottato dal datore di lavoro grava sul lavoratore e può essere assolto con la dimostrazione di elementi specifici tali da far ritenere con sufficiente certezza l'intento di rappresaglia

    Il caso e l'utilizzo di registrazioni abusive 

    Il caso riguardava in particolare una dipendente con livello di quadro che ricorreva contro il licenziamento per giusta causa, fondato su contestazioni disciplinari.

    Il ricorso della lavoratrice  afferma che le motivazioni disciplinari  del datore di lavoro erano inconsistenti e non punibili con la sanzione espulsiva secondo il contratto collettivo applicato e affermava invece che si trattava di un licenziamento di carattere ritorsivo.

     I giudizi di merito accoglievano le contestazioni sulla non fondatezza delle motivazioni addotte dal datore di lavoro  , giudicando illegittimo il licenziamento , ma non  riconoscevano  il carattere ritorsivo del licenziamento  per assenza di prove,  non ammettendo appunto in giudizio le registrazioni di conversazioni avvenute nel luogo di lavoro tra colleghi della dipendente.

    La sentenza della Cassazione invece  accoglie invece il ricorso incidentale della dipendente affermando come "la registrazione di una conversazione tra presenti possa costituire fonte di prova entro i limiti e le condizioni specificamente individuate."  in particolare se  colui contro il quale la registrazione è prodotta non contesti che la conversazione sia realmente avvenuta, né che abbia avuto il tenore risultante dal nastro, e sempre che almeno uno dei soggetti, tra cui la conversazione si svolge, sia parte in causa.

    Vengono richiamati alcuni precedenti (v. Cass. n. 11322 del 2018; v. anche Cass. n. 12534 del 2019 e n. 31204 del 2021)   nei quali si ricorda che l'art. 24, d.lgs. 196 del 2003 permette di prescindere dal consenso dell'interessato quando il trattamento dei dati, pur non riguardanti una parte del giudizio in cui la produzione venga eseguita, sia necessario per far valere o difendere un diritto, a condizione che essi siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento (Cass. 20 settembre 2013, n. 21612).  Ricorda anche che "il diritto di difesa non è limitato alla pura e semplice sede processuale, ma si estende " a tutte quelle attività dirette ad acquisire prove in essa utilizzabili, ancor prima che la controversia sia stata formalmente instaurata"

  • Lavoro Dipendente

    Giornalisti: disponibili online gli estratti conto sul sito INPS

    Come noto per i giornalisti dipendenti dal 1° luglio 2022 la funzione previdenziale  viene svolta  dall'INPS in sostituzione dell'INPGI . Lo ha prrevisto la legge di bilancio 2022 , n. 234 2021 .

     Le indicazioni operative sono state illustrate dall'INPS con la circolare n. 82 del 14 luglio 2022.

    Con il messaggio  n. 4436 del 7 dicembre 2022 l'istituto informa che, a partire dal 12 dicembre 2022, l’Estratto conto contributivo esporrà – nella sezione “Regime generale” – i periodi ex INPGI correlati a lavoro subordinato di natura giornalistica. 

    A partire dalla medesima data, il Casellario dei lavoratori attivi elencherà gli stessi periodi come di competenza dell’INPS.

    Gli iscritti ex INPGI potranno consultare il proprio estratto conto on line, accedendo – con  le proprie credenziali SPID, CIE o CNS – all’area riservata “MyInps” del sito www.inps.it.

    Il messaggio precisa che gli iscritti hanno anche la possibilità di segnalare  eventuali anomalie presenti nell’estratto tramite il servizio dedicato, al seguente percorso: Fascicolo previdenziale” > “Segnalazione di anomalie su estratto conto” > “Settore privato” > “Nuova segnalazione” > “Dipendenti e autonomi” > “Lavoro dipendente in aziende non agricole)”.

    Si ricorda che per quanto riguarda invece   i chiarimenti  sui  vrsamenti assicurativi  INAIL  è stata pubblicata  pochi giorni fa la circolare INAIL 44 2022.

  • Lavoro Dipendente

    Formazione in CIGS: le sanzioni per mancata partecipazione

    E' stato pubblicato in Gazzetta ufficiale n. 253 del 28 ottobre 2022 l'annunciato Decreto del ministero del lavoro  con i criteri e modalita' per l'accertamento e le sanzioni in caso di  mancata attuazione dell'obbligo formativo da parte del lavoratore  durante i periodi di cassa integrazione straordinaria .

    Si ricorda che l'obbligo  formativo è stato recentemente definito dal decreto 140,  sempre datato 2 agosto ma pubblicato il 28 settembre 2022 , a norma dell’articolo 25-ter, comma 3, inserito nel Dlgs 148/2015, dall'ultima legge di bilancio 2022  ha ampiamente rivisto la disciplina degli ammortizzatori sociali 

    Vediamo in sintesi cosa prevede il decreto 

    La partecipazione alle iniziative formative  connesse a periodi Cassa integrazione guadagni straordinaria o assegno  dei Fondi di solidarietà alternativi è obbligatoria e le assenze possono essere giustificate  solo nei casi seguenti:

    a)  documentato stato di malattia o di infortunio;

    b)  servizio civile o di leva o il richiamo alle armi;

    c)  durante i periodi di astensione previsti per stato di gravidanza,

    d) citazioni in tribunale, a qualsiasi titolo,  con esibizione dell’ordine di comparire da parte del magistrato;

    e) presenza di gravi motivi familiari documentati o certificati

    f) i casi di limitazione legale della mobilità personale;

    g) ogni altro comprovato impedimento oggettivo ancorché determinato da causa di forza maggiore senza possibilità di alcuna valutazione discrezionale da parte del beneficiario.

    Sanzioni per mancata formazione  lavoratori in cassa integrazione straordinaria

    .La mancata partecipazione  ad  ognuno dei corsi  proposti durante la cassa integrazione straordinaria  compoeta ducrtazioni dell'indennità in misure diverse proporzionali alla percentuale di ore di assenza, secondo la seguente tabella

    percentuale assenze decurtazione trattamento integrazione
    da 25 a 50%  decurtazione  di  un  terzo  delle  mensilita'
    dal 50 all'80% decurtazione della metà delle mensilità di trattamento previste
    oltre l'80% decadenza dal trattamento di integrazione salariale
    In tutti i casi resta ferma la sanzione  minima pari al taglio di 1 mensilità di CIGS

    In ogni caso, il recupero della prestazione erogata non è comprensivo degli oneri relativi alla contribuzione figurativa e all’assegno al nucleo familiare eventualmente corrisposto.

    Verifiche e controlli

    Le verifiche e l'irrogazione delle sanzioni sono affidate al   servizio  ispettivo  territorialmente competente, a seguito di visita disposta nell'ambito  delle  proprie  competenze,  ovvero  nel  corso  degli   accertamenti  previsti al termine dei programmi di cassa integrazione  guadagni straordinaria 

    L'organo ispettivo,  ne   da'comunicazione all'INPS –  sede  territoriale  competente  –  ai  fini  dell'applicazione della sanzione.   

    ATTENZIONE  Le modalita' per procedere alla decurtazione delle mensilita' di  integrazione salariale ai lavoratori destinatari del  trattamento  di  integrazione salariale a carico dei fondi di solidarieta'  bilaterali alternativi  saranno  individuate dai soggetti preposti alla gestione dei  fondi stessi. 

  • Lavoro Dipendente

    Licenziamenti illegittimi: art 18 da riformare, dice la Consulta

    La disciplina dei licenziamenti, modificata nel 2015 dal Jobs act va urgentemente riformata in quanto "materia di importanza essenziale per la sua connessione con i diritti della persona del  lavoratore e per le sue ripercussioni sul sistema economico complessivo."

    Lo ha affermato la Corte costituzionale nella sentenza n. 183 del 23 luglio  2022 dichiarando inammissibili le censure del Tribunale di Roma  che  chiedeva il giudizio di incostuzionalita per la definizione dell’indennità  economica prevista dal decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, cosiddetto Jobs Act,  per i licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese.

    La pronuncia della Consulta rivolge però un aperto monito  al legislatore  ad intervenire con urgenza in questa materia,  in modo da assicurare tutele adeguate in tutti i casi di liceziamento ingiustificato. "Il protrarsi dell'inerzia legislativa non sarebbe tollerabile" afferma,  e renderebbe necessario un suo  intervento diretto.

    Il caso analizzato 

    Il tribunale di Roma aveva posto la questione di costituzionalità  in particolare dove  la norma  prevede che  «ove il datore di lavoro non raggiunga i requisiti

    dimensionali di cui all’articolo 18, ottavo e nono comma, della legge n. 300 del 1970, […] l’ammontare  delle indennità e dell’importo previsti dall’articolo 3, comma 1, […] è dimezzato e non può in ogni caso superare il limite di sei mensilità».

    Il caso riguardava nello specifico una  lavoratrice, licenziata per  giustificato motivo oggettivo da un datore di lavoro che non raggiunge i requisiti dimensionali  previsti dalla norma .

    Il  giudice riteneva che non fosse stata dimostrata la sussistenza del giustificato motivo oggettivo, (…), e che l'indennità  per l'interruzioe del rapporto di lavoro, instaurato dopo il 7 marzo 2015 ,non debba essere assoggettato  al dimezzamento e con il limite invalicabile delle sei mensilità dell’ultima retribuzione percepita, proponendo quindi la questione di costituzionalita sul punto, in quanto l’indennità ndividuata «nello stretto varco risultante fra tre e  sei mensilità» sarebbe inidonea a garantire il  riconoscimento di un’indennità personalizzata,  coerente con i requisiti di adeguatezza e  dissuasività   come affermato nelle sentenze n. 194 del 2018 e n. 150 del 2020 della  stessa Corte.

     Il giudice prospettava, quale soluzione idonea, anche l’eliminazione del regime speciale  previsto per i piccoli datori di lavoro.

    La corte costituzionale afferma che non è incostituzionale la scelta di un indennizzo economico in luogo della reintega nel posto di lavoro  respingendo le motivazioni del Tribunale in quanto troppo specificamente legate al caso concreto.

    Ricorda che nelle sentenze n. 194 del 2018 e n. 150 del 2020 si è affermato che non sarebbe costituzionale un criterio di computo dell’indennità   parametrato sulla sola anzianità di servizio ma che non spetta comunque  a questa Corte scegliere, tra i molteplici criteri che si possono ipotizzare, quelli più  appropriati.

     Sottolinea anche che da una parte  va tenuto conto della a natura fiduciaria del rapporto di lavoro  nell’ambito delle descritte realtà organizzative, sull’opportunità di non gravarle di oneri eccessivi e, infine,  sulle tensioni che l’esecuzione di un ordine di reintegrazione potrebbe ingenerare (sentenze n. 2 del 1986, n.189 del 1975 e n. 152 del 1975)

    Dall'altra parte concorda però sul fatto che l’assetto delineato dal d.lgs. n. 23 del 2015 è profondamente mutato rispetto a quello analizzato dalle più risalenti pronunce  e che  la specificità  delle piccole realtà organizzative, che pure permane , non può giustificare un  sacrificio sproporzionato del diritto del lavoratore di conseguire un congruo ristoro 

    In conclusione afferma la  necessità che l’ordinamento si doti di rimedi adeguati per i licenziamenti illegittimi intimati dai  datori di lavoro che hanno in comune il dato numerico dei dipendenti.

  • Lavoro Dipendente

    Detassazione premi e welfare aziendale: indicazioni Assonime

    La legge n. 208 del 2015 ha previsto che  i premi di produttività  e le somme erogate come forma di partecipazione agli utili ai  lavoratori dipendenti privati siano assoggettati (tranne il caso di espressa rinuncia del lavoratore) a un'imposta  agevolata del 10 per cento,  sostitutiva dell'IRPEF e delle relative addizionali regionali e comunali. 

    Dal 1° gennaio 2017, inoltre, la legge di Bilancio 2017 ha fissato i seguenti limiti:

    • 3.000 euro (4.000 euro per le imprese che coinvolgano pariteticamente i lavoratori nell'organizzazione del  lavoro) l’importo massimo del premio agevolabile e 
    • 80.000 euro la soglia di reddito di  lavoro dipendente, nell’anno precedente . 

     I requisiti  di legge per l’applicazione del regime agevolativo, sono:

    1) la variabilità  del premio di risultato e la sua corresponsione sulla base di incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili;
    2) la corresponsione del premio di risultato in esecuzione di contratti collettivi territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul  piano nazionale o di contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali  aziendali delle suddette associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria. (Su questo punto   l’Agenzia ha chiarito che le imprese prive di rappresentanza sindacale possono “comunque recepire  il contratto collettivo territoriale di settore" applicandone quindi le previsioni in questo ambito-. Resta dubbia invece la possibilità  sul fatto che l'impresa priva di un contratto territoriale di settore, possa adottare il contratto del settore “produttivo” di appartenenza stipulato in un diverso ambito territoriale o di un settore “produttivo” diverso dal proprio),

    Con il decreto-legge n. 50 del 2017, il testo del comma 189 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015 è stato ulteriormente modificato, e , per i contratti stipulati o rinnovati a partire dal 24.4.2017 prevede che:

    •  i premi di risultato corrisposti (e gli  utili distribuiti) da imprese che coinvolgono pariteticamente i lavoratori  nell’organizzazione del lavoro  possono godere,  per una quota pari a 800 euro, di una riduzione del 20% dell’aliquota contributiva IVS a carico del datore di lavoro e 
    • L'importo massimo agevolabile  torna al limite  ordinariamente previsto di 3.000 euro .
    • i premi sono integralmente detassati  per i lavoratori .

    Vediamo di seguito un riepilogo delle principali indicazioni estratte da una recente guida di Assonime (ASSOCIAZIONE FRA LE SOCIETÀ ITALIANE PER AZIONI). 

    Coinvolgimento paritetico dei lavoratori

    Nella circolare n. 5/E del 2018 l’Agenzia ha  chiarito cosa si deve intendere con "coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro",
    chiarendo che esso “… si realizza mediante schemi organizzativi che permettono di coinvolgere in modo diretto e attivo i lavoratori :

    •  nei processi di innovazione e dimiglioramento delle prestazioni aziendali, con incrementi di efficienza e produttività, e 
    •  nel miglioramento della qualità della vita e del lavoro.

    Il coinvolgimento paritetico dei  lavoratori deve essere formalizzato a livello aziendale mediante un apposito Piano di Innovazione (”Piano”). Il Piano è elaborato dal datore di lavoro, secondo le indicazioni del contratto collettivo di cui all’art. 51 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81. Il Piano può  essere  elaborato mediante comitati paritetici aziendali . I gruppi di lavoro di semplice addestramento o formazione non sono strumenti e  modalità utili ai fini del coinvolgimento paritetico dei lavoratori”.

    Assonime  ritiene comunque che tali precise  indicazioni fornite dall’Agenzia delle entrate  non debbano essere interpretate in senso restrittivo, posto che "la realtà aziendale conosce “forme partecipative” dei lavoratori  diverse da quelle indicate dall’Agenzia ma altrettanto importanti e significative. In presenza di un effettivo e comprovato coinvolgimento paritetico dei lavoratori, la disciplina agevolativa prevista dal comma 189 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015 dovrebbepoter trovare applicazione anche laddove la partecipazione dei dipendenti avvenga secondo modalità diverse . 

    Le questioni aperte sulla detassazione dei premi

    Assonime evidenzia che sono sorti  dubbi anche sulle modalità di misurazione del risultato incrementale, necessario per il riconoscimento dell'agevolazione,  in caso di contratti collettivi territoriali o di gruppo. Al riguardo, nella circolare n. 5/E  del 2018  l’Agenzia delle entrate ha ribadito che “Il riconoscimento del beneficio fiscale richiede che la verifica e la misurazione dell’incremento, quale presupposto per  l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 10 per cento, siano effettuate a livello aziendale, in base ai risultati raggiunti al termine del periodo congruo di misurazione”.

    Da questa premessa l’Agenzia deduce  che “anche se il contratto prevede l’erogazione di premi in base ad incrementi di risultato raggiunti a livello territoriale dalle aziende cui quel contratto territoriale si riferisce, tale condizione  non è sufficiente ,  ma è necessario che l’incremento di risultato sia verificabile nei confronti della singola  azienda che eroga il premio. La singola azienda, pur essendo tenuta sulla base del  contratto ad erogare il premio in quanto il settore ha raggiunto complessivamente un  risultato positivo, non può riconoscere ai dipendenti l’agevolazione fiscale  se il proprio risultato non è incrementale.

    L’agevolazione per gli abbonamenti al trasporto pubblico erogati ai dipendenti

    La nuova disciplina agevolativa per gli abbonamenti al trasporto pubblico  introdotta dalla legge n. 205 del 2017,   prevede che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente le “somme erogate o rimborsate alla generalità o a categorie di dipendenti dal datore di lavoro o [del]le spese da quest’ultimo direttamente sostenute, volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto, di accordo o di regolamento aziendale, per l’acquisto degli abbonamenti per il trasporto pubblico locale, regionale e interregionale del dipendente e dei familiari."  

    Si fa riferimento espressamente a titoli di viaggio che permettono la fruizione in maniera esclusiva di servizi di trasporto e quelli che consentono un uso  reiterato del mezzo pubblico su un determinato percorso o un’intera rete e per un periodo di tempo definito.

    Restano esclusi i biglietti a  tempo che durano 72 ore, e le cosiddette carte di trasporto integrate che includono  anche servizi ulteriori   come  l’ingresso a musei o spettacoli”.

    Assonime segnala che non è chiaro, al riguardo, se la disciplina agevolativa prevista dalla lett. d-bis) operi solo in caso di contrattazione aziendale oppure possa applicarsi anche nel caso  sia stato concordato dal contratto nazionale  ma nella circolare 22 afferma che "stante l’ampiezza  dell’espressione contenuta nella norma  nonché dei chiarimenti resi dalla stessa  Agenzia, dovrebbero potersi ritenere agevolabili anche gli abbonamenti per il trasporto pubblico, le somme erogate per l’acquisto degli stessi o per il rimborso della relativa spesa previsti dalla contrattazione nazionale ".

    Viene infine precisato che condizione fondamentale per fruire dell'agevolazione è  che il datore di lavoro acquisisca e conservi la documentazione che ne comprovi l’effettivo utilizzo per lo scopo previsto.

  • Lavoro Dipendente

    Qual è la differenza tra licenziamento disciplinare e superamento del periodo di comporto?

    Mentre nel licenziamento disciplinare vi è l’esigenza di recesso immediato da parte del datore di lavoro  nel licenziamento per superamento del periodo di comporto per malattia è previsto  ragionevole "spatium deliberandi"  riconosciuto al datore di lavoro  ossia lo spazio per valutare complessivamente gli  episodi  di malattia riguardo la  compatibilità di tali assenze con gli  interessi aziendali; ne consegue che in questo caso la tempestività del licenziamento non può risolversi in un dato  fisso e predeterminato, ma costituisce valutazione del giudice di merito ,  caso per caso.