• Accertamento e controlli

    Controlli formali dichiarazione: codici tributo per pagare

    Con Risoluzione ADE n 5 del 24 gennaio vengono istituiti i codici tributo per pagare le somme derivanti dai controlli ADE ex art 36 bis del DPR 633/73.

    Controlli formali dichiarazione: codici tributo per adempiere

    Al fine di consentire il versamento, con le modalità di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, tramite i modelli F24 e F24 Enti pubblici (F24 EP), delle somme dovute a seguito delle comunicazioni inviate ai sensi dell’articolo 36-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, si istituiscono i codici tributo da consultare in dettaglio nella Risoluzione n 5/2025.

    Attenzione al fatto che i suddetti codici di nuova istituzione sono utilizzabili nell’eventualità in cui il contribuente, destinatario della comunicazione inviata ai sensi dell’articolo 36-bis del D.P.R. n. 600/1973 (controlli formali) non intenda versare l’importo complessivamente richiesto, riportato nel modello di pagamento F24 precompilato allegato alla comunicazione, ma ne intenda versare solo una quota. 

    Per agevolare i contribuenti a individuare l’esatta codifica, si riportano nella tabella, in corrispondenza dei codici tributo di nuova istituzione (seconda colonna), i codici tributo già istituiti (terza colonna), utilizzati per il versamento spontaneo.

    Le istruzioni riportate dall'Agenzia evidenziano che in caso di utilizzo del modello F24 ordinario, i codici istituiti sono esposti nella sezione “Erario”, esclusivamente in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, riportando anche, nei campi specificamente denominati, il codice atto e l’anno di riferimento (nel formato “AAAA”) reperibili all’interno della comunicazione inviata ai sensi dell’articolo 36-bis del D.P.R. n. 600/1973.

    In caso di utilizzo del modello F24 EP, i codici istituiti sono esposti in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”. Il campo “sezione” è valorizzato con “Erario” (valore F); il campo “codice atto” e il campo “riferimento B” sono valorizzati con il codice atto e l’anno di riferimento, nel formato “AAAA”, reperibili all’interno della stessa comunicazione. 

    Ricordiamo che il suddetto art 36 bis ai commi 1 e 2 recita testualmente che:

    • avvalendosi di procedure automatizzate, l'amministrazione finanziaria procede, entro l'inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all'anno successivo, alla liquidazione delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti, nonché dei rimborsi spettanti in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d'imposta. 
    • sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e di quelli in possesso dell'anagrafe tributaria, l'Amministrazione finanziaria provvede a:
      • a) correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nella determinazione degli imponibili, delle imposte, dei contributi e dei premi
      • b) correggere gli errori materiali commessi dai contribuenti nel riporto delle eccedenze delle imposte, dei contributi e dei premi risultanti dalle precedenti dichiarazioni;
      • c) ridurre le detrazioni d'imposta indicate in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalle dichiarazioni;
      • d) ridurre le deduzioni dal reddito esposte in misura superiore a quella prevista dalla legge;
      • e) ridurre i crediti d'imposta esposti in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalle dichiarazione;
      • f) controllare la rispondenza con la dichiarazione e la tempestività dei versamenti delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti a titolo di acconto e di saldo e delle ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d'imposta.

    Allegati:
  • Accertamento e controlli

    Adempimento collaborativo: le linee guida per obblighi e certificazioni

    L’articolo 3 del decreto legislativo 5 agosto 2015 n. 128 ha introdotto nell’ordinamento il regime di adempimento collaborativo al fine di promuovere forme di comunicazione e di cooperazione rafforzata tra l’Amministrazione finanziaria e i contribuenti dotati di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale (c.d. “TCF”).

    Con Provvedimento del 10.01.2025 n. 5320, l'Agenzia delle Entrate ha pubblicato le le linee guida per la redazione del documento che disciplina il sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale (c.d. Tax Compliance Model – TCM) e per la compilazione della “Mappa dei Rischi e dei Controlli Fiscali” dei contribuenti appartenenti al settore industriale, oltre a fornire specifiche indicazioni sui controlli e gli adempimenti che ci si attende vengano posti in essere per la certificazione del TCF.

