-
Non è causa di cessazione del CPB il cambiamento dell’ATECO
Nella risposta a interpello n 236 del 10 settembre le Entrate chiariscono come comportarsi se nella dichiarazione in corso cambia il codice ATECO entrato in vigore dal 1° aprile scorso.
In particolare, la società istante Alfa S.r.l. semplificata, operante come agente plurimandatario nel settore del noleggio di autoveicoli, ha fino ad ora utilizzato il codice ATECO 45.11.02, non perfettamente corrispondente alla sua attività di intermediazione pura, ma il più vicino disponibile nelle tabelle ATECO 2007.
A partire dal 1° gennaio 2025, entra in vigore la nuova classificazione ATECO 2025, che introduce il codice 77.51.00, specificamente riferito ai servizi di intermediazione per il noleggio e il leasing operativo di autoveicoli, senza che l’intermediario fornisca direttamente i veicoli.
La società, intenzionata ad aderire al CPB per gli anni 2025 e 2026, chiede se il cambio di codice ATECO, che implica anche il passaggio da un modello ISA (CM09U) a un altro (EG61U), comporti la cessazione dell’efficacia del Concordato, ai sensi dell’art. 21, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 13/2024.
Non è causa di cessazione del CPB il cambiamento dell’ATECO
L’art. 21, co. 1, lett. a), del D.Lgs. n. 13/2024 stabilisce che il CPB cessa di avere efficacia a partire dal periodo d’imposta in cui: «il contribuente modifica l’attività svolta nel corso del biennio concordatario rispetto a quella esercitata nel periodo d’imposta precedente».
Tuttavia, la cessazione non si verifica se per la nuova attività è prevista l’applicazione del medesimo indice sintetico di affidabilità fiscale (ISA) (art. 9-bis del D.L. n. 50/2017).
L’Agenzia conferma che la variazione del codice ATECO dovuta all’aggiornamento ISTAT non comporta, di per sé, la cessazione del CPB, anche se implica l’utilizzo di un diverso modello ISA, purché non vi sia una modifica sostanziale dell’attività realmente svolta.
Il cambio codice ATECO obbligatorio dal 1° aprile 2025 non implica automaticamente la cessazione del CPB.
- il nuovo codice 77.51.00 riflette con maggiore precisione l’attività effettivamente svolta dall’istante, senza rappresentare una modifica sostanziale rispetto al passato;
- anche se si passa da un ISA all’altro (CM09U → EG61U), la ratio della norma è rispettata, perché l’attività rimane invariata nella sostanza.
Secondo l’Agenzia, per la corretta gestione del CPB e delle dichiarazioni:
- nel modello UNICO 2025 (anno d’imposta 2024) deve già essere utilizzato il nuovo codice ATECO 77.51.00 e il relativo ISA EG61U, non più il precedente modello DM09U;
- non è necessario presentare una variazione dei dati anagrafici per il solo aggiornamento del codice ATECO, salvo diversa disposizione normativa.
L'Ade evidenzia quindi che l’eventuale variazione di indice sintetico di affidabilità fiscale (Isa) dovuto alle modifiche nei codici attività derivante dalla nuova classificazione Ateco 2025 non è, di per sé, motivo di esclusione dall’opzione per il concordato preventivo biennale (Cpb) per i periodi d’imposta 2025-2026.
Allegati: -
Controlli formali dichiarazione 2023: invio documenti entro il 30 settembre
Il MEF ha confermato che i contribuenti e i professionisti avranno tempo fino a settembre per rispondere alle comunicazioni di irregolarità (art 36 ter dDPR 600/73) relative alle dichiarazioni dei redditi 2023 (anno d’imposta 2022), inviate a partire da giugno.
Era sta l'informativa n 110 del 14 luglio del CNDCEC che sottolienava la possibilità, accordata dall'agenzia delle entrate, di trasmettere la documentazione relativa al controllo formale delle dichiarazioni dei redditi per il periodo d’imposta 2022 fino ai primi quindici giorni di settembre.
