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La comproprietà nello stesso comune preclude la prima casa
La Corte di Cassazione con la pronuncia n 24477 del 3 settembre ha confermato che l’agevolazione “prima casa” è esclusa anche nei casi di comunione ordinaria tra coniugi, non solo in caso di comunione legale.
Si segna un punto sulla interpretazione della Nota II-bis dell’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR n. 131/1986 sulla agevolazione prima casa.
Vediamo il caso di specie.
Comproprietà casa nello stesso comune preclude la prima casa
La vicenda trae origine da un avviso di rettifica notificato dall’Agenzia delle Entrate a una contribuente che aveva acquistato un immobile chiedendo l’agevolazione prima casa.
L’Ufficio contestava la spettanza del beneficio, rilevando che essa già risultava contitolare, in comunione ordinaria con il coniuge, di un altro immobile situato nello stesso comune.
Secondo l’Agenzia, questo elemento bastava a precludere l’accesso all’agevolazione, sulla base della lett. b) della Nota II-bis del DPR n. 131/1986.
La contribuente eccepiva che tale preclusione valesse solo per i casi di comunione legale e che, nel suo caso, il regime patrimoniale era di separazione dei beni, dunque con titolarità individuale delle quote.
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della contribuente, sposando integralmente la tesi dell’Agenzia delle Entrate.
Secondo i giudici, la dicitura “in comunione con il coniuge” di cui alla lett. b) della Nota II-bis deve essere interpretata in senso letterale, senza limitazioni al solo caso della comunione legale.
La Corte ha enunciato il seguente principio: "In materia di agevolazione prima casa, la circostanza che l'acquirente sia già comproprietario pro-quota con il coniuge in comunione ordinaria di altra abitazione idonea nello stesso Comune preclude il riconoscimento dell'agevolazione”
Viene chiarito che, essendo la lett. b) riferita specificamente al comune in cui è situato l’immobile, non è corretto interpretarla in senso restrittivo alla sola comunione legale.
Al contrario, tale distinzione è esplicitata solo nella lett. c) della stessa Nota, che riguarda invece la titolarità su tutto il territorio nazionale.
Secondo i giudici di legittimità le norme fiscali agevolative, essendo eccezionali, sono soggette a stretta interpretazione, ai sensi dell’art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale.
Non è quindi possibile ampliare il significato delle espressioni normative con interpretazioni analogiche o estensive.
Il termine “comunione con il coniuge” va preso nel suo senso ordinario, che include qualsiasi forma di contitolarità, anche se non legata al regime patrimoniale legale.
La Corte ha anche escluso che la titolarità pro-quota di un immobile in comunione ordinaria con il coniuge equivalga a inidoneità abitativa, specificando che in presenza di matrimonio in essere (quindi non in caso di separazione legale), si presume la coabitazione e l’idoneità abitativa del bene comune, a prescindere dalla quota posseduta.
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Prima casa: nuovo termine di 2 anni anche al credito d’imposta
Con la Risposta a interpello n 197 del 30 luglio si chiarisce l'agevolazione prima casa nel nuovo termine di due anni entro cui alienare l'immobile preposseduto.
Ricordiamo appunto che dal 1° gennaio 2025, grazie alla Legge di Bilancio 2025 (art. 1, comma 116, Legge n. 207/2024), il termine per vendere la casa pre-posseduta per mantenere l’agevolazione “prima casa” è stato esteso da uno a due anni.
Una modifica significativa che mira a semplificare il cambio della prima abitazione.L’istante ha acquistato nel novembre 2024 una nuova “prima casa” con le agevolazioni fiscali, pur possedendo ancora un immobile acquistato con le stesse agevolazioni, impegnandosi a venderlo entro un anno.
A seguito della modifica normativa del 2025, che ha esteso tale termine da uno a due anni, chiede:- se può beneficiare del nuovo termine biennale, anche se ha acquistato prima del 2025;
- se può mantenere il diritto al credito d’imposta per il riacquisto, vendendo l’immobile precedente entro due anni e non più entro uno.
Prima casa: nuovo termine di 2 anni per vendere e mantenere l’agevolazione
Con la novità normativa si prevede che il contribuente, già titolare di una casa acquistata con agevolazioni, possa beneficiare dell’aliquota agevolata al 2% anche se non ha ancora venduto l’immobile pre-posseduto, purché ciò avvenga entro due anni dal nuovo acquisto.
