• Lavoro Dipendente

    Controllo a distanza via GPS: maxi multa anche se autorizzato

    Nuovo severo intervento del Garante per la privacy in tema di controllo a distanza dei lavoratori attraverso il sistema GPS installato nei veicoli aziendali.

    Con il provvedimento N.101187  del 16 gennaio reso noto con la newsletter del 21 marzo 2025  è stata infatti comminata una sanzione di 50 mila euro a un datore di lavoro per l'utilizzo di un sistema di geolocalizzazione, supper autorizzato dall'ispettorato del lavoro,  in  maniera illecita.

    Il provvedimento sottolinea infatti l’importanza di trasparenza e proporzionalità nel trattamento dei dati personali sul lavoro.

     L’uso di sistemi di geolocalizzazione deve rispettare il principio di minimizzazione, garantendo che le informazioni raccolte siano strettamente necessarie e trattate nel rispetto della privacy dei dipendenti

    Vediamo di seguito i dettagli della vicenda.

    Divieto controllo a distanza: il reclamo

    Il provvedimento riguarda un reclamo presentato il 23 settembre 2024 da un lavoratore contro una società di autotrasporti , ex datore di lavoro, per presunte violazioni delle normative sulla protezione dei dati personali. In particolare si evidenziava l’installazione di un sistema di geolocalizzazione nei veicoli aziendali senza aver informato adeguatamente i dipendenti e senza aver seguito le procedure previste dallo Statuto dei lavoratori (art. 4 della Legge 300/1970).

    Il Garante ha esaminato il caso alla luce del Regolamento UE 2016/679 (GDPR) e del Codice della privacy (D.lgs. 196/2003, modificato dal D.lgs. 101/2018).

    e ha richiesto chiarimenti alla società. 

    Quest’ultima ha risposto affermando di aver ottenuto autorizzazione dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro (ITL) di Cagliari-Oristano per l’uso del sistema di geolocalizzazione il 19 maggio 2021. L’autorizzazione era stata concessa per tutelare il patrimonio aziendale, garantire la sicurezza sul lavoro e migliorare l’organizzazione produttiva.

    La società ha anche dichiarato che:

    • Aveva informato i dipendenti tramite un’informativa affissa in bacheca.
    • Gli autisti non erano autorizzati a usare i mezzi fuori dall’orario di lavoro.
    • I dati erano trattati in conformità agli articoli 5 e 6 del GDPR.
    • La geolocalizzazione rimaneva attiva anche durante le pause di lavoro.
    • I dati raccolti non erano associati direttamente al conducente, ma solo al veicolo.

    Nonostante ciò, la società non ha risposto a una successiva richiesta di informazioni del Garante, il che ha portato all’avvio di un procedimento sanzionatorio e a verifiche da parte della Guardia di Finanza.

    Risultati delle ispezioni e istruttoria sul produttore del sistema GPS

    Il Nucleo speciale privacy della Guardia di Finanza ha accertato che la società utilizzava il sistema di geolocalizzazione WAY di TIM, attivato nel maggio 2021. Dall’indagine sono emerse diverse criticità:

    • Tutti i mezzi aziendali erano dotati del sistema di geolocalizzazione.
    • I dati erano raccolti continuativamente (con un ritardo di 3-5 minuti).
    • Il nome dell’autista era associato al veicolo al momento dell’installazione, ma non aggiornato in tempo reale.
    • L’azienda aveva fornito informazioni incomplete ai lavoratori, senza specificare tutti i dettagli sul trattamento dei dati.
    • Era possibile risalire all’identità del conducente incrociando più database.

    Il Garante ha quindi avviato un’istruttoria anche su WAY S.r.l., fornitore del servizio di geolocalizzazione. L’azienda ha confermato che:

    • TIM era il responsabile del trattamento e WAY il sub-responsabile.
    • Il sistema registrava dati di localizzazione, velocità, chilometraggio e dati cronotachigrafici.
    • Esisteva una funzione per disattivare la geolocalizzazione (pulsante privacy), ma non era stata attivata.
    • La piattaforma consentiva di registrare dati personali come nome e numero di patente del conducente.