Con una pec del MEF ad ANC si forniscono i dettagli sull'invio degli eventuali dati a supporto.
Controlli formali dichiarazioni 2023: c’è tempo fino a settembre
Nell’ultima decade del mese di giugno e nel mese di luglio sono state recapitate dall’Agenzia delle Entrate richieste di documentazione relative al controllo formale, ex art. 36-ter del D.P.R. 600/1973, delle dichiarazioni dei redditi per il periodo d’imposta 2022, con cui si invitano i contribuenti a trasmettere la documentazione richiesta entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione.
Cadendo il termine di trenta giorni in un periodo già critico per gli studi professionali per i numerosi adempimenti in scadenza nel mese di luglio, il CNDCEC si era attivato immediatamente con i vertici dell’Agenzia delle Entrate al fine di sensibilizzarli sul punto e valutare la possibilità di uno slittamento del predetto termine a dopo la pausa estiva.
L’Agenzia ha rappresentato che, come esplicitamente indicato nelle comunicazioni inviate, “in ogni caso, la documentazione sarà valutata anche se trasmessa oltre il suddetto termine” di trenta giorni (termine non previsto dalla legge e, quindi, da considerarsi meramente ordinatorio) e che per la trasmissione dei documenti e delle informazioni richieste vige la sospensione dei termini dal 1° agosto al 4 settembre prevista dall’art. 37, comma 11-bis, secondo periodo, del D.L. 223/2006.Considerato quindi che, come detto, le comunicazioni sono state recapitate a partire dall’ultima decade di giugno, ragionevolmente la trasmissione della documentazione e delle informazioni richieste potrà avvenire, senza conseguenze, indicativamente anche nei primi quindici giorni del prossimo mese di settembre.
La Direzione centrale servizi fiscali dell’Agenzia ha inviato una PEC al Presidente dell’Associazione nazionale commercialisti, Marco Cuchel, che aveva portato all’attenzione dell’Amministrazione finanziaria il problema dell’invio della documentazione in risposta agli avvisi ricevuti dal Fisco.
Cuchel faceva notare che il termine per rispondere a tali avvisi di irregolarità sarebbe scaduto in un periodo già pieno di scadenze, e a ridosso della sospensione feriale (art 7 quater comma 16 del DL 193/2016), senza poterne beneficiare, pertanto vi era stata la richeista di "proroga" al 30 settembre per invio dei dati.
La richeista è stata accolta dall’Agenzia che, nella PEC recapitata all’ANC, ribadisce quanto già spiegato al Consiglio nazionale e riportato nell’Informativa n. 110/2025. “Premesso che nella comunicazione dell’Agenzia delle Entrate è stato espressamente indicato che la documentazione sarà valutata anche se pervenuta oltre il termine di 30 giorni, si rappresenta che gli uffici dell’Agenzia sono stati invitati a non procedere, nell’immediato, alla comunicazione degli esiti del controllo formale, nel caso in cui il suddetto termine scada in prossimità del periodo di sospensione e non sia ancora pervenuta alcuna documentazione. Pertanto, in relazione alle richieste in oggetto recapitate alla fine dello scorso mese di giugno, si segnala che la trasmissione della documentazione potrà ragionevolmente avvenire a partire da settembre" .
Il termine parrebbe quindi il 30 settembre e quindi non il15 come prima anticipato dai Commercialisti.
-
Somme transitate su c/c del socio: quando sono imputabili alla società
Con l’ordinanza n. 17108 del 25 giugno 2025, la Corte di cassazione è intervenuta sul tema della legittimità della riferibilità a una società di capitali delle movimentazioni bancarie personali del socio amministratore.
Il pronunciamento chiarisce in quali condizioni l’Agenzia delle entrate può imputare a una Srl somme transitate su conti correnti personali del socio unico.
La norma di riferimento è l’articolo 32 del DPR n. 600/1973 che attribuisce all’Amministrazione finanziaria il potere di utilizzare dati bancari per fondare accertamenti presuntivi.