    Scarica il testo del Provvedimento e Allegati:

    • Linee guida per la redazione del documento che disciplina il sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale (c.d. Tax Compliance Model – TCM) e per la certificazione del sistema
    • Allegato 1 – Linee Guida TCF
    • Allegato 2 – Linee Guida TCF 
    • Linee guida per la compilazione della Mappa dei Rischi e dei Controlli Fiscali dei contribuenti del settore industriale
    • Mappa dei rischi 

    Ricordiamo che il regime di adempimento collaborativo comporta l’assunzione di impegni sia per l’Agenzia delle entrate sia per i contribuenti ammessi e risponde ad esigenze di certezza e di stabilità nell’applicazione della norma tributaria e di riduzione del contenzioso.

    In tale contesto, la legge 9 agosto 2023, n. 111 (Delega al Governo per la riforma fiscale), in un quadro più generale di misure volte a incentivare l’adempimento spontaneo dei contribuenti, ha inteso potenziare il regime di adempimento collaborativo con interventi mirati ad ampliare la platea dei contribuenti eleggibili e a rafforzare ulteriormente gli effetti premiali dell’istituto.

    Le previsioni della legge delega sono state attuate con il decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 221, e con decreto legislativo 5 agosto 2024, n. 108 mediante i quali sono state apportate significative modifiche alla disciplina originaria dell’istituto, ponendo, così, le basi per una nuova fase di sviluppo del regime.

    Tax Compliance Model (TCM): linee guida per la predisposizione

    Le Linee guida per la redazione del documento che disciplina il sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale (c.d. Tax Compliance Model – TCM) e per la certificazione del sistema sono rivolte, in primo luogo, alle imprese che, essendo in possesso dei requisiti soggettivi previsti per l’ammissione al Regime di adempimento collaborativo, intendono fare richiesta di adesione.

    Il presente documento si rivolge, anche, ai contribuenti che pur non essendo in possesso dei requisiti per aderire al Regime, intendono optare per l’adozione di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale che abbia i requisiti, dandone apposita comunicazione all’Agenzia delle entrate.

    Inoltre, per la sola parte relativa alle certificazioni, le presenti Linee Guida si rivolgono ai professionisti indipendenti, di cui all’articolo 4, comma 1-ter, del d.lgs.128/2015 che operano ai fini del rilascio della certificazione del sistema di controllo del rischio fiscale o dell’attestazione della sua efficacia operativa, per gli usi consentiti dalla legge.

    Il presente documento fornisce indicazioni operative sui contenuti e sulle modalità di redazione del Tax Compliance Model (TCM), ossia il documento
    che definisce le modalità di gestione del processo di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale
    , nonché sui controlli e gli adempimenti che ci si attende vengano posti in essere per la certificazione del TCF.

    Sono definiti, in termini generali, i cd. Pilastri del TCF declinando le quattro aree di funzionamento cui si riconducono i building blocks del sistema di controllo del rischio fiscale. Vengono, quindi, riportati in maniera puntuale, i paragrafi e sottoparagrafi che il documento descrittivo del sistema di controllo (TCM) dovrebbe presentare, oltre a una proposta di contenuto minimo standard degli stessi.

    In tale contesto, mediante l’utilizzo di parentesi quadre verranno fornite indicazioni di carattere generale sul contenuto di ciascun paragrafo nonché ulteriori precisazioni e indicazioni relative alla costruzione del Tax Control Framework e alla redazione del documento.

    Infine, negli ultimi paragrafi vengono descritte le metodologie di valutazione del Tax Control Framework, da utilizzare, rispettivamente, ai fini della certificazione prevista dall’articolo 4, comma 1-bis, del decreto e ai fini dell’attestazione dell’efficacia operativa del TCF prevista dall’articolo 1, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 221, come modificato dal decreto correttivo.

