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    Professione Revisione legale: regole in vigore dal 01.07 per l’esame di abilitazione

    Con Decreto n 71/2023 pubblicato in GU n  139 del 16 giugno viene pubblicato il regolamento che modifica il precedente n  63/2016 con la disciplina in materia dell'esame di idoneità professionale per l'abilitazione all'esercizio della revisione legale.

    Il decreto in vigore dal 1 luglio, con il primo articolo reca modifiche alla composizione della commissione esaminatrice e in particolare la commissione  esaminatrice è nominata  con  decreto del  direttore generale  della  Direzione  generale   degli  affari  interni   del Dipartimento per  gli  affari  di  giustizia  del  Ministero   della giustizia, sentito il Ministero dell'economia e delle finanze, ed  è composta da:

    • a)  un  magistrato  con  qualifica  non  inferiore  a  quella  di magistrato di III valutazione di professionalità che la presiede;
    • b) due professori universitari ordinari o associati nelle materie indicate nell'articolo 1;
    • c) un revisore legale iscritto  nel  registro  da  almeno  cinque anni;
    • d) un dirigente del Ministero dell'economia  e  delle  finanze  – Dipartimento della ragioneria generale dello Stato.

    Con l'art' 2 sono fornite indicazioni dettagliate sullo svolgimento delle prove scritte, e nello specifico relativamente a:

    • tempistiche;
    • modalità di sorteggio delle materie d’esame;
    • durata per lo svolgimento di ciascuna delle prove;
    • testi legislativi ammessi alle prove;
    • adempimenti al cui rispetto sono tenuti i candidati durante le prove;
    • modalità di correzione e di valutazione degli elaborati.

    In merito alla prova orale si prevede che:

    «3.  Le prove orali si svolgono in un'aula  aperta  al  pubblico,  ovvero  in videoconferenza attraverso  l'utilizzo  di  strumenti  informatici  e digitali, garantendo comunque l'adozione di  soluzioni  tecniche  che assicurino  la  pubblicità della  stessa,   l'identificazione   dei partecipanti  e  la  sicurezza  delle   comunicazioni   e   la   loro tracciabilità e ferma restando la presenza,  presso  la  sede  della prova di esame, del segretario della commissione e del  candidato  da esaminare. La prova orale completa non puo' avere durata superiore  a sessanta minuti.»

    Nel terzo e ultimo articolo viene previsto che

    "Sono infine esonerati dal controllo delle conoscenze teoriche per  le materie di cui all'articolo  1,  comma  1,  che  hanno  già formato oggetto di esame universitario, secondo le modalità contenute  nella convenzione quadro di cui all'articolo 3, comma  1-bis,  del  decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, i soggetti che  hanno  conseguito il titolo di studio indicato nella convenzione medesima." 

    Allegati:
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    Procedimento dell’Ordine per recupero somme dovute da Iscritti morosi

    Con il pronto ordini del 18 aprile il CNDCEC risponde a quesito sul recupero delle quote dagli iscritti morosi.

    In particolare, si ricorda che ai sensi dell’art.12, comma 1, lett. p) del D.Lgs. 28 giugno 2005, n. 139, il Consiglio dell’Ordine “stabilisce un contributo annuale ed un contributo per l’iscrizione nell’albo e/o nell’elenco, …”. 

    L’importo del contributo è liberamente determinato dal Consiglio dell’Ordine, sia pure entro i limiti strettamente necessari a coprire le proprie spese (ex art. 7, comma 2, decreto legislativo luogotenenziale 23 novembre 1944, n. 382)

    Le norme attribuiscono al Consiglio dell’Ordine un vero e proprio potere impositivo nei confronti di coloro che sono iscritti nell’albo professionale. 

    Tale contributo, come stabilito dall’ordinanza 1782/2011 della Corte di Cassazione, ha natura di tassa, il cui importo non è commisurato al costo del servizio reso od al valore della prestazione erogata, bensì alle spese necessarie al funzionamento dell’ente, al di fuori di un rapporto sinallagmatico con l’iscritto.

