• Dichiarazione Redditi Persone Fisiche

    Flat tax 5% straordinari infermieri: nuovi chiarimenti

    Per i datori di lavoro delle aziende ed enti  del Servizio sanitario nazionale e per i consulenti, la corretta qualificazione delle voci retributive è decisiva per applicare in modo coerente la tassazione agevolata sui compensi di lavoro straordinario del personale infermieristico. 

    Sul punto, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta  nuovamente con la risposta n. 308/2025, che rettifica un precedente chiarimento (risposta n. 272 pubblicata il 27 ottobre 2025) e individua con maggiore precisione quali prestazioni rientrino nel perimetro dell’imposta sostitutiva al 5 per cento. 

    In particolare la risposta n. 308/2025 estende l’aliquota alle chiamate in pronta disponibilità e la esclude per le attività elettorali.

    Con Risposta a interpello n 139 del 20 maggio le Entrate avevano  chiarito invece  l'applicabilità dell’imposta sostitutiva del 5% per gli straordinari degli infermieri introdotta dalla legge di bilancio 2025 in relazione a personale di inquadramento universitario

    Il caso: quale imposta su ore di reperibilita e in sedi elettorali ?

    Il quesito origina dall’istanza presentata da un’azienda sanitaria, che chiede se l’aliquota agevolata possa applicarsi anche a: (i) le ore di pronta disponibilità (reperibilità) quando la chiamata comporta effettiva prestazione lavorativa, e (ii) le prestazioni svolte in sede elettorale retribuite come straordinario. 

     L’istante, con un’impostazione prudenziale, proponeva una lettura restrittiva: tassazione al 5 per cento solo per lo straordinario “ordinario” reso oltre l’orario contrattuale, escludendo voci diverse pur se remunerate con criteri simili. 

     A supporto della ricostruzione, l’Agenzia segnala di avere acquisito chiarimenti istituzionali sia dall’Ufficio legislativo del Ministro per la pubblica amministrazione, sia dal Ministero della Salute, così da raccordare la disciplina fiscale con la qualificazione contrattuale delle prestazioni. 

    In particolare, l’Ufficio legislativo richiama una lettura “oggettivo-funzionale”: ogni prestazione effettiva resa oltre l’orario ordinario, se qualificata e retribuita come straordinario, rientra nell’istituto generale e non richiede distinzioni ulteriori tra causali o modalità. 

    La posizione dell’Agenzia

    Ne discende che, in caso di chiamata, le ore rese durante la pronta disponibilità assumono natura di straordinario e, quindi, accedono al prelievo sostitutivo. 

    Coerentemente, la risposta 308/2025 conclude che l’imposta sostitutiva del 5 per cento va applicata anche ai compensi per ore di pronta disponibilità effettivamente effettuate, mentre non si applica ai compensi per prestazioni svolte in sede elettorale, considerate estranee alle esigenze proprie della struttura sanitaria e non riconducibili alla nozione contrattuale di lavoro straordinario del comparto. 

     In termini operativi, per le funzioni paghe e per i consulenti, la linea di demarcazione diventa quindi la riconducibilità della prestazione al perimetro contrattuale sanitario e la presenza di un’attività lavorativa effettivamente svolta oltre l’orario ordinario (non la mera reperibilità), così da applicare correttamente l’aliquota agevolata e gestire in modo separato le prestazioni elettorali secondo il relativo inquadramento.

    Straordinari infermieri e imposta sostitutiva: chiarimenti ADE

    L'Azienda ospedaliera universitaria istante fa presente che presso la propria struttura è presente personale giuridicamente universitario, assegnato all'Azienda ospedaliera universitaria con il protocollo di intesta Regione/Università con il profilo di «Collaboratore/Funzionario del settore socio sanitario, che presta attività assistenziale di carattere sanitario tipicamente relativo alle prestazioni infermieristiche e iscritti all'albo delle professioni sanitarie».