Somme transitate su c/c del socio: quando sono imputabili alla società
L’Agenzia delle Entrate ha notificato avvisi di accertamento ad una Srl e al socio amministratore unico, fondando l'accertamento su indagini finanziarie da cui emergevano movimentazioni bancarie (versamenti e prelevamenti in contanti) su un conto personale estero intestato al socio.
L'agenzia sosteneva che le somme movimentate erano da imputare alla società, poiché:
- tra tutte le imprese riconducibili al socio, solo la Srl aveva un volume d'affari tale da giustificare quei flussi;
- vi era identità tra socio unico e amministratore unico, quindi controllo totale.
Il motivo dell'accertamento delle Entrate risiede nella presunzione legale (ex art. 32 DPR 600/1973) di ricavi non dichiarati a carico della società, anche se le operazioni erano sul conto personale del socio.
La Cassazione ha respinto il ricorso della società, confermando la linea dell’Agenzia delle Entrate affermando il seguente principio: "La riferibilità alla società di somme transitate sul conto personale del socio è giustificata quando quest’ultimo cumula in sé le cariche di socio unico e amministratore unico, situazione che genera un controllo totale e incondizionato sulla società stessa."
In sintesi per la Cassazione
- non è sufficiente dire che il conto è “personale” se il soggetto ha un controllo pieno sulla società;
- in queste condizioni, non c’è reale separazione patrimoniale tra persona fisica e società;
- le movimentazioni si presumono riferibili alla società, salvo prova contraria dettagliata e documentata (che nel caso non è stata fornita).
-
Vincita al gioco: serve prova analitica contro le presunzioni bancarie
Con l’ordinanza n. 18172/2025, la Cassazione ribadisce l’impianto rigoroso del regime probatorio nelle indagini finanziarie fondate sull’articolo 32 del Dpr n. 600/1973 e in particolare, non basta asserire che i movimenti bancari traggano origine da una vincita al Superenalotto per sottrarsi alle presunzioni di imponibilità, il contribuente deve fornire una prova piena, analitica e specifica per ogni operazione contestata, documentando non solo la fonte del denaro, ma anche la tracciabilità dei flussi.
Vincita al gioco: serve prova analitica contro le presunzioni bancarie
L’Agenzia delle entrate notificava ad un contribuente promotore finanziario, un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2006, contestando un maggior reddito imponibile ai fini Irpef, Iva e Irap.
L’accertamento si basava sulle risultanze di indagini bancarie, che avevano evidenziato movimentazioni sospette sui conti correnti del contribuente.
Il contribuente impugnava l’atto davanti alla Commissione tributaria provinciale sostenendo che le somme contestate non derivassero da redditi occultati, ma da una vincita al Superenalotto i cui proventi erano stati affidati a una parente che mano mano gli restituiva gli importi.
La CTP accoglieva il ricorso, annullando l’avviso ma ricorrrendo in appello alla Commissione tributaria regionale l'agenzia risultava in parte vincitrice poichè i giudici riducevano l'importo accertato ritenendo in parte provata la tesi difensiva.
L’Amministrazione finanziaria proponeva ricorso per Cassazione, con quattro motivi, tutti accolti dalla suprema Corte.
La Cassazione ha ritenuto contraddittoria e apparente la motivazione della CTR che da un lato ha riconosciuto l’insufficienza probatoria delle giustificazioni fornite dal contribuente, ma dall’altro ha comunque accolto in parte il ricorso.
In particolare, la Corte ha ribadito che per superare la presunzione di imponibilità delle somme versate sui conti correnti, il contribuente deve fornire prova puntuale e specifica della loro provenienza. Nel caso di vincite al gioco, ciò implica l’esibizione dello “scontrino” originale della giocata, non una generica attestazione bancaria.
