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Saldo IMU: entro il 16 dicembre
L'IMU 2025 va versata entro il prossimo 16 dicembre. Ricordiamo che l’anno 2025 è il primo in cui i Comuni devono obbligatoriamente utilizzare il prospetto delle aliquote predisposto dal MEF per differenziare.
Il 16 giugno scorso i contribuenti hanno versato l'IMU in una unica rata per l'anno 2025 oppure il primo acconto, che ora, con la scadenza deò 16 dicembre verrà saldato, vediamo come si versa.
IMU 2025: come si paga
Molti Comuni hanno adottato come modalità obbligatoria per il versamento dell’IMU il modello F24, con utilizzo degli specifici codici tributo.
Qualora invece il regolamento comunale lo prevede, si può effettuare i versamenti mediante bollettino di conto corrente.
Vediamo una tabella di riepilogo con i codici tributo da utilizzare per la compilazione del modello F24:
Codice tributo Imu Immobile Destinatario versamento 3912 Abitazione principale e pertinenze Comune 3913 Fabbricati rurali a uso strumentale Comune 3914 Terreni Comune 3916 Aree fabbricabili Comune 3918 Altri fabbricati Comune 3925 Fabbricati a uso produttivo categoria D Stato 3930 Fabbricati a uso produttivo categoria D Comune Attenzione al fatto che, i contributenti che vantano altri crediti fiscali possono compensarli con l'F24 predisposto per l'IMU.
IMU 2025: per quali immobili si paga
L’IMU imposta municipale propria è dovuta in relazione agli immobili posseduti dal contribuente in ciascun comune tranne che per l’abitazione principale e delle relative pertinenze, ricordando che per abitazione principale si intende l’unico fabbricato nel quale il contribuente ha stabilito la dimora e la residenza.
L'IMU è dovuta per:
- fabbricati,
- fabbricati rurali,
- aree fabbricabilei,
- terreni agricoli
Per il calcolo dell'IMU dovuta per i fabbricati, tranne che per i fabbricati di categoria D, si fa riferimento alla rendita in Catasto vigente al 1° gennaio dell'anno dovuto, rivalutata del 5% e applicando lo specifico moltiplicatore di riferimento come di seguito riassunto:
Categoria catastale Fabbricati Moltiplicatore A (diverso da A/10) – C/2 – C/6 – C/7 160 B 140 C/3 – C/4 – C/5 140 A/10 e D/5 80 D (escluso D/5) 65 C/1 55 Per quanto riguarda invece i terreni, la base imponibile è costituita dal reddito dominicale risultante in Catasto, vigente al 1° gennaio dell’anno di imposizione, rivalutato del 25%, a cui applicare un moltiplicatore di 135.
Attenziono al fatto che ricorrono, per i terreni dei casi di esenzione:
- se ubicati nei Comuni montani elencati nella circolare n. 9/1993. Leggi anche Esenzione IMU 2025 terreni agricoli montani: elenco dei comuni
- se ubicati nelle cosiddette “isole minori” indicate nell’allegato A della Legge n. 448/2001
- per i coltivatori diretti e gli Iap, purché iscritti nell’apposita previdenza, l’esenzione spetta per tutti i terreni non edificabili, ovunque ubicati posseduti e condotti da parte di tali soggetti;
- terreni a immutabile destinazione agrosilvopastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile sono del tutto esenti.
La base imponibile per le aree fabbricabile è data dal valore venale in comune commercio.
Leggi anche IMU 2025: tutte le novità di quest'anno per approfondire i casi di riduzione o esenzione.
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Esenzione IMU coltivatori diretti: quando spetta
Con l’Ordinanza n. 14915 del 4 giugno 2025, la Corte di Cassazione torna a fare chiarezza sui presupposti per usufruire dell’esenzione IMU sui terreni agricoli, evidenziando la netta distinzione tra coltivatore diretto e imprenditore agricolo professionale (IAP).
Vediamo i fatti di causa e la pronuncia della Corte.
Esenzione IMU coltivatori diretti: quando spetta
Un contribuente aveva impugnato un avviso di accertamento IMU sostenendo di aver diritto all’esenzione in quanto coltivatore diretto iscritto alla previdenza agricola.