Secondo quanto chiarito dalla Risposta n. 197/2025 dell’Agenzia delle Entrate, il nuovo termine non è limitato agli atti stipulati dopo il 1° gennaio 2025, ma vale anche per gli atti stipulati nel 2024, se al 31 dicembre 2024 non è ancora decorso il termine di un anno per la vendita della prima casa.
Le entrate chiarisconono anche che l'agevolazione fiscale all'acquisto riguarda:
- l’aliquota di registro ridotta al 2% per chi acquista una prima casa;
- il credito d’imposta che spetta a chi vende la prima casa e ne riacquista una nuova entro un anno.
La normativa sul credito d’imposta (art. 7, L. 448/1998) non è stata modificata, tuttavia, l’Agenzia conferma che, in coerenza con la ratio della riforma del 2016, il credito spetta anche se il nuovo acquisto precede la vendita, a condizione che l’immobile pre-posseduto venga venduto entro due anni.
Il credito d’imposta spetta anche se si vende entro due anni (non più solo entro uno), ma solo se l’acquisto agevolato avviene prima della vendita e si rispetta la nuova finestra temporale.
Differenze tra agevolazione prima casa e credito d’imposta per riacquisto
Caratteristica Agevolazione prima casa Credito d’imposta riacquisto Quando si applica Al momento dell’acquisto di una casa Dopo la vendita di una casa già agevolata Beneficio fiscale Aliquota ridotta: 2% imposta di registro (o IVA ridotta) Recupero imposta già versata sulla casa precedente Requisito principale Non possedere altri immobili agevolati (oppure impegnarsi a venderli entro 2 anni) Acquistare una nuova casa con agevolazioni entro 1 anno dalla vendita della precedente (ora anche entro 2 anni, secondo prassi) Normativa di riferimento Nota II-bis, art. 1 Tariffa Parte I, DPR 131/1986 Art. 7, Legge 448/1998 Compatibilità Si applica anche se si possiede un’altra casa, se venduta entro 2 anni Compatibile solo se vendita e riacquisto avvengono nei termini e con requisiti -
Mutui prima casa: detrazione nel 730/2025
Come è noto nella dichiarazione dei redditi è possibile avere una detrazione per le spese sostenute per gli interessi passivi sui mutui accesi dal contribuente.
In particolare, gli oneri accessori e le quote di rivalutazione corrisposti in dipendenza di mutui danno diritto ad una detrazione dall’imposta lorda nella misura del 19 per cento.
La detrazione spetta con differenti limiti e condizioni a seconda della finalità del mutuo contratto dal contribuente.
Si tratta, in particolare, dei:- mutui ipotecari contratti per l’acquisto dell’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale (rigo E7);
- mutui ipotecari stipulati prima del 1993 su immobili diversi da quelli utilizzati come abitazione principale (righi da E8 a E10 codice 8);
- mutui (anche non ipotecari) contratti nel 1997 per effettuare interventi di manutenzione, restauro e ristrutturazione su tutti gli edifici compresa l’abitazione principale (righi da E8 a E10 codice 9);
- mutui ipotecari contratti a partire dal 1998 per la costruzione e la ristrutturazione edilizia di unità immobiliari da adibire ad abitazione principale (righi da E8 a E10 codice 10);
- prestiti e mutui agrari di ogni specie (righi da E8 a E10 codice 11).
In merito ai mutui per l'acquisto della abitazione principale è bene ricordare che per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente o i suoi familiari dimorano abitualmente.
Pertanto, la detrazione spetta al contribuente acquirente e intestatario del contratto di mutuo, anche se l’immobile è adibito ad abitazione principale di un suo familiare (coniuge, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo grado).
Detrazione interessi 2025 per mutui prima casa
Per i mutui ipotecari contratti per l’acquisto dell’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale la detrazione spetta con riferimento agli interessi passivi e oneri accessori pagati nel corso del 2024, a prescindere dalla scadenza della rata (criterio di cassa).
Tra gli oneri accessori detraibili, a titolo di esempio, vi sono:
- la commissione spettante agli istituti di credito per la loro attività di intermediazione;
- le spese notarili che comprendono sia l’onorario del notaio per la stipula del contratto di mutuo sia le spese sostenute dal notaio per conto del cliente quali, ad esempio, l’iscrizione e la cancellazione dell’ipoteca.