    Tale personale riceve una retribuzione determinata sulla base della differenza tra il CCNL Università e il CCNL Comparto Sanità ai sensi della Legge 761/1979 e successive modifiche ed integrazioni e dell'art. 28 del CCNL 2002/2005 del Comparto Università.

    L'Istante specifica che l'articolo 1, comma 354, della legge 30 dicembre 2024, n. 207, prevede che «I compensi 

    • per lavoro straordinario di cui all'articolo 47 del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto sanità relativo al triennio 2019 2021, citato al comma 353 
    •  erogati agli infermieri dipendenti dalle aziende e dagli enti del Servizio sanitario nazionale, sono assoggettati a un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali con aliquota pari al 5 per cento».

    L'Istante riteneva dovessero  essere assoggettati all'imposta sostitutiva i compensi per lavoro straordinario di cui all'articolo 47 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del Comparto Sanità, relativo al triennio 2019-2021, anche se erogati al personale universitario iscritto all'Albo delle Professioni Infermieristiche, che presta attività connessa alle mansioni proprie della professione infermieristica, all'interno dell'Azienda Ospedaliera Universitaria.

    Le Entrate evidenziano che il tenore letterale della norma circoscrive tassativamente l'ambito di applicazione dell'imposta sostitutiva in parola ai compensi per lavoro straordinario, di cui all'articolo 47 del richiamato CCNL del Comparto Sanità (requisito oggettivo), erogati agli ''infermieri'' dipendenti dalle aziende e dagli enti del Servizio Sanitario Nazionale (requisito soggettivo).

    Dunque, affinché l'imposta sostitutiva agevolata possa trovare applicazione, è necessaria la coesistenza dei due requisiti sopra citati e pertanto non si applica ai compensi per lavoro straordinario erogati al personale giuridicamente universitario, assegnato all'Azienda ospedaliera, che svolge «attività assistenziale di carattere sanitario tipicamente relativo alle prestazioni infermieristiche».

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    Rimborsi spese taxi ai dipendenti: chiarimenti ADE

    La Risposta n. 302/2025 ribadisce un principio chiave: il rimborso delle spese di trasporto, come i taxi, non è imponibile solo se pagato con strumenti tracciabili. In caso contrario, come accade per i pagamenti in contanti, l’importo rimborsato concorre a formare reddito da lavoro dipendente e, quindi, è soggetto a tassazione IRPEF.

    Rimborso taxi per missione in Italia: quando è imponibile

    L’interpello è stato presentato da un Ministero, che ha esposto il caso di una dipendente impegnata in tre missioni, sia in Italia sia all’estero. 

    Durante una di queste trasferte sul territorio nazionale, la lavoratrice ha utilizzato il taxi pagandolo in contanti, e il Ministero si è posto il dubbio sul corretto trattamento fiscale del rimborso.

    L’ente ha richiesto se, alla luce delle disposizioni in vigore, il rimborso di tali spese potesse essere escluso dalla formazione del reddito da lavoro, o se invece fosse da assoggettare a tassazione.

    Rimborsi spese taxi ai dipendenti: imponibili o no?

    Secondo la soluzione proposta dal Ministero, l’art. 51, comma 5 del TUIR (D.P.R. 917/1986) imporrebbe la tassazione del rimborso, proprio perché il pagamento è avvenuto in contanti

    L’ente si è quindi orientato ad applicare la ritenuta IRPEF sul rimborso, usando l’aliquota massima prevista per il dipendente (23%, 35% o 43%), in base allo scaglione di reddito di appartenenza.

    L’Agenzia ha confermato quanto ipotizzato dall’istante, in base al principio di onnicomprensività previsto dall’articolo 51, comma 1 del TUIR, tutti i valori percepiti in relazione al rapporto di lavoro concorrono alla formazione del reddito, salvo espresse deroghe.