    Si ritiene che il Consiglio dell’Ordine possa, data anche la natura tributaria del contributo, nell’ambito della propria autonomia in materia di contribuzione prevedere sanzioni amministrative pecuniarie per il ritardato versamento

    Con riguardo alle spese amministrative del procedimento disciplinare, si ricorda che il comma 5 dell’art 6 del Regolamento per l’esercizio della funzione disciplinare territoriale Procedura semplificata per alcune fattispecie di illecito prevede che:

    •  “nei confronti dell'iscritto, qualora sanzionato, può essere disposto il rimborso forfettario delle spese amministrative del procedimento se e nei limiti di quanto deliberato dal Consiglio dell'Ordine". 

    Pertanto, i diritti amministrativi relativi al procedimento disciplinare possono essere previsti dal Consiglio dell’Ordine solo se preventivamente determinati con apposita delibera e saranno dovuti solo se l’iscritto viene sanzionato

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    Relazione organo di revisione: il CNDCEC pubblica il format

    Il Consiglio Nazionale dei Commercialisti ed Esperti Contabili ha reso disponibile un file contenente tra gli altri il format della Relazione dell'Organo di revisione degli enti locali per la gestione 2022.

    In particolare, i Comuni entro il 30 aprile approveranno il Rendiconto dell'esercizio 2022 a cui allegare appunto la relazione di cui si tratta.

    Il documento completo predisposto dal CNDCEC e ANCREL, Associazione Nazionale Certificatori e Revisori Enti Locali, è scaricabile dal sito del Consiglio nazionale dei Commercialisti in formato zip con anche la guida utile alla compilazione. 

    Nel dettaglio il documento è composto da:

    • un format con traccia della relazione dell'organo di revisione
    • tabelle in formato Excel editabili

    Ricordiamo che la Relazione al rendiconto 2022 è predisposta nel rispetto della parte II "Ordinamento finanziario e contabile del d.lgs. 18/8/2000, n. 267" (TUEL) e dei principi contabili generali allegati al d.lgs. n. 118/2011. 

    Per la formulazione della relazione e per l'esercizio delle sue funzioni, l'organo di revisione può avvalersi delle check list pubblicate e dei principi di vigilanza e controllo emanati dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili.

    Si specifica che, il documento in oggetto è uno schema (fac simile) per la formazione della relazione dell'organo di revisione, il quale è l'unico responsabile dei rapporti con i soggetti destinatari del documento, e della documentazione a supporto prodotta nell'ambito dell'attività di vigilanza e controllo anche mediante apposite carte di lavoro e check-list.

    Ti consigliamo di leggere dal Sito della Revisione Legale l'ulteriore approfondimento.

    Lo schema di relazione è aggiornato tenendo conto delle norme emanate e della prassi pubblicata fino alla data di pubblicazione del documento.

    E' bene specificare che la Relazione dell'Organo di revisione degli enti locali include:

    • un approfondimento sulle verifiche che il revisore deve effettuare relativamente agli effetti sulla gestione finanziaria 2022 connessi all'emergenza sanitaria da Covid-19 e alla crisi  energetica 
    • una specifica sezione relativa ai controlli sulla gestione dei fondi PNRR-PNC.
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    Liquidazione compenso CTU: chiarimenti del CNDCEC

    Con il Pronto ordini n 21 dell'8 marzo, il Consiglio dell’Ordine si esprime in tema di liquidazione degli onorari, ai sensi dell’art. 12, co. 1, lett. i) D.Lgs. n. 139/2005, a seguito della richiesta di un iscritto che abbia svolto attività professionale di CTU nominato dal Tribunale e la cui richiesta di liquidazione delle spettanze alla detta autorità, presentata oltre il termine di cui all’art. 71 DPR n. 115/2002, sia stata rigettata. 

    Il Consiglio, al fine di rispondere al quesito preliminarmente chiarisce aspetti del procedimento di liquidazione delle spettanze agli ausiliari del magistrato. 

    L’art. 71 DPR n. 115/2002 prevede che

    •  <… le spettanze agli ausiliari del magistrato, sono corrisposte a domanda degli interessati, presentata all'autorità competente ai sensi degli articoli 165 e 168 > (comma 1) 
    • e < La domanda è presentata, a pena di decadenza: trascorsi cento giorni … dal compimento delle operazioni per gli onorari e le spese per l'espletamento dell'incarico degli ausiliari del magistrato > (comma 2). 