    Mappa dei rischi e dei controlli fiscali (RCM): linee guida di compilazione

    Il Provvedimento del 14 aprile 2016 (al punto 4.5) prevede che la domanda di accesso al regime di adempimento collaborativo debba essere corredata da alcuni documenti essenziali tra cui:

    • la “mappa dei processi aziendali” 
    • e la “mappa dei rischi fiscali individuati dal sistema di controllo del rischio fiscale dal momento della sua implementazione e dei controlli previsti”.

    La Circolare n. 38/2016 ha specificato che la suddetta mappa dei rischi fiscali è “normalmente redatta per processo aziendale e per ogni attività di cui questo si compone, ne evidenzia gli eventuali rischi, la rilevanza degli stessi ai fini del raggiungimento degli obiettivi aziendali, nonché i controlli posti a presidio degli stessi” (RCM).

    Con le presenti Linee guida per la compilazione della MAPPA DEI RISCHI E DEI CONTROLLI FISCALI dei contribuenti del settore industriale si intende, quindi, fornire le istruzioni per la costruzione della Risk and control matrix standardizzata (RCMs) e si riferiscono, in particolare, alle imprese operanti nel settore industriale.

    Ulteriori e separate istruzioni saranno fornite con riferimento ad altri settori economici (ad esempio assicurativo e bancario).

    I processi, le attività e i rischi fiscali standard individuati nell’ambito della RCMs sono quelli “minimi” ordinariamente e generalmente riscontrabili nell’operatività delle imprese operanti nel settore industriale. Essi dovranno necessariamente essere inclusi nella Mappa anche qualora non riscontrabili in concreto in capo all’impresa. In quest’ultimo caso il contribuente non sarà tenuto alla compilazione degli ulteriori dati richiesti nella Mappa ma dovrà limitarsi ad esplicitare nel campo “Note” l’assenza dello specifico processo/attività/rischio. 

    Resta fermo a carico delle imprese che intendono aderire al Regime l’obbligo di integrare l’alberatura dei processi e dei relativi rischi “minimi” con gli ulteriori rischi/processi/attività caratterizzanti l’organizzazione interna di ciascuna di esse. Ciò anche al fine di ottemperare a quanto sopra indicato in merito alla necessità di procedere alla “mappatura” dei rischi fiscali “derivanti dai principi contabili applicati dal contribuente”.

    Allegati:
  • Accertamento e controlli

    Assenza di inventario: legittimo l’accertamento induttivo

    Con l'Ordinanza n. 25744 del 26 settembre 2024 la Cassazione ha evidenziato che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’inventario non indichi e valorizzi le rimanenze con raggruppamento per categorie omogenee, si ostacola l’analisi contabile del Fisco e da ciò deriva l’incompletezza e l’inattendibilità delle scritture contabili, che giustificano anche l’accertamento induttivo ex art. 39, comma 2, lett. d), del medesimo d.P.R. e il ricorso alle presunzioni supersemplici, ossia prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.
    Vediamo il caso di specie.

    Assenza di inventario: legittimo l’accertamento induttivo

    Con atto di accertamento l'Agenzia delle Entrate accertava nei confronti di una Srl, ai fini Ires maggiori ricavi e minori costi indebitamente dedotti con un reddito imponibile di Euro 110.335,00 in luogo del reddito dichiarato; ai fini Irap, previa rettifica del valore della produzione, una maggiore imposta; ai fini Iva, previa rettifica del volume di affari, una maggiore imposta.

    L'Agenzia delle Entrate applicava le sanzioni per irregolare tenuta della contabilità nonché per la presentazione di dichiarazione infedele ai fini Ires, Irap e Iva.

    La società impugnava l'atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale contestando gli addebiti circa la regolare tenuta della contabilità, l'emissione di fatture senza corrispettivo, l'accertamento induttivo dei ricavi e le modalità di calcolo applicate dall'Agenzia delle Entrate.