    Controllo a distanza con GPS le violazioni e le sanzioni

    Dall’esame delle prove raccolte, il Garante ha individuato diverse violazioni del GDPR e del Codice della Privacy, tra cui:

    • a) Violazione degli artt. 5, 13 e 88 del GDPR

    L’informativa fornita ai dipendenti era inadeguata e incompleta, in quanto:

    Non chiariva che i conducenti fossero identificabili indirettamente.

    Conteneva informazioni contraddittorie e refusi.

    Non spiegava chiaramente che la geolocalizzazione avveniva continuativamente, anche nelle pause.

    • b) Violazione dei principi di minimizzazione e limitazione della conservazione (art. 5 GDPR)

    Il trattamento dei dati era sproporzionato rispetto alle finalità dichiarate. Il sistema registrava informazioni:

    In modo continuativo e non solo quando necessario.

    Anche durante le pause lavorative, violando il principio di minimizzazione.

    Per 180 giorni, un periodo eccessivo rispetto alle esigenze aziendali.

    c) Violazione dell’art. 157 del Codice Privacy

    La società non ha risposto a una richiesta di informazioni del Garante, rendendo necessario l’intervento della Guardia di Finanza.

     Sanzioni e misure correttive

    In base agli accertamenti, il Garante ha adottato le seguenti misure correttive e sanzionatorie:

    La società dovrà:

    Aggiornare l’informativa in modo chiaro e dettagliato.

    Adeguare il sistema di geolocalizzazione rispettando i principi di minimizzazione e limitazione della conservazione.

    Il Garante ha imposto una sanzione di 50.000 euro, valutando:

    La gravità della violazione, che ha coinvolto circa 50 dipendenti.

    La durata del trattamento illecito, in corso dal 2021.

    L’assenza di precedenti violazioni da parte della società.

    Il provvedimento viene inoltre pubblicato sul sito del Garante, considerando la lesione dei diritti dei lavoratori e la necessità di dissuasione per altre aziende.

    La società deve adeguarsi entro 60 giorni. In caso di mancata conformità, potrebbero essere applicate ulteriori sanzioni.

    La società ha 30 giorni per pagare la sanzione o 60 giorni per presentare ricorso al tribunale ordinario.

    .

  • Lavoro Dipendente

    Autotrasporto, approvato un decreto correttivo: novità sui controlli

    Il Governo ha approvato nei giorni scorsi un decreto legislativo che modifica il D.Lgs. 23 febbraio 2023, n. 27, attuativo della direttiva (UE) 2020/1057 sul distacco dei conducenti nel trasporto su strada. Tra le novità, l’accesso ai dati del sistema di classificazione del rischio per gli ispettori del lavoro e l’aggiornamento delle infrazioni al tachigrafo e ai tempi di guida e riposo, in linea con la direttiva delegata (UE) 2024/846. 

    Il provvedimento entrerà in vigore il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale,  per prevenire  possibili procedure d’infrazione dall’UE.

    Vediamo maggiori dettagli.

    Decreto autotrasporti: Classificazione rischi – utilizzo del tachigrafo

    Il decreto legislativo introduce due principali modifiche all'articolo 2 del D.Lgs. 27/2023, che a sua volta ha aggiornato il D.Lgs. 4 agosto 2008, n. 144.

    • Estensione dell'accesso ai dati del sistema di classificazione del rischio:

    Viene ampliato l’accesso ai dati contenuti nel sistema nazionale di classificazione del rischio, consentendone la consultazione anche agli ispettori del lavoro.

    Questa modifica permette all’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) di pianificare le proprie attività ispettive con maggiore precisione, basandosi sul rischio attribuito alle imprese di trasporto.   L’iniziativa si inserisce nel quadro delle linee strategiche nazionali di controllo su strada e nei locali delle imprese, come previsto dall’Organismo di coordinamento intracomunitario.

    • Tempi guida e utilizzo tachigrafo: sostituzione dell’allegato III del D.Lgs. 144/2008:

    L’allegato III, che elenca le infrazioni relative ai tempi di guida, di riposo e all’utilizzo del tachigrafo, viene aggiornato per riflettere le modifiche introdotte dalla direttiva delegata (UE) 2024/846.  Le infrazioni vengono classificate con nuovi criteri di gravità, garantendo maggiore uniformità con gli standard europei e aumentando l’efficacia delle sanzioni.