Dopo una prima sentenza favorevole, la Commissione tributaria regionale aveva accolto l'appello del Comune, negando l’esenzione sulla base della mancanza dei requisiti previsti per l’IAP.
Tuttavia, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del contribuente, riconoscendo l’erronea applicazione normativa da parte dei giudici tributari regionali.
La questione giuridica: CD e IAP non sono la stessa figura
La Corte ha sottolineato come la Commissione tributaria regionale abbia confuso due figure distinte:
- il coltivatore diretto, disciplinato da varie norme speciali di settore;
- e l’imprenditore agricolo professionale (IAP), introdotto dal D.Lgs. 99/2004 e successivamente modificato dal D.Lgs. 101/2005.
La CTR ha ritenuto che il contribuente, per ottenere l’esenzione, dovesse rispettare i requisiti dell’IAP (es. 50% del tempo lavorativo e del reddito da attività agricola), nonostante avesse dimostrato la qualifica di coltivatore diretto, mai contestata in giudizio.
La Corte ha evidenziato che l’esenzione IMU sui terreni agricoli si applica ai coltivatori diretti che:
- siano proprietari o titolari di altro diritto reale sul fondo;
- coltivino direttamente e abitualmente il terreno, anche con l’aiuto della famiglia;
- risultino iscritti alla gestione previdenziale agricola (INPS – CD);
- versino i contributi relativi all’attività agricola.
La Cassazione ha ribadito che i requisiti di cui all’art. 1 del D.Lgs. 99/2004 (tempo e reddito > 50% da attività agricola) valgono solo per l’IAP, non per i coltivatori diretti, per cui non è richiesto dimostrare che la coltivazione rappresenti la fonte principale di reddito.
Con l’Ordinanza n. 14915/2025, la Suprema Corte ha:
- accolto il ricorso del contribuente;
- cassato la sentenza della CTR ;
- rinviato il giudizio a una nuova sezione della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado per riesame.
Il vizio riscontrato è duplice:
- errata applicazione della normativa: la CTR ha applicato i requisiti dell’IAP al CD;
- omessa motivazione su una doglianza specifica relativa a un errore di calcolo in una particella catastale.
La sentenza riafferma un principio già noto, ma spesso trascurato nella prassi degli accertamenti locali: coltivatore diretto e imprenditore agricolo professionale sono diversi.
Gli enti locali nell'attività di accertamento in materia IMU devono differenziare correttamente le due figure;
- l'assenza della qualifica di IAP non esclude automaticamente l’esenzione IMU se sussiste quella di coltivatore diretto.
L’Ordinanza Cass. Civ. Sez. 5, n. 14915/2025 conferma che l’esenzione IMU sui terreni agricoli non è subordinata ai requisiti dell’IAP quando il contribuente ha dimostrato la qualifica di coltivatore diretto.
Un chiarimento importante, sia per gli enti locali in sede di accertamento, sia per i professionisti e gli operatori agricoli che intendono tutelarsi da richieste impositive non fondate.
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Prospetto aliquote IMU 2026: accesso dei Comuni dal 12.11
Il MEF con un comunicato del 10 novembre informa del fatto che è aperta ai comuni ll’applicazione informatica per l’elaborazione e la trasmissione
del Prospetto delle aliquote dell’IMU per l’anno d’imposta 2026.La funzionalità è raggiungibile dal Portale federalismo su “Gestione Imu”.
Vediamo tutti i dettagli.
Prospetto aliquote IMU 2026: regole per l’accesso dei Comuni dal 12.11
Con un comunicato il MEF informa della pubblicazione del decreto 6 novembre 2025 del Vice Ministro dell’economia e delle finanze e delle linee
guida aggiornate.
In considerazione delle esigenze emerse nel corso del primo anno di applicazione obbligatoria del Prospetto, vale a dire l’anno d’imposta 2025, è stato adottato il decreto 6 novembre 2025 del Vice Ministro dell’economia e delle finanze, in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale – integrativo del decreto 6 settembre 2024 avente ad oggetto ”Integrazione del decreto 7 luglio 2023 concernente l'individuazione delle fattispecie in materia di imposta municipale propria (IMU), in base alle quali i comuni possono diversificare le aliquote di cui ai commi da 748 a 755 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160” – con il quale è stato riapprovato l’Allegato A.