Sono invece escluse dalla detrazione le spese:
- di assicurazione dell’immobile in quanto non hanno il carattere di necessarietà rispetto al contratto di mutuo,
- inerenti l’onorario del notaio per la stipula del contratto di compravendita;
- per imposte di registro, l’IVA e le imposte ipotecarie e catastali, connesse al trasferimento dell’immobile;
- per l’incasso delle rate di mutuo.
Interessi mutui prima casa: dove indicarli nel 730/2025
Le spese per interessi passivi sui mutui per l'acquisto della abitazione principale vanno indicati nel quadro E al rigo E7. La detrazione spetta su un importo massimo di 4.000,00 euro.
Nel rigo E7: indicare gli interessi passivi, gli oneri accessori e le quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione per mutui ipotecari contratti per l’acquisto di immobili adibiti ad abitazione principale:
- nella colonna 1 indicare gli importi corrisposti nel 2024 e dovuti per contratti di mutuo stipulati entro il 31 dicembre 2021. L’importo indicato in colonna 1 deve comprendere gli interessi passivi sui mutui ipotecari indicati nella sezione “Oneri detraibili” (punti da 341 a 352) della Certificazione Unica con il codice onere “7”. Non possono essere indicate le spese sostenute nel 2024 che nello stesso anno sono state rimborsate dal datore di lavoro in sostituzione delle retribuzioni premiali e indicate nella sezione “Rimborsi di beni e servizi non soggetti a tassazione – art. 51 Tuir” (punti da 701 a 706) della Certificazione Unica con il codice onere 7;
- nella colonna 2 indicare gli importi pagati nel 2024 e dovuti per contratti di mutuo stipulati a partire dal 1° gennaio 2022 e l’importo degli interessi relativi ai mutui per cui dal 1° gennaio 2022 è intervenuto un accollo/subentro/rinegoziazione. In questi casi per data di stipula del mutuo è da intendersi la data di stipula del contratto di accollo/subentro/rinegoziazione/ del mutuo. L’importo indicato in colonna 2 deve comprendere gli interessi passivi sui mutui ipotecari indicati nella sezione “Oneri detraibili” (punti da 341 a 352) della Certificazione Unica con il codice onere “48”. Non possono essere indicate le spese sostenute nel 2024 che nello stesso anno sono state rimborsate dal datore di lavoro in sostituzione delle retribuzioni premiali e indicate nella sezione “Rimborsi di beni e servizi non soggetti a tassazione – art. 51 Tuir” (punti da 701 a 706) della Certificazione Unica con il codice onere 48.
Attenzione al fatto che, in caso di separazione legale, anche il coniuge separato, finché non interviene l’annotazione della sentenza di divorzio, rientra tra i familiari.
In caso di divorzio, al coniuge che ha trasferito la propria dimora abituale spetta comunque la detrazione per la quota di competenza, se nell’immobile hanno la propria dimora abituale i suoi familiari.
In caso di contitolarità del contratto o di più contratti di mutuo, questo limite si riferisce all’ammontare complessivo degli interessi, oneri accessori e quote di rivalutazione sostenuti (per esempio i coniugi non fiscalmente a carico l’uno dell’altro cointestatari in parti uguali del mutuo che grava sulla abitazione principale acquistata in comproprietà possono indicare al massimo un importo di 2.000,00 euro ciascuno).
Se invece il mutuo è cointestato con il coniuge fiscalmente a carico, il coniuge che sostiene interamente la spesa può fruire della detrazione per entrambe le quote di interessi passivi.
La detrazione spetta anche se il mutuo è stato stipulato per acquistare un’ulteriore quota di proprietà dell’unità immobiliare ed è ammessa anche per i contratti di mutuo stipulati con soggetti residenti nel territorio di uno Stato membro dell’Unione europea.
La detrazione spetta a condizione che l’immobile sia adibito ad abitazione principale entro un anno dall’acquisto, e che l’acquisto sia avvenuto nell’anno antecedente o successivo al mutuo.
Non si tiene conto delle variazioni dell’abitazione principale derivanti da ricoveri permanenti in istituti di ricovero o sanitari, a condizione che l’immobile non sia locato.