    Il decreto correttivo prevede che le nuove disposizioni entrino in vigore il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale Inoltre, il decreto include una clausola di invarianza finanziaria, secondo la quale l’attuazione delle nuove norme non deve comportare oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. Le amministrazioni competenti dovranno provvedere ai nuovi adempimenti con le risorse già disponibili.

    Decreto autotrasporti: Distacco conducenti e classificazione infrazioni

    Il decreto correttivo non introduce modifiche sostanziali alle norme sul distacco dei conducenti, già disciplinate dal D.Lgs. 27/2023 in attuazione della direttiva (UE) 2020/1057. Tuttavia, le nuove disposizioni rafforzano il quadro normativo complessivo, migliorando i controlli e l’accesso ai dati da parte delle autorità ispettive.

    Le imprese di autotrasporto devono comunque rispettare i requisiti già previsti, tra cui:

    • La comunicazione preventiva del distacco tramite il sistema IMI;
    • L’applicazione delle condizioni di lavoro del paese ospitante per i conducenti distaccati;
    • L’obbligo di conservazione e presentazione della documentazione relativa al distacco in caso di controlli.

    Infine , come detto, uno degli aspetti più rilevanti del decreto correttivo è l’aggiornamento dell’allegato III del D.Lgs. 144/2008. 

    Le infrazioni vengono suddivise in diverse categorie:

    • Infrazioni sui tempi di guida: riguardano il superamento del periodo massimo di guida giornaliero e settimanale, nonché il mancato rispetto delle pause obbligatorie.
    • Infrazioni sui tempi di riposo: includono la riduzione irregolare dei riposi giornalieri e settimanali, il mancato rispetto della compensazione per i riposi ridotti e il riposo effettuato a bordo del veicolo.
    • Infrazioni relative al tachigrafo: comprendono l’uso scorretto dell’apparecchio, la manomissione dei dati registrati e il mancato rispetto dell’obbligo di conservazione delle registrazioni.
    • Infrazioni sull’organizzazione del lavoro: si riferiscono all’obbligo del datore di lavoro di garantire il rientro periodico dei conducenti e al divieto di collegare la retribuzione alla distanza percorsa o alla rapidità della consegna.

    Decreto autotrasporti: La normativa e le implicazioni per le imprese

    Le modifiche introdotte dal decreto correttivo si inseriscono in un contesto più ampio di adeguamento alle normative europee che sono:

    • Direttiva (UE) 2020/1057: disciplina il distacco dei conducenti nel settore dei trasporti su strada, stabilendo criteri per il trattamento retributivo e le condizioni di lavoro.
    • Direttiva delegata (UE) 2024/846: aggiorna il sistema di classificazione del rischio per le imprese di autotrasporto, introducendo nuovi parametri per il calcolo delle infrazioni legate ai tempi di guida e di riposo e all’uso del tachigrafo.
    • D.Lgs. 27/2023: ha recepito la direttiva (UE) 2020/1057, modificando il D.Lgs. 144/2008 e introducendo nuovi obblighi di controllo e applicazione per le autorità competenti.
    • D.Lgs. 144/2008: ha dato attuazione alla direttiva 2006/22/CE, stabilendo le norme minime per l’applicazione delle regolamentazioni sui tempi di guida e di riposo e sull’uso del tachigrafo.

    Implicazioni per le imprese di autotrasporto

    Le nuove disposizioni avranno un impatto significativo sulle imprese di trasporto su strada, che dovranno adeguarsi a una maggiore vigilanza sui tempi di guida e di riposo e all’uso corretto del tachigrafo. In particolare:

    Maggiori controlli: l’Ispettorato Nazionale del Lavoro potrà accedere ai dati del sistema di classificazione del rischio, aumentando la probabilità di ispezioni mirate.

    Sanzioni più severe: l’aggiornamento delle infrazioni e la loro classificazione secondo nuovi criteri di gravità comporterà un’applicazione più rigorosa delle sanzioni.

    Necessità di adeguamento: le imprese dovranno garantire una gestione più attenta dei tempi di guida e di riposo e adottare misure per evitare violazioni delle normative sul tachigrafo.

