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Responsabilità 231/2001 per omesse manutenzioni
Con la sentenza n. 18410 del 15 maggio 2025, la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha confermato la sentenza di condanna di una società condannata per responsabilità amministrativa ex art. 25-septies, comma 3, del D.Lgs. 231/2001, a seguito di un grave infortunio sul lavoro causa di prolungata inabilità per un dipendente.
Il caso di infortunio per omessa manutenzione
Il fatto trae origine da un incidente avvenuto nel gennaio 2020, quando un dipendente dell’azienda è precipitato da una passerella alta cinque metri, a causa del cedimento del grigliato metallico che ne costituiva il piano di calpestio.
Secondo le valutazioni dei giudici di merito, la struttura risultava visibilmente deteriorata per effetto dell’assenza prolungata di interventi manutentivi, nonostante l’ubicazione esterna esposta alle intemperie. Il camminamento presentava diffuse condizioni di ruggine e degrado anche in zone diverse da quella coinvolta nell’incidente. Tali elementi sono stati interpretati come indizio concreto di un’omissione sistematica di manutenzione preventiva.
In primo grado, il Tribunale aveva già ritenuto sussistente la responsabilità della società per l’illecito amministrativo dipendente dal reato di lesioni personali gravi, contestato all’amministratore unico in qualità di datore di lavoro (art. 590, comma 3, cod. pen.). La Corte d’Appello di Milano ha confermato e parzialmente riformato la decisione, comminando una sanzione pecuniaria di 13.000 euro a carico dell’ente, ritenuto responsabile di non aver adottato un modello organizzativo adeguato alla prevenzione del rischio.
Il vantaggio per l’ente e la colpa di organizzazione
Uno dei principali motivi di ricorso in Cassazione riguardava la contestazione del requisito del “vantaggio” richiesto dall’art. 5 del D.Lgs. 231/2001 per configurare la responsabilità dell’ente. La difesa sosteneva che non vi fosse alcuna prova concreta di un utile conseguito dall’omissione manutentiva. Tuttavia, la Suprema Corte ha ribadito che il vantaggio può consistere anche in un risparmio di spesa, purché oggettivamente apprezzabile, derivante dalla violazione delle cautele antinfortunistiche.
I giudici hanno evidenziato che la gravità e l’estensione del degrado delle strutture, unitamente all’assenza di un piano di manutenzione programmata, dimostravano una condotta organizzativa omissiva. Inoltre, il fatto che dopo l’incidente la società avesse deciso di sostituire integralmente la passerella rafforzava la valutazione di inidoneità delle prassi precedenti.
Quanto alla cosiddetta colpa di organizzazione, la Corte ha richiamato l’indirizzo già affermato dalle Sezioni Unite nel caso Espenhahn (Cass. pen., Sez. U, sent. n. 38343/2014), secondo cui l’ente risponde in proprio per non aver adottato le misure necessarie a prevenire reati colposi in violazione della normativa antinfortunistica. Tali misure devono essere effettivamente attuate, non solo formalmente adottate.
La semplice esistenza di un modello organizzativo certificato non è sufficiente a escludere la responsabilità se mancano procedure operative e controlli efficaci, come nel caso in esame.
L’inammissibilità del ricorso – Implicazioni per le imprese
La Corte di Cassazione ha respinto entrambi i motivi di impugnazione, giudicandoli inammissibili per difetto di specificità e per la pretesa rivalutazione del merito, vietata in sede di legittimità. Ha quindi confermato la sentenza della Corte d’Appello, aggiungendo una ulteriore sanzione pecuniaria di 3.000 euro a carico della società ricorrente, da versare alla Cassa delle ammende.
Questa decisione si inserisce in un consolidato orientamento giurisprudenziale che valorizza la concreta efficacia dei modelli organizzativi e sottolinea l’importanza della gestione sistematica della sicurezza sul lavoro. Non basta infatti predisporre un documento di valutazione dei rischi (DVR) o nominare un organismo di vigilanza: occorre assicurare un’effettiva attuazione delle misure di prevenzione e manutenzione, specie quando si tratta di strutture potenzialmente pericolose.
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Sicurezza sul lavoro nei programmi scolastici: legge in GU
E' stata pubblicata il 5 marzo 2025 in Gazzetta ufficiale la legge 21 2025, approvata il 17 febbraio 2025, che ha l'obiettivo di rafforzare la formazione degli studenti inserendo contenuti connessi alla sicurezza nei luoghi di lavoro all'interno dell'insegnamento dell'educazione civica in tutte le scuole.
