• Oneri deducibili e Detraibili

    Detrazioni familiari limitate per gli extracomunitari

    La legge di bilancio 2025  prevede  una nuova limitazione  per cui  le detrazioni per familiari a carico non spettano piu ai contribuenti che non sono cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea o di uno Stato aderente all’accordo sullo Spazio economico europeo,  in relazione ai loro familiari , se   questi  ultii  sono residenti all’estero.

    Vediamo meglio nei paragrafi seguenti .

    Legge di Bilancio 2025 modifiche Art. 12 TUIR: detrazioni per familiari a carico

    La modifica introduce il comma 2-bis all’articolo 12 del TUIR,  e  stabilisce che:

    •  i contribuenti extra-UE o  extra SEE 
    • non potranno beneficiare delle detrazioni
    •  per familiari residenti all’estero. 

    Attualmente, l’art. 12 del TUIR concede le detrazioni per carichi familiari ai residenti fiscali in Italia, indipendentemente dalla loro cittadinanza, purché il nucleo familiare rientri nei requisiti stabiliti. Ai non residenti, invece, queste detrazioni sono precluse, in base a quanto stabilito dall’art. 24 comma 3 del TUIR, che limita l'accesso ai benefici fiscali, poiché la loro capacità contributiva è parziale e legata ai soli redditi prodotti in Italia.

    Detrazioni familiari a carico: i Cittadini Stranieri esclusi

    Come anticipato, la nuova stretta tocca solo i contribuenti extra-UE/SEE con familiari residenti all’estero.

     Invece i cittadini europei e di Paesi dello Spazio Economico Europeo, quali Norvegia, Islanda e Liechtenstein, continueranno  a beneficiare delle detrazioni, così come coloro che possiedono la doppia cittadinanza italiana e straniera.

    Per esempio  un cittadino britannico, svizzero o  moldavo  che risiede fiscalmente in Italia, con familiari a carico residenti all’estero, NON  potrà più beneficiare di queste detrazioni, mentre se i familiari risiedono in Italia, la detrazione resta accessibile.

    Un’eccezione riguarda i “non residenti Schumacker,” ovvero i contribuenti stranieri che producono almeno il 75% del loro reddito in Italia. Questi, pur non residenti, hanno una capacità contributiva equiparata a quella di un residente  per cui mantengono il diritto alle detrazioni.

    Per chi possiede la cittadinanza italiana o di un Paese UE/SEE e ha una doppia cittadinanza  resta in vigore il diritto alle detrazioni per carichi familiari, indipendentemente dalla residenza dei familiari.

    Limiti alle detrazioni familiari: rischi di contenzioso in Italia e UE

    Questa modifica solleva interrogativi sulla compatibilità con i Trattati contro le doppie imposizioni, soprattutto in merito al principio di non discriminazione previsto dall’art. 24 § 1 del modello OCSE. Questo principio vieta discriminazioni fiscali basate sulla nazionalità; in questo caso il limite alle detrazioni si fonda proprio su tale criterio, con potenziali criticità legate alla disparità di trattamento.

    L'Italia, infatti, ha stipulato convenzioni fiscali con vari Stati, che tutelano il diritto dei cittadini stranieri a godere di un regime fiscale equo rispetto ai cittadini italiani.

    L’introduzione di questa norma potrebbe  quindi causare un aumento dei contenziosi fiscali e delle impugnazioni presso le autorità competenti, sia nazionali che europee. Gli stranieri esclusi potrebbero appellarsi al principio di non discriminazione sancito dalle convenzioni OCSE e UE.

    La giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE tende a giustificare trattamenti fiscali differenziati per residenti e non residenti. Tuttavia, la discriminazione sulla base della cittadinanza potrebbe incontrare maggiori resistenze.

    Tra le eccezioni al principio di non discriminazione rientrano i trattati  siglati con Paesi come Australia e Nuova Zelanda, che prevedono già alcune limitazioni in merito alla reciprocità fiscale, e quindi potrebbero adattarsi meglio a questa nuova modifica.

  • Oneri deducibili e Detraibili

    Omaggi natalizi ai clienti 2024: il punto sul trattamento fiscale

    In occasione delle festività natalizie è consuetudine per le imprese ed i professionisti offrire omaggi ai propri clienti. In questo approfondimento dopo aver ripreso le caratteristiche essenziali delle spese di rappresentanza, vengono evidenziati i trattamenti fiscali ai fini IVA e delle imposte sui redditi per imprese e professionisti.

    In pratica si tratta di un utile riepilogo per non commettere errori, precisando che nel corso del 2024 non è intervenuta nessuna variazione normativa, di conseguenza, la disciplina risulta essere la stessa applicata nel 2023.

    Omaggi di beni non oggetto dell’attività propria dell’impresa

    In base alla C.M. n.188/E/1998, gli acquisti di beni destinati ad essere ceduti gratuitamente, la cui produzione o il cui commercio non rientra nell'attività propria dell'impresa, costituiscono “spese di rappresentanza”, indipendentemente dal costo unitario dei beni stessi.