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Agevolazione prima casa: decorrenza del nuovo termine di due anni
Con la Risposta a interpello n 127 del 5 maggio le Entrate chiariscono ancora il perimetro della agevolazione prima casa relativamente al nuovo termine di rivendita dell'immobile agevolato pre–posseduto (ex articolo 1, comma 116 della legge 30 dicembre 2024, n.207).
Agevolazione prima casa: decorrenza del nuovo termine di due anni
L'Istante è proprietario di un'abitazione acquistata nel 2018 con le agevolazioni ''prima casa''. In data 25 gennaio 2024 egli ha acquistato, nello stesso comune, un'altra abitazione, avvalendosi della agevolazione in esame e impegnandosi ad alienare entro un anno l'immobile agevolato preposseduto.
L'Istante evidenzia che "a causa di ritardi da parte della banca dell'acquirente, non è riuscito a vendere entro il 25 gennaio 2025, ma nel frattempo è intervenuto il comma 116 della legge n. 207/2024 (legge di bilancio 2025) che ha trasformato l'alienazione infrannuale in alienazione infrabiennale".Tanto premesso chiede di confermare che i «rogiti stipulati nel 2024 per i quali il termine annuale non sia scaduto al 31 dicembre 2024 rientrano nella nuova ''alienazione infrabiennale''».
Le Entrate ricordano che l'agevolazione ''prima casa'' è disciplinata dalla Nota II bis posta in calce all'articolo 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al TUR. Leggi anche Agevolazione prima casa 2025: tutte le regole
Con riferimento alla decorrenza della nuova disposizione, l'Agenzia delle Entrate ha precisato che il citato articolo 1, comma 116, della legge di bilancio 2025 non prevede che l'estensione del predetto limite temporale sia riservata agli atti di acquisto di immobili stipulati a far data dal 1 gennaio 2025 e che lo stesso si applica anche nel caso in cui, al 31 dicembre 2024, non sia ancora decorso il termine di un anno, entro cui il contribuente è tenuto ad alienare l'immobile preposseduto.
Allegati:
Nel caso di specie considerato che, secondo quanto dichiarato dall'Istante, il secondo acquisto dell'abitazione con l'agevolazione ''prima casa'' è avvenuto in data 25 gennaio 2024 e, dunque, al momento dell'entrata in vigore della
citata modifica normativa introdotta, il termine per rivendere l'immobile agevolato pre posseduto era ancora in corso, si ritiene applicabile il nuovo termine di due anni per rivendere il suddetto immobile.
In sostanza, l'Istante, in virtù dell'intervento normativo in esame, avrà tempo fino al 25 gennaio 2026 per alienare l'abitazione agevolata preposseduta, senza decadere dai benefici ''prima casa'' fruiti sul nuovo acquisto. -
Prima casa per usucapione: principi della Cassazione
Con l'Ordinanza n 4713 del 22 febbraio la Cassazione si è occupata dell'acquisto dell'immobile per usucapione sancendo il seguente principio relativo all'agevolazione prima casa: "il contribuente, che al fine di beneficiare dell’imposta di registro in misura ridotta, intende avvalersi dell’agevolazione prima casa, è tenuto a rilasciare le dichiarazioni previste dalla normativa di settore, anche nel caso in cui l’acquisto dell’abitazione avviene a seguito di una sentenza che accerta l’usucapione dell’immobile"
Vediamo il caso di specie.
Prima casa per usucapione: principi della Cassazione
Il caso di specie prende le mosse dalla vicenda di due coniugi che hanno occupato dal 1985 un immobile utilizzandola come abitazione coniugale. Nel 2017, in favore degli stessi il Tribunale ha emesso una sentenza che riconoscimento del diritto di proprietà sull'immobile per usucapione.
L'Agenzia delle Entrate emetteva un avviso di liquidazione per l'imposta di registro applicando l'aliquota ordinaria anziché quella agevolata, sostenendo che i ricorrenti non avevano reso la dichiarazione di volersi avvalere dell'agevolazione "prima casa" prima della registrazione della sentenza.
La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso formulato dai contribuenti, i quali sostenevano che la sentenza di usucapione, avendo accertato la loro residenza nell'immobile dal 1985, avrebbe dovuto essere equiparata ad un atto di trasferimento a titolo oneroso ai fini dell'applicazione dell'aliquota agevolata, contestando altresì il criterio di valutazione dell'immobile effettuata dall'Agenzia delle Entrate, sostenendo che si basasse esclusivamente sui valori OMI.
