-
Socio, consigliere di CdA e incompatibilità con iscrizione Albo
Il CNDCEC con un pronto ordini del 29 ottobre replica ad un caso di sospetta incompatibilità per un socio e componente del CdA di società sportiva dilettantistica a responsabilità limitata che pur non percepisce compensi per il suo mandato. Vediamo il caso di specie, il quesito e la replica dei Commercialisti.
Socio, consigliere di CdA e incompatibilità con iscrizione Albo
Il CNDCEC replica ad un quesito per le società sportive pubblicando il pronto ordini n 11696 del 29 ottobre scorso.
Con il quesito pervenuto l’Ordine chiede se per un iscritto all’Albo, socio (non di maggioranza) e membro del CdA di una società sportiva dilettantistica a responsabilità limitata possa profilarsi una possibile incompatibilità, specificando che nell’ambito del CdA l’iscritto riveste la carica di consigliere semplice, senza percezione di alcun compenso.
In riferimento alla fattispecie evidenziata, il CNDCEC ha fornito alcune considerazioni generali che potranno essere di ausilio nella valutazione del caso concreto.
Si osserva preliminarmente che l’art. 4, co. 1, lett. c), d.lgs. 139/2005 dispone che “l'esercizio della professione di dottore commercialista ed esperto contabile è incompatibile con l'esercizio, anche non prevalente, né abituale (…) dell’attività di impresa, in nome proprio o altrui e, per proprio conto, di produzione di beni o servizi, intermediaria nella circolazione di beni o servizi (…)”.
Nelle Note interpretative sulla disciplina delle incompatibilità si evidenzia che la figura del socio di società di capitali, per definizione, non collima con l'esercizio dell’attività d’impresa: di conseguenza la relativa attività è compatibile con l'esercizio della professione.
È da ritenersi compatibile, quindi, lo status di socio di società di capitali anche con partecipazione rilevante, maggioritaria o totalitaria, ma sempre comunque nel rispetto della sua terzietà rispetto all'attività di conduzione della società
Diversamente, l’assunzione da parte dell’iscritto della duplice veste di socio e amministratore di una società di capitali è circostanza che rileva ai fini della valutazione della sussistenza di una situazione di incompatibilità con l’esercizio della professione nella misura in cui sia dimostrato che questi abbia un interesse economico prevalente nella società ed eserciti contestualmente tutti o ampi poteri gestionali
Nel caso di specie, peraltro, si ritiene che tale fattispecie (socio con interesse economico prevalente e con tutti o ampi poteri gestionali) non ricorra, considerato che:
- l’iscritto non risulta essere socio di maggioranza o comunque in una posizione tale da esercitare l’influenza rilevante o notevole sull’assemblea dei soci (almeno formalmente) – secondo l’accezione intesa nelle Note Interpretative3 – né, sotto il profilo gestorio, risulta dotato di ampi poteri di amministrazione (non rivestendo la carica di presidente dell’organo gestorio, ovvero amministratore unico o delegato),
- la società sportiva dilettantistica (SSD), ai sensi dell’art. 90 della Legge 27 dicembre 2002, n. 289, è una società sportiva di capitali o una Cooperativa costituita ai sensi della normativa civilistica vigente, della quale rispetta tutti i principi al netto dell’assenza di scopo di lucro (almeno in linea di principio)
-
Opzione di sconto o cessione: salta la possibilità di correggere gli errori
In occasione della conversione in legge del DL Ominibus, i Commercialisti hanno richiesto la possibilità di correggere le comunicazioni di opzione dei bonus edilizi scadute lo scorso 4 aprile e per le quali non è possibile richiedere la remissione in bonis.
Veniva esplicitato che la “Conversione in legge del decreto-legge 9 agosto 2024, n. 113, recante misure urgenti di carattere fiscale, proroghe di termini normativi ed interventi di carattere economico”, è l'occasione per consentire la correzione degli errori nelle comunicazioni di opzione di sconto o cessione.