  • Lavoro Dipendente

    Licenziamento nullo se il comportamento dell’azienda è vessatorio

    Con la sentenza 6966 del 16 marzo 2025 la Cassazione ha  confermato la nullità di un licenziamento  in quanto manifestamente ritorsivo perche il lavoratore non era  in condizione di effettuare la prestazione lavorativa dato che gli era stata assegnata un auto nella quale non riusciva a entrare per la sua corporatura, 

    Ecco i dettagli del caso e le  decisioni delle corti 

    Licenziamento ritorsivo: il caso e i giudizi di merito

    Il lavoratore A.A., impiegato come “guardia particolare giurata” nell’ambito del CCNL Vigilanza privata, è stato licenziato dalla Spa con lettera del 31 ottobre 2019. Il provvedimento disciplinare che aveva portato al licenziamento era stato avviato per presunte mancanze – in particolare per un reiterato rifiuto di prestare la propria attività – e per una contestuale situazione di presunta insubordinazione. Tuttavia, la ricostruzione dei fatti ha evidenziato che:

    • Il lavoratore aveva continuato a rendersi disponibile e a svolgere le proprie mansioni nonostante le difficoltà, ad esempio per il fatto che gli era stato assegnato un mezzo di servizio inadeguato (un’autovettura non adatta alla sua corporatura).
    • le richieste da lui avanzate per la rotazione dei turni non erano state accolte, configurando così una situazione di trattamento vessatorio e, in sostanza, ritorsivo.

    La Corte d’Appello ha dichiarato la nullità del licenziamento, ritenendolo manifestamente ritorsivo. In particolare, il giudice ha evidenziato che:

    • Il provvedimento era stato adottato in seguito a un procedimento disciplinare, in cui non era emerso alcun elemento che giustificasse un “totale inadempimento” da parte del lavoratore.
    • Le circostanze concrete – come l’assegnazione di un mezzo inadeguato e la mancata presa in carico delle richieste del dipendente – indicavano chiaramente una condotta punitiva e vessatoria da parte della società.

    Di conseguenza, la Corte d’Appello ha ordinato:

    • La reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.
    • Il pagamento di un’indennità calcolata in base all’ultima retribuzione mensile, per il periodo intercorrente tra il licenziamento e l’effettiva reintegrazione, unitamente al calcolo del TFR e accessori.

    Licenziamento ritorsivo: il ricorso e le motivazioni della Cassazione

    La Spa aveva proposto ricorso per Cassazione fondato su cinque motivi principali:

    • L’asserita omissione da parte della Corte d’Appello di considerare che il lavoratore avesse rifiutato in modo totale l’esecuzione della prestazione.
    • Una presunta carenza di valutazione comparativa dei comportamenti delle parti in tema di inadempimento.
    • L’affermazione dell’insussistenza della natura ritorsiva del licenziamento, data l’assenza di prove adeguate.
    • Contestazioni in merito all’errata applicazione delle disposizioni sulla liquidazione delle spese di lite.
    • L’argomentazione secondo cui il lavoratore avrebbe esercitato il diritto di opzione, facendo cessare il rapporto alle dipendenze della società.

    La Suprema Corte ha ritenuto infondate tutte le tesi sollevate:

    Primo e Secondo Motivo: La valutazione delle circostanze – inclusa la condotta del lavoratore, il comportamento della società e la configurazione dei reciproci inadempimenti – è rimasta di esclusiva competenza del giudice di merito, il quale ha correttamente accertato che il lavoratore non aveva manifestato un “totale rifiuto” ingiustificato, bensì una risposta alla condotta vessatoria dell’impresa.

    Terzo Motivo: La prova della natura ritorsiva del licenziamento è stata valutata in modo unitario e globale, risultando in una decisione che, seppur anche in via presuntiva, fondava il rigetto del licenziamento.

    Quarto Motivo: Non sono state riscontrate irregolarità nella gestione delle spese processuali; la discrezionalità del giudice nell’ammontare delle spese rientra nei limiti previsti dalla legge.

    Quinto Motivo: Questo motivo è stato dichiarato processualmente inammissibile, essendo venuto meno l’interesse ad agire a seguito di successive precisazioni fornite dalla società.

