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Spese scolastiche 2025 detraibili fino a 1000 euro
L’articolo 1, comma 13, della legge di bilancio 2025 (207 2024) introdotto nel corso dell'esame presso la Camera, ha disposto l’innalzamento, a regime:
- da 800 a 1.000 euro
- per ogni alunno o studente,
delle spese detraibili per la frequenza di scuole dell’infanzia, del primo ciclo d’istruzione e della scuola secondaria di secondo grado presso gli istituti paritari.
La novità si applica sulle spese sostenute nel 2025 , detraibili quindi nella dichiarazione 2026.
la detraibilità spese scolastiche fino al 2024
La normativa vigente fino al 2024 prevedeva che le spese di istruzione, dal nido all'università, beneficiano di una detrazione del 19%, ma con massimali variabili:
- Asilo nido: detrazione su un massimo di 632 euro per figlio.
- Scuole infanzia, primo ciclo e superiori: fino a 800 euro per studente.
- Affitto studenti fuori sede: massimo 2.633 euro.
Dal 2015, con la legge della Buona Scuola, le spese scolastiche sono distinte da quelle universitarie. La detrazione si applica solo alle scuole del sistema nazionale di istruzione (statali, paritarie private ed enti locali), escludendo quelle all'estero.
Piu in generale le spese detraibili sono le seguenti:
- Tasse d’iscrizione e frequenza.
- Contributi obbligatori e volontari deliberati dagli istituti scolastici.
- Servizi scolastici integrativi (mensa, pre/post scuola), anche se forniti da comuni o terzi.
- Gite scolastiche, assicurazioni e attività extracurricolari deliberate dalla scuola.
- Trasporto scolastico (dal 2018) e abbonamenti a trasporti pubblici.
- Corsi presso conservatori e istituti musicali pareggiati antecedenti al DPR n. 212/2005.
Le spese per materiale scolastico e libri non sono detraibili (Circolare 3/E del 2016).
Modalità di detrazione e documentazione necessaria
La detrazione per spese scolastiche non è cumulabile con la detrazione per erogazioni liberali (art. 15, comma 1, lett. i-octies, TUIR) per lo stesso alunno.
Decresce per redditi superiori a 120.000 euro e si azzera a 240.000 euro.
I pagamenti tracciabili sono obbligatori (ricevute bancarie, MAV, PagoPA).
Documentazione necessaria:
Vanno conservate ricevute o quietanze di pagamento per:
- Spese scolastiche diverse dalle universitarie.
- Mensa e servizi integrativi.
- Trasporto scolastico.
- La detrazione non richiede la delibera scolastica se il pagamento è effettuato direttamente alla scuola. Se pagato a terzi, l’attestazione della scuola è necessaria.
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Canoni concessori demaniali: chiarimenti sulla deducibilità
Con la Pronuncia n. 28297 del 4 novembre 2024 la Cassazione ha chiarito il perimentro dell’articolo 10 del Tuir.
In particolare nonostante al comma 1 lettera a) annoveri canoni, livelli, e altri oneri quali costi deducibili, si riferisce a oneri reali, le cui obbligazioni sono caratterizzate da realità e ambulatorietà.
I canoni delle concessioni demaniali, oggetto di obbligazioni personali del privato concessionario, non rientrano tra gli i su elencati in quanto attengono al rapporto che intercorre tra il soggetto privato e la Pubblica Amministrazione.
Vediamo il caso di specie.
Canoni concessioni demaniali: chiarimenti sulla deducibilità
Un privato concessionario ha impugnato le cartelle emesse dall’Amministrazione finanziaria, in base all’articolo 36-ter del Dpr n. 600/197 nei suoi confronti e del padre dante causa, con le quali veniva recuperato a tassazione l’importo erroneamente dedotto, del canone concessorio del suolo, dal reddito derivante da alcuni immobili realizzati su arenile in concessione demaniale da parte dei contribuenti.
La CTP accoglieva il ricorso mentre il giudice di secondo grado lo respingeva inducendo la ricorrente ad adire la Corte di Cassazione.L’articolo 36-ter del Dpr n. 600/1973 prevede, al primo comma, che l'Amministrazione finanziaria proceda, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione, al controllo formale delle dichiarazioni presentate dai contribuenti o dai sostituti di imposta sulla base di criteri selettivi fissati dal MEF.