    Pertanto, al fine di poter ottenere la liquidazione delle spettanze è necessario che l’ausiliario presenti apposita domanda alla competente autorità giudiziaria ossia al magistrato titolare del procedimento in cui è stato nominato e provveda a ciò, a pena di decadenza, entro il termine di 100 giorni dal completamento delle operazioni peritali ossia dal deposito della relazione finale. 

    Viene sottolineato che, il termine indicato è previsto a pena di decadenza e, pertanto, in caso di mancato rispetto dello stesso, l’ausiliario non potrà più esercitare il diritto al compenso

    Infatti, l'art. 2966 c.c. dispone che: nel caso di specie, l’atto previsto dalla legge per impedire la decadenza consisteva nel deposito della domanda di liquidazione delle spettanze entro l’indicato termine dal completamento delle attività e, da quanto emerge dal quesito, tale attività non si è verificata. 

    Viene sottolineato che, la circostanza che l’ausiliario sia decaduto dal diritto di poter richiedere il compenso per le attività professionali preclude allo stesso di poter esercitare il detto diritto anche al di fuori del procedimento di liquidazione di cui all’art. 71 DPR n. 115/2002.

    La giurisprudenza di legittimità ha evidenziato, in un caso simile a quello sottoposto al Consiglio, che: “In tema di spese di giustizia, il diritto al pagamento delle spettanze dell'ausiliario del magistrato va esercitato mediante istanza di liquidazione da formularsi nel termine di cento giorni dal compimento delle operazioni previsto, a pena di decadenza sostanziale, dall'art. 71 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, sicché, verificatasi detta decadenza, è preclusa all'ausiliario la proposizione di una domanda di riconoscimento del compenso, tanto nelle forme del processo civile ordinario quanto nel giudizio di opposizione al decreto di liquidazione ex art. 170 del d.P.R. n. 115 del 2002” (Cass. civ. n. 4373/2015).

    Alla luce di tutto ciò, deve escludersi che il Consiglio dell’Ordine possa formulare un parere di liquidazione degli onorari dell’ausiliario, non potendo più questo esercitare il diritto al compenso.

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    Verifica requisiti iscrizione albo: il CNDCEC ricorda la scadenza del 31.03

    Con l'informativa n 26 del 27 febbraio con oggetto "Verifica periodica sul permanere dei requisiti di legge in capo agli iscritti nell’albo e nell’elenco speciale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili" il Consiglio nazionale dei Commercialisti ricorda che l'Ordinamento prevede che gli Ordini entro il primo trimestre di ogni anno e quindi entro il 31 marzo, procedano alla revisione dell’albo, provvedendo alle occorrenti variazioni (art. 34, comma 1, D.Lgs. 139/2005). 

    Pertanto, è necessario procedere alla verifica del permanere in capo agli iscritti dei requisiti per l’iscrizione

    Sono oggetto di verifica i requisiti suscettibili di variazione nel corso del tempo quali:

    • il godimento del pieno esercizio dei diritti civili,
    • il possesso della la residenza e/o del domicilio professionale
    • nel circondario dell’Ordine, 
    • l’assenza di situazioni di incompatibilità (o, viceversa, la sua presenza in caso di iscrizione nell’elenco speciale) 
    • la condotta irreprensibile. 

    Come chiarito nelle informative precedenti le n 28/2018 e n 15/2022 alle quali si rinvia, la verifica può essere effettuata anche mediante richiesta di rendere dichiarazioni sostitutive di certificazione e di atto notorio ex artt. 46 e 47 del d.P.R. 445/20003. 

    Inoltre viene precisato che è necessario sottoporre a verifica anche il mantenimento dei requisiti delle società tra professionisti (STP) iscritte nell’apposita sezione dell’albo. 

    Ricordando che, i requisiti richiesti per l’iscrizione delle STP sono quelli previsti dall’articolo 10, legge 183/2011 e dal D.M. 34/2013 (art. 9)4, il CNDCEC in allegato alla informativa trasmessa agli Ordini, ha inviato il modello di ausilio per la verifica del mantenimento dei requisiti da parte delle STP. 