    Alla luce di ciò, la Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando integralmente la pronuncia della Corte d’Appello di Bologna.

  • Lavoro Dipendente

    Certificazione parità: linee guida ministeriali per la formazione

    Era stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 6 marzo 2024 il decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 18 gennaio 2024 , di concerto con il Dipartimento per le pari opportunità  che stabilisce i criteri  per il riparto e l'erogazione delle risorse alle Regioni e provincie autonome per la  programmazione delle misure formative alle aziende per l'ottenimento della certificazione di parità di genere"

    Il provvedimento era atteso per contribuire all'attuazione del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 recante «Codice  delle pari opportunita' tra uomo e donna, a norma dell'art.  6  della legge 28 novembre 2005, n. 246»  e  successive  modificazioni .

    Per  il finanziamento di iniziative pubbliche di formazione  rivolte alle aziende e ai lavoratori sul tema della certificazione  di parita di genere era stato istituito l'apposito Fondo con la legge di bilancio 2023 e si attendevano   entro 90 giorni dal DM del 18.1.2024 le linee guida ministeriali  per orientare la qualità della programmazione delle attività formative, che vedono la luce invece dopo 12 mesi.  

    E' stato pubblicato ieri sul sito istituzionale il DD 115 del 17.3.2025 con le linee guida aggiornate.

    Vediamo in sintesi cosa prevedono.

    Certificazione parità: in arrivo formazione finanziata

    Le regioni, utilizzando le risorse allocate, dovranno  pianificare e finanziare le  attività formative per le imprese o i loro lavoratori, basandosi sui parametri minimi stabiliti precedentemente dal Ministro per le pari opportunità e la famiglia.

    Il decreto precisa che saranno esclusi  dal finanziamenti i costi direttamente connessi all'accertamento dei requisiti per il rilascio e il mantenimento della certificazione di parità di genere dal finanziamento del Fondo.

    Viene inoltre  sottolineato che le regioni dovranno operare in modo coordinato per evitare dispersione o duplicazione dei finanziamenti, in complementarità agli interventi del PNRR e avranno la possibilità di 

    1. stipulare convenzioni o accordi di collaborazione con il Dipartimento per le pari opportunità o con i soggetti attuatori nonchè di
    2.  coinvolgere  le consigliere territoriali di parità e 
    3. realizzare sistemi di collaborazione, associazione o gemellaggio tra enti per rafforzare la coesione territoriale.

    tutti gli interventi formativi  devono concludersi entro il 30 giugno 2025, con la rendicontazione finale prevista entro il 31 dicembre 2025.

    Criteri e Modalità di Erogazione delle Risorse – Tabella Riparto

     Sono assegnati  3 milioni di euro per l'anno 2022 al Fondo, con ripartizione delle risorse riportata nella tabella seguente tra le regioni e le province autonome in base al numero delle imprese attive nel 2021.

    Le risorse saranno erogate in due tranches:

    1.  un acconto pari al 75% del contributo assegnato e
    2.  la restante quota erogata previa trasmissione del report di sintesi degli interventi rendicontati.

    La mancata trasmissione della documentazione necessaria entro il 30 giugno 2024 (assunzione di impegno vincolante) potrà  portare al disimpegno e riassegnazione delle somme non utilizzate.

    Regioni e provincie coefficiente  risorse 

    Lombardia

     16,00 

    471.336,00

     Campania 

    9,92

     292.273,00 

    Lazio 

    9,36 

    275.809,00 

    Veneto 

    8,34 

    245.678,00 

    Emilia  Romagna 

    7,82

     230.493,00

     Sicilia 

    7,50 

    221.099,00

     Piemonte 

    7,46

     219.813,00 

    Toscana 6,8

     200.838,00

     Puglia 

    6,51 

    191.736,00 

    Calabria 

    3,16 

    93.032,00

     Sardegna

     2,85 

    83.934,00 

    Marche 

    2,78

     81.899,00 

    Liguria

    2,62

     77.139,00

    Abruzzo

     2,47 

    72.889,00

    FriuliͲVenezia Giulia

     1,74

     51.117,00 

    Umbria 

    1,56

     45.967,00

     Provincia Autonoma di Bolzano

    1,12 

    32.998,00

     Basilicata

     1,05 

    30.829,00

     Provincia Autonoma di Trento 

    0,92

     27.121,00

     Molise 

    Sotto soglia 

    27.000,00 

    Valle d'Aosta 

    Sotto soglia 

    27.000,00 

    TOTALE 

    100,00 

    3.000.000,00

    Linee guida progetti parità di genere: obiettivi e principi

     