La risposta è arrivata durante il question time del 26 settembre
Comunicazioni opzione di sconto o cessione: il CNDCEC chiede di poter correggere gli errori
I commercialisti hanno chiesto di consentire la correzione degli errori nelle comunicazioni di opzione di sconto o cessione il cui termine ultimo di presentazione è scaduto il 4 aprile 2024 è una delle richieste contenute nella memoria sulla “Conversione in legge del decreto-legge 9 agosto 2024, n. 113, recante misure urgenti di carattere fiscale, proroghe di termini normativi ed interventi di carattere economico”, presentata in Senato dal Consiglio nazionale dei commercialisti presieduto da Elbano de Nuccio.
Secondo De Nuccio: “La conversione in legge del decreto-legge in esame può rappresentare la sede ideale per consentire ai contribuenti, finalmente, di correggere gli errori commessi in sede di compilazione e presentazione all’Agenzia delle entrate delle comunicazioni di opzione di sconto o cessione, di cui all’articolo 121, comma 1, lettere a) e b), del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, il cui termine ultimo di presentazione è scaduto il 4 aprile 2024, con l’esclusione dei soli errori che hanno comportato la comunicazione e il riconoscimento di un credito d’imposta di ammontare minore rispetto a quello che sarebbe stato spettante”.
I Commercialisti specificano che non si appesantirebbe il monte dei crediti d’imposta attualmente riconosciuto nei cassetti fiscali dei fornitori e cessionari e preso a base dal MEF per la redazione dei documenti di economia e finanza, ma di darebbe ai contribuenti la possibilità di sanare anche errori per i quali non sussiste altro rimedio che l’annullamento della comunicazione.
In tale contesto, vista la sopravvenuta esclusione delle comunicazioni di opzione dal novero degli adempimenti fiscali per i quali vige il principio della remissione in bonis, tale annullamento non consentirebbe di procedere alla ripresentazione di una nuova comunicazione corretta, con conseguente perdita del credito d’imposta spettante al contribuente.
Tale possibilità di correzione andrebbe concessa a tutti quei condòmini che hanno commesso l’errore di far presentare la comunicazione di opzione al condominio anche con riguardo alle spese relative a interventi agevolati che riguardavano le parti private dell’edificio di pertinenza dei singoli condòmini, anziché le parti comuni di pertinenza condominiale.
La risposta negativa è arrivata con question time in data 26 settembre.
Il sottosegretario Federico Freni, nel corso del question time in commissione Finanze alla Camera ha esplicitato la risposta negativa alla richiesta di correggere fuori tempo massimo le comunicazioni di cessione inviate entro il termine del 4 aprile scorso, ma che contengano piccoli errori da correggere.
Il ministero dell’Economia ha chiuso in modo definitivo ricordando che "L’articolo 2 del decreto legge n. 39 del 2024 stabilisce espressamente che l’istituto della remissione in bonis non si applica alle comunicazioni in argomento. Non è possibile correggere o sostituire le comunicazioni già inviate entro il 4 aprile 2024."
Anche un eventuale intervento correttivo non può più essere realizzato, per un problema di tempi e di risorse.
Per consentire la possibilità di sostituire le comunicazioni errate già registrate in piattaforma sarebbe, altresì, necessario un adeguamento delle procedure informatiche anche al fine di prevenire abusi e consentirne l’utilizzo solo nei casi ammissibili.
-
Visto di conformità ai Tributaristi negato dalla Consulta
Con la Sentenza n. 144 del 2024 la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale relative alla estensione del visto di conformità ai tributaristi.
Ricordiamo che l'Associazione Nazionale dei Tributaristi Lapet aveva sollevato motivi di incostituzionalità dell’art. 35, comma 3, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 sul rilascio del visto di conformità sulle dichiarazioni dei redditi.
Il Consiglio di Stato aveva sospeso il giudizio e rimandato alla Corte eventuali decisioni in merito allo stesso argomento. Vediamo in dettaglio cosa ha statuito la Corte Costituzionale.