Impugnata la decisione, la CTR confermava la statuizione di prime cure, sulla considerazione che i ricorrenti non avessero ottemperato alla condizione prevista dalla Nota II-bis dell'articolo 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, per l'applicazione del beneficio "prima casa", la quale richiede che la dichiarazione di volersi avvalere dell'agevolazione sia resa prima della registrazione dell'atto di trasferimento, e che il valore imponibile dell'immobile ai fini dell'imposta di registro fosse stato calcolato, oltre che con i valori OMI, anche confrontando il valore con quello di altri immobili simili nella stessa zona, dimostrando la congruenza del valore determinato, ed evidenziando che gli appellanti non avevano fornito prove contrarie a sostegno della loro contestazione.
Proposto ricorso per Cassazione veniva rigettato.
La necessità della collaborazione del contribuente per il godimento dell'agevolazione, dovuta alla formulazione delle corrispondenti dichiarazioni, da rendersi nell'atto di acquisto, ha indotto la Cassazione con varie sentenze a ritenere, con decisioni ora confermata, che il caso in esame costituisca un'eccezione – unitamente alle ipotesi in cui sia esplicitamente prevista la presentazione di un'istanza – al principio generale, desumibile dal D.P.R. n. 131 del 1986 art. 77, secondo cui un'agevolazione non richiesta al momento dell'imposizione non è perduta, essendo possibile, sia pur con gli ovvi limiti temporali, rimediare all'erronea imposizione.
Le manifestazioni di volontà vanno dunque rese, attenendo ai presupposti dell'agevolazione, anche quando il contribuente intenda far valere il proprio diritto all'applicazione dei relativi benefici rendendosi acquirente a titolo originario, come nel caso di usucapione; in tal caso egli dovrà rendere le anzidette dichiarazioni prima della registrazione del provvedimento di trasferimento (sentenza o decreto) del giudice, che costituisce l'atto al quale va riconosciuta efficacia traslativa della proprietà del bene, dovendosi escludere che le stesse possano effettuarsi in un momento successivo.
La stessa Cassazione ha anche rimarcato che con Ordinanza n. 635 del 2017, è stato statuito che "In tema di agevolazioni "prima casa", le manifestazioni di volontà prescritte dall'art. 1, nota II bis, della tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986 vanno rese sempre, anche ove l'acquisto sia avvenuto a titolo originario per usucapione, prima della registrazione del provvedimento del giudice, atteso il carattere necessario della collaborazione del contribuente, che integra un presupposto del beneficio e costituisce un'eccezione al principio generale secondo cui un'agevolazione non richiesta al momento della imposizione non è perduta, potendosi rimediare, nei previsti limiti temporali, all'erroneità di quest'ultima".
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Agevolazione prima casa: i due anni valgono per i rogiti dall’ 1.01.2024
I due anni per rivendere la prima casa, al fine di godere della agevolazione fiscale per un nuovo immobile valgono anche per acquisti ante 2025, per tutti gli immobili?
Vediamo il chiarimento dell'Ade, sulla novità appena introdotta dalla Legge di Bilancio 2025 per l'agevolazione prima casa, esplicitato nel corso del convegno di Italia Oggi tenutosi in data 27 gennaio a cui è intervenuta anche l'ADE.
Agevolazione prima casa: chiarimenti ADE
La legge di bilancio 2025 ha raddoppiato il termine per vendere la prima casa senza perdere l’agevolazione da applicare ad un nuovo acquisto.
In particolare, si tratta del tempo, fissato ora a due anni, durante il quale il contribuente resta momentaneamente titolare di due immobili acquistati con il beneficio prima casa (introdotto in origine nel 2016 dall’art. 1 comma 55 della L. 208/2015) ora esteso dalla L. 207/2024 o legge di bilancio 2025.
Prima della entrata in vigore della norma originaria, non si poteva beneficiare della agevolazione per un acquisto immobiliare, senza aver prima rivenduto l'immobile pre-posseduto per cui era stata richiesta la misura agevolativa, si doveva vendere la ex prima casa prima di possederne un'altra.
La legge di bilancio 2025 è intervenuta sulla disposizione originaria per cui prima si aveva un anno di tempo per rivendere la ex prima casa, e acquistarne un'altra con la stessa agevolazione, raddoppiando il termine entro cui procedere, a due anni.