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    Sostituzione componente Collegio Revisori: chiarimenti del CNDCEC

    Con il pronto Ordini 205/2023 il CNDCEC risponde a dubbi sulla sostituzione di un revisore dimissionario.

    In particolare, si forniscono chiarimenti in merito alla procedura per la sostituzione di un componente del Collegio dei Revisori, considerata la mancata accettazione dell’incarico da parte dei revisori supplenti

    Il Consiglio dei Commercialisti ricorda che ai sensi dell’art. 24, D.Lgs. 28 giugno 2008, n. 139, il collegio dei revisori “è composto da tre membri effettivi e due supplenti”. 

    Viene precisato che, per la completa costituzione del collegio dei revisori è necessaria non solo la presenza dei membri effettivi, ma anche dei membri supplenti. 

    Infatti, anche se il collegio possa regolarmente adempiere alle proprie funzioni con la presenza dei membri effettivi, al fine di garantire la continuità di funzionamento dell’organo di controllo è necessario che siano disponibili anche i due sindaci supplenti.

    Nel caso di specie è necessario procedere tanto alla sostituzione del componente effettivo dimissionario, tanto a quella dei due componenti supplenti che hanno rinunciato all’incarico nel momento in cui sono stati chiamati a sostituire il componente effettivo dimissionario.

    Viene specificato che, qualora all’esito delle elezioni con cui è stato eletto il collegio dei revisori risultino dei candidati non eletti, il collegio potrà essere reintegrato con i primi candidati votati non eletti.

    Nel caso in cui non sia possibile procedere alle sostituzioni dei componenti del collegio dei revisori nei modi sopra indicati, si dovranno indire le nuove elezioni per procedere alla nomina dei componenti effettivi e/o supplenti mancanti. 

    Infine, viene specificato che i nuovi componenti, eletti per procedere alla reintegrazione del collegio, scadranno insieme ai revisori ancora in carica e le eventuali nuove elezioni dovranno svolgersi nel rispetto del regolamento elettorale approvato dal Ministro della Giustizia il 1° giugno 2021 con date individuate autonomamente dal Consiglio dell’Ordine.  

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    Segreto Professionale: ambito di applicazione per i commercialisti

    Con il pronto ordini n. 203 del 19.01 il CNDCEC chiarisce l'ambito di applicazione del segreto professionale per i Commercialisti.

    In particolare, veniva richiesto se un iscritto, il quale ha ricevuto dall’Agenzia delle Entrate un questionario ex art. 51. d.P.R. n. 633/1972 richiedente l’esibizione della documentazione inerente l’esecuzione della prestazione professionale resa nei confronti di un cliente, possa, in assenza di autorizzazione del cliente stesso, dar seguito alla richiesta dell’Agenzia delle Entrate, senza incorrere nelle sanzioni deontologiche, civili e penali conseguenti alla violazione del segreto professionale. 

    Viene chiarito che fermo restando che sarà compito dell’iscritto valutare per quali tra i documenti richiesti può opporre il segreto professionale, in sede di risposta al questionario l’eventuale esibizione di documentazione nota, conoscibile o già divulgata nonché documentazione che rivesta un interesse prettamente economico e fiscale del cliente, può costituire scriminante dal punto di vista sia disciplinare sia penale, anche in assenza di autorizzazione della parte assistita.

    Vediamo come il CNDCEC è giunto alla suddetta precisazione.

    Innanzitutto, il Consiglio specifica che nell’ordinamento professionale l’obbligo del segreto professionale è previsto dall’art. 5 del D.Lgs. n. 139/2005.

    Esso dispone in via generale che “Gli iscritti nell'Albo hanno l'obbligo del segreto professionale. Nei loro confronti si applicano gli articoli 199 e 200 del Codice di procedura penale e l'articolo 249 del Codice di procedura civile, salvo per quanto concerne le attività di revisione e certificazione obbligatorie di contabilità e di bilanci, nonché quelle relative alle funzioni di sindaco o revisore di società od enti”

    Il segreto professionale attiene ai fatti, informazioni e circostanze che l’iscritto apprende in ragione dell’espletamento del mandato professionale e le stesse devono pertanto mantenersi riservate e confidenziali. All’iscritto, proprio in ragione di tale prerogativa, è riconosciuto il diritto di astenersi dal rendere testimonianza nell’ambito del processo penale e civile.