L’esito di tale controllo è comunicato al contribuente o al sostituto di imposta, con l’indicazione dei motivi che hanno dato luogo alla rettifica di quanto dovuto.Il contribuente può segnalare eventuali dati ed elementi non considerati o valutati erroneamente in sede di controllo formale entro i 60 giorni successivi al ricevimento della comunicazione.
Se si riscontrano differenze tra i dati in possesso dell’Agenzia delle entrate e quelli dichiarati, il contribuente può essere anche invitato dall’ufficio a fornire la relativa documentazione.L'articolo 36-ter, comma 2, lettera c), consente all’ufficio, senza pregiudizio per l’azione accertatrice di escludere in tutto o in parte le deduzioni dal reddito non spettanti in base ai documenti richiesti ai contribuenti o agli elenchi menzionati nella lettera b).
Ai sensi dell’articolo 10 del Tuir, inoltre, rilevano come costi deducibili i canoni, i livelli, i censi e altri oneri e, nel caso in esame, è sorta una criticità sulla possibilità di annoverarvi i canoni concessori e, conseguentemente, di comprendere la legittimità o meno della deduzione degli stessi operata dai contribuenti.
Il ricorso proposto dalla contribuente è fondato su due motivi, che la suprema Corte ha ritenuto infondati.
Il primo consiste nella violazione o falsa applicazione dell’articolo 36-ter, Dpr n. 600/1973.
Veniva contestato all’Agenzia che avrebbe dovuto procedere non a un controllo meramente formale, ma sostanziale, provvedendo a notificare non la cartella, ma l’avviso di accertamento, non ricorrendo i presupposti previsti dalla norma di cui si denuncia la violazione.La ricorrente risultava proprietaria di un immobile, concesso in locazione, realizzato su area demaniale, per la quale versava un canone di concessione.
L’articolo 10 del Tuir consente la deduzione, dal reddito che produce un bene immobile, di canoni, livelli e censi e altri oneri gravanti sui redditi degli immobili.
Deve trattarsi ai fini della deduzione di oneri reali, cioè obbligazioni connesse funzionalmente al bene e caratterizzate dall’ambulatorietà ossia la circolazione dell’obbligazione insieme al bene a cui afferisce.
La Corte di Cassazione, sostiene che il canone concessorio del caso di specie non è annoverabile negli oneri reali in quanto rappresenta un’obbligazione connotata da un rapporto intercorrente tra il soggetto privato e la Pubblica Amministrazione e quindi non ha i caratteri di realità e ambulatorietà necessari per la deduzione.A parere della Cassazione, il motivo di ricorso deve essere rigettato poiché l’Amministrazione finanziaria ha effettuato una rettifica a seguito di un controllo meramente formale fondato sull’esclusione ictu oculi del canone dedotto dal novero degli oneri deducibili dal reddito ai sensi dell’articolo 10 del Tuir e l’articolo 36-ter del Dpr 600/1973 consente, al comma 2 lettera c) di escludere, in sede di controllo formale, le deduzioni dal reddito non spettanti, dovendosi procedere in via ordinaria (quindi previo apposito avviso di accertamento) solo quando occorra una complessa attività di verifica o di interpretazione.
Detto ciò, la Corte ha affermato il seguente principio di diritto “l’art. 10 TUIR, allorché al comma 1 lett. a) annovera canoni, livelli, censi ed altri oneri quali costi deducibili, si riferisce ad oneri reali, le cui obbligazioni sono dunque caratterizzate dalla realità, in quanto legate al bene e pertanto ambulatorie. Tra essi non rientrano dunque i canoni delle concessioni demaniali, che formano l’oggetto di obbligazioni personali del privato concessionario, in quanto ricollegate al rapporto intercorrente tra quest’ultimo e la pubblica amministrazione. Conseguentemente l’amministrazione finanziaria può senz’altro disconoscere la deduzione del canone demaniale, operata dal contribuente nella propria dichiarazione, in sede di controllo formale di cui all’art. 36 ter, D.P.R. n. 600/1973, in quanto la rettifica dipende da un’esclusione emergente ictu oculi”.
La suprema Corte di cassazione, dunque, ha rigettato il ricorso e condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali. -
Omaggi natalizi ai clienti 2024: il punto sul trattamento fiscale
In occasione delle festività natalizie è consuetudine per le imprese ed i professionisti offrire omaggi ai propri clienti. In questo approfondimento dopo aver ripreso le caratteristiche essenziali delle spese di rappresentanza, vengono evidenziati i trattamenti fiscali ai fini IVA e delle imposte sui redditi per imprese e professionisti.
In pratica si tratta di un utile riepilogo per non commettere errori, precisando che nel corso del 2024 non è intervenuta nessuna variazione normativa, di conseguenza, la disciplina risulta essere la stessa applicata nel 2023.
Omaggi di beni non oggetto dell’attività propria dell’impresa
In base alla C.M. n.188/E/1998, gli acquisti di beni destinati ad essere ceduti gratuitamente, la cui produzione o il cui commercio non rientra nell'attività propria dell'impresa, costituiscono “spese di rappresentanza”, indipendentemente dal costo unitario dei beni stessi.
Per la definizione di “spese di rappresentanza”, sia al fine della deducibilità dalle imposte dirette che della detraibilità dell’IVA, si deve fare riferimento ai requisiti indicati all’art. 1, comma 1, D.M. 19.11.2008, il quale definisce “inerenti” le “spese di rappresentanza”, effettivamente sostenute e documentate, per:
- erogazioni a titolo gratuito di beni e servizi;
- effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni;
- il cui sostenimento risponda a criteri di ragionevolezza in funzione dell'obiettivo di generare anche potenzialmente benefici economici per l'impresa, ovvero sia coerente con pratiche commerciali di settore.
Attenzione: si precisa che l'omaggio natalizio di un bene non oggetto dell'attività dell'impresa:
- costituisce spesa di rappresentanza se dato ai clienti;
- non costituisce spesa di rappresentanza (per mancanza del principio di inerenza) se dato ai dipendenti. In questo caso, è qualificabile come spesa per prestazione di lavoro.
Omaggi natalizi ai clienti: la deducibilità da reddito
Vediamo il trattamento fiscale ai fini Irpef/Ires degli omaggi di beni non oggetto dell'attività propria dell'impresa ai clienti.
Ai fini reddituali i costi sostenuti per l’acquisto di beni destinati ad omaggio ai clienti, sono ricompresi fra le spese di rappresentanza di cui all’art. 108, comma 2, TUIR, e dal 2016 sono deducibili secondo i seguenti limiti:
IMPOSTE DIRETTE
Impresa
Ricavi / proventi gestione caratteristica
Importo massimo deducibile
dal 1° gennaio 2016
(modifica introdotta dal Decreto Internazionalizzazione n. 147/2015)Limite di spesa deducibile
Fino a € 10 milioni
1,5%
150.000
Per la parte eccedente
€ 10 milioni e fino a € 50 milioni0,6%
150.000 + 240.000
Per la parte eccedente € 50 milioni
0,4%
390.000 + 0,4% dell’eccedenza
100% se di valore unitario non superiore a 50 €
Lavoratore Autonomo
Nel limite dell’1% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta, a prescindere dal valore unitario
In merito al valore di 50,00 euro, si precisa che nel caso di un omaggio composto da più beni (ad esempio una cesta natalizia) il valore di 50,00 euro deve essere riferito al valore complessivo dell’omaggio.
Omaggi natalizi ai clienti: il trattamento fiscale ai fini Iva
Dal 13 dicembre 2014, per effetto dell'entrata in vigore del Decreto legislativo semplificazioni fiscali (D.Lgs. n. 175/2014, art. 30), la detraibilità IVA dei beni che costituiscono spese di rappresentanza è ammessa se il bene è di costo unitario non superiore a € 50 euro.
In considerazione del fatto che gli omaggi natalizi ai clienti, oltre a poter essere qualificati spese di rappresentanza, costituiscono una cessione gratuita, per inquadrare il corretto trattamento IVA applicabile agli stessi è necessario considerare anche quanto disposto dall’art. 2, comma 2, n. 4), DPR n. 633/72, in base al quale non costituisce cessione di beni (fuori campo IVA) la cessione gratuita di beni non oggetto dell’attività, di costo unitario non superiore a € 50 (anziché € 25,82) e la cessione di beni per i quali non è stata operata, all’atto dell’acquisto la detrazione dell’Iva.
Pertanto, dalla lettura combinata dei due articoli di legge, deriva che:
- per i beni di costo unitario > a € 50,00: l’Iva assolta sull’acquisto è indetraibile, mentre la successiva cessione gratuita è irrilevante ai fini IVA (fuori campo IVA);
- per i beni di costo unitario < a € 50,00: l’Iva assolta sull’acquisto è detraibile, mentre la successiva cessione gratuita è irrilevante ai fini IVA (fuori campo IVA).
Omaggi natalizi ai clienti: riepilogo del trattamento fiscale
Di seguito un riepilogo del trattamento fiscale per gli omaggi natalizi ai clienti, di beni non oggetto dell'attività, per le imprese e per i professionisti.
IMPRESE
Trattamento fiscale degli omaggi ai clienti
IVA
IRPEF / IRES
Detrazione
IVA a creditoCessione gratuita
Deducibilità della spesa
Omaggio a favore di clienti
SÌ
se costo unitario ≤ € 50,00Esclusa da IVA
- nel limite annuo deducibile;
- per intero nell’esercizio se valore unitario ≤ € 50
NO
se costo unitario > € 50,00LAVORATORI AUTONOMI
Trattamento fiscale degli omaggi ai clienti
IVA
IRPEF
Detrazione
IVA a creditoCessione gratuita
Deducibilità della spesa
Omaggio a favore di clienti
SÌ
se costo unitario ≤ € 50,00(salvo la scelta di non detrarre l'IVA sull'acquisto per non assoggettare ad IVA la cessione gratuita)
Imponibile IVA
(salvo la scelta di non detrarre l'IVA sull'acquisto per non assoggettare ad IVA la cessione gratuita)
Nel limite dell’1% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta
NO
se costo unitario > € 50,00Esclusa da IVA
Omaggi natalizi ai clienti di beni oggetto dell’attività
Trattamento ai fini IVA
Nel caso in cui il bene sia oggetto dell’attività d’impresa l’Iva è stata detratta, poiché l’acquisto o la produzione del bene sono stai fatti prima della destinazione ad omaggio del bene stesso. Si dovrà, allora, applicare la regola generale dell’imponibilità della cessione gratuita.
La cessione gratuita di un bene oggetto dell’attività è imponibile IVA indipendentemente dal costo unitario dei beni, a meno che l’imposta relativa all’acquisto non sia stata detratta.A tal proposito, la base imponibile deve essere determinata, ai sensi dell’articolo 13, comma 2, lett. c) del D.P.R. 633/72 in misura pari al prezzo di acquisto o al prezzo di costo dei beni (non in misura pari al valore normale dei beni stessi). Tuttavia, occorre ricordarsi che la rivalsa non è obbligatoria, perché l’articolo 18, comma 4, del D.P.R. 633/72 stabilisce un’eccezione alla regola dell’obbligatorietà della rivalsa per i casi di cessioni gratuite dei beni.
Ciò significa che l’impresa potrà evitare di chiedere il pagamento dell’Iva al destinatario dell’omaggio, facendosene carico direttamente attraverso una delle seguenti modalità:- emissione di autofattura per omaggi (da annotare sul registro Iva delle vendite);
l’autofattura può essere riferita al singolo omaggio oppure essere riepilogativa degli omaggi effettuati nel mese di riferimento; - annotazione nell’apposito registro degli omaggi (da compilare con riferimento alle cessioni gratuite effettuate in ciascun giorno).
Trattamento ai fini Irpef/Ires
Ai fini reddituali, gli acquisti dei beni in esame rientrano tra le spese di rappresentanza di cui all’art. 108, comma 2, TUIR in base ai criteri contenuti nel citato DM 19.11.2008, senza distinzioni tra beni oggetto e non oggetto dell’attività dell’impresa.