Nel caso di specie la documentazione prodotta era priva di elementi essenziali mancando:
- il timbro di ricevuta,
- l’indicazione del soggetto che aveva presentato il titolo all’incasso
- la destinazione delle somme.
Inoltre, la parente indicava negava la vinvita ma sosteneva di aver ricevuto somme a titolo di restituzioni di un prestito personale.
La Corte ha inoltre censurato la decisione della CTR per aver considerato giustificati anche versamenti effettuati da soggetti terzi, mai invocati dal contribuente.
La Cassazione ha ribadito che, in base all’orientamento consolidato i redditi dei promotori finanziari devono essere qualificati come redditi d’impresa e la presunzione legale di imponibilità di cui all’articolo 32 del Dpr n. 600/1973 si applica non solo ai versamenti, ma anche ai prelevamenti non giustificati.
Dovendo quindi il contribuente dimostrare analiticamente la causale di ogni singola operazione bancaria.
L’ordinanza n. 18172/2025 in oggetto conferma l’orientamento della giurisprudenza di legittimità in materia di accertamenti bancari: in presenza di movimentazioni bancarie anomale, il contribuente deve fornire una prova precisa, documentata e coerente della loro natura non reddituale. Non sono sufficienti le mere dichiarazioni o attestazioni generiche per superare la presunzione legale di imponibilità.
-
Accessi fiscali: l’obbligo di motivazione dopo la sentenza CEDU 2025
Il Decreto Fiscale che ha terminato il suo iter di conversione in legge ed è atteso in GU con l’articolo 13-bis, introdotto in sede referente, obbliga a motivare nell’atto di autorizzazione e nel processo verbale le circostanze e le condizioni che giustificano un accesso ai fini di verifica fiscale, dopo la sentenza CEDU 2025, vediamo i dettagli.
Accessi fiscali: l’obbligo di motivazione dopo la sentenza CEDU 2025
L’introduzione dell’articolo 13-bis nello Statuto del contribuente (Legge n. 212/2000), nel corso dell'iter di conversione del DL Fiscale, rappresenta un’importante evoluzione nel sistema delle garanzie riconosciute ai contribuenti in caso di verifiche fiscali.
La novità normativa si pone in diretta risposta alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) che ha censurato la disciplina italiana per mancata tutela del diritto al rispetto del domicilio professionale.
In sintesi, ad essere contestato dalla Corte non è i la declinazione nei documenti di prassi e nelle pronunce giurisprudenziali delle norme sugli accessi per le verifiche fiscali.
Secondo la giurisprudenza consolidata non è necessario motivare l’autorizzazione per l’accesso ai locali commerciali e agli studi professionali, ritenendola un mero requisito procedurale
E' stato inoltre affermato che gli agenti della Guardia di Finanza, poiché membri delle forze dell’ordine, possano avere facoltà di accedere ai citati locali senza bisogno di autorizzazione scritta.
Basandosi sull’articolo 8 della Convenzione, che non distingue nella tutela del domicilio fra abitazione o sede dell’attività lavorativa, la CEDU ritiene che, anche mediante indicazioni di prassi amministrativa, la normativa dovrebbe indicare con nettezza le circostanze e le condizioni che autorizzano le
autorità ad accedere ai locali e ad effettuare verifiche in loco per evitare accessi indiscriminati.Inoltre, secondo la stessa pronuncia la normativa italiana dovrebbe garantire un controllo giurisdizionale effettivo su tali atti.
La nuova disposizione a breve in vigore, impone che sia nell’atto di autorizzazione che nel verbale di accesso, vengano esplicitamente indicate le circostanze e le condizioni che giustificano l’ingresso nei locali del contribuente (sedi professionali, commerciali, ecc.).
Ricordiamo che la normativa che riguarda gli accessi, le ispezioni e le verifiche per l’accertamento delle imposte e la repressione dell’evasione fiscale è contenuta nell’articolo 52 del d.P.R. n. 633 del 1972.
Si attende in GU il testo della norma contenuta nella legge di conversione del DL Fiscale appena approvato anche dal Senato.