    La CTP accoglieva parzialmente il ricorso dichiarando illegittimo l'accertamento relativamente alla ripresa a tassazione dei costi dichiarati indeducibili e rigettava nel resto confermando l'accertamento impugnato.

    La Srl impugnava la sentenza innanzi alla CTR che respingeva l'impugnazione e condannava la società contribuente alle spese di giudizio. Avverso a tale pronuncia della CTR la Srl, ha proposto ricorso per Cassazione con due motivi.

    Con il primo motivo di ricorso la Srl deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 39 e 41-bis del D.P.R. 29-09-1973, n. 600 in relazione all'articolo 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.

    In particolare, la parte ricorrente critica la sentenza impugnata perché sarebbe affetta da errore di diritto per avere il giudice di appello ritenuto sussistenti i presupposti per l'accertamento induttivo dei ricavi in ragione della totale inaffidabilità delle c.d. liste inventariali, anche se le stesse non erano obbligatorie per l'impresa e anche se gli errori e le omissioni della contabilità dovevano ritenersi scusabili e nei limiti della tollerabilità.

    La Cassazione evidenzia che il motivo è inammissibile nella parte in cui sollecita la Corte a una nuova valutazione del materiale istruttorio, già condotta dalla sentenza impugnata in modo coerente ed intellegibile, ed è comunque infondato nella misura in cui non si ravvisano errori di diritto nel ragionamento svolto dal giudice di merito.

    La sentenza rileva come l'accertamento abbia evidenziato una serie di fatture prive degli importi ricevuti per le prestazioni effettuate e come tale anomalia sia in grado, unitamente all'assenza di liste inventariali necessarie per gli eventuali riscontri, a far concludere per la inaffidabilità della contabilità e per la sussistenza del presupposto dell'accertamento induttivo. 

    La motivazione circa le evidenze probatorie è esente da vizi e trova fondamento nei principi di diritto più volte affermati dalla Cassazione nella specifica materia: si consideri, infatti, che "in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l'inventario ometta di indicare e valorizzare le rimanenze con raggruppamento per categorie omogenee, in violazione dell'art. 15 , comma 2, del D.P.R. n. 600 del 1973 , si determina un ostacolo nell'analisi contabile del fisco sicché ne discendono l'incompletezza e l'inattendibilità delle scritture contabili, che giustificano anche l'accertamento induttivo puro ex art. 39, comma 2, lett. d), del medesimo D.P.R. e il ricorso alle presunzioni cc.dd. supersemplici, ossia prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. Pertanto, ove il contribuente non abbia assolto – già in sede di accesso, ispezione o verifica – l'onere di mettere a disposizione degli accertatori le distinte che sono servite per la compilazione dell'inventario, egli è tenuto ad esibirle, al più tardi, in sede contenziosa, onde consentire al giudice di merito, ferma la legittimità del metodo dell'accertamento, di valutarne l'attendibilità" (Cass. 17-06-2021, n. 17244)

    Più recentemente e circa i presupposti per l'accertamento induttivo, la Cassazione ha richiamato il principio secondo il quale: "in tema di accertamento delle imposte sui redditi, il giudizio di complessiva o intrinseca inattendibilità delle scritture contabili, ancorché formalmente corrette, costituisce il presupposto per procedere con il metodo analitico-induttivo, che consente valutazioni sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, ai sensi dell'art. 39 , comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 600 del 1973, ma anche quello per procedere con l'accertamento induttivo "puro", fondato su presunzioni cd. supersemplici, prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, in presenza di una delle tassative condizioni previste dallo stesso art. 39, comma 2, il quale, inoltre, costituendo una facoltà per l'Amministrazione, può prescindere anche solo in parte dalle scritture contabili e dal bilancio e non richiede alcuna specifica motivazione per l'utilizzazione di dati indicati in contabilità o in dichiarazione o comunque provenienti dallo stesso contribuente, anche a fronte di un giudizio di complessiva inattendibilità della contabilità, nel rispetto di una ricostruzione operata sempre secondo criteri di ragionevolezza e nel rispetto del parametro costituzionale della capacità contributiva" (Cass. 13-06-2024, n. 16528).