    Tra queste deroghe rientrano i rimborsi spese per trasferte fuori dal territorio comunale, ma solo a determinate condizioni: nel caso specifico, il pagamento del servizio taxi deve avvenire con strumenti tracciabili, come bonifici bancari, carte di credito, bancomat, o altri mezzi previsti dall’art. 23 del D.Lgs. n. 241/1997.

    La norma mira a favorire la trasparenza nei rimborsi e a contrastare possibili abusi, e proprio per questo, l’Agenzia sottolinea che la tracciabilità del pagamento è condizione essenziale affinché il rimborso non venga considerato reddito.

    Nel caso in esame, il pagamento del taxi in contanti non consente la verifica oggettiva dell’effettivo sostenimento della spesa. 

    Di conseguenza, il rimborso da parte del datore di lavoro non rientra tra le spese escluse da imposizione, e va quindi soggetto a tassazione IRPEF, con ritenuta applicata all’aliquota marginale.

    La Risposta 302/2025 conferma che la fiscalità dei rimborsi spese dipende non solo dalla natura della spesa, ma anche dal modo in cui viene effettuato il pagamento. Per evitare che i rimborsi taxi siano considerati reddito, i dipendenti dovranno utilizzare sistemi tracciabili, anche per importi contenuti.

    Un richiamo alla prudenza, valido per tutte le amministrazioni pubbliche e aziende che gestiscono trasferte e missioni del personale.

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    Reddito Piloti su tratte nazionali: il calcolo per la tassazione

    Con la Consulenza Giuridica n 15 del 25 novembre le Entrate chiariscono la corretta modalità di calcolo del reddito prodotto in Italia dai piloti
    durante le tratte internazionali che interessano parzialmente il territorio dello Stato italiano.

    L'associazione istante chiede un parere sulla corretta interpretazione della locuzione ''reddito prestato nel territorio dello Stato'' ai sensi
    dell'articolo 23, comma 1, lettera c) del Testo unico delle imposte sui redditi e della locuzione ''redditi prodotti in Italia'' ai sensi dell'articolo 16, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 in relazione al calcolo del reddito prodotto in Italia dai piloti durante le tratte internazionali che interessino parzialmente il territorio dello Stato italiano.

    Inoltre, chiede indicazioni sui doveri informativi del sostituto di imposta al fine di superare le criticità attualmente riscontrate sia con i piloti che con gli uffici dell'amministrazione finanziaria in merito alle richieste di chiarimenti sulle «modalità di calcolo per la quantificazione del reddito estero indicato in CU» e sui doveri in capo ai sostituti di imposta in relazione alla corretta imponibilità del reddito per i soggetti non residenti.

    Vediamo la replica ADE.