-
ISA a fini statistici per chi ha aderito al CPB
La Circoalare n 11 del 18 luglio chirisce che non è possibile l'adeguamento Isa dopo il concordato per gli aderenti 2024-2025, vediamo maggiori dettagli dal contenuto del documento di prassi.
ISA a fini statistici per chi ha aderito al CPB
Gli aderenti al concordato preventivo biennale (Cpb) 2024-20225 hanno l'obbligo di presentazione del modello Isa solo ai fini statistici senza possibilità di indicare maggiori ricavi/compensi ai fini Isa.
La circolara evidenzia nell'ultima parte, tra gli altri chiarimenti che come per le precedenti annualità, anche per gli ISA in applicazione al periodo d’imposta 2024, si raccomanda di procedere sempre all’acquisizione dei dati resi disponibili dall’Agenzia delle entrate (cosiddette “variabili precalcolate”) e importarli nel software di compilazione degli ISA, ai fini della corretta applicazione degli stessi ISA.
Al riguardo, come da indicazioni fornite nei precedenti documenti di prassi appare utile ricordare che i contribuenti che risultano esclusi dalla applicazione degli ISA, ma che sono comunque tenuti alla presentazione del relativo modello, potranno esimersi dalla acquisizione di tali “variabili precalcolate” limitandosi a compilare i dati presenti nel modello stesso.
Si evidenzia, altresì, che tali indicazioni non si rendono applicabili nei confronti dei contribuenti che hanno aderito alla proposta di Concordato preventivo biennale (CPB) per i periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2024 e al 31 dicembre 2025 e che per dette annualità restano tenuti (vedi articolo 13 del decreto legislativo 12 febbraio 2024, n. 13):- a) agli ordinari obblighi contabili e dichiarativi;
- b) alla presentazione dei modelli ISA.
Per tali contribuenti, ancorché rilevi l’esclusione dall’applicazione degli ISA e l’obbligo di sola presentazione del modello, sarà comunque necessario
procedere all’acquisizione dei dati precalcolati, resi disponibili dall’Agenzia delle entrate, al fine di consentire la corretta costruzione della base dati degli ISA che saranno applicati nelle annualità successive.
La corretta determinazione di detta base dati garantirà anche l’adeguata costruzione della metodologia del CPB, sulla base della quale saranno formulate
le proposte di concordato per le successive annualità di applicazione dell’istituto.
-
Regime opzionale TCF: regole dal MEF
Pubblicato in GU n 164 del 17 lluglio il Decreto 9 luglio MEF per il TCF Tax Control Framework opzionale.
In particolare, il Decreto reca modalità applicative delle disposizioni di cui all'articolo 7-bis del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, recante la disciplina del regime opzionale di adozione del sistema di controllo del rischio fiscale
Ricordiamo che il decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 221, attuativo della legge delega per la riforma fiscale ha apportato consistenti modifiche al regime dell’adempimento collaborativo, istituito dal decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, «al fine di promuovere l’adozione di forme di comunicazione e di cooperazione rafforzate basate sul reciproco affidamento tra amministrazione finanziaria e contribuenti, nonché di favorire nel comune interesse la prevenzione e la risoluzione delle controversie in materia fiscale».
Il regime è destinato a soggetti in possesso di determinati requisiti, afferenti a particolari soglie di ricavi o ad altre condizioni, che si dotano di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, inteso come il rischio di operare in violazione di norme di natura tributaria ovvero di agire in contrasto con i principi o con le finalità dell’ordinamento tributario.
Il decreto legislativo n. 221 del 2023 ha introdotto nell’articolato del decreto legislativo n. 128 del 2015, l’articolo 7-bis, rubricato «Regime opzionale di adozione del sistema di controllo del rischio fiscale», col quale si prevede che anche i contribuenti che non possiedono i requisiti per aderire al regime di adempimento collaborativo, possono optare per l’adozione di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, dandone apposita comunicazione all’Agenzia delle entrate.