    La Cassazione ha aggiunto che il ragionamento condotto nell'atto di accertamento, e convalidato nella sentenza di merito, è conforme al principio enunciato da questa Corte, secondo il quale: "in tema di accertamento analitico induttivo ex art. 39 , comma 1, lett. d) del D.P.R. n. 600 del 1973 , le percentuali di ricarico, accertate con riferimento ad un determinato anno fiscale, costituiscono validi elementi indiziari, da utilizzare secondo i criteri di razionalità e prudenza, per ricostruire i dati corrispondenti relativi ad anni precedenti o successivi, atteso che, in base all'esperienza, non si tratta di una variabile occasionale, per cui incombe sul contribuente, anche in virtù del principio di vicinanza della prova, l'onere di dimostrare i mutamenti del mercato o della propria attività che possano giustificare in altri periodi l'applicazione di percentuali diverse" (Cass. 29.12.2016, n. 27330).

    Tale principio, applicabile, anche a condotte contabili del tutto anomale ed antieconomiche come quelle ravvisate nell'accertamento in questione, vale a privare di fondatezza la doglianza e a rendere del tutto condivisibile la conclusione raggiunta dalla sentenza impugnata circa la plausibilità dell'accertamento in difetto di prove contrarie e convincenti offerte dal contribuente circa diverse e più regolari prassi contabili seguite dall'impresa negli anni immediatamente precedenti.

    Con il secondo profilo di doglianza la società ricorrente critica la sentenza impugnata per aver ritenuto di "non accogliere la censura espressa in merito alla mancanza dei presupposti, ai fini applicativi, della ricostruzione dei ricavi" conducendo il ragionamento in base all'art. 39 del D.P.R. 600-1973 mentre la motivazione dell'avviso di accertamento non conteneva alcuna indicazione circa tale disposizione ma solo il riferimento all'art. 41-bis del D.P.R. 600-1973, sicché sarebbe fallace l'individuazione dei presupposti per l'accertamento induttivo.

    La doglianza è infondata secondo il seguente principio: "l'accertamento parziale non costituisce un metodo di accertamento autonomo rispetto a quello previsto dagli artt. 38 e 39 del D.P.R. n. 600 del 1973 e 54 e 55 del D.P.R. n.633 del 1972, bensì una modalità procedurale che ne segue le medesime regole, sicché il relativo oggetto non è circoscritto ad alcune categorie di redditi e la prova può essere raggiunta anche in via presuntiva: ne deriva che non assume rilievo alcuno il fatto che nel relativo avviso ci si riferisca erroneamente al predetto art. 39 anziché all'art. 41-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 (Cass. 04-04-2018, n. 8406).

    Inoltre è dedotta dalla SRL l'illegittimità delle sanzioni irrogate con riferimento al principio del favor rei e al combinato disposto dell'art. 3, comma 3, D.Lgs. 18-12-1997, n. 472 e del D.Lgs. 24-09-2015, n. 158, con conseguente violazione dello jus superveniens in relazione all'art. 360 , primo comma, n. 3), cod. proc. civ.

    La Cassazione ha accolto il rilievo e in applicazione del principio del trattamento sanzionatorio più favorevole al contribuente, la sopravvenuta revisione del sistema sanzionatorio tributario, è applicabile retroattivamente alla condizione, ricorrente nel caso in esame, che il processo sia ancora in corso con la conseguente non definitività della parte sanzionatoria del provvedimento impugnato.

    In conclusione, il ricorso va rigettato quanto al primo motivo e accolto quanto al secondo motivo; la sentenza impugnata deve essere cassata quanto alla conferma della irrogazione delle sanzioni contenute nell'avviso, con rinvio alla Commissione tributaria regionale competente, in diversa composizione, per le necessarie valutazioni di merito ai fini della determinazione delle sanzioni in conformità alla nuova cornice edittale prevista dalla normativa sopravvenuta.