Si applicano pertanto le stesse regole per gli omaggi di beni non oggetto dell'attività destinati ai clienti.Destinatari omaggio
IVA
IRPEF / IRES
Detrazione
IVA a creditoCessione gratuita
Deducibilità della spesa
Clienti
se la spesa non è qualificata come spesa di rappresentaza
Iva a credito detraibilese la spesa è qualificata come spesa di rappresentanza
Iva a credito detraibile se il costo è ≤ € 50,00(salvo la scelta di non detrarre l'IVA sull'acquisto per non assoggettare ad IVA la cessione gratuita)
Imponibile IVA
(salvo la scelta di non detrarre l'IVA sull'acquisto per non assoggettare ad IVA la cessione gratuita)
- nel limite annuo deducibile;
- per intero nell’esercizio se valore unitario ≤ € 50
Leggi sul tema anche Omaggi natalizi imprese 2024:regole in vigore e vedi le novità in arrivo nel 2025 in Decreto IRPEF le novità fiscali per il lavoro dipendente
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Omaggi natalizi imprese 2024: regole in vigore
Il prossimo Natale, come di conseuto, le imprese provvederanno a donare omaggi ai propri clienti.
Occorre evidenziare che la disciplina degli omaggi non ha subito particolari modifiche rispetto allo scorso anno anche se vi saranno novità dall'anno prossimo.
La bozza di DDL di Bilancio 2025, infatti, prevede modifiche rispetto alla deducibilità delle spese di rappresentazna e omaggi, ma saranno comunque novittà in vigore dal 1° gennaio, pertanto riepiloghiamo le regole valide ad oggi in attesa della approvazione delle nuove norme. (Leggi qui le anticipazioni: Rimborsi spese: novità sulla tracciabilità per vitto, alloggio, trasferte).
Omaggi natalizi 2024: le regole in attesa della Legge di Bilancio
Ai sensi del DM 19.11.2028, in materia di spese di rappresentanza all'art 1 comma 4, viene previsto che ai fini della determinazione dell'importo deducibile delle spese (di cui al comma 2 dello stesso articolo), non si tiene conto delle spese relative a beni distribuiti gratuitamente di valore unitario non superiore a 50 euro, deducibili per il loro intero ammontare (ai sensi del terzo periodo del comma 2 del citato art. 108 del Tuir)
Diversamente, se gli oneri sostenuti per omaggi, sono superiori a 50 euro, sono considerati spese di rappresentanza e quindi deducibili nell’esercizio di sostenimento nel rispetto dei limiti di inerenza e congruità previsti dal citato art. 108 comma 2.
Per il calcolo del valore unitario dell'omaggio però, occorre fare riferimento al regalo nel suo complesso e non ai singoli beni da cui è composto.
Esempio pertinente ne è il cesto natalizio che se contiene quanttro beni dal valore singolo di 15 euro, nel complesso varrà 60 euro e quindi sarà considerato tra le spese di rappresentanza con i limiti di deduzione in base al comma 2 dell'art 108 citato.
Inoltre in tema di omaggio è bene evidenziare che, il bene oggetto del dono può anche essere autoprodotto dall'impresa.
In questo caso, non rileva il valore complessivo del bene ma rileva il valore di mercato dello stesso (ai sensi dell'art 9 del TUIR).
E' bene precisare che se però il valore di mercato supera i 50 euro, essendo la spesa qualificabile come spesa di rappresentanza, ai fini del calcolo del limite di deducibilità, concorre considerare il costo di produzione effettivamente sostenuto dall’impresa, indipendentemente dal fatto che lo stesso sia inferiore o meno a 50 euro. (Come chiarito dalla Circolare n 27/2014).
Se invece, il valore normale dell’omaggio autoprodotto risulti minore o uguale a 50 euro, il costo effettivamente sostenuto per la produzione beneficia invece della deduzione integrale.
Infine , attenzione al fatto che l'omaggio natalizio di un bene non oggetto dell'attività dell'impresa:
- costituisce spesa di rappresentanza se donato ai clienti;
- non costituisce spesa di rappresentanza, mancando il principio di inerenza, se donato ai dipendenti. In tal caso, è qualificabile come spesa per prestazione di lavoro.
Sugli omaggi ai clienti leggi anche:
Allegati: -
Detraibilità polizze vita a carico del datore di lavoro
Nella Risposta a Interpello n. 218/2024, l'Agenzia affronta il tema del trattamento fiscale applicabile ai premi assicurativi versati dal datore di lavoro per polizze vita collettive a tutela del rischio morte, in favore dei propri dipendenti.
Tale intervento è mirato a chiarire se, in riferimento ai premi pagati per queste polizze, per i lavoratori sia possibile beneficiare simultaneamente di due agevolazioni fiscali previste dal TUIR: la detrazione del 19% sui premi assicurativi per rischio morte e l'esclusione degli stessi dalla formazione del reddito di lavoro dipendente.