    Le Linee Guida si inseriscono nel contesto normativo stabilito dalla legge 30 dicembre 2021, n. 234, che ha istituito il "Fondo per le attività di formazione propedeutiche all'ottenimento della certificazione di parità di genere". Questo fondo, con una dotazione di 3 milioni di euro per l'anno 2022, mira a supportare le imprese nel raggiungimento degli standard necessari per la certificazione.

    L'obiettivo principale delle Linee Guida è fornire alle Regioni uno strumento flessibile e non vincolante per supportare la programmazione delle attività formative necessarie per la certificazione. Questo documento si basa su una collaborazione interistituzionale che coinvolge il Ministero del Lavoro, la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità, le Regioni e l'INAPP (Istituto Nazionale per l'Analisi delle Politiche Pubbliche).

    Le Linee Guida si basano su diversi principi strategici, tra cui:

    •     Strumentalità: Supporto alle istanze di parità di genere nelle diverse specificità territoriali.
    •     Complementarità: Integrazione con le iniziative già in corso nei territori.
    •     Coerenza: Allineamento con il sistema di accompagnamento e supporto esistente.
    •     Rilevanza: Risposta alle attese delle potenziali aziende beneficiarie.
    •     Aderenza Normativa: Conformità al quadro normativo di riferimento.
    •     Fattibilità: Realizzabilità rispetto al volume di risorse disponibili.

    Ambiti Tematici degli Interventi Formativi e modalità

    Le attività formative previste dalle Linee Guida sono suddivise in tre livelli di complessità crescente:

    1.     Formazione Introduttiva: Aiuta le imprese a comprendere il contesto e i vantaggi della certificazione, inclusi gli aspetti normativi e fiscali.
    2.     Formazione sui Temi delle Sei Aree di KPI: Affronta le sei aree strategiche definite dalla Prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022, come cultura e strategia, governance, processi HR, opportunità di crescita, equità remunerativa e tutela della genitorialità.
    3.     Formazione sui Temi Specifici di Copertura degli Indicatori di KPI: Entra nel dettaglio dei requisiti specifici per ciascun indicatore di performance.

    Le Linee Guida suggeriscono diverse modalità attuative per la formazione, tra cui:

    •     Accordi con Unioncamere: Utilizzo del sistema camerale per l'organizzazione e l'erogazione della formazione.
    •     Bandi Regionali: Individuazione di soggetti o progetti per coprire l'offerta formativa regionale.
    •     Finanziamento Complementare: Utilizzo dei fondi FSE+ per integrare le attività formative.

    Linee guida formazione per parità di genere: le novità

    Le nuove Linee Guida introducono diverse novità rispetto ai precedenti documenti di riferimento:

    •     Approccio Modulare: La formazione è strutturata in moduli di complessità crescente, permettendo alle imprese di adattare il percorso formativo alle proprie esigenze.
    •     Focus sulla Partecipazione delle PMI: Viene suggerito di creare reti e partenariati per facilitare la partecipazione delle piccole e microimprese.
    •     Coinvolgimento delle Consigliere di Parità: Le Consigliere di parità territoriali sono coinvolte nella progettazione e attuazione degli interventi formativi.
    •     Formazione su Temi Specifici: Introduzione di formazione specifica su temi come la leadership inclusiva, la trasparenza retributiva e la tutela della genitorialità.

  • Lavoro Dipendente

    Malattia e pensione: chiarimenti INPS sui diritti dei lavoratori

    Con la circolare n. 57 dell'11 marzo 2025, l'INPS fornisce importanti chiarimenti sulla tutela previdenziale della malattia per i pensionati che intraprendono un nuovo rapporto di lavoro dipendente.

