• Oneri deducibili e Detraibili

    Concordato preventivo biennale: quale reddito conta per le detrazioni IRPEF?

    L'Agenzia delle Entrate ha pubblicato la Circolare n 4 del 16 maggio con molti chiarimenti sull'Irpef 2025.

    Tra questi si confermano le novità in tema di aliquote e scaglioni introdotte dalla Legge di Bilancio 2025 e si confermano anche i bonus per l'Irpef dei dipendenti. Leggi anche Chiarimenti ADE sull'Irpef 2025             

    Relativamente al CPB concordato preventivo biennale, le Entrate specificano invece che, ai sensi dell’articolo 35 del decreto legislativo 12 febbraio 2024, n. 13, per i soggetti che aderiscono al concordato preventivo biennale, quando le vigenti disposizioni fanno riferimento, per il riconoscimento della spettanza o per la determinazione di deduzioni, detrazioni o benefici di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria, al possesso di requisiti reddituali, si tiene comunque conto del reddito effettivo e non di quello concordato.

    In altre parole, secondo quanto chiarito nella Circolare n. 4/E i contribuenti che aderiscono al concordato preventivo biennale devono considerare il reddito realmente prodotto ai fini del calcolo:

    • delle detrazioni per lavoro dipendente;
    • della no tax area e dei bonus IRPEF;
    • del trattamento integrativo (ex bonus 100 euro);
    • e di ogni beneficio basato su soglie di reddito, anche non tributario (es. ISEE).

    Questo vale anche se, in dichiarazione, si applica un reddito concordato: per l’Agenzia delle Entrate, il valore da usare per stabilire la spettanza delle agevolazioni resta sempre il reddito effettivo.

  • Oneri deducibili e Detraibili

    Retribuzione variabile convertita in welfare: imponibile per l’Agenzia

    L'Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 77 del 20.3.  2025, ha chiarito che la quota di retribuzione variabile (c.d. "MBO"), correlata al raggiungimento di obiettivi aziendali o collettivi e convertita dal dipendente in prestazioni di welfare, non può essere esclusa dall'imposizione fiscale ai sensi dell'art. 51 del TUIR se non è destinata alla generalità o a categorie di dipendenti.

    Retribuzione variabile in welfare: il caso

    La questione riguarda una società operante nel settore energetico che riconosce ai propri lavoratori retribuzioni variabili (MBO) legate al raggiungimento di obiettivi aziendali e collettivi. I dipendenti possono decidere di convertire parte di questa retribuzione in specifiche prestazioni di welfare aziendale, come:

    • Versamenti a fondi pensione integrativi;
    • Spese per attività ricreative ed educative;
    • Servizi di assistenza per anziani o non autosufficienti;
    • Abbonamenti al trasporto pubblico;
    • Buoni acquisto per generi di prima necessità.

    La società ritiene che tali benefit rientrino nelle deroghe previste dall'art. 51, commi 2 e 3, del TUIR, e siano quindi esenti da imposizione fiscale anche quando erogati come parte di un sistema premiale individualizzato.

    Retribuzione variabile e welfare aziendale: la risposta dell’Agenzia

    L'Agenzia ha ribadito nel nuovo documento di prassi che il principio di onnicomprensività previsto dall'art. 51, comma 1, del TUIR stabilisce che tutti i valori percepiti in relazione al rapporto di lavoro costituiscono reddito imponibile. 

    Le deroghe a questo principio sono limitate e devono rispettare precisi requisiti normativi.

    Nello specifico, ricorda l'Agenzia, la detassazione delle prestazioni di welfare è applicabile solo se tali benefit sono destinati alla "generalità" o a "categorie di dipendenti", secondo le prassi consolidate ( vengono richiamate in particolare le Circolari n. 326/97,  n. 28/2016 e  n. 5/2018). 

    Nel caso specifico presentato nell'interpello , il welfare aziendale è rivolto a una platea di lavoratori selezionata in base a criteri di performance e valutazioni manageriali.  La popolazione interessata è costituita per il 61% da quadri e per il 3% da impiegati, individuati in base alla mansione ricoperta.