Il quesito nasce dall'interpretazione del datore di lavoro che, in qualità di sostituto d’imposta, ha stipulato collettivamente tali polizze per il proprio personale, confidando nella possibilità di applicare entrambe le agevolazioni.
L’Agenzia interviene, pertanto, per fare chiarezza su come queste disposizioni fiscali si applicano alle polizze collettive, delineando i limiti e le condizioni necessarie per accedere alle agevolazioni, e indicando in particolare che, in determinate circostanze, i due benefici non sono cumulabili.
Detraibilità polizze vita collettive: la risposta dell’Agenzia
L'Agenzia ha affermato che:
- Principio di Onnicomprensività: I premi assicurativi per polizze vita collettive sono in linea di principio inclusi nel reddito di lavoro dipendente, come stabilito dall’art. 51, comma 1, del TUIR. Tuttavia, l’art. 51, comma 3, consente che i beni e servizi erogati gratuitamente ai dipendenti non concorrano alla formazione del reddito fino a un certo limite (cd. fringe benefit).
- Detrazione e Non Concorrenza al Reddito: La detrazione del 19% sui premi versati è applicabile solo se gli stessi concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente. Se i premi assicurativi non concorrono alla formazione del reddito, come previsto dall’art. 51, comma 3, non è possibile fruire della detrazione fiscale secondo l’art. 15 del TUIR.
- Applicazione Pratica: Nel caso specifico, i premi non possono essere detraibili in quanto esclusi dalla formazione del reddito ai sensi dell’art. 51, comma 3, del TUIR.
In sostanza I premi possono essere detratti dal lavoratore/contribuente solo se:
- versati in prima persona dal lavoratore o
- nel caso di versamento da parte del datore di lavoro , solo se assoggettati a tassazione come reddito di lavoro dipendente ai sensi dell’art. 51 comma 1 del TUIR).
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Deducibilità interessi passivi nella conciliazione o adesione
Con Risposta a interpello n 172 del 20 agosto le entrate ribadiscono i criteri di deducibilità degli interessi passivi nei casi di conciliazione e accertamento con adesione.
Il caso di specie riguarda una società che domanda chiarimenti sul corretto trattamento fiscale applicabile, ai fini IRES ed IRAP, agli interessi passivi versati in relazione alle maggiori imposte definite a seguito di adesione.
Vediamo la replica ADE.
Deducibilità interessi passivi nella conciliazione o adesione
Le Entrate evidenziano che si conferma l'orientamento espresso nella recente Risposta a interpello n. 541 del 2022 nell'ambito della quale, con riguardo al trattamento fiscale degli interessi per il ritardato versamento di imposte corrisposti sulla base di atti di conciliazione, è stato statuito che ''la loro deducibilità, in sostanza, deve essere determinata solo applicando le modalità di calcolo dettate dal TUIR al loro ammontare complessivo, indipendentemente dal fatto aziendale che li ha generati o dalla deducibilità del costo al quale sono collegabili (…) gli interessi passivi correlati alla riscossione e all'accertamento delle imposte non differiscono in nulla da qualsiasi altro onere collegato al ritardo nell'adempimento di un'obbligazione e rientrano quindi nell'ambito applicativo proprio della categoria degli interessi passivi (…) separandosi inevitabilmente dal regime impositivo del tributo cui accedono''.
Allegati:
Analogo principio era stato precedentemente elaborato dall'Amministrazione finanziaria con la Risoluzione n. 178 del 9 novembre 2001, in relazione a interessi passivi corrisposti su finanziamenti erogati per differire il pagamento di sanzioni irrogate dalla Commissione Europea, in cui è stato affermato che: ''l'articolo 63 del TUIR (n.r.d. attuale articolo 96 del TUIR) non pone alcun limite alla deducibilità degli interessi passivi in funzione dell'evento cui gli stessi sono collegati o della natura dell'onere cui essi sono accessori. Una conferma di ciò si ha anche nella relazione ministeriale illustrativa del
TUIR, la quale, in relazione ad una fattispecie analoga a quella oggetto dell'interpello, afferma che ''rientrano nell'accezione di interessi passivi anche le somme corrisposte a norma del decreto n. 602, tra i quali, ad esempio, anche gli interessi per prolungata rateazione di somme iscritte a ruolo ai sensi dell'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 in quanto appare indubbia la loro natura di interessi passivi, ancorché accessori all'imposta.'' In conclusione, considerato che il sistema normativo del TUIR riconosce l'autonomia della funzione degli interessi passivi,
la loro deducibilità deve essere determinata solo applicando le modalità di calcolo dettate dall'articolo 63 al loro ammontare complessivo, indipendentemente dal fatto aziendale che li ha generati o dalla deducibilità del costo al quale sono collegabili'' -
Maggiorazione deduzione costo assunzioni: ecco il decreto MEF
E' stato pubblicato ieri sul sito del Ministero dell'Economia e delle Finanze il decreto ministeriale attuativo della Maggiorazione del costo del lavoro ammesso in deduzione in presenza di nuove assunzioni previsto dall’articolo 4 del decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 216.di riforma dell'IRPEF e IRES.
La norma dispone in particolare per i titolari di reddito d’impresa e gli esercenti arti e professioni, per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023, ai fini della determinazione del reddito:
- una maggiorazione pari al 20% del costo del personale di nuova assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e
- una ulteriore deduzione pari al 10% in presenza di nuove assunzioni a tempo indeterminato di dipendenti rientranti nelle categorie di lavoratori meritevoli di maggiore tutela di cui all’Allegato 1 del decreto legislativo n. 216 del 2023.
Maxideduzione per assunzioni: ambito applicativo
All'Articolo 3 si stabiliscono i requisiti per beneficiare della maggiorazione del costo del lavoro:
- Soggetti ammessi: Include le entità elencate nell'articolo 73, comma 1, lettere a), b) e c) del TUIR, le loro stabili organizzazioni in Italia, le imprese individuali, le società di persone e gli esercenti arti e professioni.
- Attività continuativa: L'agevolazione è disponibile per chi ha esercitato l'attività per 365 giorni prima del periodo d’imposta successivo al 31 dicembre 2023, o 366 giorni se l'anno include il 29 febbraio.
- Esclusioni: Sono escluse le imprese in liquidazione ordinaria o sottoposte a procedure di liquidazione giudiziale.
- Enti non commerciali: La maggiorazione è applicabile solo per le assunzioni di lavoratori a tempo indeterminato impiegati nell'attività commerciale, a condizione di separata evidenza contabile.
- Attività miste: Per attività con redditi determinati in modo non analitico, la maggiorazione non è disponibile per i lavoratori impiegati esclusivamente in tali attività.
Maxi deduzione per assunzioni 2024: Incremento occupazionale
All'art 4 si specifica che la maggiorazione è concessa se il numero di lavoratori a tempo indeterminato alla fine del periodo d'imposta successivo al 31 dicembre 2023 supera il numero medio di lavoratori a tempo indeterminato dell'anno precedente.
- Esclusioni specifiche: Non si considera il personale assunto per stabili organizzazioni all'estero, né i dipendenti assunti da altre società del gruppo.
- Conversioni contrattuali: Le conversioni da contratti a tempo determinato a tempo indeterminato sono incluse nel calcolo dell'incremento.
- Soci lavoratori e contratti part-time: I soci lavoratori delle cooperative e i contratti part-time sono considerati proporzionalmente.
- Calcolo dell'incremento: Il calcolo dell'incremento occupazionale non considera i lavoratori in distacco e tiene conto dei lavoratori con contratti di somministrazione proporzionalmente alla durata del rapporto.
Maxi deduzione assunzioni 2024:Calcolo della maggiorazione
Non vanno inclusi nel costo del personale gli oneri IFRS 2, gli accantonamenti per il trattamento di fine rapporto e altre voci specifiche del Codice civile.
Ogni entità di un gruppo deve ridurre l'importo della maggiorazione in base a un rapporto tra incremento e decremento occupazionale nel gruppo.
Enti non commerciali: La maggiorazione è proporzionata ai ricavi derivanti dall'attività commerciale rispetto ai ricavi totali.
Attività miste: Per soggetti con redditi determinati in modo non analitico, la maggiorazione è proporzionata ai ricavi derivanti da attività con redditi determinati in modo ordinario.