Si cerca in particolare di rendere i giovani più consapevoli dei diritti e doveri dei lavoratori, nonché delle misure di sicurezza necessarie per prevenire incidenti. Per raggiungere questo scopo, il testo prevede anche il coinvolgimento di testimonianze dirette di vittime di infortuni sul lavoro, in modo da rendere l'insegnamento più concreto ed efficace.
Sicurezza sul lavoro nei programmi scolastici
La legge modifica l'articolo 3 della precedente normativa sull'educazione civica (legge 92/2019), aggiungendo tra gli argomenti da trattare anche le "conoscenze di base in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro". Questo significa che nelle scuole, accanto ad argomenti come la Costituzione, la cittadinanza digitale e l'educazione alla legalità, si dovranno insegnare anche le regole fondamentali della sicurezza sul lavoro, i diritti dei lavoratori e i rischi legati agli ambienti professionali.
Dal punto di vista finanziario, la legge stabilisce che non ci saranno nuovi costi per lo Stato: le scuole dovranno integrare questi nuovi contenuti utilizzando le risorse già disponibili. In pratica, non verranno stanziati fondi aggiuntivi, e l'attuazione della norma dipenderà dall'organizzazione interna delle istituzioni scolastiche. In questo modo, la legge punta a migliorare la preparazione degli studenti senza pesare sul bilancio pubblico.
Sicurezza sul lavoro nei programmi scolastici: in quali scuole
La legge non specifica direttamente in quali scuole verranno inserite le nuove conoscenze sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, ma, dato che modifica l'insegnamento dell'educazione civica, si applica a tutte le scuole in cui questa materia è già prevista.
Secondo la legge 92/2019, l'educazione civica è obbligatoria in tutte le scuole di ogni ordine e grado, quindi l'insegnamento relativo obblighi e procedure per lla sicurezza sul lavoro potrà essere introdotto sia nella scuola primaria, sia nella scuola secondaria di primo e secondo grado.
Tuttavia, la modalità e il livello di approfondimento dipenderanno dall'età degli studenti: nelle scuole elementari potrebbe trattarsi di una sensibilizzazione generale sui concetti di sicurezza, mentre nelle scuole superiori si potrebbero affrontare aspetti più tecnici e normativi, soprattutto negli istituti professionali e tecnici, dove la preparazione al mondo del lavoro è più concreta.
Non essendoci ancora linee guida dettagliate nel testo della legge, sarà probabilmente il Ministero dell'Istruzione a stabilire come e in quali classi verranno sviluppati questi contenuti.
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Infortuni: responsabilità penale del committente privato
La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Quarta Penale, ha recentemente emesso una sentenza significativa riguardante la responsabilità penale del committente in caso di infortuni sul lavoro, specificamente nel contesto di appalti e subappalti.
La sentenza, depositata in Cancelleria il 4 febbraio 2025, affronta un caso complesso che ha visto coinvolti due imputati, A.A. e G.G., accusati di omicidio colposo ai sensi dell'art. 589, commi 1 e 2, del codice penale, in seguito alla morte di un lavoratore, H.H., avvenuta durante i lavori di ristrutturazione di un rudere.
Responsabilità penale committente privato: il caso
Il caso ha origine nel 2004, quando A.A., proprietario di un complesso rurale in disuso, decide di avviare lavori di ristrutturazione affidando l'incarico al geometra G.G., nominato responsabile dei lavori e coordinatore per la progettazione.
Nel corso dei lavori, avvenuti in diverse fasi e con modifiche sostanziali al progetto iniziale, si verifica un tragico incidente: un operaio impegnato nella demolizione manuale di una muratura portante, viene travolto dal crollo del secondo solaio dell'edificio, riportando gravi lesioni che ne causano il decesso immediato.
La Corte di Appello di Bologna, confermando in parte la sentenza del Tribunale di Parma, aveva ritenuto entrambi gli imputati colpevoli, condannandoli anche al risarcimento dei danni alle parti civili.
La Cassazione ha invece ribaltato il giudizio accogliendo il ricorso di A.A. con annullamento della sentenza nei suoi confronti , mentre ha dichiarato inammissibile il ricorso di G.G.
Responsabilità del Committente e del Coordinatore: Analisi Giurisprudenziale
La sentenza della Cassazione si concentra sulla distinzione tra la responsabilità del committente privato e quella del coordinatore dei lavori, evidenziando l'evoluzione giurisprudenziale in materia di sicurezza sul lavoro.