In particolare, l'Allegato A, che sostituisce il precedente, modifica e integra le condizioni in base alle quali i comuni possono introdurre ulteriori differenziazioni all’interno di ciascuna delle fattispecie già previste dal citato decreto 6 settembre 2024.
L’applicazione informatica attraverso la quale elaborare e trasmettere il Prospetto per l’anno d’imposta 2026 sarà resa disponibile ai comuni, all’interno dell’apposita sezione denominata “Gestione IMU” del Portale del federalismo fiscale, a decorrere dal giorno 12 novembre 2025.
Sono, altresì, pubblicate le “Linee guida per l’elaborazione e la trasmissione del Prospetto delle aliquote dell’IMU”, aggiornate con le modifiche apportate dal citato decreto 6 novembre 2025.
Si evidenzia che, in virtù dell’art. 1, comma 169, della legge n. 296 del 2006 e dell’art. 1, comma 767, terzo periodo, della legge n. 160 del 2019, in caso di mancata approvazione e pubblicazione nei termini di legge del Prospetto, si applicano le aliquote vigenti nell’anno precedente.Si ricorda, infine, che con riferimento ai comuni che, per l’anno d’imposta 2025, non hanno approvato e pubblicato un Prospetto secondo le modalità previste dalla legge, continueranno ad applicarsi, ai sensi di quanto stabilito dall’art. 1, comma 767, ultimo periodo, della legge n. 160 del 2019, le aliquote di base sino a quando non approvino e pubblichino un primo Prospetto secondo dette modalità
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Unità contigue ma separate al Catasto: non spetta l’esenzione IMU
Con Ordinanza del 27 ottobre 2025, n. 28420, la Cassazione ha replicato sull’applicabilità dell’esenzione IMU per l’abitazione principale nel caso in cui il contribuente utilizzi due unità immobiliari contigue come un’unica dimora.
Viene precisato che per abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente.
Pertanto, la Cassazione ha osservato che la disciplina IMU, prevista dall’art. 13, comma 2, del D.L. n. 201/2011 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 214/2011), si distingue nettamente dalla previgente disciplina ICI.
L’art. 13, comma 2, prevede che l'esenzione dall'imposta può essere riconosciuta ad un'unica unità immobiliare destinata ad abitazione principale e non può essere estesa ad ulteriori unità contigue, di fatto unificate ed utilizzate anch'esse come abitazione principale.
Vediamo i fatti di causa.
IMU per unità contigue ma accatastate separatamente: non spetta l’esenzione
La Cassazione evidenzia che ai fini Imu, è la norma a richiedere che l'abitazione principale sia un'unica unità immobiliare, negando il diritto all'esenzione a due unità contigue utilizzate congiuntamente se non iscritte o non iscrivibili al catasto unitariamente.
Il ricorso in cassazione era affidato ad un unico motivo, col quale si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'art. 13, comma 2, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato affermato che, "sulla base del riportato disposto normativo, l'agevolazione non si limiterebbe soltanto all' immobile iscritto in catasto ma si estenderebbe anche all' immobile iscrivibile in catasto come unica unità immobiliare; cioè all'unità immobiliare strutturalmente e funzionalmente unificabile spetterebbe l'agevolazione. Sicché, la norma, laddove parla di applicabilità dell'agevolazione ad una sola unità immobiliare, andrebbe intesa nel senso che debba escludersi che due unità immobiliari, non strutturalmente e funzionalmente unificabili, possano essere destinate ad abitazione principale".
Il predetto motivo per la cassazone è fondato, la Commissione Tributaria Regionale ha affermato che, sulla base del riportato disposto normativo, l'agevolazione non si limiterebbe soltanto all' immobile iscritto in catasto ma si estenderebbe anche all' immobile " iscrivibile" in catasto come unicaunità immobiliare; cioè all'unità immobiliare strutturalmente e funzionalmente unificabile spetterebbe l'agevolazione.