    L'Agenzia ha concluso  dunque che il sistema incentivante MBO, convertito in welfare, non soddisfa i criteri di generalità richiesti dalla normativa. Pertanto, la conversione della retribuzione variabile in welfare resta imponibile, non potendo beneficiare dell'esenzione prevista dall'art. 51 del TUIR. 

    Inoltre,  dato che le deroghe al principio di onnicomprensività non sono estensibili a fattispecie diverse da quelle previste dalla legge,  si esclude  la possibilità di un'esenzione fiscale per la retribuzione convertita in welfare su base volontaria.

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    Ravvedimento speciale: interessi indeducibili per il professionista

    Con Risposta a interpello n 56 del 3 marzo le Entrate replicano ad un quesito sulla deducibilità degli interessi da ravvedimento versati da un professionista ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo – articolo 54,

    comma 1, del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir).

    In sintesi gli interessi versati per il ravvedimento speciale non sono deducibili dal reddito di lavoro autonomo. 

    Vediamo il quesito e il caso specifico.

    Ravvedimento speciale: interessi indeducibili per il professionista

    Un professionista, che ha utilizzato l’istituto del ravvedimento speciale, introdotto dalla legge n. 197/2022 per regolarizzare alcune violazioni tributarie relative a periodi d’imposta precedenti prospettava il caso seguente:

    • nel 2024 il contribuente ha presentato dichiarazioni integrative che hanno comportato un maggiore debito d’imposta,
    • ha versato un’unica soluzione le imposte dovute, le sanzioni ridotte e gli interessi. 

    L'istante chiede all’Agenzia se può dedurre dal reddito di lavoro autonomo gli interessi versati per il ravvedimento speciale.

    Il professionista ipotizza che tali interessi siano deducibili al pari degli interessi passivi versati per il ritardato pagamento delle imposte. 

    A suo dire, l’assenza di una specifica disciplina nel Tuir riguardo alla deducibilità di questo tipo di interessi legittimerebbe la loro deduzione secondo i principi generali.

    L’Agenzia delle entrate rigetta l'interpretazione chiarendo che, ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo, gli interessi moratori versati in occasione del ravvedimento speciale non sono deducibili, perché:

    • sono oneri accessori rispetto all’obbligazione principale, ovvero il pagamento delle imposte e, poiché le imposte ravvedute sono indeducibili, anche gli interessi moratori lo sono a loro volta,
    • l’articolo 54 del Tuir stabilisce che sono deducibili solo le spese sostenute nell’esercizio dell’attività professionale. Gli interessi moratori, derivanti da un inadempimento, non possono essere considerati spese inerenti all’attività professionale
    • le risposte fornite in precedenza dall’Agenzia riguardano interessi con una funzione ''compensativa'' del ritardo nell'esazione dei tributi, differente rispetto a quella ''risarcitoria'' che contraddistingue gli interessi da ravvedimento.

    Le entrate evidenziano che, in mancanza di una precisa previsione normativa, e trattandosi di una forma speciale di ravvedimento operoso, la questione si risolve rinviando alla disciplina ordinaria prevista dall'articolo 13, comma 2, del Dlgs n. 472/1997, secondo cui sono dovuti gli “interessi moratori calcolati al tasso legale con maturazione giorno per giorno”.

    La qualificazione di tali interessi come ''interessi moratori'', in quanto  derivanti da inadempimento del contribuente li rende accessori rispetto all'obbligazione principale (cioè, il pagamento del tributo), con la conseguenza di condividerne il medesimo trattamento fiscale. 

    Pertanto, nel caso di specie, considerata l'indeducibilità delle imposte ravvedute quali Irpef, addizionali e Irap, anche gli interessi moratori versati, quali oneri accessori alle predette imposte, devono ritenersi indeducibili.

    Inoltre, l’assenza di previsioni specifiche circa il regime di deducibilità degli interessi passivi nelle disposizioni del Tuir in materia di reddito di lavoro autonomo implica che, la loro rilevanza fiscale sia subordinata ai principi generali contenuti nell’articolo 54, comma 1 e pertanto è necessario cioè che sussista una connessione funzionale dei costi e degli oneri sostenuti rispetto alla produzione dei compensi che concorrono a formare il reddito di lavoro autonomo.

    Gli interessi moratori versati avvalendosi del ravvedimento speciale non possono essere considerati inerenti nel senso indicato dalla normativa, in quanto derivano dal ritardato pagamento di imposte che, per loro natura, non sono costi connessi funzionalmente alla produzione del reddito di lavoro autonomo.

    L'agenzia replica che gli interessi versati nel 2024 dal professionista per il ravvedimento speciale non sono deducibili dal reddito di lavoro autonomo.

    Allegati:
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    Fringe benefit : regole e novità 2025

    Nella legge di bilancio 2024, è stata prevista una nuova disciplina relativa ai fringe benefits ovvero i beni e servizi  in natura erogati dal datore di lavoro al datore dipendente che restano esclusi dall'imponibile fiscale (art 51 comma 3 del TUIR) .

    Come noto la soglia massima di valore esente ,  secondo la normativa ordinaria,  è fissata a 258,23 euro ma negli ultimi anni ha subito molte variazioni, ad esempio nel  2023 la soglia  era stata innalzata a 3000 euro annui per i lavoratori con figli a carico, e ricomprendeva rimborsi in denaro relativi alle utenze domestiche.

    Vediamo le nuove regole per il 2024 e 2025.

    Fringe Benefit  2024-2027: due soglie  di non imponibilità

    Nella legge di bilancio 2024 art 1 comma 16, si prevedeva di favorire le famiglie con figli, nell'ottica dichiarata del sostegno alla natalità, fissando ora quindi due diverse soglie di esenzione fiscale, ovvero 

    1. per i dipendenti con figli a carico il limite  esente da imposte e contributi previdenziali scende a 2000 euro 
    2. per i dipendenti senza figli il limite ordinario di 252,23 sale a 1000 euro annui.

    Resta fermo che   in caso di sforamento del limite la norma prevede l'imposizione fiscale sul totale del valore dei beni e servizi erogati.

    La nuova legge di bilancio per il 2025, n.207 2024,  proroga  questa  misura fino al 2027 .

    Fringe benefit 2025 per neoassunti che trasferiscono la residenza

    La nuova legge di Bilancio 207/ 2025 solo per il 2025 aggiunge anche la previsione per cui:

    •  le somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro per il pagamento dei canoni di locazione e delle spese di manutenzione dei fabbricati locati da
    •  dipendenti assunti a tempo indeterminato dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2025  con reddito fino a 35mila euro nel 2024 e che si trasferiscano oltre un raggio di 100 km dalla precedente residenza
    • non concorrano, per i primi due anni dalla data di assunzione, a formare il reddito ai fini fiscali,
    •  entro il limite complessivo di 5.000 euro annui. 

    Tale esenzione fiscale non rileva ai fini contributivi.

    Le somme erogate  saranno rilevanti ai fini ISEE e per l’accesso alle prestazioni previdenziali e assistenziali.

    Fringe benefit 2024-2025: nuove voci esenti  

    Come noto  i fringe benefits  in teoria consistono nell'utilizzo di beni e servizi erogati dal datore di lavoro. Tipici esempi sono : 

    • l’alloggio e il vitto in famiglia  oppure buoni pasto o mensa aziendale 
    • alloggio  in appartamenti o alberghi a spese dell'azienda
    • l’uso di beni di proprietà dell’azienda “datore di lavoro”, quali: telefono aziendale; pc, tablet, stampanti o altri dispositivi elettronici , autovetture o altri mezzi di trasporto; 
    • servizi di trasporto collettivo
    • asili aziendali
    • polizze assicurative
    • prestiti aziendali.

    Di tali beni e servizi  il lavoratore solitamente  può usufruire gratuitamente o  a condizioni più vantaggiose rispetto  al mercato.

    Anche nel 2025 come nel 2024  l'esenzione riguarda oltre a beni e servizi in natura: 

    • rimborsi  delle utenze domestiche del servizio dell’acqua e dell’energia elettrica
    • rimborso di spese per affitto o per gli interessi sul mutuo,  relativi alla casa di abitazione. 