Visto ai tributaristi: non fondata la questione di incostituzionalità
La Corte Costituzionale conferma la legittimità del perimetro dei professionisti abilitati a rilasciare il visto di conformità sulle dichiarazioni dei redditi e Iva, e in particolare:
- gli iscritti negli Albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro» (lettera a)
- e i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria
Viene bloccata la richiesta di allargamento anche ai tributaristi sollevata dalla Associazione Lapet dei tributaristi che aveva portato il Consiglio di Stato dubbi sull’articolo 35, comma 3, del Dlgs 241/1997 rispetto agli articoli 3, 41 e 117, comma 1, della Costituzione.
La sentenza 144/2024 della Consulta conclude che:
"la scelta operata dal legislatore non è sproporzionata, in quanto una disciplina meno restrittiva, che consentisse il rilascio del visto di conformità a chiunque presti liberamente consulenza fiscale, non offrirebbe le medesime garanzie di attitudine, di affidabilità e di sottoposizione dei professionisti a controlli stringenti, che possono condurre alla sospensione o alla cessazione della loro attività".
Inoltre, dalle motivazioni si legge che:
"il rilevante interesse pubblico correlato al rilascio del visto di conformità, che non si risolve nella mera predisposizione e trasmissione delle dichiarazioni o nella tenuta delle scritture e dei dati contabili, ma è diretto ad agevolare e rendere più efficiente l’esercizio dei poteri di controllo e di accertamento dell’amministrazione finanziaria, con assunzione della relativa responsabilità (si pensi, ad esempio, alla corretta determinazione degli oneri detraibili collegati al cosiddetto superbonus edilizio)".
Accolta con Favore la Sentenza in oggetto dal Presidente del CNDCEC Elbano De Nuccio mentre non si arrende il Presidente della Lepet Falcone che attende la decisione del Consiglio di Stato dopo la pronuncia della Consulta.
-
Collaboratore di studio: divieto di acquisirne la clientela
Con il pronto ordini n 31 del 18 luglio scorso, il CNDCEC fornisce chiarimenti sull'art 31 comma 3 del codice deontologico dei Commercialisti.
Un Ordine Territoriale chiedeva chiarimenti circa la corretta interpretazione da fornire al divieto indicato all’art. 31, comma 3, del Codice deontologico, il quale prevede che “Il collaboratore che sia iscritto all’albo deve astenersi dal tentativo di acquisire clienti attingendoli dalla clientela dello studio presso il quale ha svolto il rapporto di collaborazione”, alla luce del differente divieto previsto dall’art. 15, comma 5, che vieta al professionista di intraprendere iniziative o comportamenti tendenti ad acquisire in modo scorretto un cliente assistito da altro collega.
Vediamo i dettagli.
Collaboratore di studio e clientela: divieto di acquisirla
Il CNDCEC ricorda che dal 1° aprile 2024 è entrato in vigore il nuovo Codice deontologico della professione, il quale tuttavia non ha modificato i contenuti relativi ai divieti di acquisire la clientela altrui.
Tuttavia, dal mero confronto del dato letterale del divieto di cui all’art. 31, comma 3, e dell’art. 15, comma 5 (ora art. 14, comma 4, nuovo Codice deontologico), emerge che per il collaboratore di studio, a differenza del professionista, assume rilievo deontologico la mera condotta di acquisire o tentare di acquisire la clientela dello studio presso cui collabora, non essendo richiesto che l’acquisizione della clientela avvenga in modo “scorretto” o con modalità non conforme al decoro.
Tale differenza sembrerebbe trovare la sua ratio nel diverso contesto in cui i due soggetti a cui si rivolge il divieto operano:
- il collaboratore di studio, potendo già contare su un contatto diretto con la clientela dello studio del professionista, godrebbe di una posizione di vantaggio, che potrebbe sfruttare per tentate di acquisirla, anche senza ricorrere a modalità scorrette o non conformi al decoro;
- un altro professionista avente un proprio studio professionale autonomo, a cui è vietato acquisire la clientela di altro collega con modalità scorrette o non conformi al decoro.
Sempre dal dato letterale dell’art. 31, comma 3, sembra emergere che il divieto per il collaboratore di studio, per poter avere rilievo disciplinare, richieda una condotta attiva dello stesso che inviti o invogli la clientela dello studio professionale a farsi assistere dallo stesso.