Sicché, la norma, laddove parla di applicabilità dell'agevolazione ad una sola unità immobiliare, andrebbe intesa nel senso che debba escludersi che due unità immobiliari, non strutturalmente e funzionalmente unificabili, possano essere destinate ad abitazione principale.
Come già affermato dalla stessa cassazione: "In materia di IMU, il tenore letterale dell'art. 13, comma 2, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è chiaro, diversificandosi in modo evidente dalla previsione sull'ICI in tema di agevolazione relativa al possesso di abitazione principale la disposizione de qua contiene, difatti, un' inequivocabile limitazione dell'agevolazione ad un'unica unità immobiliare, statuendo che "L' imposta municipale propria non si applica al possesso dell'abitazione principale e delle pertinenze della stessa, ad eccezione di quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9"; e che "Per abitazione principale si intende l' immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore ed il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente".
Ne consegue, specifica la Corte, anche in considerazione della natura di stretta interpretazione delle norme agevolative, l'impossibilità di estendere all'IMU il pregresso orientamento giurisprudenziale formatosi in materia di ICI
Pertanto, in tema di IMU, secondo il chiaro tenore dell' art. 13, comma 2, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, l'esenzione dall' imposta può essere riconosciuta ad un'unica unità immobiliare destinata ad abitazione principale e, stante la natura di stretta interpretazione delle norme di agevolazione, non può essere estesa ad ulteriori unità contigue, di fatto unificate ed utilizzate anch'esse come abitazione principale.
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Niente IMU su fabbricati inagibili se manca accatastamento
La Casssazione con la Sentenza n 27017 del 2025 ha rafforzato un principio già espresso relativo al presupposto impositivo dell'IMU, chiarendo che la mancanza del certificato di abitabilità o agibilità non incide sull’obbligo tributario.
Niente IMU su fabbricati inagibili se manca accatastamento
La Cassazione chiarisce quando non è dovuta l’IMU su immobili inagibili.
La controversia trae origine da un accertamento ICI/IMU notificato dal Comune alla Curatela fallimentare di una società per il recupero di oltre 34.000 euro di imposta dovuta su alcuni fabbricati industriali, ritenuti soggetti a tassazione per l’anno 2014.
Il curatore impugnava l’avviso sostenendo che gli immobili:
- erano inagibili, in quanto oggetto di provvedimento di demolizione;
- non risultavano utilizzati né accatastati ai fini fiscali;
- non dovevano essere inclusi nella base imponibile ICI/IMU, né ai fini sanzionatori.
Nonostante la pronuncia favorevole della Commissione tributaria regionale, il Comune ha insistito sull’assoggettabilità all’imposta, da qui il ricorso in Cassazione.
Con la Sentenza n. 27017/2025, la Corte di Cassazione ha dato ragione al Curatore, enunciando un principio molto rilevante per la prassi professionale:
- non sono soggetti a IMU (o ICI) gli immobili privi di accatastamento e inagibili di fatto, anche se formalmente dichiarati.
In particolare, la Corte ha chiarito che non basta la destinazione urbanistica a rendere l’immobile imponibile;
- l’effettiva inagibilità e la mancanza di utilizzo sono rilevanti per escludere il presupposto impositivo;
- l’assenza di accatastamento impedisce di attribuire una rendita imponibile;
- la non risposta dell’Agenzia all’interpello genera un dubbio oggettivo sull’applicabilità della norma, che esclude le sanzioni.
Per i curatori fallimentari diventa strategico verificare lo stato urbanistico e catastale degli immobili in procedura.
In presenza di provvedimenti di demolizione o fabbricati inutilizzabili, si può contestare legittimamente l’IMU e va considerato l’uso dell’interpello tributario, specie in casi di incertezza normativa.
I professioni pertanto potranno:
- fare attenzione alla qualificazione dei fabbricati ai fini dichiarativi;
- documentare lo stato di inagibilità con elementi oggettivi (verbali tecnici, ordinanze, rilievi);
- rilevare la mancanza di accatastamento può legittimare l’esclusione dell’IMU;
- utilizzare, in caso di accertamenti retroattivi, la sentenza come precedente difensivo.