    Piloti su tratte interpnazionali: calcolo del reddito su territorio italiano

    L'Agenzia precisa che eventuali ''doveri informativi'' del sostituto nei confronti del sostituito che non sono previsti dalla norma tributaria non possono
    oggetto di interpello, in quanto ai sensi dell'articolo 10 opties della legge 27 luglio 2000, n. 212 «L'amministrazione finanziaria offre, su richiesta, consulenza giuridica alle associazioni sindacali e di categoria, agli ordini professionali, agli enti pubblici o privati, alle regioni e agli enti locali, nonché alle amministrazioni dello Stato per fornire chiarimenti interpretativi di disposizioni tributarie su casi di rilevanza generale che non riguardano singoli contribuenti».
    Inoltre, premesso che la questione è posta dall'Istante in maniera generica, senza la rappresentazione di un dubbio interpretativo specifico, si forniscono in generale le seguenti delucidazioni.
    Poi gingendo al chiarimento ricorda che l'articolo 3, comma 1, del TUIR, prevede che «l'imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell'articolo 10 e per i non residenti soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato».
    Per quanto di interesse in questa sede, nei confronti dei non residenti sono tassati in Italia ai sensi dell'articolo 23, comma 1, lettera c), del Tuir «i redditi di lavoro dipendente prestato nel territorio dello Stato, compresi i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 50».
    Pertanto, mentre sono sicuramente imponibili in Italia i redditi derivanti da voli ''interni'', per quanto riguarda l'imponibilità in Italia dei redditi derivanti dai voli ''internazionali'' si formulano le seguenti considerazioni.
    Al fine di individuare i redditi derivanti da lavoro dipendente prestato nel territorio italiano, in base al citato articolo 23, comma 1, lettera c), del TUIR, occorre far riferimento ai redditi afferenti alla quota parte della prestazione lavorativa effettuata, nel corso del periodo d'imposta (l'anno solare), nel nostro Paese, ossia alle ore in cui la medesima prestazione è svolta nel territorio dello Stato italiano, incluso, nella fattispecie in esame, il suo spazio aereo.
    Da quanto precede consegue che, in base alle disposizioni della vigente normativa interna italiana, risulta imponibile in Italia, la quota parte di reddito annuale afferente alle ore di lavoro effettuate, nello stesso periodo d'imposta, nello spazio aereo italiano, mentre il reddito derivante dalle ore di svolgimento dell'attività lavorativa fuori dal territorio e dallo spazio aereo del nostro Paese non sarà, ovviamente, soggetto a tassazione in Italia.
    Le considerazioni che precedono, come chiesto dall'Istante, esulano da qualsivoglia considerazione in merito all'eventuale applicazione di un Trattato
    internazionale concluso dall'Italia.
    Con riferimento al ''regime speciale per lavoratori impatriati'' di cui all'articolo 16, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, con la circolare n. 17/E del 23 maggio 2017 (par. 4.1) è stato chiarito che l'agevolazione fiscale si applica ai soli redditi che si considerano prodotti nel territorio dello Stato. 

    Ciò in base al tenore letterale del citato articolo 16 il quale dichiara espressamente agevolabili i redditi prodotti in Italia ed in linea con la finalità delle norme tese ad agevolare i soggetti che si trasferiscono in Italia per svolgervi la loro attività. 

    Nel citato documento di prassi, per individuare tali redditi si rinvia ai criteri di collegamento con il territorio dello Stato previsti dall'articolo 23 del TUIR. 

    In linea generale, quindi, l'esenzione non spetta per i redditi derivanti da attività di lavoro prestata fuori dai confini dello Stato.
    Per beneficiare del ''regime speciale per lavoratori impatriati'', i titolari di reddito di lavoro dipendente, devono presentare una richiesta scritta al datore di lavoro che applica il beneficio dal periodo di paga successivo alla richiesta e, in sede di conguaglio, dalla data dell'assunzione, mediante applicazione delle ritenute sull'imponibile ridotto alla percentuale di reddito tassabile prevista dal regime agevolativo, al quale saranno commisurate le relative detrazioni.
    Nelle ipotesi in cui il datore di lavoro non abbia potuto riconoscere l'agevolazione, il contribuente può fruirne, in presenza dei requisiti previsti dalla legge, direttamente nella dichiarazione dei redditi. 

    In tale caso il reddito di lavoro dipendente va indicato già nella misura ridotta.

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    Irpef 2026: come cambiano le aliquote con la Legge di bilancio

    Il DDL di Bilancio 2026 con diverse novità per imprese e famiglie, tra le attese novità, reca l'abbassamento della seconda aliquota dell'irpef imposta sui redditi delle persone fisiche.

    Ricordiamo che dal 2025 è entrata a regime la ridefinizione degli scaglioni passati da quattro a tre ( leggi anche: Irpef 2025: le 3 aliquote e gli scaglioni)  ed ora si dovrebbe prevedere l'abbassamento della cosiddetta aliquota del ceto medio.

    Irpef 2026. cambio aliquote e norma in dettaglio

    In particolare, all’articolo 11, comma 1, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le parole 35 per cento sono sostituite dalle seguenti: 33 per cento
     Inoltre, all’articolo 16-ter del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo il comma 5, è inserito il seguente: 

    5-bis. Per i contribuenti titolari di un reddito complessivo superiore a 200.000 euro l’ammontare della detrazione dall’imposta lorda spettante in relazione ai seguenti oneri, determinato tenendo conto di quanto previsto dai commi precedenti e dall’articolo 15, comma 3-bis, è diminuito di un importo pari a 440 euro:

    • a) gli oneri la cui detraibilità è fissata nella misura del 19 per cento dal presente testo unico o da qualsiasi altra disposizione fiscale, fatta eccezione per le spese sanitarie di cui all’articolo 15, comma 1, lettera c); 
    • b) le erogazioni liberali in favore dei partiti politici di cui all’articolo 11 del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13;
    • c) i premi di assicurazione per rischio eventi calamitosi di cui all’articolo 119, comma 4, quinto periodo, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.

    Durante un convegno dei Commercialisti tenutosi a Genova, il Presidente De Nuccio ha espresso giudizio positivo per la novità sull'irpef e su altre norme contenute nella Legge di bilancio 2026.

    In particolare, ha specificato che "Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nel corso degli Stati generali dei commercialisti che si sono svolti a giugno a Roma, aveva preso l’impegno di ridurre la pressione fiscale sul ceto medio" e la manovra riduce di due punti percentuali l’aliquota Irpef per il secondo scaglione, che va dai 28mila ai 50mila euro.

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    Acconto Irpef 2025: ricordiamo le novità in vista della scadenza del 31.10

    In vista della scadenza del 31 ottobre per il Modello Redditi PF 2025 è bene ricordare che per la determinazione degli acconti è stato prevista una norma di salvaguardia contenuta nel DL n 55/2025 convertito in legge viene pubblicato nella GU n 141 del 21 giugno e in vigore dal giorno 22.

    In particolare, è stato confermato che i lavoratori dipendenti e i pensionati senza redditi aggiuntivi non dovranno versare alcun acconto Irpef per il 2025.

    Il decreto legge, adottato in via d’urgenza, introduce norme di coordinamento tra il decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 216, attuativo della delega sulla riforma fiscale, e la legge di bilancio per il 2025, confermando quanto già preannunciato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze nel comunicato stampa n. 32 del 25 marzo 2025 che riportiamo di seguito.

    Per quanto riguarda le persone fisiche, occorre verificare che gli acconti IRPEF dovuti per il 2025 siano stati correttamente indicati nel quadro RN secondo quanto richiesto dalle istruzioni al modello.

    Acconto Irpef 2025: confermate le modalità di calcolo

    La Legge n 19 giugno 2025 n. 86, di conversione del DL 23 aprile 2025 n. 55, conferma la correzione delle modalità di calcolo dell’acconto Irpef 2025, inizialmente errate per via del mancato coordinamento tra il DLgs. 216/2023 e la L. 207/2024.

    Ricordiamo che l’art. 1 commi 1 e 2 del DLgs. n 216/2023 ha previsto, inizialmente per il solo 2024:

    • riduzione degli scaglioni di reddito imponibile e delle relative aliquote IRPEF da quattro a tre,
    • incremento da 1.880 a 1.955 euro della detrazione d’imposta per redditi di lavoro dipendente (escluse le pensioni) e alcuni redditi assimilati, per i contribuenti con un reddito complessivo non superiore a 15.000 euro, di cui all’art. 13 comma 1 lett. a), primo periodo, del TUIR.

    Per il 2024 veniva applicata la seguente articolazione di scaglioni di reddito e di aliquote Irpef:

    • fino a 28.000 euro, 23%;
    • oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro, 35%;
    • oltre 50.000 euro, 43%.

    Con la messa a regime della disposizione, il testo dell’art. 1 comma 4 del DLgs. 216/2023 non era stato adeguato, continuando a disporre che, nella determinazione degli acconti dovuti ai fini dell’Irpef per i periodi d’imposta 2024 e 2025, dovesse essere assunta, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata non applicando le disposizioni dei commi 1 e 2; di conseguenza, per la determinazione degli acconti in questione per il 2025 si sarebbe dovuto considerare la disciplina in vigore per l’anno 2023.

    L’art. 1 del DL 55/2025 ora convertito in legge, ha modificato l’art. 1 comma 4 del DLgs. 216/2023, eliminando il riferimento al 2025 e mantenendo l’applicazione della disposizione solo per il 2024.

    La norma prevede che, nella determinazione degli acconti dovuti ai fini Irpef per il periodo d’imposta 2024, si assuma, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata non applicando le disposizioni dei commi 1 e 2.

    Per il 2025, trovano quindi applicazione le regole ordinarie di determinazione degli acconti.

    A tal fine in data 15 maggio scorso sono anche state corrette le istruzioni al modello redditi pf 2025 e la nuova versione delle istruzioni conferma che l’acconto va calcolato secondo le consuete modalità, potendo scegliere tra il metodo storico e quello previsionale, e, in caso di adozione del primo, procedendo al ricalcolo solo nei casi espressamente previsti.

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    Fondo pensione: regime fiscale per maggiorazione delle capitalizzazioni

    Con la Risposta n. 245 del 2025, l’Agenzia delle Entrate è tornata ad affrontare il tema della tassazione delle prestazioni erogate dai fondi pensione. Il chiarimento riguarda in particolare le somme aggiuntive corrisposte a titolo di capitalizzazione delle pensioni maturate entro il 31 dicembre 2006, oggetto di specifici accordi di trasformazione delle rendite in capitale risalenti al 2021. L’Amministrazione finanziaria ha definito il corretto regime fiscale da applicare a queste prestazioni.

    Il caso : maggiorazione aggiuntiva alla rendita

    Un fondo pensione di un gruppo bancario ha chiesto chiarimenti all'Agenzia in merito alla corretta tassazione di alcune somme erogate agli iscritti. 

    L'azienda spiega che negli anni precedenti erano stati avviati processi di fusione tra fondi pensione preesistenti, con l’obiettivo di uniformare i regimi previdenziali. In particolare, nel 2019 vennero siglati accordi che consentivano la capitalizzazione delle prestazioni pensionistiche e la modifica dal modello a prestazione definita al modello a contribuzione individuale.

    Nel 2021, i pensionati già cessati dal servizio entro il 31 dicembre 2006 ebbero la possibilità di trasformare le rendite in erogazioni una tantum, cioè in capitale. L’operazione fu effettuata nel rispetto del regime transitorio di cui all’articolo 23, comma 5, del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252.

     In quell’occasione, i capitali corrisposti vennero assoggettati al regime di tassazione separata previsto dagli articoli 17 e 19 del Tuir (d.P.R. 917/1986).

    Successivamente, nel 2023, in base all’avanzo tecnico risultante dal bilancio del fondo, fu calcolata una “maggiorazione individuale” destinata sia a chi aveva scelto la capitalizzazione nel 2021 sia agli iscritti ancora presenti al 31 dicembre 2022. Tale somma, prevista in forma capitale, sarà erogata nel 2025 ai beneficiari. 

    Da qui il dubbio del fondo: come tassare correttamente questa maggiorazione, visto che interviene a distanza di anni dalla prima operazione?

    Le soluzioni prospettate dall’Istante

    Secondo l’interpretazione proposta dall’istante, la prestazione aggiuntiva avrebbe potuto essere inquadrata in due modi:

     Da un lato, essendo determinata dopo il 2007, si sarebbe potuta ritenere soggetta al regime previsto per le prestazioni maturate successivamente a tale data, cioè tassata con aliquota del 15% come stabilito dall’articolo 17 del d.lgs. n. 252/2005.