Con riferimento alla decorrenza della nuova disposizione, l’Agenzia delle Entrate ha confermato, nel corso della Conferenza di Italia Oggi tenutasi il 27 gennaio, che il termine di 2 anni non riguarda solo gli atti stipulati dal 1° gennaio 2025, ma tutti i casi in cui cui, al momento dell’entrata in vigore della nuova norma, era in corso il vecchio termine di un anno.
Facendo un esempio se Tizio compra il 27 gennaio 2025 un l’immobile, avrà tempo fino al 27 gennaio 2027 per alienare la ex prima casa, che aveva già acquistato col beneficio.
Ma anche Caio, che aveva comprato il 14 febbraio 2024 un immobile e, allora, si era impegnato a rivendere l’immobile pre-posseduto entro il 14 febbraio 2025 avrà tempo fino al 14 febbraio 2026 per venderlo
Il nuovo termine di 2 anni si applica, quindi, a tutti i rogiti intervenuti dal 1° gennaio 2024 in poi.
Leggi anche Agevolazione prima casa 2025: tutte le regole per ricordare tutte le condizioni per agevolazione.
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Agevolazione prima casa iscritto AIRE: tutte le regole
Con Risposta a interpello n 234 del 2 dicembre le Entrate replicano ad una istante che:
- è stata residente in Italia dove ha svolto attività lavorativa;
- si è trasferita all'estero per motivi di lavoro;
- è iscritta all'A.I.R.E.;
- è rientrata « temporaneamente in Italia per la necessità di collaborare nell'assistenza familiare» ove ha lavorato e lavora attualmente, con contratti a tempo determinato;
- con atto notarile di compravendita del 2023 e «successivo atto definitivo … (trascorsi i termini previsti per l'esercizio del diritto di prelazione …. )» ha acquistato una abitazione in Italia, fruendo delle agevolazioni c.d. ''prima casa'' e, a tal fine, dichiarava in atto che «l'immobile è ubicato nel Comune ove intende stabilire la propria residenza entro diciotto mesi» dall'acquisto.
Ciò premesso, l'Istante fa presente di essere interessata al mantenimento della residenza all'estero e l'iscrizione all'A.I.R.E. e, dunque, per conservare le agevolazioni in esame, chiede di poter procedere alla rettifica della dichiarazione precedentemente resa in relazione al trasferimento della residenza entro il termine di diciotto mesi dall'acquisto, tramite un atto integrativo, redatto secondo le medesime formalità giuridiche del precedente atto d'acquisto, da registrare presso lo stesso Ufficio di registrazione del suddetto atto originario.
L'Istante, in particolare, intende dichiarare il possesso dei requisiti previsti per gli acquirenti trasferiti all'estero per ragioni di lavoro e, più precisamente, che:
- al momento della stipula del contratto di compravendita era cittadina italiana trasferita all'estero, iscritta all'AIRE dal òòòò; di essersi trasferita all'estero ove ha svolto la propria attività lavorativa;
- che nei cinque anni precedenti il trasferimento è stata residente in Italia;
- che l'immobile è ubicato nel comune dove risiedeva prima del trasferimento all'estero.
Agevolazione prima casa iscritto AIRE: tutte le regole
Le Entrate replicano innanzitutto riepilogando il fatto che le agevolazioni per l'acquisto della ''prima casa'' sono disciplinate dalla Nota II bis, posta in calce all'articolo 1 della Tariffa, Parte I, allegata al decreto del Presidente della Repubblica del 26 aprile 1986, n. 131 (di seguito TUR).
La fruizione dell'agevolazione è subordinata al possesso dei requisiti, di carattere oggettivo e soggettivo, stabiliti dalla citata Nota II bis.
In particolare, si rammenta che l'articolo 2, comma 1, del decreto legge 13 giugno 2023, n.69 ha modificato la Nota II bis, comma 1, lettera a) concernente l'applicazione dell'agevolazione in esame per le ipotesi di acquisto della ''prima casa'' in Italia da parte di un soggetto «trasferito all'estero per ragioni di lavoro».