  • Accertamento e controlli

    CPB tardivo: chiarimenti ADE per gli acconti

    Con 4 faq datate 9 dicembre le Entrate forniscono risposte ai dubbi dell'ultimo momento sulla adesione tardiva al CPB Concordato preventivo biennale.

    Relativamente alla adesione tardiva, che può avvenire a certe condizioni, entro il prossimo 12 dicembre, vediamo un chiarimento sul pagamento degli acconti di imposta.

    Veniva domando quanto segue: "per i contribuenti ISA che aderiscono al CPB entro il 12 dicembre 2024, restano valide le regole ordinarie per il versamento degli acconti, comprensivi delle maggiorazioni, stabilite dal comma 2 dell’art. 20 del decreto CPB, in base al quale “le maggiorazioni di cui al comma, lettere a) e b), sono versate entro il termine previsto per il versamento della seconda o unica rata dell’acconto?".

    L'Amministrazione conferma che, in via generale, restano applicabili le regole ordinarie stabilite dall’articolo 20, comma 2, del decreto Cpb, ma specifica che la violazione per l’omesso o tardivo versamento è ravvisabile se il pagamento avviene oltre il giorno di adesione all’accordo. Le violazioni, inoltre, possono essere sanate tramite ravvedimento operoso.

    CPB tardivo: chiarimenti ADE per gli acconti con FAQ del 9.12

    Le Entrate hanno chiarito che, anche per i contribuenti ISA che aderiscono al CPB entro il 12 dicembre 2024 e ai quali non si applica il differimento al 16 gennaio 2025 della seconda rata di acconto delle imposte dirette disposto con emendamento recentemente approvato in sede di conversione del decreto-legge 19 ottobre 2024, n. 185, restano applicabili le regole ordinarie per il versamento degli acconti stabilite dal comma 2 dell’articolo 20 del decreto CPB.

    Tuttavia, considerato che la maggiorazione dell’acconto prevista dall’articolo 20, comma 2, richiede l’adesione al CPB, si ritiene che, ove alla data del 2 dicembre, non fosse stata ancora manifestata la predetta adesione, non sia ravvisabile alcuna violazione.

    Di conseguenza, la violazione riferita al versamento della maggiorazione dell’acconto prevista dall’articolo 20, comma 2, è ravvisabile nell’ipotesi in cui il pagamento avvenga oltre il giorno in cui viene manifestata l’adesione al CPB.

    Resta inteso che il pagamento della seconda rata dell’acconto, da calcolare in base alle modalità ordinarie, deve essere avvenuto entro il 2 dicembre, salvo che non sia possibile fruire del ricordato differimento al prossimo 16 gennaio.

    Va da sé, aggiunge l'Agenzia che, l’omesso o tardivo pagamento sia della seconda rata d’acconto che della maggiorazione prevista dal richiamato articolo 20, comma 2, del decreto CPB possono essere regolarizzati mediante il pagamento delle relative sanzioni (articolo 13 del decreto-legislativo 18 dicembre 1997, n. 471) e interessi.

    A tal riguardo, il contribuente può avvalersi del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del decreto-legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. 

    Di seguito sono indicati i codici tributo per il versamento, tramite modello F24, della maggiorazione e degli eventuali interessi e sanzioni da ravvedimento come riportate nella FAQ n 4 ADE:

    Fonte Agenzia delle entrate

  • Accertamento e controlli

    Cassetto fiscale: nuove funzionalità dal 20.11 anche per i professionisti

    Con il Provvedimento n. 419815 del 19.11 le Entrate pubblicano le regole per la consultazione dal 20 novembre all’interno del Cassetto fiscale degli avvisi bonari.