    Dall’altro lato, si è evidenziato come la maggiorazione fosse di fatto collegata a posizioni maturate entro il 2006. Di conseguenza, avrebbe dovuto seguire le stesse regole fiscali già applicate alla capitalizzazione del 2021, cioè la tassazione separata con aliquota interna calcolata secondo le disposizioni vigenti al momento in cui era maturata la prestazione principale.

    Il fondo riteneva dunque che, per coerenza, l’aliquota dovesse essere ricalcolata considerando l’intera anzianità degli iscritti e includendo anche la somma aggiuntiva, per poi detrarre l’imposta già applicata nel 2021 sulle somme liquidate in quell’anno.

    La decisione dell’Agenzia delle Entrate

    Con la risposta l’Agenzia delle Entrate ha  chiarito innanzitutto che, essendo la maggiorazione individuale da erogare nel 2025 riferibile a prestazioni maturate prima del 1° gennaio 2007   deve applicarsi la disciplina previgente al d.lgs. n. 252/2005, in linea con quanto chiarito dalla circolare n. 70/E del 2007 e dalla risoluzione n. 30/E del 2002.

    Infatti  la somma aggiuntiva non rientra nel regime ordinario delle prestazioni maturate dopo il 2007, ma segue il regime di tassazione separata previsto dall’articolo 17, comma 1, lettera a), del Tuir,  per le capitalizzazioni delle pensioni. 

     In particolare afferma l'agenzia,  l'aliquota interna deve essere calcolata ai sensi dell'articolo 19,comma 2, del Tuir, pro tempore vigente, sulla base delle aliquote vigenti nel 2021:

    1. sommando, ai fini del calcolo del reddito di riferimento, la somma addizionale, dovuta sulla base dei calcoli dell'attuario, alla somma già erogata nel 2021;
    2. considerando, ai fini del calcolo dell'anzianità, l'intera anzianità maturata degli iscritti dalla data di adesione al fondo pensione fino alla data di cessazione del  servizio.

    Pertanto, si ritiene corretto applicare tale aliquota interna alla somma lorda derivante dalla capitalizzazione aumentata della ''maggiorazione individuale'' calcolata dall'attuario per determinare le imposte complessivamente dovute. 

    Da quest'ultimo  ammontare dovrà essere detratta l'imposta già applicata nel 2021 sulle somme oggetto di capitalizzazione; il residuo costituirà l'imposta dovuta sull'indennità calcolata dall'attuario

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    Ripartizione 8xmille: il Governo approva per l’irpef 2024

    Il Consiglio dei Ministri del 30 luglio ha deliberato in merito alla ripartizione delle risorse dell’8 per mille relative all’anno 2024 che i contribuenti hanno scelto di destinare allo Stato.

    Ripartizione irpef 2024 8xmille: tutti gli importi

    Come evidenzia lo stesso Governo nel comunciato stampa pubblicato sul proprio sito istituzionale, le li risorse ammontano, complessivamente, a 202 milioni di euro.

    La quota espressa, cioè corrispondente a scelte fatte dai contribuenti tra le varie finalità specifiche cui può essere destinata la quota statale, ammonta a 128 milioni di euro. 

    La quota inespressa, cioè destinata genericamente allo Stato, senza destinazione specifica da parte del contribuente, ammonta a 73 milioni di euro. Dai 73 milioni deve essere dedotto il 20%, che la legge destina all’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS).

    Residuano 58,9 milioni di euro che, analogamente all’annualità precedente, vengono destinati alla categoriaPrevenzione e recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche”.

    La quota espressa è così ripartita:

    • assistenza ai rifugiati e ai minori stranieri non accompagnati: 9,6 milioni;
    • calamità naturali: 25,4 milioni;
    • conservazione dei beni culturali: 24 milioni;
    • edilizia scolastica: 59,1 milioni;
    • fame nel mondo: 19,2 milioni.