    L’obbligo del segreto professionale trova il suo completamento nell’art. 10 del Codice deontologico, il quale prevede che “1. Il professionista, fermi restando gli obblighi del segreto professionale e di tutela dei dati personali, previsti dalla legislazione vigente, deve mantenere l’assoluto riserbo e la riservatezza delle informazioni acquisite nell’esercizio della professione e non deve diffondere tali informazioni ad alcuno, salvo che egli abbia il diritto o il dovere di comunicarle in conformità alla legge. 2. Le informazioni acquisite nell’esercizio della professione non possono essere utilizzate per ottenere alcun vantaggio personale del professionista o di terzi. 3. Il professionista vigilerà affinché il dovere di riservatezza sia rispettato anche dai suoi tirocinanti, dipendenti e collaboratori”.
    Infine, l’obbligo di mantenere il segreto professionale si ricava anche dall’art. 622 c.p., il quale punisce la condotta di chi, avendo notizia, per ragione della propria professione, di un segreto, lo rivela senza giusta  causa.
    Di conseguenza, l’iscritto che viola il segreto professionale, divulgando a terzi le notizie che gli siano state confidate da un proprio cliente, potrebbe essere chiamato a rispondere in sede disciplinare, civile e penale.
    Viene quindi specificato che le norme indicate individuano quindi:

    • da un lato il dovere per l’iscritto di mantenere riservate le informazioni apprese in ragione dell’espletamento del mandato 
    • e dall’altro lato il diritto a non comunicarle e/o riferirle a terzi.

    Nell’ordinamento il diritto a non divulgare le informazioni apprese in ragione dell’espletamento del mandato non solo può esercitarsi nell’ambito delle testimonianze civili e penali, come sopra evidenziato, ma anche in sede di accessi, ispezioni e verifiche disposte dagli Uffici facenti parte dell’Amministrazione finanziaria. Infatti, all’art. 52, comma 3, d.P.R. n. 633/1973 è previsto che il professionista che subisce l’accesso possa eccepire il segreto professionale relativamente a 

    • perquisizioni personali, 
    • all'apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili, 
    • all'esame di documenti 
    • e alla richiesta di notizie. 

    In tal caso la norma prevede che tali attività possano essere eseguite solo a seguito dell'autorizzazione del procuratore della Repubblica o dell'autorità giudiziaria.
    Viene inoltre sottolineato che, non essendo prevista una norma che individui quali siano i documenti o le informazioni per le quali il professionista possa opporre fondatamente il segreto professionale, si ritiene che, come rilevato da autorevole dottrina, siano esclusi dal dovere di segretezza i fatti notori, ovvero le notizie che risultano essere conosciute da un elevato numero di persone o siano state in ogni caso divulgati dalla stessa parte assistita

    La Guardia di Finanza, con la circolare n. 1/2008, ha ad esempio ritenuto che “ il segreto professionale possa essere fondatamente opposto soltanto per quei documenti che rivestono un interesse diverso da quelli economici e fiscali del professionista o del suo cliente e, pertanto, quando i documenti non presentano alcuna utilità ai fini fiscali; non pare quindi che possa essere eccepito il segreto professionale per le scritture ufficiali né per i fascicoli dei clienti, limitatamente però, per quanto attiene a questi ultimi, all’acquisizione dei documenti che costituiscono prova dei rapporti finanziari intercorsi fra professionista e cliente”.
    In conclusione, fermo restando che sarà compito dell’iscritto valutare per quali tra i documenti richiesti può opporre il segreto professionale, in sede di risposta al questionario l’eventuale esibizione di documentazione nota, conoscibile o già divulgata nonché documentazione che rivesta un interesse prettamente economico e fiscale del cliente, può costituire scriminante dal punto di vista sia disciplinare sia penale, anche in assenza di autorizzazione della parte assistita.