    Applicabilità dei fringe benefit:  precisazioni da Telefisco 2024

    Nella relazioni  del convegno del Sole 24 ore Telefisco 2024  sono stati fornite alcune precisazioni sui fringe benefit 2024 . In particolare   si sottolineava che:

    •  i compensi in natura regolamentati  dall’articolo 51, comma 3, del  Tuir possono essere corrisposti anche ad personam, cioè in maniera selettiva sulla base della situazione specifica del dipendente 
    • per i dipendenti con figli la  circolare dell'Agenzia n 23 del 1° agosto 2023 ha chiarito che  possono godere del  beneficio entrambi i genitori lavoratori  dipendenti , ma NON  può usufruirne il  coniuge con figli che , per  reddito insufficiente, in precedenza  fosse a carico dell’altro coniuge.
    • L'obbligo per il datori di lavoro di comunicazione obbligatoria alle rappresentanze sindacali  può essere assolto con una semplice  informativa sulla applicazione della norma vigente  e, come specificato dalla circolare ADE 23 2023 anche successivamente al riconoscimento dell'agevolazione, purché prima del termine del periodo di imposta.

    Disciplina auto aziendali legge di bilancio 2025

    Con la legge di bilancio 2025 cambia il trattamento fiscale e previdenziale delle auto aziendali assegnate ad uso promiscuo: dal 1° gennaio 2025, si assume il 50% dell’importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri (desumibile dalle tabelle ACI), con effetto dal periodo d’imposta successivo, al netto delle somme eventualmente trattenute al dipendente.  

    La percentuale è ulteriormente ridotta:

    •  al 10% nei casi in cui i veicoli concessi  siano a trazione esclusivamente elettrica a batteria,
    •  ovvero al 20% per i veicoli elettrici ibridi plugin.
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    Detrazioni familiari limitate per gli extracomunitari

    La legge di bilancio 2025  prevede  una nuova limitazione  per cui  le detrazioni per familiari a carico non spettano piu ai contribuenti che non sono cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea o di uno Stato aderente all’accordo sullo Spazio economico europeo,  in relazione ai loro familiari , se   questi  ultii  sono residenti all’estero.

    Vediamo meglio nei paragrafi seguenti .

    Legge di Bilancio 2025 modifiche Art. 12 TUIR: detrazioni per familiari a carico

    La modifica introduce il comma 2-bis all’articolo 12 del TUIR,  e  stabilisce che:

    •  i contribuenti extra-UE o  extra SEE 
    • non potranno beneficiare delle detrazioni
    •  per familiari residenti all’estero. 

    Attualmente, l’art. 12 del TUIR concede le detrazioni per carichi familiari ai residenti fiscali in Italia, indipendentemente dalla loro cittadinanza, purché il nucleo familiare rientri nei requisiti stabiliti. Ai non residenti, invece, queste detrazioni sono precluse, in base a quanto stabilito dall’art. 24 comma 3 del TUIR, che limita l'accesso ai benefici fiscali, poiché la loro capacità contributiva è parziale e legata ai soli redditi prodotti in Italia.

    Detrazioni familiari a carico: i Cittadini Stranieri esclusi

    Come anticipato, la nuova stretta tocca solo i contribuenti extra-UE/SEE con familiari residenti all’estero.

     Invece i cittadini europei e di Paesi dello Spazio Economico Europeo, quali Norvegia, Islanda e Liechtenstein, continueranno  a beneficiare delle detrazioni, così come coloro che possiedono la doppia cittadinanza italiana e straniera.

    Per esempio  un cittadino britannico, svizzero o  moldavo  che risiede fiscalmente in Italia, con familiari a carico residenti all’estero, NON  potrà più beneficiare di queste detrazioni, mentre se i familiari risiedono in Italia, la detrazione resta accessibile.

    Un’eccezione riguarda i “non residenti Schumacker,” ovvero i contribuenti stranieri che producono almeno il 75% del loro reddito in Italia. Questi, pur non residenti, hanno una capacità contributiva equiparata a quella di un residente  per cui mantengono il diritto alle detrazioni.

    Per chi possiede la cittadinanza italiana o di un Paese UE/SEE e ha una doppia cittadinanza  resta in vigore il diritto alle detrazioni per carichi familiari, indipendentemente dalla residenza dei familiari.