    In generale, questi lavoratori non sono esonerati dal versamento della contribuzione per malattia, che rimane un onere del datore di lavoro, se previsto dal settore di appartenenza e dalla qualifica del lavoratore.

    Tuttavia, la percezione dell’indennità di malattia non è compatibile con alcune tipologie di trattamento pensionistico, come la pensione di inabilità.

    Ecco le indicazioni.

    Tutela malattia per i pensionati. incumulabilità

    Come detto la circolare n. 57 dell'11 marzo 2025 ribadisce e chiarisce alcuni aspetti già presenti in precedenti disposizioni, fornendo interpretazioni più dettagliate e aggiornate:

    Ribadita l'obbligatorietà della contribuzione – È stato chiarito che i pensionati che intraprendono un nuovo rapporto di lavoro dipendente non sono esonerati dal versamento della contribuzione per malattia, che resta a carico del datore di lavoro se previsto dal settore di appartenenza.

    Specificazione sull’incumulabilità dell’indennità di malattia con la pensione di inabilità – La circolare  ribadisce che chi percepisce una pensione di inabilità non può cumularla con l’indennità di malattia, poiché entrambe hanno natura sostitutiva della retribuzione. Questo principio era già contenuto nella circolare n. 95 bis/2006.

    Tutela malattia lavoratori titolari di pensione: OTD e Gestione separata

    Ancora,  INPS  chiarisce che i lavoratori agricoli a tempo determinato (OTD)  anche se inseriti negli elenchi anagrafici sulla base di un’attività lavorativa precedente, perdono il diritto alla tutela previdenziale della malattia se non hanno un rapporto di lavoro attivo. Questa interpretazione era meno esplicita nelle norme precedenti.

    Infine viene ribadito che i pensionati iscritti alla Gestione separata non possono accedere alle prestazioni di malattia e degenza ospedaliera, né devono versare la contribuzione aggiuntiva per tali prestazioni. Questa indicazione era già presente in circolari precedenti (es. n. 147/2001 e n. 76/2007), ma la nuova circolare ne conferma l’applicazione.

  • Lavoro Dipendente

    CIGS Call center 2025 al via

    Il 13 febbraio 2025, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha annunciato l'emanazione del decreto interministeriale n. 45 del 16 gennaio 2025, che attua le misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti delle imprese operanti nel settore dei call center. .

    Il trattamento di Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (Cigs) in deroga, previsto dall'articolo 44, comma 7, del D.lgs 148/2015, è stato rifinanziato per l'anno 2025 grazie all'articolo 1, comma 195, della legge 207/2024,  Legge di Bilancio per il 2025, con  uno stanziamento di 20 milioni di euro, attinto dal Fondo Sociale per l'Occupazione e la Formazione.

    Il sostegno economico ai lavoratori dei call center è destinato a tutti i lavoratori dipendenti, inclusi gli apprendisti, con l'esclusione dei dirigenti. Il trattamento prevede un'indennità pari al trattamento di integrazione salariale straordinaria, con un limite massimo di 12 mesi.

    Emanato il decreto interministeriale con cui vengono attuate le misure di sostegno al reddito per i lavoratori di questo settore

    I

    CIGS Call center 2025: condizioni e istruzioni ministeriali per le domande

    Il decreto 45 specifica che la Cigs in deroga può essere richiesta per periodi di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa, nel caso in cui non sia possibile accedere alle prestazioni del Fondo di Solidarietà Bilaterale per la Filiera delle Telecomunicazioni.

    Questo include anche le aziende in fase di cessazione di attività o quelle ammesse a una procedura concorsuale con continuazione dell'attività. 

    Per accedere al trattamento, le aziende interessate devono :

    • sottoscrivere un accordo  sindacale presso la Direzione Generale dei Rapporti di Lavoro e delle Relazioni Industriali – Divisione IV del Ministero del Lavoro e
    •  presentare una specifica istanza di concessione alla Direzione Generale degli Ammortizzatori Sociali – Divisione III, esclusivamente tramite posta elettronica certificata, all'indirizzo [email protected].