Secondo la Corte, il committente privato, come A.A., non può essere ritenuto responsabile delle inadempienze prevenzionistiche se non ha interferito nell'esecuzione dei lavori o se non era in grado di percepire immediatamente situazioni di pericolo.
La giurisprudenza ha infatti stabilito che il committente privato deve scegliere un appaltatore competente e affidabile, ma non è tenuto a conoscere le singole disposizioni tecniche previste dalla normativa prevenzionale.
Nel caso specifico, il committente aveva affidato l'incarico di demolizione dell'ex casa colonica alla ditta "J.J. e K.K.", la quale aveva a sua volta subappaltato i lavori alla ditta "F.F.".
La Cassazione ha riconosciuto che A.A. aveva nominato G.G. come responsabile dei lavori, conferendogli un mandato omnicomprensivo.
G.G., in qualità di coordinatore per la progettazione e l'esecuzione, avrebbe dovuto adeguare il Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) in seguito alle modifiche sostanziali del progetto, cosa che non è avvenuta.
La Corte ha sottolineato che il coordinatore essendo un professionista con esperienza trentennale, era in grado di percepire i rischi connessi ai lavori e avrebbe dovuto intervenire per garantire la sicurezza del cantiere.
Responsabilità committente privato per infortunio: le conclusioni
La sentenza della Cassazione rappresenta un importante precedente nella giurisprudenza in materia di responsabilità penale per infortuni sul lavoro.
La Corte ha ribadito che la responsabilità del committente privato non può essere automatica e deve essere valutata in base all'effettiva incidenza della sua condotta nel causare l'evento.
Inoltre, ha evidenziato l'importanza del ruolo del coordinatore per la sicurezza, il quale deve garantire che il PSC sia adeguato alle modifiche del progetto e che tutte le misure di prevenzione siano correttamente implementate.
Si segnala peraltro il precedente della sentenza 11603 2024 nella quale la Cassazione ha emesso la seguente massima : "L'art. 90 del D.Lgs. 81/2008 impone al committente di informare sui rischi presenti nell'ambiente di lavoro e di cooperare nell'apprestamento delle misure di protezione e prevenzione, nonché di predisporre un piano di sicurezza. L'inadempimento di questi obblighi configura una responsabilità colposa del committente
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Nomina RLS, unità territoriali e RSU: chiarimenti ministeriali
Il 24 ottobre 2024, la Commissione per gli interpelli in materia di salute e sicurezza sul lavoro ha rilasciato il parere relativo all'Interpello n. 5/2024, riguardante la designazione del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS).
La richiesta di interpello è stata avanzata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con particolare riferimento all'articolo 12 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, ( Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro) su alcuni aspetti normativi relativi alla nomina del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza.
Il Ministero delle Infrastrutture ha chiesto alla Commissione due specificazioni :
- se le proprie singole articolazioni territoriali debbano essere considerate come entità autonome ai fini della designazione del RLS, oppure se debbano essere trattate come un'unica entità e
- se in aziende con più di 15 lavoratori il RLS debba necessariamente appartenere alla Rappresentanza Sindacale Unitaria (RSU) o se sia sufficiente che venga designato da quest'ultima, anche se esterno alla rappresentanza.
RSL e RSU il contesto normativo
L’interrogativo nasceva dalla necessità di stabilire quanti RLS devono essere designati o eletti nelle articolazioni del Ministero. In particolare, la questione si poneva tra l’alternativa di designare
- 6 RLS (uno per ciascuna articolazione territoriale) o
- 3 RLS in base alla dimensione aziendale con un numero di lavoratori compreso tra 201 e 1.000.
Per rispondere a questi quesiti, la Commissione ha fatto riferimento agi articoli del Decreto Legislativo 81/2008 che prevedono:
- Articolo 2, comma 1, lettera t: definisce "unità produttiva" come uno stabilimento o struttura destinata alla produzione di beni o servizi, con autonomia finanziaria e funzionale.
- Articolo 47, comma 2: stabilisce l'obbligo di eleggere o designare il RLS in tutte le aziende o unità produttive.
- Articolo 47, comma 4: nelle aziende con più di 15 lavoratori, il RLS deve essere eletto o designato dai lavoratori nell’ambito delle rappresentanze sindacali. Qualora tali rappresentanze non siano presenti, il RLS può essere eletto direttamente dai lavoratori.
- Articolo 47, comma 7: stabilisce il numero minimo di RLS in base alle dimensioni aziendali. In particolare:
- Un RLS per aziende fino a 200 lavoratori,
- Tre RLS per aziende con un numero di lavoratori compreso tra 201 e 1.000,
- Sei RLS per aziende con più di 1.000 lavoratori.
Responsabile lavoratori sicurezza e unità territoriali la risposta
La Commissione per gli interpelli ha ribadito che il Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro prevede in modo chiaro che l'unità produttiva si riferisca a strutture dotate di autonomia sia finanziaria che tecnica, finalizzate alla produzione di beni o all'erogazione di servizi.
Questa distinzione permette di identificare ogni articolazione territoriale come un'unità produttiva autonoma se possiede le caratteristiche sopra indicate.
Inoltre, la normativa stabilisce che nelle aziende o unità produttive con più di 15 lavoratori, il RLS sia eletto all'interno delle rappresentanze sindacali in azienda. Tuttavia, in assenza di queste rappresentanze, i lavoratori hanno la facoltà di eleggere direttamente il proprio rappresentante.
Per il caso specifico del ministero la Commissione ha chiarito che il numero minimo di RLS va applicato a ciascuna unità produttiva secondo le dimensioni della forza lavoro. Se le articolazioni territoriali del Ministero possono essere considerate come unità produttive separate, ognuna di esse dovrà avere almeno un RLS in base alla sua dimensione.
Riguardo all'appartenenza alla RSU l'interpello precisa che l' RLS non è obbligato ad appartenere alla RSU. È sufficiente che sia designato da essa. In altre parole, la designazione può avvenire anche tra lavoratori non appartenenti alla RSU, purché questi rappresentino gli interessi dei lavoratori in materia di sicurezza.
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Preposti Sicurezza: è obbligatoria la formazione biennale ?
Nel recente interpello n. 6/2024 al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali la Commissione Interpelli ha chiarito la periodicità obbligatoria della formazione dei preposti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, che è stata oggetto di modifica con la legge di bilancio 2022.
Formazione preposti sicurezza: interpello ministeriale
L'istanza era stata sollevata dal Consiglio nazionale degli ingegneri, che ha richiesto chiarimenti in merito alla frequenza di aggiornamento della formazione dei preposti. In particolare, il quesito verteva su due opzioni:
- Se la periodicità obbligatoria della formazione di aggiornamento dei preposti debba essere anticipata a due anni, come indicato nel comma 7-ter dell’art. 37 del D.lgs. 81/2008, introdotto con la legge 215 2021 (legge di bilancio 2022) oppure
- se attualmente resti valido l’aggiornamento quinquennale stabilito dall'Accordo Stato-Regioni del 2011, ancora in vigore fino a nuovo provvedimento.
La risposta del Ministero ha chiarito che l'entrata in vigore di tale obbligo è subordinata all'emanazione di un nuovo Accordo Stato-Regioni e alla pubblicazione del relativo provvedimento ministeriale.
Dunque fino all’approvazione del nuovo Accordo, le aziende devono continuare a rispettare l’obbligo quinquennale, mantenendo valide le indicazioni fornite nel 2011.
Non è ancora comunicata una data specifica per l’adozione del nuovo Accordo.
Formazione preposti: gli obblighi in pratica
L’aggiornamento biennale della formazione professionale per i preposti non è ancora obbligatorio . Lo diventerà solo con l’approvazione del nuovo Accordo Stato-Regioni.
Si ricorda che i preposti attualmente devono seguire l’aggiornamento quinquennale previsto dall'Accordo Stato-Regioni del 2011, che richiede almeno sei ore di formazione.
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Sicurezza piattaforme elevabili: le linee guida ministeriali
La Circolare n. 7 del 2024 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali affronta le problematiche di sicurezza connesse all'uso delle Piattaforme di Lavoro Elevabili (PLE), Il documento ha l'obiettivo di fornire linee guida per la progettazione, costruzione, verifica e utilizzo in sicurezza di tali attrezzature, a seguito di una raccolta di dati su incidenti sul lavoro per cedimenti strutturali .
Vediamo in sintesi l'analisi e le raccomandazioni fornite dal ministero.
Sicurezza piattaforme elevabili: l’Analisi degli incidenti e raccomandazioni
La raccolta dati, effettuata dal Ministero in collaborazione con l'INAIL e il Coordinamento Tecnico Interregionale, ha evidenziato che i cedimenti strutturali sono spesso riconducibili a fenomeni come fatica del materiale, imbozzamento e saldature mal eseguite. Questi incidenti si sono verificati anche su macchine con meno di 10 anni di vita.