    Limiti alle detrazioni familiari: rischi di contenzioso in Italia e UE

    Questa modifica solleva interrogativi sulla compatibilità con i Trattati contro le doppie imposizioni, soprattutto in merito al principio di non discriminazione previsto dall’art. 24 § 1 del modello OCSE. Questo principio vieta discriminazioni fiscali basate sulla nazionalità; in questo caso il limite alle detrazioni si fonda proprio su tale criterio, con potenziali criticità legate alla disparità di trattamento.

    L'Italia, infatti, ha stipulato convenzioni fiscali con vari Stati, che tutelano il diritto dei cittadini stranieri a godere di un regime fiscale equo rispetto ai cittadini italiani.

    L’introduzione di questa norma potrebbe  quindi causare un aumento dei contenziosi fiscali e delle impugnazioni presso le autorità competenti, sia nazionali che europee. Gli stranieri esclusi potrebbero appellarsi al principio di non discriminazione sancito dalle convenzioni OCSE e UE.

    La giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE tende a giustificare trattamenti fiscali differenziati per residenti e non residenti. Tuttavia, la discriminazione sulla base della cittadinanza potrebbe incontrare maggiori resistenze.

    Tra le eccezioni al principio di non discriminazione rientrano i trattati  siglati con Paesi come Australia e Nuova Zelanda, che prevedono già alcune limitazioni in merito alla reciprocità fiscale, e quindi potrebbero adattarsi meglio a questa nuova modifica.

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    Detrazioni Irpef: cosa cambia dal 2025

    La Legge di bilancio 2025 tra le altre novità prevede un cambio di rotta sulle detrazioni fiscali.

    Si è parlato tanto del quoziente familiare, annunciato da Giorgetti a più riprese, vediamo quindi cosa si prevederà per il 2025 dalla norma contenuta nel testo definitivo approvato anche dal Senato e atteso in GU per entrare in vigore dal 1° gennaio prossimo.

    Detrazioni Irpef 2025: cosa cambia

    Con l'art. 16-ter. rubricato (Riordino delle detrazioni) si prevede che fermi restando gli specifici limiti previsti da ciascuna norma agevolativa, per i soggetti con reddito complessivo superiore a 75.000 euro gli oneri e le spese per i quali il presente testo unico o altre disposizioni normative prevedono una detrazione dall’imposta lorda, considerati complessivamente, sono ammessi in detrazione fino all’ammontare calcolato moltiplicando l’importo base determinato ai sensi del comma 2 in corrispondenza del reddito complessivo del contribuente per il coefficiente indicato nel comma 3 in corrispondenza del numero di figli, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti e i figli adottivi, affiliati o affidati, presenti nel nucleo familiare del contribuente, che si trovano nelle condizioni previste nell’articolo 12, comma 2, del presente testo unico.
    L’importo base di cui al comma 1 è pari a:

    • a) 14.000 euro, se il reddito complessivo del contribuente è superiore a 75.000 euro e non superiore a 100.000 euro;
    • b) 8.000 euro, se il reddito complessivo del contribuente è superiore a 100.000 euro;

    Il coefficiente da utilizzare ai sensi del comma 1 è pari a:

    • a) 0,50, se nel nucleo familiare non sono presenti figli che si trovano nelle condizioni previste dall’articolo 12, comma 2;
    • b) 0,70, se nel nucleo familiare è presente un figlio che si trova nelle condizioni previste dall’articolo 12, comma 2;
    • c) 0,85, se nel nucleo familiare sono presenti due figli che si trovano nelle condizioni previste dall’articolo 12, comma 2;
    • d) 1, se nel nucleo familiare sono presenti più di due figli che si trovano nelle condizioni previste dall’articolo 12, comma 2, o almeno un figlio con disabilità accertata ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, che si trovi nelle condizioni previste dall’articolo 12, comma 2.

    Sono esclusi dal computo dell’ammontare complessivo degli oneri e delle spese, effettuato ai fini dell’applicazione del limite di cui al comma 1, i seguenti oneri e le seguenti spese:

    • a) le spese sanitarie detraibili ai sensi dell’articolo 15, comma 1, lettera c);
    • b) le somme investite nelle start-up innovative, detraibili ai sensi degli articoli 29 e 29-bis del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221;
    • c) le somme investite nelle piccole e medie imprese innovative, detraibili ai sensi dell’articolo 4, commi 9, seconda parte, e 9-ter, del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 33.