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Rottamazione tributi enti locali: in legge di bilancio 2026
Il Governo ha approvato il DDL di Bilancio 2026 ( prima bozza) che inizia ufficialmente il suo iter di approvazione che si concluederà entro il 31 dicembre.
Tra le norme vi è l'articolo 24 che tratta di definizione agevolata in materia dei tributi delle regioni e degli enti locali. leggi anche: Rottamazione tributi locali: chi riguarderà, perchè a quanto pare la rottamazione dei tributi locali dapprima previste nel decreto legislativo sui tributi locali ora figura in finanziaria.
Rottamazione tributi enti locali: in legge di bilancio 2026
La bozza di articolo 26 della legge di bilancio 2026 prevede che ferma restando la facoltà di introdurre sistemi premiali di riduzione delle sanzioni, le
regioni e gli enti locali, in osservanza dei principi di cui agli articoli 23, 53 e 119 della Costituzione, dei principi generali dell’ordinamento tributario nonché nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e con particolare riguardo a crediti di difficile esigibilità, possono introdurre autonomamente, con le forme previste dalla legislazione vigente per l’adozione dei propri atti destinati a disciplinare tributi di loro spettanza, tipologie di definizione agevolata che prevedono l’esclusione o la riduzione degli interessi o anche delle sanzioni, per le ipotesi in cui, entro un termine appositamente fissato da ciascun ente, non inferiore a sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell’atto nel proprio sito internet istituzionale, i contribuenti adempiano ad obblighi tributari precedentemente in tutto o in parte non adempiuti.Attenzione al fatto che, ciascuna regione e ciascun ente locale possono stabilire forme di definizione agevolata anche per i casi in cui siano già in corso procedure di accertamento o controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte il medesimo ente.
Nel caso in cui la legge statale preveda forme di definizione agevolata, le regioni e gli enti locali possono introdurre, anche nei casi di affidamento dell’attività di riscossione ai soggetti di cui all’articolo 52, comma 5, lettera b), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 e all’articolo 1, comma 691, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, analoghe forme di definizione agevolata per assicurare ai contribuenti il medesimo trattamento tributario.
Possono essere oggetto di definizione agevolata i tributi disciplinati e gestiti dalle regioni e dagli enti locali, con esclusione dell’imposta regionale sulle attività produttive, delle compartecipazioni e delle addizionali a tributi erariali.Le leggi e i regolamenti delle regioni e degli enti locali sulla definizione agevolata devono riferirsi a periodi di tempo circoscritti e consentire anche l’utilizzo di tecnologie digitali per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’applicazione delle relative disposizioni.
Le leggi e i regolamenti delle regioni e degli enti locali sulla definizione agevolata sono adottati tenuto conto della situazione economica e finanziaria degli enti stessi e della capacità di incrementare la riscossione delle proprie entrate.
I regolamenti degli enti locali, in deroga all’articolo 13, commi 15, 15-ter, 15-quater e 15-quinquies, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, all’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, all’articolo 14, comma 8, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, e all’articolo 1, comma 767, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, acquistano efficacia con la pubblicazione nel sito internet istituzionale dell’ente creditore e sono trasmessi, ai soli fini statistici, al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento delle finanze, entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione.Le regioni e gli enti locali possono adottare forme di definizione agevolata anche per le entrate di natura patrimoniale.
Fermo restando quanto previsto dall’articolo 5-quater, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27, l’articolo 13 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 è abrogato limitatamente alla facoltà prevista per le regioni, le province e i comuni di adottare leggi e provvedimenti relativi alla definizione agevolata dei propri tributi.
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Magazzino per le merci in transito: quando è in categoria catastale E1
Con la Ordinanza n 21790 del 2025 la Cassazione si è occupata di classamento di immobili.
In particolare, viene stabilito che l’inquadramento di un immobile nella categoria E/1, sottoclasse degli immobili a destinazione particolare, presuppone:
- che lo stesso sia privo di autonomia funzionale e reddituale,
- che sia strettamente strumentale al servizio pubblico.
Si tratta di una pronuncia che va a confermare l''orientamento consolidato della Corte vediamo il dettaglio del caso di specie.
Immobili a destinazione particolare: principio della Cassazione sul classamento
Un una società gerente un interporto, aveva ricevuto due avvisi di accertamento catastale con cui l’ufficio aveva rideterminato il classamento e la rendita, di due aree situate all’interno della struttura interportuale:
- la prima asfaltata e servita da raccordi stradali destinata al carico/scarico e movimentazione delle merci,
- la seconda adibita allo stoccaggio delle stesse.
La società sosteneva che tali aree dovevano rientrare nella categoria catastale E/1 “Stazioni per servizi di trasporto, terrestri, marittimi ed aerei”, in quanto connesse e funzionali all’attività principale dell’interporto.
La Commissione tributaria regionale accoglieva infatti le sue doglianze ritenendo che le aree in questione non presentassero autonomia funzionale e reddituale, in quanto strettamente connesse alle finalità del complesso interportuale, ritenendo corretta l’attribuzione della categoria catastale E/1 proposta dall’interessata.
Con un unico motivo, l’ufficio ricorreva in giudizio ritenendo la sentenza in violazione e falsa applicazione della disciplina in materia di classamento catastale.
L'ufficio lamentava che il giudice regionale avesse errato nel ritenere che le aree fossero riconducibili alla categoria catastale E/1, senza considerare che possono essere strumentali al bene principale solo gli immobili utilizzati esclusivamente per l’erogazione del servizio di trasporto pubblico, requisito che nel caso di specie era mancante.
Principio della Cassazione sul classamento di immobili in categoria E1
La Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia, ribadendo un orientamento che appare ormai consolidato.
L’inquadramento di un immobile nella categoria catastale E/1 è riservato esclusivamente a quei beni che sono strumentali al servizio pubblico, dovendo invece escludersi da tale ambito quelli che, pur inseriti nel complesso infrastrutturale di riferimento, siano utilizzati per lo svolgimento di attività economiche.
La pronuncia in oggetto evidenzia che «[…] non è revocabile in dubbio che, mentre gli spazi sosta veicoli adibiti al servizio pubblico ed i parcheggi auto ad uso del personale dipendente siano strettamente strumentali all’esercizio delle funzioni coerenti con la destinazione d’uso dell’interporto, non altrettanto possa dirsi per i magazzini e per le aree di deposito per stoccaggio container o merci in genere».
Viene operato un parallelismo con la sentenza n. 5070/2019, dove relativamente agli impianti di risalita al servizio di piste sciistiche, è stato affermato che gli stessi possono essere classificati come mezzi pubblici di trasporto e dunque accatastati in categoria “E” ove “pur soddisfacendo un interesse commerciale siano anche funzionali alle esigenze di mobilità generale della collettività”.
I giudici hanno osservato che le aree oggetto dell’accertamento erano utilizzate per lo stoccaggio di merci in transito e per il traffico di autovetture di nuova importazione e che “l’attività di stoccaggio delle auto nel piazzale dell’interporto, in attesa di rispedirle alle destinazioni finali (venendo caricate su mezzi di trasporto), non è funzionale ad esigenze di mobilità generale della collettività”.
Gli immobili oggetto della rettifica operata dall’ufficio non possono essere ricondotti alla categoria catastale E/1 perché destinati a un utilizzo imprenditoriale autonomo: tanto, in coerenza con la regola per cui ciò che rileva ai fini del classamento “è che nell'unità immobiliare urbana soggetta ad accatastamento venga svolta attività industriale secondo parametri economico-imprenditoriali, senza che assuma rilevanza l'eventuale destinazione dell'immobile anche ad attività di pubblico interesse (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 12741 del 23/05/2018; conf. Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 2004 del 2019, secondo cui è proprio la destinazione del cespite ad una attività che sia svolta rispettando parametri economico-imprenditoriali ad essere decisiva in ordine alla classificazione in questione)”.
Ciò premesso la cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia, cassando con rinvio la sentenza impugnata.