Ad esempio, non sembrerebbero poter assumere rilievo disciplinare le condotte dell’ex collaboratore che senza avere una condotta attiva riceva spontaneamente una richiesta di assistenza dalla clientela dello studio professionale ove prestava la propria opera.
Infine il pronto ordini evidenzia che, come indicato nell’art. 4 del nuovo Codice deontologico della professione, oggetto di valutazione è il comportamento complessivo del professionista e nella detta valutazione devono valutarsi la gravità del fatto, l’eventuale sussistenza del dolo e sua intensità ovvero il grado di colpa, l’eventuale danno procurato, nonché ogni circostanza, soggettiva e oggettiva, connessa alla violazione.
-
Quota Albo Commercialisti: i termini di prescrizione
Con il pronto ordini n 66 del CNDCEC si chiarisce il termine di prescrizione per la quota annuale di iscrizione all'Albo dei dottori Commercialisti alla luce di alcune sentenza di Cassazione, ultima delle quali la n 3757/2024.
Prescrizione quita iscrizione Albo: chiarimenti dal CNDCEC
Il CNDCEC con il pronto ordini n 66/2024 con oggetto Termine di prescrizione contributo annuale di iscrizione all'Albo replica ad un ordine territoriale.
Innanzitutto viene ricordato che ai sensi dell'art 12 comma 1 lett p) del Dlgs n 139/2005 il Consiglio dell'Ordine è legittimato a fissare e riscuotere dai propri iscritti un contributo annuale e un contributo per l'iscrizione nell'Albo o nell'elenco.
L'ordinamento professionale, pertanto, attribuisce al Consiglio una potestà impositiva rispetto ad una prestazione che l'iscritto deve assolvere obbligatoriamente e al cui pagamento è condizionata l'appartenenza all'ordine medesimo e al conseguente esercizio della professione.
Nonostante l'utilizzo del nome "contributo" come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, tale quota annuale ha natura di tassa e l'importo non è commisurato al costo dei servizi resi od al valore delle prestazioni erogate, bensì alle spese necessarie al funzionamento del Consiglio, al di fuori di un rapporto sinallagmatico con l'iscritto.Di conseguenza, il pagamento della quota associativa, la quale matura per tutti coloro che alla data del 1° gennaio di ciascun anno sono iscritti nell'albo o nell'elenco, è dovuto per il solo fatto di essere iscritto all'Albo.
Trattandosi di tassa che va versata con cadenza annuale, può ritenersi che il termine di prescrizione sia quello quinquennale indicato dall'art 2948 cc secondo cui "Si prescrivono in cinque anni: … 4) in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi". -
Assistenza per operazioni di M&A: quale onorario applicare?
In data 26 guigno l'ADC associaizoni di commercialisti ha pubblicato un vademecum con suggerimenti per il calcolo delle tariffe.
Tra gli altri, secondo il Vademecum, relativamente alle operazioni di M&A la determinazione dei compensi varia molto in considerazione dell’attività effettivamente svolta dal professionista.
Il documento orientativo specifica testualmente che a tal proposito "Sono da considerare la dimensione dell’incarico, la complessità dell’operazione e la stima delle probabilità di concludere il deal. L’ Advisor è colui che gestisce il processo di M&A, negozia i termini dell’operazione con la controparte, trova i possibili acquirenti. Assiste inoltre con impegno e continuità l’imprenditore/management con lo scopo di focalizzare costantemente le risorse sulla preparazione e sviluppo del processo di vendita o fusione."
Ciò premesso, per operazioni di M&A, lo stesso vademecum indica di procodere come segue
valore del deal compenso Fino 3.000.000
Dal 4% al 6% Da 3.000.001 a 6.000.000
Dal 3% al 5% Da 6.000.001 a 10.000.000 Dal 2% al 4% Da 10.000.001 a 20.000.000
Da 10.000.001 a 20.000.000 Dal 1% al 3% Da 20.000.001 a 50.000.000
Da 20.000.001 a 50.000.000 Dal 1% al 2% Oltre 50.000.000
Oltre 50.000.000 Dallo 0,5% al 1% -
Commercialista e trustee: chiarimenti sulla compatibilità
Con il pronto ordini n 56 del 17 giugno il CNDCEC replica con il quale si domanda sulla compatibilità della professione di Commercialista e la figura del Trustee.
In particolare, si chiede se il Commercialista possa incorrere in una causa di incompatibilità con l’esercizio della professione, tenuto conto del fatto che l’attività del trustee consiste nel gestire i beni vincolati in trust nell'interesse dei beneficiari (disponenti) e l’attività del protector consiste nella vigilanza sull’operatodel trustee nell’interesse dei beneficiari o dello scopo del trust.
Infine, si chiede se l’attività del trustee e quella del protector, per la tipica professionalità richiesta nell’espletamento dell’incarico, possano rientrare tra quelle specifiche e solitamente svolte da un Commercialista.Commercialista e trustee: chiarimenti sulla compatibilità
Il CNDCEC evidenzia che trustee e protector sono entrambe figure previste nel trust, noto istituto giuridico di matrice anglosassone attraverso il quale un soggetto disponente (cd. settlor) trasferisce la titolarità dei beni ad un altro soggetto (cd. trustee) che li deve amministrare e gestire a favore di altri soggetti (cd. beneficiari) cui dovrà trasferirli dopo un dato periodo di tempo, ovvero in funzione di un determinato scopo.
Al momento della costituzione del trust, il settlor può scegliere un protector per controllare la gestione del trust nell’interesse del beneficiario.
Tra settlor, trustee e beneficiario si instaura un rapporto fiduciario in ragione del quale il bene di cui è titolare il trustee in realtà è vincolato al trust, quindi sottoposto ad un vincolo di destinazione e di separazione. In particolare, il trustee ha un potere-dovere di amministrare, gestire e disporre dei beni del trust ricevuti dal settlor nell’interesse del beneficiario. Tale potere-dovere è soggetto a due vincoli tassativi, individuati nelle norme di legge e nella volontà del settlor, come emerge dall’atto costitutivo del trust.Ai predetti vincoli devono aggiungersi anche alcuni precetti di natura comportamentale, rinvenibili nel dovere di lealtà e fedeltà del trustee e nell’obbligo del medesimo di evitare ogni conflitto tra i propri interessi personali e quelli del beneficiario e, più genericamente, gli obblighi derivanti dal trust.
L’elemento qualificante di un trust è la piena separazione (cd. segregazione) del patrimonio conferito, che dalla sfera giuridica del settlor passa in piena proprietà al trustee.
Tenuto conto del fatto che il trustee, seppur titolare della proprietà dei beni conferiti e vincolati nel trust, si limita a gestirli nell'esclusivo interesse dei beneficiari, tale figura può essere assimilata a quella di un amministratore o amministratore unico o liquidatore di società di capitali con ampi (o tutti) i poteri gestionali.Di conseguenza, non sussistono cause di incompatibilità con l’esercizio della professione.
Resta fermo quanto rappresentato nelle Note Interpretative del CNDCEC in merito alla eventuale circostanza che in capo all’iscritto siano ravvisabili, in base a qualunque atto o documento acquisito:
- i) un interesse economico prevalente;
- ii) una situazione di socio influente od occulto, giacché in tali casi l'attività sarà considerata incompatibile.
Inoltre, non si ha motivo per ravvisare alcuna incompatibilità tra l’iscrizione all’albo e lo svolgimento dell’attività di protector, consistendo quest’ultima – come correttamente rilevato dall’Ordine richiedente – nella vigilanza sull’operato del trustee nell’interesse dei beneficiari o dello scopo del trust.
Infine l'attività del trustee e quella del protector possono rientrare senz’altro tra quelle specifiche e solitamente svolte da un Commercialista; al riguardo, si richiamano le seguenti attività che formano oggetto della professione ai sensi del D.lgs. n. 139/2005:
- l’amministrazione e la liquidazione di aziende, di patrimoni e di singoli beni (art. 1, co. 2, lett. a) e, più specificamente,
- le funzioni di sindaco e quelle di componente di altri organi di controllo o di sorveglianza, in società o enti, nonché di amministratore, qualora il requisito richiesto sia l’indipendenza o l’iscrizione in albi professionali