    E' bene evidenziare che anche i professionisti delegati potranno accedere alle nuove funzionalità di pagamento diretto online degli avvisi bonari tramite il cassetto fiscale.

    Leggi anche Cassetto fiscale: implementato dalla Riforma Fiscale

    Cassetto fiscale: dal 20.11 disponibili le comunicazioni sui controlli

    Il provvedimento, emanato ai sensi del comma 3 dell’articolo 23 del decreto legislativo 8 gennaio 2024, n. 1, disciplina l’attivazione delle funzionalità che permettono, al contribuente e al suo professionista di fiducia, di consultare e gestire, in un’unica sezione della propria area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate, le comunicazioni degli esiti dei controlli effettuati ai sensi degli articoli 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.633.
    Attenzione al fatto che, le comunicazioni sono rese disponibili nella sezione “L’Agenzia scrive” del Cassetto fiscale; nella stessa area il contribuente può effettuare il pagamento delle somme dovute oppure richiedere assistenza.
    Tali funzionalità arricchiscono il contenuto informativo del Cassetto fiscale, in conformità con quanto previsto dall’articolo 16, comma 1, lett. i) e l), della legge 9 agosto 2023, n. 111 e dall’articolo 23 del decreto legislativo 8 gennaio 2024, n. 1, al fine di favorire il corretto adempimento degli obblighi tributari e promuovere la compliance, tramite lo sviluppo di nuovi servizi web rivolti ai cittadini e l’ampliamento dei contenuti presenti all’interno del Cassetto fiscale.

    La disponibilità del documento è comunicata mediante notifica nell’area riservata e, se il destinatario è una persona fisica, anche mediante un messaggio trasmesso tramite il punto di accesso telematico attivato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ex art. 64-bis del DLgs. 82/2005 (app IO).

    La comunicazione è messa a disposizione dopo la sua consegna: se non è visualizzata, è consultabile previo inserimento dei relativi dati identificativi della stessa.

    Infine, dal provvedimento si intuisce che sarà possibile solo il pagamento in unica soluzione: per la gestione di eventuali rateazioni (fino a 20 rate trimestrali ai sensi del Dpr 462/97) si dovrà seguire il percorso tradizionale. 

    Allegati:
  • Accertamento e controlli

    Adesione al CPB entro il 12.12: acconti d’imposta ravvedibili

    Il Dl n 167/2024 pubblicato in GU del 14 novembre consente di aderire tardivamente al CPB.

    A tal proposito occorre ricordare che, il termine ordinario per l'adesione da parte dei soggetti ISA al patto col fisco è scaduto il 31 ottobre, ma il DL in questione ha riaperto a certe condizioni, la possibilità di aderire ancora entro il giorno 12 dicembre.

    Considerato che entro il 30 novembre, ovvero entro il 2 dicembre poichè il 30.11 cadrà di sabato, occorre versare il secondo acconto di imposta 2024, i soggetti che aderiscono al CPB dopo tale data, dovranno ravvedere gli acconti delle imposte 2024. Vediamo maggiori dettagli.

    Adesione al CPB entro il 12.12: acconti d’imposta ravvedibili

    Entro il 12 dicembre è possibile aderire al CPB secondo quanto stabilito dal DL n 167/2024 di riapetura dei termini.

    In base a ciò, chi dovesse aderire, dal 3 al 12 dicembre, dovrà corrispondere gli acconti come versamento tardivo, da ridurre con ravvedimento operoso.

    In tal caso, si pagherà in base a quanto previsto dall'art 20 del Dlgs n 13/2024 con sanzione per tardivo versamento con ravvedimento operoso.

    Ricordiamo che sul ravvedimento sono in vigore dal 1° settembre le nuove norme previste dal Dlgs n 87/2024.

    In base alle novità, per i ritardi non superiori a 90 giorni la sanzione del 25% si riduce al 12,50 per cento.

    Inoltre, con pagamento tardivo non superiore a 15 giorni, la misura del 12,50% si riduce ulteriormente a un importo pari a un quindicesimo per ogni giorno di ritardo, e in aggiunta gli interessi legali.