- A seguito dell'indagine supplementare ai sensi del decreto interministeriale dell'11 aprile 2011 sono stati individuati i punti più vulnerabili delle piattaforme, dove più frequentemente si verificano cedimenti strutturali, che sono
- Zone di articolazione e rotazione.
- Bracci articolati e telescopici.
- Torretta porta ralla e stabilizzatori.
- Cilindri di sollevamento ed estensione.
LA circolare raccomanda quindi di mantenere le Piattaforme elevabili in buono stato di conservazione attraverso:
- Verifiche periodiche obbligatorie da parte di soggetti pubblici e privati abilitati.
- Controlli e manutenzioni ordinari e straordinari, documentati in un registro di controllo, che attesti l'effettivo stato di conservazione e il rispetto delle indicazioni del fabbricante.
Obblighi per fabbricanti e utilizzatori ed enti
La circolare sottolinea i seguenti obblighi per le diverse categorie di soggetti coinvolti:
- Fabbricanti: Garantire che le PLE rispettino le norme di sicurezza nelle fasi di progettazione e costruzione.
- Utilizzatori: Attenersi alle istruzioni del fabbricante per l’uso e la manutenzione, riportando tutte le attività di controllo nel registro. Si richiide in particolare di conservare la seguente documentazione
- Comunicazione di messa in servizio.
- Certificato di prima verifica periodica/omologazione.
- Istruzioni del fabbricante.
- Registro di controllo con esiti dei controlli e manutenzioni, incluse eventuali indagini approfondite.
- Enti di vigilanza (ASL, INL): Verificare che le PLE abbiano superato le verifiche periodiche e che siano state effettuate le manutenzioni previste.
Sensibilizzazione e formazione: necessario inoltre promuovere attività di sensibilizzazione, informazione e formazione pubblica per prevenire incidenti, rivolgendo particolare attenzione ai soggetti più esposti.
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Divieto lavoro nelle ore più calde in 15 regioni
Vai all'articolo aggiornato 2025
Con l'aumento esponenziale delle temperature in questa estate 2024 diverse regioni italiane hanno emanato ordinanze per vietare il lavoro all'aperto durante le ore più calde della giornata. Queste misure mirano a proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori, specialmente nei settori agricolo, florovivaistico ed edile.
I divieti sono attivi fino ad ora in 15 regioni ovvero
- Piemonte (ordinanza del 5 agosto con effetto dalla stessa data )
- Emilia Romagna ordinanza del 26 luglio con effetto dal 29 luglio 2024,
- Liguria
- Umbria,
- Toscana,
- Marche (ordinanza del 31ulglio con effetto dal 1 agosto)
- Lazio
- Molise,
- Abruzzo,
- Basilicata,
- Campania,
- Puglia
- Calabria
- Sicilia e
- Sardegna.
Vediamo di seguito piu in dettaglio cosa prevedono le ordinanze e le misure applicabili contro il caldo estremo per la salute e sicurezza dei lavoratori.
Rischio calore e divieto di lavoro: cosa prevedono le ordinanze
Tutte le ordinanze vietano il lavoro all'aperto dalle 12:30 alle 16:00 nelle giornate con allerta di caldo estremo, identificabili tramite le mappe fornite dall'INAIL sul sito www.worklimate.it, realizzato in collaborazione con il CNR.
I divieti sono attivi ordinariamente dalla data dell'ordinanza al 31 agosto 2024.
Nello specifico ad esempio
- Lazio:
Il Lazio è stata tra le prime regioni a introdurre il divieto, con un'ordinanza firmata il 20 giugno dal presidente Francesco Rocca. L'ordinanza vieta le attività lavorative all'aperto nei settori agricolo, florovivaistico ed edile fino al 31 agosto.
- Puglia
Il 10 luglio, il presidente della Puglia, Michele Emiliano, ha emanato un'ordinanza che vieta il lavoro nei settori edile e florovivaistico nelle ore più calde, in aggiunta a una precedente ordinanza per il settore agricolo.
- Toscana
In Toscana, un'ordinanza dell'11 luglio vieta il lavoro nei campi e sotto il sole dalle 12:30 alle 16:00. Questa misura, valida fino al 31 agosto, si applica principalmente nei settori agricolo e florovivaistico.
- Molise
Il Molise ha adottato un'ordinanza simile il 16 giugno, vietando le attività lavorative all'aperto nei giorni con rischio elevato di esposizione al caldo, come indicato dalle mappe dell'INAIL.
- Abruzzo
Abruzzo ha seguito con una propria ordinanza il 17 luglio, imponendo simili restrizioni lavorative per proteggere i lavoratori dalle alte temperature.
- Sicilia e Sardegna
. La Sicilia ha emesso un'ordinanza il 17 luglio, mentre la Sardegna ha fatto lo stesso il 19 luglio. Entrambe le regioni vietano il lavoro nei settori agricolo, florovivaistico ed edile nelle ore più calde, con particolare attenzione ai giorni in cui il rischio di esposizione al sole è alto.
- Emilia Romagna
L'Ordinanza n. 101 del 26 luglio 2024 prevede il divieto dal 29 luglio 2024 e fino al 31 agosto 2024 nel settore agricolo e florovivaistico, nonché nei cantieri edili e affini
- Marche
Il provvedimento è in vigore a decorrere dalle 00.00 del 1° agosto 2024 fino alle 24.00 del 31 agosto 2024, limitatamente ai giorni e alle aree del territorio regionale in cui la mappa del rischio indicata sul sito https://www.worklimate.it/scelta-mappa/sole-attivita-fisica-alta/ riferita a: “lavoratori esposti al sole” con “attività fisica intensa” ore 12:00, segnali un livello di rischio “ALTO”. In questo specifico caso dunque, sarà vietata l'attività lavorativa all'aperto e in condizioni di esposizione prolungata al sole, dalle ore 12:30 alle ore 16:00. Viene specificato che "Restano salvi eventuali provvedimenti sindacali, riferiti al territorio comunale di competenza, che non contrastano con i contenuti dell’ordinanza, e gli obblighi gravanti sul datore di lavoro a tutela della salute e della sicurezza sul lavoro dei lavoratori ed eventuali specifici accordi aziendali e/o sindacali volti a tutelare la salute dei lavoratori qualora siano migliorativi del contenuto dell’Ordinanza. Le prescrizioni (..) non trovano applicazione per le pubbliche amministrazioni, per i concessionari di pubblico servizio, per i loro appaltatori, quando trattasi di interventi urgenti di pubblica utilità, di protezione civile o di salvaguardia della pubblica incolumità, fatta salva in ogni caso l’adozione di idonee misure organizzative ed operative che riconducano il rischio di esposizione dei lavoratori alle alte temperature ad un livello accettabile secondo la valutazione del rischio condotta dal datore di lavoro come previsto dal decreto legislativo n. 81/2008."
- Piemonte
La regione ha comunicato che è in vigore dal 5 al 31 agosto l'ordinanza del presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio e dell’assessore alla Sanità Federico Riboldi che ha lo scopo di garantire la sicurezza dei lavoratori subordinati e autonomi, nonché dei soggetti ad essi equiparati, dei settori agricolo e florovivaistico e dei cantieri edili e affini che svolgono attività classificabili come “fisica intensa” o altre equiparabili e si trovano in condizioni di
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- prolungata esposizione diretta ai raggi solari
- in giornate particolarmente calde e
- dove non sia possibile introdurre misure di riduzione del rischio (…).
nei momenti della giornata – dalle ore 12.30 alle 16"
La tutela dei lavoratori dal caldo estremo
Queste misure hanno l'obiettivo di prevenire incidenti e decessi sul lavoro causati dal caldo estremo, purtroppo già verificatisi anche quest'anno.
Si tratta di iniziative che puntano a migliorare la qualità e la sicurezza nei luoghi di lavoro.
In base all’articolo 2087 del Codice Civile,infatti i datori di lavoro sono obbligati a tutelare la salute e l’integrità fisica e morale dei lavoratori. Questo include l’adozione di misure necessarie per garantire condizioni di lavoro sicure, tenendo conto anche del microclima, come previsto dal TU per la sicurezza d.lgs 81 2001.
L'INAIL ha emesso varie note con indicazioni operative per i datori di lavoro su come gestire il rischio calore, tra cui la Nota 5056 del 13 luglio 2023 e un opuscolo informativo con le linee guida complete.
Inoltre il Governo ha recentemente potenziato gli ammortizzatori sociali attivabili in caso di riduzione o sospensione delle attività per caldo estremo. Le istruzioni INPS in merito sono state pubblicate da ultimo con i messaggi 2735 e 2736 del 26 luglio 2024 .