Alla predisposizione di tale sistema, come illustrato nel comma 2 dell’articolo 7-bis, le cui disposizioni sono state modificate e rese ancora più favorevoli dal decreto legislativo 5 agosto 2024, n. 108, sono collegati effetti “premiali” consistenti nella mancata irrogazione delle sanzioni amministrative e penali per le violazioni tributarie relative a rischi di natura fiscale comunicati con apposita istanza di interpello prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali o prima del decorso delle relative scadenze fiscali, sempre che il comportamento tenuto dal contribuente corrisponda a quello rappresentato in occasione dell’interpello e che il contribuente non abbia posto in essere violazioni tributarie caratterizzate da condotte simulatorie o fraudolente.
Ai fini dell’attuazione delle disposizioni dell’articolo 7-bis e del regime opzionale di adozione del sistema di controllo fiscale, il comma 3 dell’articolo 7-bis demanda a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la disciplina delle specifiche modalità di applicazione, ora pubblicato in data 9 luglio.Vediamo i principali contenuti.
Per tutte le regole di adesione leggi anche: Adempimento collaborativo: requisiti e adempimenti per la certificazione
Regime opzionale TCF: regole dal MEF
Il Decreto 9 luglio per il TCF Tax Control Framework è un ulteriore passo verso l’obiettivo di diffondere la cultura della cooperative compliance a tutti i livelli.
Ricordiamo che i soggetti che possono entrare nel regime in base ai requisiti dimensionali sono attualmente i soggetti con volume d’affari o ricavi pari a 750 milioni di euro, limite che si abbassa a 500 milioni a decorrere dal 2026 e poi addirittura a 100 milioni a decorrere dal 2028.
L'articolo 7-bis del Dlgs 128/15 su citato ha previsto un regime opzionale, per quei soggetti che si possono definire minori.
Le disposizioni attuative di tale regime opzionale erano previste dal comma 3 in base a un decreto dell’Economia, ora pubblicato.
Si evidenziia che l’esercizio dell’opzione per il TCF prevede il possesso della seguente documentazione:
- documento descrittivo dell’attività svolta dall’impresa;
- strategia fiscale regolarmente approvata dagli organi di gestione in data anteriore all’esercizio dell’opzione;
- documento descrittivo del sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale adottato e delle sue modalità di funzionamento;
- mappa dei processi aziendali;
- mappa dei rischi fiscali, anche in ordine alla mappatura di quelli derivanti dai principi contabili, individuati dal sistema di controllo del rischio fiscale dal momento della sua implementazione e dei controlli previsti;
- certificazione del sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale in base all’articolo 4, comma 1-bis, del Dlgs 128/2015 redatta conformemente alle disposizioni contenute nel regolamento di cui all’articolo 4 comma 1-ter del medesimo decreto legislativo.
Esercitando l’opzione il contribuente si impegna a istituire e mantenere un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale che deve essere certificato, anche in ordine alla sua conformità ai principi contabili, da parte di professionisti indipendenti in coerenza con le linee guida previste dall’articolo 4, comma 1-quater.
Attenzione al fatto che se nel periodo di vigenza dell’opzione si verificheranno modifiche organizzative tali da richiedere un aggiornamento di tale sistema, andrà prodotta una nuova certificazione aggiornata.
L’opzione viene comunicata telematicamente alle Entrate con un apposito modello approvato delle Entrate stesse. L’opzione si considera valida se è allegata tutta la documentazione in precedenza illustrata.
Il Tcf opzionale garantisce al contribuente gli effetti premiali dall’inizio del periodo d’imposta in cui è effettuata la comunicazione.
E' bene evidenziare che l’opzione esercitata è irrevocabile e il regime opzionale ha una durata di due periodi d’imposta, tacitamente prorogato per altri due periodi d’imposta al termine, salvo revoca espressa da parte del contribuente.
Per tutte le altre regole si rimanda al decreto 9 luglio.