    Per quanto quidi di utilità ricordiamo che il citato art 20 recita che "

    L'acconto delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive relativo ai periodi d'imposta oggetto del concordato è determinato secondo le regole ordinarie tenendo conto dei redditi e del valore della produzione netta concordati.

    2. Per il primo periodo d'imposta di adesione al concordato:
     
    a) se l'acconto delle imposte sui redditi è determinato sulla base dell'imposta relativa al periodo precedente, è dovuta una maggiorazione di importo pari al 10 per cento della differenza, se positiva, tra il reddito concordato e quello di impresa o di lavoro autonomo dichiarato per il periodo precedente, rettificato secondo quanto previsto dagli articoli 15 e 16;

    b) se l'acconto dell'imposta regionale sulle attività produttive è determinato sulla base dell'imposta relativa al periodo precedente, è dovuta una maggiorazione di importo pari al 3 per cento della differenza, se positiva, tra il valore della produzione netta concordato e quello dichiarato per il periodo precedente, rettificato secondo quanto previsto dall'articolo 17;

    c) se l'acconto è determinato sulla base dell'imposta relativa al periodo in corso, la seconda rata di acconto è calcolata come differenza tra l'acconto complessivamente dovuto in base al reddito e al valore della produzione netta concordato e quanto versato con la prima rata calcolata secondo le regole ordinarie.

    3. Le maggiorazioni di cui al comma 2, lettere a) e b), sono versate entro il termine previsto per il versamento della seconda o unica rata dell'acconto.

  • Accertamento e controlli

    Saldo di cassa negativo e accertamento induttivo

    La recente ordinanza della Corte di Cassazione numero 25750 del 26 settembre 2024 prende in esame l’incresciosa situazione in cui dalla contabilità del contribuente risulti un saldo di cassa negativo.

    Non è la prima volta che la Corte di Cassazione esamina una situazione del genere, tra le deliberazioni più recenti si ricorda anche la numero 7538 del 26 marzo 2020.

    Sul fatto va segnalato che la Corte di Cassazione pone l’accento sulla gravità della situazione; infatti, se il saldo di cassa in rosso risulti acclarato, secondo la Corte, già solo questo è situazione sufficiente per giustificare un accertamento induttivo.

    Infatti, la sussistenza di un saldo di cassa negativo implica che le voci di spesa sono superiori agli introiti registrati; questo, oltre a costituire una evidente anomalia contabile, fa presumere l’esistenza di ricavi non contabilizzati, in misura pari almeno al disavanzo.  

    Tale situazione, secondo la Corte di Cassazione è sufficiente a legittimare un accertamento induttivo del reddito di d’impresa, ex articolo 39 del DPR 600/1973 e articolo 54 del DPR 633/1972, rispettivamente per imposte sui redditi e IVA.

    Sulla questione l’ordinanza numero 25750/2024 richiama il principio di diritto già emanato nel 2020 dall’ordinanza numero 7538.

    L’inversione dell’onere della prova

    La medesima ordinanza 25750/2024 analizza anche il collegato problema dell’onere della prova.

    Secondo la Corte di Cassazione, infatti, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio a carico dell’ente è soddisfatto proprio dalla presenza dei documenti relativi ai suddetti conti.

    Invece, per quanto riguarda il contribuente, si determina un’inversione dell’onere della prova, che diviene a suo carico: sarà il contribuente a dover dimostrare che gli elementi risultanti dalla documentazione bancaria non sono riferibili  a operazioni imponibili

    Dovendo anche fornire, a riguardo, una prova non generica, ma analitica con riferimento a ogni specifico movimento bancario per il quale si vuole dimostrare la non imponibilità fiscale.

    Sul punto l’ordinanza numero 25750/2024 richiama quanto di recente già enunciato sempre dalla Corte di Cassazione con la deliberazione numero 2928 del 29 gennaio 2024.