    La domanda deve includere 

    1. dati pagamento dell'imposta di bollo, 
    2.  dati relativi all'azienda e alle unità aziendali destinatarie del trattamento, i
    3. verbale di accordo in sede governativa, l
    4. elenco nominativo dei lavoratori interessati dalle sospensioni o riduzioni di orario, e 
    5.  documentazione prevista dalle indicazioni operative presenti sul sito ministeriale.

     È inoltre necessario fornire l'informativa privacy e il consenso al trattamento dei dati, nonché il nominativo del referente aziendale con i relativi recapiti. La provvidenza è soggetta a una contribuzione addizionale e permette l'accredito della contribuzione figurativa. 

    Si ricorda che a a seguito dell'abrogazione della legge 464/1972, le quote di trattamento di fine rapporto maturate durante il periodo di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa rimangono a carico del datore di lavoro.

    CIGS Call center 2025: Contributo addizionale

    Riportiamo per completezza il testo dell'articolo  di legge che quantifica la contribuzione addizionale prevista con riferimento ai lavoratori dei call center:

    Art. 5 d.lgs 148 2015

    Contribuzione addizionale

    1. A carico delle imprese che presentano domanda di integrazione salariale è stabilito un contributo addizionale, in misura pari a:

    • a) 9 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, relativamente ai periodi di integrazione salariale ordinaria o straordinaria fruiti all'interno di uno o più interventi concessi sino a un limite complessivo di 52 settimane in un quinquennio mobile;
    • b) 12 per cento oltre il limite di cui alla lettera a) e sino a 104 settimane in un quinquennio mobile;
    • c) 15 per cento oltre il limite di cui alla lettera b), in un quinquennio mobile.

    (…)

    1-ter. A decorrere dal 1° gennaio 2025, a favore dei datori di lavoro che non abbiano fruito di trattamenti di integrazione salariale per almeno ventiquattro mesi successivi al termine dell'ultimo periodo di fruizione del trattamento è stabilita una contribuzione addizionale ridotta, in misura pari:

    • a) al 6 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, relativamente ai periodi di integrazione salariale ordinaria o straordinaria fruiti all'interno di uno o più interventi concessi sino a un limite complessivo di 52 settimane in un quinquennio mobile;
    • b) al 9 per cento oltre il limite di cui alla lettera a) e sino a 104 settimane in un quinquennio mobile. 

  • Lavoro Dipendente

    INAIL: nuove regole per le Cooperative Portuali

    Nella Circolare INAIL n. 13 del 5 febbraio 2025  viene chiarita l' applicazione della retribuzione convenzionale giornaliera per i lavoratori delle società cooperative derivanti dalla trasformazione di compagnie e gruppi portuali (Legge 28 gennaio 1994, n. 84) nell’ambito dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

    Ecco le principali indicazioni.

    Regime assicurativo applicabile

    Dal 1° gennaio 2023, il facchinaggio nelle aree portuali svolto da cooperative è passato dal premio speciale unitario (art. 42 DPR 1124/1965) al premio assicurativo ordinario (art. 41 DPR 1124/1965).

    Questo cambiamento è stato introdotto con il decreto interministeriale del 6 settembre 2022, che ha abolito il premio speciale per le cooperative di facchinaggio.

    Determinazione della retribuzione imponibile

    Per i lavoratori delle società cooperative derivanti dalla trasformazione di compagnie e gruppi portuali, il premio assicurativo va calcolato sulla retribuzione convenzionale giornaliera,  che come noto , dopo essere stato stabilito dal decreto ministeriale del 12 gennaio 1996, è aggiornato annualmente.  

    Per il 2024, la retribuzione convenzionale giornaliera è stata fissata a 119,42 euro.

    Prima della riforma del 2023, solo le cooperative portuali erano soggette al premio speciale unitario, mentre altre società nate dalla trasformazione usufruivano del premio ordinario.

    Con l’abolizione del premio speciale, è stata richiesta uniformità di trattamento tra tutte le società derivate dalla trasformazione.

    Pertanto, anche le cooperative devono ora applicare la retribuzione convenzionale giornaliera per il calcolo del premio assicurativo, come già previsto per le altre società.

    La retribuzione convenzionale giornaliera di 119,42 euro deve essere usata anche per:

    • Indennità per inabilità temporanea
    • Calcolo della rendita per inabilità permanente.