    In sintesi con le ultime modifiche alla norma si vuole:

    • escludere dal computo complessivo degli oneri e delle spese da prendere in considerazione ai fini della determinazione dei limiti oltre i quali i percettori di reddito tra 75 mila euro 100 mila euro e i percettori di reddito superiore a 100 mila euro non possono percepire detrazioni fiscali, oltre alle spese sanitarie, le somme investite nelle startup innovative e quelle investite nelle PMI innovative, oggetto di detrazione secondo la specifica disciplina di riferimento,
    • aggiungere alle spese escluse dai limiti alle detrazioni introdotte dal nuovo articolo 16-ter anche le spese derivanti da contratti conclusi entro il 31 dicembre 2024 per i premi di assicurazione per morte, invalidità permanente o non autosufficienza nonché quelli aventi ad oggetto i rischi di calamità naturali detraibili ai sensi del TUIR.

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    Beni ai dipendenti: dal 2025 valore medio o di costo

    Dal 2025, cambierà il metodo per determinare il valore dei fringe benefit concessi ai dipendenti dal datore di lavoro. Il decreto legislativo Irpef-Ires, approvato il 3 dicembre 2024, e recentemente  pubblicato in GU,  introduce modifiche all’articolo 51 del Tuir (Dpr 917/1986), che disciplina la rilevanza fiscale dei beni e servizi concessi ai dipendenti, ai loro coniugi e familiari a carico.

    Attualmente, l’articolo 51 prevede che i benefit concessi ai dipendenti siano fiscalmente rilevanti oltre un determinato limite: 258,23 euro annui. 

    Superata questa soglia, l’intero valore è tassabile. Per il 2024, questo limite è stato innalzato a mille euro, o duemila euro per dipendenti con figli a carico. 

    La Legge di Bilancio 2025, attualmente in fase di approvazione alle Camere  in discussione, prevede di prorogare questa misura.

     Ai fini del calcolo del limite, però,  è ovviamente fondamentale il valore da attribuire ai singoli beni anche per  ridurre il rischio di contestazioni fiscali. 

    QUI il testo del D.LGS 192 2024

    Valore dei beni ceduti la modifica del Decreto IRPEF IRES

    La disciplina vigente stabilisce che il valore dei beni ceduti ai dipendenti sia determinato in base al “valore normale”, ossia il prezzo mediamente applicato per beni o servizi simili in condizioni di libera concorrenza. Tale valore si può ricavare dai listini o dalle tariffe dei fornitori, e in mancanza di questi, dai listini delle Camere di commercio o dalle tariffe professionali, considerando gli sconti d’uso. Un metodo specifico si applica ai beni prodotti dall’azienda stessa,  che  vengono attualmente valutati al prezzo mediamente praticato nelle cessioni al grossista.

    La novità introdotta dal decreto legislativo Irpef-Ires elimina il riferimento al prezzo praticato al grossista per i beni prodotti dall’azienda. 

    Dal 2025, il valore sarà calcolato in base al prezzo medio applicato al medesimo stadio di commercializzazione in cui avviene la cessione al dipendente. 

    Se questo parametro non è disponibile, si farà riferimento al costo sostenuto dal datore di lavoro per produrre o acquistare il bene.

    La modifica rappresenta un cambiamento significativo in quanto  viene ampliato l’ambito di applicazione, includendo sia i beni prodotti che i servizi erogati dall’azienda. La determinazione dell’imponibilità fiscale sarà basata sul prezzo effettivo applicato dal datore di lavoro, eliminando il riferimento al grossista, che spesso risultava inapplicabile. Inoltre, in assenza di un prezzo medio, si potrà utilizzare il costo effettivo sostenuto dall’azienda per produrre o acquisire il bene.

    La nuova norma è particolarmente vantaggiosa per i datori di lavoro quando i beni concessi ai dipendenti sono ancora in fase di sviluppo o non sono stati ancora immessi sul mercato. In questi casi, il valore di riferimento sarà il costo di produzione, generalmente più basso rispetto al prezzo di mercato.