    Per la definizione di “spese di rappresentanza”, sia al fine della deducibilità dalle imposte dirette che della detraibilità dell’IVA, si deve fare riferimento ai requisiti indicati all’art. 1, comma 1, D.M. 19.11.2008, il quale definisce “inerenti” le “spese di rappresentanza”, effettivamente sostenute e documentate, per:

    • erogazioni a titolo gratuito di beni e servizi;
    • effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni;
    • il cui sostenimento risponda a criteri di ragionevolezza in funzione dell'obiettivo di generare anche potenzialmente benefici economici per l'impresa, ovvero sia coerente con pratiche commerciali di settore.

    Attenzione: si precisa che l'omaggio natalizio di un bene non oggetto dell'attività dell'impresa:

    • costituisce spesa di rappresentanza se dato ai clienti;
    • non costituisce spesa di rappresentanza (per mancanza del principio di inerenza) se dato ai dipendenti. In questo caso, è qualificabile come spesa per prestazione di lavoro.

    Omaggi natalizi ai clienti: la deducibilità da reddito

    Vediamo il trattamento fiscale ai fini Irpef/Ires degli omaggi di beni non oggetto dell'attività propria dell'impresa ai clienti.

    Ai fini reddituali i costi sostenuti per l’acquisto di beni destinati ad omaggio ai clienti, sono ricompresi fra le spese di rappresentanza di cui all’art. 108, comma 2, TUIR, e dal 2016 sono deducibili secondo i seguenti limiti:

    IMPOSTE DIRETTE

    Impresa

    Ricavi / proventi gestione caratteristica 

    Importo massimo deducibile
     dal 1° gennaio 2016

    (modifica introdotta dal Decreto Internazionalizzazione n. 147/2015)

    Limite di spesa deducibile

    Fino a € 10 milioni

    1,5%

    150.000

    Per la parte eccedente
    € 10 milioni e fino a € 50 milioni

    0,6%

    150.000 + 240.000

    Per la parte eccedente € 50 milioni

    0,4%

    390.000 + 0,4% dell’eccedenza

    100% se di valore unitario non superiore a 50 €

     

    Lavoratore Autonomo

    Nel limite dell’1% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta, a prescindere dal valore unitario

    In merito al valore di 50,00 euro, si precisa che nel caso di un omaggio composto da più beni (ad esempio una cesta natalizia) il valore di 50,00 euro deve essere riferito al valore complessivo dell’omaggio.

    Omaggi natalizi ai clienti: il trattamento fiscale ai fini Iva

    Dal 13 dicembre 2014, per effetto dell'entrata in vigore del Decreto legislativo semplificazioni fiscali (D.Lgs. n. 175/2014, art. 30), la detraibilità IVA dei beni che costituiscono spese di rappresentanza è ammessa se il bene è di costo unitario non superiore a € 50 euro.

    In considerazione del fatto che gli omaggi natalizi ai clienti, oltre a poter essere qualificati spese di rappresentanza, costituiscono una cessione gratuita, per inquadrare il corretto trattamento IVA applicabile agli stessi è necessario considerare anche quanto disposto dall’art. 2, comma 2, n. 4), DPR n. 633/72, in base al quale non costituisce cessione di beni (fuori campo IVA) la cessione gratuita di beni non oggetto dell’attività, di costo unitario non superiore a € 50 (anziché € 25,82) e la cessione di beni per i quali non è stata operata, all’atto dell’acquisto la detrazione dell’Iva.

    Pertanto, dalla lettura combinata dei due articoli di legge, deriva che:

    • per i beni di costo unitario > a € 50,00: l’Iva assolta sull’acquisto è indetraibile, mentre la successiva cessione gratuita è irrilevante ai fini IVA (fuori campo IVA);
    • per i beni di costo unitario < a € 50,00: l’Iva assolta sull’acquisto è detraibile, mentre la successiva cessione gratuita è irrilevante ai fini IVA (fuori campo IVA).

    Omaggi natalizi ai clienti: riepilogo del trattamento fiscale

    Di seguito un riepilogo del trattamento fiscale per gli omaggi natalizi ai clienti, di beni non oggetto dell'attività, per le imprese e per i professionisti.

    IMPRESE

    Trattamento fiscale degli omaggi ai clienti

    IVA

    IRPEF / IRES

    Detrazione
     IVA a credito

    Cessione gratuita

    Deducibilità della spesa

    Omaggio a favore di clienti

    SÌ 
    se costo unitario ≤ € 50,00

    Esclusa da IVA

    • nel limite annuo deducibile;
    • per intero nell’esercizio se valore unitario ≤ € 50

    NO 
    se costo unitario > € 50,00

    LAVORATORI AUTONOMI

    Trattamento fiscale degli omaggi ai clienti

    IVA

    IRPEF

    Detrazione
     IVA a credito

    Cessione gratuita

    Deducibilità della spesa

    Omaggio a favore di clienti


    se costo unitario ≤ € 50,00

    (salvo la scelta di non detrarre l'IVA sull'acquisto per non assoggettare ad IVA la cessione gratuita)

    Imponibile IVA

    (salvo la scelta di non detrarre l'IVA sull'acquisto per non assoggettare ad IVA la cessione gratuita)

    Nel limite dell’1% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta

    NO 
    se costo unitario > € 50,00

    Esclusa da IVA

    Omaggi natalizi ai clienti di beni oggetto dell’attività

    Trattamento ai fini IVA

    Nel caso in cui il bene sia oggetto dell’attività d’impresa l’Iva è stata detratta, poiché l’acquisto o la produzione del bene sono stai fatti prima della destinazione ad omaggio del bene stesso. Si dovrà, allora, applicare la regola generale dell’imponibilità della cessione gratuita.
    La cessione gratuita di un bene oggetto dell’attività è imponibile IVA indipendentemente dal costo unitario dei beni, a meno che l’imposta relativa all’acquisto non sia stata detratta.

    A tal proposito, la base imponibile deve essere determinata, ai sensi dell’articolo 13, comma 2, lett. c) del D.P.R. 633/72 in misura pari al prezzo di acquisto o al prezzo di costo dei beni (non in misura pari al valore normale dei beni stessi). Tuttavia, occorre ricordarsi che la rivalsa non è obbligatoria, perché l’articolo 18, comma 4, del D.P.R. 633/72 stabilisce un’eccezione alla regola dell’obbligatorietà della rivalsa per i casi di cessioni gratuite dei beni.
    Ciò significa che l’impresa potrà evitare di chiedere il pagamento dell’Iva al destinatario dell’omaggio, facendosene carico direttamente attraverso una delle seguenti modalità:

    • emissione di autofattura per omaggi (da annotare sul registro Iva delle vendite);
      l’autofattura può essere riferita al singolo omaggio oppure essere riepilogativa degli omaggi effettuati nel mese di riferimento;
    • annotazione nell’apposito registro degli omaggi (da compilare con riferimento alle cessioni gratuite effettuate in ciascun giorno).

    Trattamento ai fini Irpef/Ires

    Ai fini reddituali, gli acquisti dei beni in esame rientrano tra le spese di rappresentanza di cui all’art. 108, comma 2, TUIR in base ai criteri contenuti nel citato DM 19.11.2008, senza distinzioni tra beni oggetto e non oggetto dell’attività dell’impresa.
    Si applicano pertanto le stesse regole per gli omaggi di beni non oggetto dell'attività destinati ai clienti.

    Destinatari omaggio

    IVA

    IRPEF / IRES

    Detrazione
     IVA a credito

    Cessione gratuita

    Deducibilità della spesa

    Clienti

     

    se la spesa non è qualificata come spesa di rappresentaza
    Iva a credito detraibile

    se la spesa è qualificata come spesa di rappresentanza
    Iva a credito detraibile se il costo è ≤ € 50,00

    (salvo la scelta di non detrarre l'IVA sull'acquisto per non assoggettare ad IVA la cessione gratuita)

    Imponibile IVA

    (salvo la scelta di non detrarre l'IVA sull'acquisto per non assoggettare ad IVA la cessione gratuita)

    • nel limite annuo deducibile;
    • per intero nell’esercizio se valore unitario ≤ € 50

    Leggi sul tema anche Omaggi natalizi imprese 2024:regole in vigore e vedi le novità in arrivo nel 2025 in Decreto IRPEF le novità fiscali per il lavoro dipendente

  • Oneri deducibili e Detraibili

    Invio dati all’ADE per spese di trasporto pubblico: FAQ del 5.11

    Il 5 novembre sono state pubblicate 4 faq sul sito ADE con chiarimenti sulle spese per abbonamenti ai trasporti pubblici.

    Ricordiamo che, tali spese devono essere comunicate all'ADE, dall'ente pubblico o privato di trasporto, ai fini della Dichiarazione Precompilata.

    In dettaglio, gli enti pubblici o i soggetti privati affidatari del servizio di trasporto pubblico inviano all’Agenzia delle Entrate una comunicazione contenente i dati relativi alle spese per l’acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale, sostenute nell’anno d’imposta precedente da parte delle persone fisiche.

    Con la stessa comunicazione, i soggetti che erogano rimborsi di tali spese trasmettono, sempre in via telematica, all’Agenzia delle Entrate i dati relativi ai rimborsi, disposti nell’anno precedente, con l’indicazione del soggetto che ha ricevuto il rimborso e dell’anno a cui si riferisce la spesa rimborsata. 

    Ricordiamo che l'invio sarà obbligatorio dal 2025, leggi anche: Spese trasporto pubblico: regole invio dati per la Precompilata 

    A tal proposito le Entrate hanno pubblicato in data 5 novembre 4 faq di chiarimento, vediamole. 

    Spese di trasporto pubblico: l’ente che invia i dati deve informare l’abbonato?

    La FAQ ADE chiarisce che è sempre opportuno informare il titolare dell’abbonamento del fatto che:

    • i dati sono trasmessi all’Agenzia delle Entrate ai fini della dichiarazione precompilata 
    • e che può essere esercitato il diritto di opposizione secondo le modalità previste e regolate dal paragrafo 9 “Opposizione all’inserimento nella dichiarazione precompilata dei dati relativi alle spese per l’acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale ed interregionale” del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

    Il contribuente infatti deve sempre essere messo in condizione di esercitare il diritto di opposizione all’invio all’Agenzia dei dati relativi alle spese da lui effettuate. 

    Le modalità per l’esercizio dell’opposizione sono consultabili al seguente link: Schede – Opposizione all’utilizzo dei dati delle spese per l’acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale per la dichiarazione dei redditi precompilata

    Spese di trasporto pubblico: per quali abbonamenti non si inviano i dati?

    Veniva chiesto se sia prevista la trasmissione dei dati di spesa nei casi di vendita di abbonamenti esclusivamente di tipo impersonale che quindi possono essere utilizzati da chiunque.

    Le entrate hanno specificato che, come da documento di prassi (Circolare 14/E del 2023), il titolo di viaggio deve contenere ogni informazione utile ad individuare il servizio reso (soggetto utilizzatore, periodo di validità, spesa sostenuta e data di sostenimento della spesa). 

    Tali requisiti si ritengono soddisfatti anche nel caso in cui detta documentazione, pur non contenendo alcun riferimento esplicito al nominativo dell’avente diritto, sia comunque a lui riconducibile in modo univoco, ad esempio perché contenente il numero identificativo dell’abbonamento allo stesso intestato. 

    Se invece, il titolo stesso non prevede alcuna individuazione del soggetto titolare dell’abbonamento, i relativi dati non dovranno essere trasmessi, in quanto l’azienda non ha disponibilità di un dato obbligatorio.

    Spese trasporto pubblico: chi eroga il rimborso è tenuto a comunicare i dati?

    Veniva domandato come debba comportarsi l’azienda di trasporto se ha gestito solo il rimborso del titolo di viaggio venduto da altro soggetto.

    Le Entrte evidenziano che l’azienda di trasporto deve sempre comunicare i rimborsi anche in mancanza dei dati di spesa. 

    Se l’azienda di trasporto eroga un rimborso a fronte di un titolo emesso da altro soggetto e attraverso la procedura di rimborso raccoglie i dati richiesti dal Tracciato Record D delle specifiche tecniche, deve sempre comunicarlo. 

    Se l’azienda di trasporto invece ha a disposizione anche i dati di spesa dell’abbonamento per cui, nello stesso anno, ha erogato un rimborso, dovrà comunicare l’importo netto dell’abbonamento utilizzando il tracciato Record C (spesa).

    Spese trasporto pubblico: opposizione all’invio dati, come fare

    Le Entrate nella sezione del proprio sito internet dedicata alla opposizione alla comunicazione dati delle spese di trasporto pubblico, aggiornata al 5 ottobre, evidenziano che i contribuenti che hanno sostenuto spese per l’acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale ed interregionale, possono decidere di non rendere disponibili all'Agenzia delle Entrate i dati relativi a tali spese e dei relativi rimborsi ricevuti e di non farli inserire nella propria dichiarazione precompilata.

    È comunque possibile inserire le spese per le quali è stata esercitata l’opposizione nella successiva fase di modifica o integrazione della dichiarazione precompilata, purché ne sussistano i requisiti per la detraibilità previsti dalla legge. L'opposizione all'utilizzo dei dati relativi alle spese per l’acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale ed interregionale versate agli enti pubblici o i soggetti privati affidatari del servizio di trasporto pubblico può essere esercitata con le due seguenti modalità:

    1. comunicando l’opposizione direttamente al soggetto destinatario della spesa al momento di sostenimento della spesa o comunque entro il 31 dicembre dell’anno in cui la spesa è stata sostenuta,  
    2. comunicando l’opposizione all’Agenzia delle Entrate, dal 1° gennaio al 16 marzo dell’anno successivo a quello di sostenimento della spesa, fornendo le informazioni con l'apposito modello di richiesta di opposizione – pdf. La comunicazione può essere effettuata inviando il modello di richiesta di opposizione via e-mail alla casella di posta elettronica dedicata: [email protected].

    Le disposizioni di cui al punto 1 si applicano con riferimento alle spese sostenute a partire dall’anno 2024.

  • Oneri deducibili e Detraibili

    Canoni locazioni studenti fuori sede: le detrazioni 2024

    Anche quest'anno nella dichiarazione dei redditi 2024, riferita al periodo d'imposta 2023, è possibile beneficiare della detrazione al 19% dei canoni di locazione sostenuti da studenti fuori sede. 
    Ecco a cosa prestare attenzione.

    Canoni locazione studenti fuori sede: detrazioni 2024

    Secondo la norma, dall’imposta lorda si può detrarre un importo pari al 19% dei canoni di locazione sostenuti da studenti universitari fuori sede derivanti da:
    • contratti di locazione stipulati o rinnovati ai sensi della legge 431/98,
    • contratti di ospitalità,
    • atti di assegnazione in godimento o locazione stipulati dagli studenti con enti per il diritto allo studio, università, collegi universitari riconosciuti, enti senza fine di lucro e cooperative.
    I requisiti per avere diritto alla detrazione sono:
    1. l’università deve essere ubicata in un comune diverso da quello di residenza dello studente e distante almeno 100 km e comunque in una provincia diversa. 
    2. l’immobile locato deve essere nello stesso comune dove è l’università o in comuni limitrofi
    Per quanto riguarda l'università non è importante che l’università sia pubblica o privata, né rileva il corso frequentato.
    La detrazione spetta anche per gli studenti iscritti a istituti tecnici superiori (ITS) e ai nuovi corsi istituiti presso Conservatori di Musica e Istituti Musicali Pareggiati.
    Attenzione va prestata al fatto che la detrazione non spetta per:
    • corsi post laurea (quali master),
    • dottorati di ricerca,
    • corsi di specializzazione.

    Canoni locazione studenti fuori sede: la detrazione nel 730/2024

    Le detrazioni per canoni di locazione per studenti fuori sede va indicata nel quadro E del modello 730/2023 nei righi da E8 a E10 "ALTRE SPESE". In particolare:

    • in colonna 1 va indicato il codice "18",
    • in colonna 2 va indicato l'importo della spese sostenuta

    Attenzione al fatto che, l’importo da indicare nel rigo non può essere superiore a 2.633 euro.

    Canoni locazione studenti fuori sede: limiti alla detrazione 2024

    I limiti alla detrazione sono i seguenti:
    • la detrazione spetta nella misura del 19% per un importo non superiore a 2.633 euro dei canoni pagati in ciascun periodo di imposta,
    • non spetta per:
      • il deposito cauzionale, 
      • le spese condominiali, e/o di riscaldamento comprese nel canone di locazione,
      • e per i costi di intermediazione,
    • dall'anno di imposta 2020 la detrazione spetta per intero ai titolari di reddito complessivo fino a euro 120.000; in caso di superamento del limite, la detrazione decresce fino ad azzerarsi al raggiungimento di un reddito complessivo pari a euro 240.000.
    Attenzione va prestata al fatto che se i canoni non sono pagati dallo studente ma da un familiare che abbia lo studente fiscalmente a carico, la detrazione spetta al familiare nei limiti suddetti.
    Nel caso in cui i genitori abbiano a carico due figli all’università, titolari di due distinti contratti, ciascun genitore può fruire della detrazione del 19% su di un importo massimo non superiore a euro 2.633.
    Qualora il contratto di locazione sia cointestato a più soggetti, il canone è attribuito pro quota a ciascun intestatario a prescindere dal fatto che i conduttori abbiano o meno i requisiti per beneficiare della detrazione e spetta ai conduttori che possiedano i requisiti e nei limiti suddetti.
  • Oneri deducibili e Detraibili

    Spese sanitarie per persone con disabilità deducibili nelle dichiarazioni

    In generale, sono interamente deducibili dal reddito complessivo le spese mediche generiche (prestazioni rese da un medico generico, acquisto di medicinali) e di assistenza specifica sostenute dai disabili nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione. Prima di entrare nel merito delle spese, vediamo quali sono le persone che vengono considerate disabili.

    Quali persone sono considerate disabili?

    Sono considerate persone con disabilità, oltre quelle che hanno ottenuto il riconoscimento dalla Commissione medica istituita ai sensi dell’art. 4 della legge n. 104 del 1992, anche le persone che sono state ritenute invalide da altre Commissioni mediche pubbliche incaricate ai fini del riconoscimento dell’invalidità civile, di lavoro e di guerra, purché presentino le condizioni di minorazione sopra citate.

    Per i soggetti riconosciuti portatori di handicap ai sensi della legge n. 104 del 1992, la grave e permanente invalidità o menomazione, menzionata dall’art. 10, comma 1, lett. b), del TUIR, non implica necessariamente la condizione di handicap grave di cui all’art. 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992, essendo sufficiente la condizione di handicap di cui all’art. 3, comma 1.

    Per i soggetti riconosciuti invalidi civili occorre, invece, accertare la grave e permanente invalidità o menomazione; questa, laddove non sia espressamente indicata nella certificazione, può essere comunque ravvisata nelle ipotesi in cui sia attestata un’invalidità totale nonché in tutte le ipotesi in cui sia attribuita l’indennità di accompagnamento (Risoluzione 23.09.2016, n. 79). I grandi invalidi di guerra, di cui all’art. 14 del TU n. 915 del 1978, e le persone a essi equiparate, sono considerati portatori di handicap in situazione di gravità e non sono assoggettati agli accertamenti sanitari della Commissione medica istituita ai sensi dell’art. 4 della legge n. 104 del 1992. In questo caso è sufficiente presentare il provvedimento definitivo (decreto) di concessione della pensione privilegiata (art. 38 della legge n. 448 del 1998). 

    Tra le spese sanitarie deducibili rientrano anche quelle relative ad una persona deceduta, se sostenute dagli eredi dopo il suo decesso. Se le spese sono state sostenute da più eredi, ognuno di essi beneficerà della deduzione sulla quota di spesa effettivamente sostenuta.

     Quali sono le spese sanitarie deducibili?

    Sono deducibili le spese mediche generiche (medicinali, prestazioni mediche generiche, ecc.) nonché quelle di assistenza medica specifica. Quindi tali spese vanno direttamente a ridurre il reddito complessivo su cui calcolare l’imposta dovuta.

    Si considerano di assistenza specifica le prestazioni rese da personale paramedico abilitato (es. infermieri professionali) ovvero da personale autorizzato ad effettuare prestazioni sanitarie specialistiche (ad esempio prelievi ai fini di analisi, applicazioni con apparecchiature elettromedicali, esercizio di attività riabilitativa).

    Rientrano in tale categoria ad esempio le prestazioni relative al personale:

    • assistenza infermieristica e riabilitativa;
    • in possesso della qualifica professionale di addetto all’assistenza di base o di operatore tecnico assistenziale, esclusivamente dedicato all’assistenza diretta della persona;
    • di coordinamento delle attività assistenziali di nucleo;
    • con la qualifica di educatore professionale;
    • qualificato, addetto ad attività di animazione e/o di terapia occupazionale.

    Le prestazioni sanitarie rese alla persona dalle figure professionali sopraelencate sono deducibili anche senza una specifica prescrizione da parte di un medico, a condizione che dal documento attestante la spesa risulti la figura professionale e la prestazione resa dal professionista sanitario (circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 19/E del 1° giugno 2012).

    Attenzione: queste spese sono deducibili anche quando sono state sostenute per un familiare disabile non a carico fiscalmente.

    Per avere diritto alla deduzione, il contribuente deve essere in possesso di un documento di certificazione del corrispettivo, rilasciato dal professionista sanitario, dal quale risulti la figura professionale che ha reso la prestazione e la descrizione della prestazione sanitaria resa. Se il documento di spesa è intestato solo al disabile, la deduzione spetta al familiare che ha sostenuto in tutto o in parte il costo, a condizione che integri la fattura, annotando sulla stessa l’importo da lui sostenuto.

    Sono deducibili anche le spese sostenute per le attività di ippoterapia e musicoterapia a condizione che le stesse vengano prescritte da un medico che ne attesti la necessità per la cura del portatore di handicap e siano eseguite in centri specializzati direttamente da personale medico o sanitario specializzato (psicoterapeuta, fisioterapista, psicologo, terapista della riabilitazione, eccetera), o sotto la loro direzione e responsabilità tecnica.

    Quali sono le spese sanitarie non deducibili?

    In generale, non sono deducibili nella dichiarazione dei redditi:

    • le spese sostenute per prestazioni rese dal pedagogista (che non può essere considerato un professionista sanitario, secondo quanto evidenziato nel parere tecnico acquisito dall’Agenzia delle entrate dal Ministero della Salute, in quanto opera nei servizi socio-educativi, socio-assistenziali e socio-culturali)
    • le spese sanitarie specialistiche (analisi, prestazioni chirurgiche e specialistiche) e quelle per l’acquisto dei dispositivi medici. Per queste spese, però, spetta la detrazione del 19% sulla parte che eccede 129,11 euro. Tali spese vanno pertanto indicate nel Rigo E1. Nel caso in cui il dispositivo medico rientri tra i mezzi necessari all’accompagnamento, alla deambulazione, alla locomozione e al sollevamento delle persone con disabilità (ad esempio stampelle), il diritto alla detrazione del 19% può essere fatto valere sull’intero importo della spesa sostenuta (da indicare nel Rigo E3);
    • le spese corrisposte ad una Cooperativa per sostenere un minore portatore di handicap nell’apprendimento. Il Ministero della Salute, infatti, ha precisato che tale attività, di natura essenzialmente pedagogica e posta in essere da operatori non sanitari, pur se qualificati nel sostegno didattico – educativo, è priva di connotazione sanitaria. Non rileva il fatto che l’attività sia effettuata sotto la direzione di una psicologa.

    Quale documentazione controllare e conservare?

    In caso di ricovero del disabile in un istituto di assistenza e ricovero, non è possibile portare in deduzione l’intera retta pagata, ma solo la parte che riguarda le spese mediche e le spese paramediche di assistenza specifica. Per questo motivo, è necessario che nella documentazione rilasciata dall’istituto di assistenza le spese risultino indicate separatamente.

    Le fatture, le ricevute fiscali e gli scontrini c.d. “parlanti” che abbiano i requisiti prescritti in base alle specifiche tipologie di spese sanitarie cui si riferiscono, costituiscono i soli documenti rilevanti al fine della verifica del sostenimento della spesa. Il contribuente, pertanto, ai fini della deduzione, non è tenuto ad esibire la prova del pagamento.

    TIPOLOGIA

    DOCUMENTI

    Acquisto, affitto e manutenzione di:

    – poltrone e carrozzelle

    – stampelle e altre attrezzature necessarie alla deambulazione

    – attrezzi necessari per il sollevamento di inabili e non deambulanti

    • Fattura/ricevuta fiscale relativa alla spesa sostenuta intestata alla persona con disabilità o al familiare, di cui il disabile risulta a carico fiscalmente, che ha sostenuto l’onere
    • – Se la prestazione non è resa da strutture pubbliche o private accreditate al SSN l’utilizzo di sistemi di pagamento “tracciabili” può essere attestato mediante l’annotazione in fattura, ricevuta fiscale o documento commerciale, da parte del percettore delle somme che effettua la prestazione di servizio. In mancanza di tale documentazione, ricevuta del versamento bancario o postale, ricevuta del pagamento effettuato tramite carta di debito o credito, estratto conto, copia bollettino postale o del MAV e dei pagamenti con PagoPA o con applicazioni via smartphone tramite Istituti di moneta elettronica autorizzati
    • Certificazione attestante la minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, rilasciata dalla Commissione di cui all’art. 4 della l. n. 104 del 1992 o da Commissioni mediche pubbliche incaricate ai fini del riconoscimento dell’invalidità civile, di lavoro, di guerra. Per i grandi invalidi di guerra di cui all’art. 14 del TU n. 915 del 1978 e per i soggetti ad essi equiparati, è sufficiente presentare il provvedimento definitivo (decreto) di concessione della pensione privilegiata
    • È possibile autocertificare il possesso della documentazione attestante il riconoscimento della sussistenza delle condizioni personali di disabilità

    Acquisto di:

    – arti artificiali

    – apparecchi per il contenimento di fratture, ernie e per la correzione dei difetti della colonna vertebrale

    Trasformazione dell’ascensore per adattarlo al contenimento della carrozzella

    Trasporto in autoambulanza della persona con disabilità

    Trasporto del disabile effettuato dalla ONLUS o da altri soggetti che hanno tra i propri fini istituzionali l’assistenza ai disabili

    Costruzione di rampe per l’eliminazione di barriere architettoniche esterne ed interne all’abitazione

    Acquisto di sussidi tecnici informatici (fax, modem, computer, telefonino, telefoni a viva voce, schermi a tocco, tastiere espanse e costi di abbonamento al servizio di soccorso rapido telefonico, componenti di cucine per facilitare il controllo dell’ambiente)

    Oltre alla documentazione precedente anche:

     

    Certificazione del medico curante che attesti che quel sussidio serve per facilitare l’autosufficienza e la possibilità di integrazione della persona disabile o specifica prescrizione autorizzativa rilasciata dal medico specialista della azienda sanitaria locale di appartenenza dalla quale risulti il collegamento funzionale tra il sussidio tecnico ed informatico e la menomazione di cui è affetto il soggetto, richiesta dal d.m.. 14 marzo 1998 per l’aliquota IVA agevolata, se tale collegamento funzionale non è presente nelle certificazioni rilasciate dalla Commissione medica integrata

  • Oneri deducibili e Detraibili

    Welfare aziendale: esenti i servizi di trasporto sostenibile

    Con interpello 74 del 20 marzo 2024 l'agenzia  ha  chiarito che possono rientrare nel welfare aziendale esente  Irpef i servizi di mobilità sostenibile  per il tragitto casa-lavoro offerti a propri dipendenti e a imprese terze tramite un app .

    Il caso sottoposto riguardava  l'intenzione di realizzare un'applicazione (APP) per la fruizione di servizi di mobilità sostenibile (car-sharing, ricarica elettrica, bike-sharing, scooter-sharing, monopattino elettrico, e l'utilizzo dei mezzi di trasporto pubblico) destinati  ai propri dipendenti e a imprese terze. per ottimizzare e ridurre i costi di trasporto e i costi sociali, promuovendo comportamenti responsabili verso l'ambiente. 

    L'istante chiedeva se l'utilizzo di tali servizi, inclusa l'APP, possa essere escluso dall'imposizione fiscale ai sensi dell'articolo 51, comma 2, lettera f) del Tuir. 

    L'agenzia ha risposto positivamente affermando che se il progetto risponderà ai criteri esposti,  i benefit offerti  dall'azienda non concorreranno alla formazione del reddito di lavoro dipendente,

    Vediamo  in maggiore dettaglio di cosa si tratta.

    Car sharing, ricariche, mezzi pubblici come welfare aziendale

    La Società   intende implementare un piano di welfare aziendale mediante l'introduzione di un'applicazione (APP) dedicata, per promuovere l'uso di servizi di  trasporto  rispettosi dell'ambiente (mobilità sostenibile) tra i suoi dipendenti. Questi servizi includono:

    • Car-Sharing: Solo per veicoli con motore elettrico, promuovendo l'uso di mezzi di trasporto a basso impatto ambientale.
    • Ricarica Elettrica: Per autovetture o motoveicoli, facilitando l'accesso a punti di ricarica e sostenendo l'uso di veicoli elettrici.
    • Bike-Sharing e Scooter-Sharing:  con  veicoli esclusivamente  elettrici, per incentivare alternative pulite al trasporto personale motorizzato.
    • Monopattino Elettrico:  per brevi tragitti urbani.
    • Utilizzo dei Mezzi di Trasporto Pubblico Locale: Biglietti singoli o abbonamenti per treno, metro, bus, traghetti, etc., promuovendo l'uso di sistemi di trasporto collettivo efficienti e sostenibili.

    Nell'interpello viene inoltre precisato che 

    • Al fine di evitare un uso improprio dei servizi,  il piano di welfare  prevedrà limiti e plafond di spesa, così da assicurare che l'utilizzo avvenga solo per il tragitto casa-lavoro-casa in considerazione anche dell'orario di lavoro di ciascun dipendente.
    • non sarà previsto il rimborso di spese sostenute direttamente dal dipendente.
    • i suddetti servizi saranno disponibili solo in favore di coloro che non abbiano già l'assegnazione in uso promiscuo di una autovettura a titolo di fringe benefit, 
    • i servizi relativi allo sharing e al monopattino elettrico per il tragitto casalavorocasa saranno consentiti solo nei casi in cui la sede di lavoro sia in luoghi che consentano il riutilizzo del mezzo  da parte di altre persone

    Viene  anche  sottolineata l'importanza della  promozione di servizi di mobilità sostenibile attraverso il welfare aziendale in quanto:

    1. Riduce l'Impatto Ambientale  delle emissioni inquinanti e  contribuisce alla decongestione del traffico urbano.
    2. Promuove l'Uso Conspevole delle Risors e incentiva comportamenti responsabili verso l'ambiente, sostenendo la transizione verso una mobilità più pulita.
    3. Favorisce la Socializzazione e il Benessere dei Dipendenti: Attraverso l'utilizzo condiviso di mezzi di trasporto, aumenta la coesione sociale e migliora la qualità della vita urbana.

    Mobilità sostenibile come welfare: la risposta dell’Agenzia

    L'Agenzia delle Entrate ha confermato nella Risposta 74, (precisando che si tratta di considerazioni in linea generale ,  in quanto non è stata fornita una bozza del progetto aziendale)  che i servizi offerti tramite un APP, progettati per il tragitto casa-lavoro-casa,  cosi come descritti dall'istante, rientrano nell'esclusione dall'imposizione fiscale ai sensi dell'articolo 51, comma 2, lettera f) del Tuir. 

    Ha  richiamato  la circolare  55 del 2020  in cui si è specificato che  l'esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente si applica alle opere e servizi offerti :

    • alla generalità dei dipendenti o a categorie di essi 
    • per specifiche finalità di utilità sociale, 
    • e sempre purché non siano erogazioni sostitutive in denaro.

    Ha ricordato anche  nella risposta pubblicata il 31 ottobre 2019, n. 461, è stato affermato che rientra nella citata lettera f) anche l'utilità in natura per i dipendenti da un  servizio di car pooling

    In particolare ha anche  confermato  che tali  servizi di mobilità sostenibile, inclusa l'utilizzazione dell'APP, rispondono alle finalità di utilità sociale individuate dall'articolo 100 del Tuir,  concordando con l'istante sul collegamento alle istanze di sostenibilità ambientale previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e dall'Agenda 2030 delle Nazioni Unite, oltre che dagli obiettivi del Green Deal europeo. 

    Allegati:
  • Oneri deducibili e Detraibili

    Welfare 2024: i chiarimenti dall’Agenzia su affitti, mutui e prestiti

    Con la circolare 5 pubblicata il 7 marzo 2024 l'Agenzia delle Entrate fornisce numerosi chiarimenti sul trattamento fiscale in materia di welfare aziendale e altre novità introdotte dall'ultima legge di bilancio, legge 213 2023 e dal decreto Anticipi 145 2023

    Vediamo in particolare le precisazioni in tema di affitti e interessi sui mutui prima casa e prestiti ai dipendenti.

    Novità welfare aziendale 2024: affitti e interessi mutuo

    In tema di welfare aziendale e più precisamente dei fringe benefits, la cui disciplina è stata nuovamente modificata dalla legge di bilancio 2024 l'Agenzia si occupa in particolare dei:

    • rimborsi  ai lavoratori delle spese dell’affitto e degli interessi del mutuo dell’abitazione principale; e
    • la nuova tassazione agevolata dei prestiti. Questi sono i principali argomenti trattati dall’agenzia delle Entrate con la circolare 5/2024.

    Va ricordato innanzitutto la  novità delle nuove soglie complessive di  fringe benefit fissate a 

    1.  mille euro per i dipendenti senza figli a carico
    2. 2000 euro  per i dipendenti con figli fiscalmente a carico.

    Nell'importo complessivo rientrano  nel 2024 anche buoni carburante somme erogate per il pagamento delle utenze domestiche, spese per l’affitto della prima casa ovvero per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa

    Per fruire dell'esenzione fiscale il lavoratore dovrà dichiarare di avere diritto indicando il codice fiscale dei figli. 

    Con riguardo al rimborso delle utenze l'Agenzia chiarisce che per «prima casa» si intende l’abitazione principale   posseduta o detenuta, sulla base di un titolo idoneo, dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, nei quali essi dimorino abitualmente, a condizione che ne sostengano effettivamente le relative spese.

    Sono esenti anche le spese di mutuo non intestati al lavoratore purché riguardanti l'immobile in cui risiede abitualmente 

    Per spese di affitto di intende invece il canone risultante dal contratto di locazione regolarmente registrato e pagato nell’anno.

    Chiarimenti Agenzia sui Prestiti ai dipendenti

    In merito alla tassazione dei prestiti concessi dal datore ai lavoratori, la circolare ricorda che la normativa ha introdotto una nuova modalità per determinare il valore del beneficio fiscale,  considerando il 50% della differenza tra l'importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di riferimento (TUR) e l'importo degli interessi calcolato al tasso applicato sul prestito. Questo calcolo si applica sia per prestiti a tasso fisso che per prestiti a tasso variabile.

    In particolare :

    1. Per i prestiti a tasso variabile, il TUR da considerare è quello vigente alla data di scadenza di ciascuna rata.
    2. Per i prestiti a tasso fisso, il TUR da considerare è quello vigente alla data di concessione del prestito.

     In caso di rinegoziazione o surroga del finanziamento, per i prestiti a tasso fisso, il confronto tra gli interessi dovuti e il TUR si effettua considerando il tasso fisso determinato al momento della rinegoziazione

    Viene anche sottolineato che queste  disposizioni  si applicano retroattivamente, a partire dal periodo d'imposta 2023.