Ai sensi della citata lettera a), per beneficiare dell'agevolazione in parola, occorre «che l'immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l'acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall'acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l'acquirente svolge la propria attività ovvero, se l'acquirente si è trasferito all'estero per ragioni di lavoro e abbia risieduto o svolto la propria attività in Italia per almeno cinque anni, nel comune di nascita o in quello in cui aveva la residenza o svolgeva la propria attività prima del trasferimento. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall'acquirente nell'atto di acquisto».
Al riguardo, la circolare del 16 febbraio 2024, n. 3/E chiarisce che «Il beneficio fiscale, in ragione dell'intervento normativo, viene pertanto ancorato a un criterio oggettivo, svincolandolo da quello della cittadinanza […]».
Pertanto, «possono accedere al beneficio fiscale in esame le persone fisiche che, contestualmente:- si siano trasferite all'estero per ragioni di lavoro. Attesa la diversa formulazione della disposizione in commento rispetto alla versione previgente, il requisito agevolativo deve ritenersi riferibile a qualsiasi tipologia di rapporto di lavoro (non necessariamente subordinato) e deve sussistere già al momento dell'acquisto dell'immobile. Il trasferimento per ragioni di lavoro verificatosi in un momento successivo all'acquisto dell'immobile non consente, quindi, di avvalersi del beneficio fiscale in questione;
- abbiano risieduto in Italia per almeno cinque anni, o ivi svolto, per il medesimo periodo, la loro attività, anteriormente all'acquisto dell'immobile. A tal proposito si precisa che, con detto termine, si intende ricomprendere ogni tipo di attività, ivi incluse quelle svolte senza remunerazione. Si precisa che, per la verifica del requisito temporale della residenza, nonché di quello relativo all'effettivo svolgimento in Italia della propria attività, il quinquennio non deve essere necessariamente inteso in senso continuativo;
- abbiano acquistato l'immobile nel comune di nascita, ovvero in quello in cui avevano la residenza o in cui svolgevano la propria attività prima del trasferimento».
Per fruire dell'agevolazione, devono ricorrere naturalmente anche le condizioni di cui alle lettere b) (assenza di altri diritti reali vantati su immobili ubicati nello stesso comune) e c) (novità nel godimento dell'agevolazione) della Nota II bis.
Premesso quanto sopra, dunque, possono accedere al beneficio fiscale in esame, tra l'altro, le persone fisiche che, contestualmente al ricorrere dei suddetti requisiti, «siano trasferite all'estero per ragioni di lavoro» al momento dell'atto di acquisto dell'abitazione in Italia.
Come riportato sopra, infatti, il requisito del trasferimento all'estero per ragioni di lavoro «deve sussistere già al momento dell'acquisto dell'immobile».
Tale ultima circostanza assume rilievo dirimente nella fattispecie in esame, in cui, come dichiarato e qui assunto acriticamente, l'Istante è rientrato in Italia e al momento dell'acquisto dell'immobile svolgeva la propria attività lavorativa in Italia.
Ne consegue, quindi, che ai fini del quesito in esame, non risulta integrato, al momento dell'acquisto dell'immobile, il presupposto di acquirente ''trasferito all'estero per ragioni di lavoro''.
Nel caso di specie si ritiene che l'Istante non possa procedere alla rettifica della dichiarazione precedentemente resa nell'atto di acquisto in relazione al trasferimento della residenza, entro il termine di diciotto mesi dall'acquisto, tramite un atto integrativo, redatto secondo le medesime formalità giuridiche del precedente atto d'acquisto, da registrare presso lo stesso Ufficio di registrazione del suddetto atto originario.
Il mancato rispetto dell'impegno assunto in atto a trasferire la residenza, entro diciotto mesi, nel Comune ove è ubicato l'immobile, comporta quindi la decadenza dalle agevolazioni fruite per l'acquisto della ''prima casa''.
Con la risoluzione 31 ottobre 2011, n. 105/ E, è stato chiarito che «laddove sia ancora pendente il termine di diciotto mesi per il trasferimento della residenza, l'acquirente che si trovi nelle condizioni di non poter rispettare l'impegno assunto, anche per motivi personali, possa revocare la dichiarazione di intenti formulata nell'atto di acquisto dell'immobile», presentando un'apposita istanza all'Ufficio presso il quale l'atto è stato registrato e chiedendo la riliquidazione dell'imposta assolta in sede di registrazione, senza applicazione di sanzioni.
Allegati: