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Sgravio vittime di violenza: conguaglio arretrati entro fine settembre
Scade il 30 settembre prossimo la possibilita di recupero delle mensilità pregresse dell'agevolazione riservata alle dipendenti vittime di violenza ( prevista dalla legge di Bilancio 2024 (art. 1, commi 191-192 )
Si tratta delle mensilità da gennaio a maggio 2024 in cui lo sgravio era in vigore ma mancavano le istruzioni Inps per fare domanda .
Ricordiamo che l'agevolazione consiste nell'esonero dal 100% dei contributi previdenziali (esclusi i premi Inail) fino a un massimo di 8.000 euro annui, per le assunzioni effettuate nel triennio 2024-2026, di donne disoccupate:
- vittime di violenza domestica e
- beneficiarie del Reddito di libertà, istituito dall’art. 105-bis del Dl 34/2020, convertito con modificazioni dalla legge 77/2020.
L’esonero contributivo ha una durata di 24 mesi per le assunzioni a tempo indeterminato, mentre per le assunzioni a tempo determinato l’agevolazione è concessa fino a 12 mesi. Infine, nel caso di trasformazione di un contratto a tempo determinato in tempo indeterminato l’esonero spetta per 18 mesi a partire dalla data di trasformazione.
Il messaggio INPS n. 2239 del 14 giugno 2024 ha stabilito che la valorizzazione dell’elemento <AnnoMeseRif> nei flussi Uniemens relativi ai mesi da gennaio a maggio 2024 possa avvenire esclusivamente nei flussi UniEmens di competenza di giugno, luglio e agosto 2024 (quest'ultimo da trasmettere entro il 30 settembre 2024). Diversamente, i datori di lavoro aventi diritto al beneficio ma che hanno sospeso o cessato l'attività dovranno utilizzare la procedura di regolarizzazione (UniEmens/vig).
Sgravio vittime violenza: esposizione in Uniemens – Datori non agricoli
I datori di lavoro non agricoli autorizzati devono valorizzare, secondo le consuete modalità, l’elemento <Imponibile> e l’elemento <Contributo> della sezione <DenunciaIndividuale>, a decorrere dal mese di competenza giugno 2024, con i seguenti elementi:
- – nell’elemento <CodiceCausale> deve essere inserito il nuovo valore “ERLI”, avente il significato di “Esonero per assunzioni/trasformazioni articolo 1, commi da 191 a 193, della legge 30 dicembre 2023, n. 213”;
- – nell’elemento <IdentMotivoUtilizzoCausale> deve essere inserita la data di assunzione o la data di trasformazione nel formato AAAA-MM-GG.
Si fa presente che, nel caso in cui nell’elemento <IdentMotivoUtilizzoCausale> venga indicata la data di assunzione/trasformazione, deve essere esposto l’attributo "TipoIdentMotivoUtilizzo" con valore "DATA".
Nel caso delle agenzie di somministrazione relativamente alla posizione per le lavoratrici assunte per essere impegnate presso l’utilizzatore (posizione contributiva contraddistinta dal C.S.C. 7.07.08 e dal C.A. 9A), oltre all'elemento <IdentMotivoUtilizzoCausale> contenente la data di assunzione/trasformazione e al relativo attributo "TipoIdentMotivoUtilizzo", deve essere esposto un ulteriore <IdentMotivoUtilizzoCausale> contenente la matricola aziendale o il codice fiscale e il relativo attributo <TipoIdentMotivoUtilizzo> con valore "MATRICOLA_AZIENDA" oppure "CF_PERS_FIS" o ”CF_PERS_GIU”;
- – nell’elemento <AnnoMeseRif> deve essere indicato l’AnnoMese di riferimento del conguaglio;
- – nell’elemento <ImportoAnnoMeseRif> deve essere indicato l’importo conguagliato, relativo alla specifica competenza.
Si sottolinea che la sezione “InfoAggcausaliContrib” va ripetuta per tutti i mesi di arretrato .
Come detto la valorizzazione dell’elemento <AnnoMeseRif>, con riferimento ai mesi pregressi (da gennaio 2024 a maggio 2024), può essere effettuata esclusivamente nei flussi UniEmens di competenza dei mesi di giugno, luglio e agosto 2024.
Sgravio vittime violenza: esposizione in -PosAgri – del flusso UniEmens
ATTENZIONE per i datori di lavoro agricolo Il codice agevolazione “VR” poteva essere utilizzato per recuperare l’esonero relativo ai mesi di gennaio, febbraio, marzo 2024, nella competenza di giugno 2024 da inviare entro il secondo periodo di trasmissione 2024 (31 agosto 2024).
I datori di lavoro agricoli potranno verificare l’attribuzione del codice Agevolazione “VL” e “VR” nel Cassetto previdenziale del contribuente.
Per ulteriori dettagli anche per l'esposizione nelle liste POSPA si rimanda al testo del messaggio INPS.
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Riposo compensativo e riposo settimanale nel lavoro a turni, come funziona?
Il riposo compensativo va assicurato non solo quando viene superato l'orario di lavoro contrattuale complessivo ma anche per recuperare energie dopo un turno particolarmente gravoso. Questo non incide sul diritto al giorno di riposo settimanale.
Il tema è stato affrontato recentemente dalla Corte di Cassazione nella sentenza 23164 del 27 agosto 2024.
Vediamo di seguito i dettagli del caso e le considerazioni della Suprema Corte.
Lavoro per turni e giorno di riposo: il caso
La sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n. 23164 del 27 agosto 2024, affronta una controversia riguardante il diritto degli infermieri turnisti a ricevere una maggiorazione salariale per i giorni successivi ai turni notturni.
Il caso specifico coinvolgeva un'infermiera della ASL Napoli 3 Sud, impiegata presso l'ospedale di Castellammare di Stabia, che ha chiesto il riconoscimento della maggiorazione prevista dal contratto collettivo per i turnisti anche per i giorni successivi ai turni notturni.
La Corte d'Appello di Napoli, confermando la decisione del Tribunale di Torre Annunziata, ha stabilito che la giornata successiva al turno notturno di 12 ore doveva essere considerata come un giorno di riposo compensativo, durante il quale la lavoratrice non era tenuta a prestare servizio e quindi aveva diritto alla maggiorazione retributiva prevista dall'art. 44 del CCNL del 1995.
Riposo settimanale e riposo compensativo
Il tema centrale della sentenza riguarda la distinzione tra riposo settimanale e riposo compensativo. L'azienda sanitaria ricorrente ha sostenuto che, poiché la lavoratrice non aveva superato le 36 ore settimanali previste dal contratto, il giorno successivo al turno notturno non poteva essere qualificato come riposo compensativo, ma piuttosto come un secondo giorno di riposo settimanale. La Corte, però, ha respinto questa tesi, sottolineando che il riposo compensativo non è necessariamente legato al superamento dell'orario settimanale, ma può essere giustificato dalla particolare gravosità del turno, in questo caso notturno e della durata di 12 ore. La decisione si fonda sull'art. 26 del CCNL del 1999, che prevede la necessità di adeguati periodi di riposo tra un turno e l'altro per garantire il recupero psico-fisico del lavoratore.
Il principio di diritto sancito dalla Cassazione stabilisce dunque che il riposo compensativo spetta non solo quando viene superato l'orario settimanale contrattuale, ma anche quando il lavoratore ha svolto un turno particolarmente gravoso, come un turno notturno di 12 ore.
In questi casi, il lavoratore ha diritto a un giorno di riposo compensativo, per il quale va riconosciuta l'indennità giornaliera prevista dal contratto collettivo.
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Oblio oncologico: chiarimenti dal Garante Privacy
il diritto all’oblio oncologico è stato recentemente regolato dalla legge n. 193/2023 e da due decreti attuativi 26 aprile 2024 e del 30 luglio 2024 che hanno specificato i tempi e la procedura per richiedere la certificazione.
Leggi anche Oblio oncologico: tutte le regole e i modelli di certificazione
Si tratta ricordiamo di una tutela contro le discriminazioni contro le persone che hanno superato una malattia oncologica
Il 9 agosto scorso il Garante per la privacy ha pubblicato sul proprio sito un documento con numerosi chiarimenti su aspetti pratici dell'applicazione delle norme, sotto forma di faq.
Viene data risposta a dubbi come ad esempio :
- Quando e a chi si deve fare richiesta di certificazione ?
- Le banche, le assicurazioni e i datori di lavoro possono chiedere informazioni su una patologia oncologica conclusa da diversi anni?
- Una persona clinicamente guarita può adottare un bambino?
- cosa si intende per conclusione del trattamento attivo?
Ecco alcune indicazioni
Oblio oncologico: divieto di indagine per i rapporti lavorativi
Il documento oltre a fornire chiarimenti ai cittadini sul diritto all’oblio oncologico (legge n. 193/2023) dà indicazioni utili a tutti i datori di lavoro pubblici e privati e a banche, assicurazioni, intermediari del credito e finanziari affinché possano applicare correttamente la nuova normativa, ricordando che il compito di vigilanza sulla corretta applicazione della legge è affidato al Garante Privacy, che potrà infliggere le sanzioni previste dal Gdpr.
In primo luogo chiarito che la normativa vieta a banche, assicurazioni, e a tutti i datori di lavoro (sia nella fase di selezione del personale sia durante il rapporto lavorativo), di richiedere all’utente e al dipendente informazioni su una patologia oncologica da cui sia stato precedentemente affetto e il cui trattamento si sia concluso – senza episodi di recidiva – da più di dieci anni (ridotti a cinque se il soggetto aveva meno di 21 anni al momento in cui è insorta la malattia).
Oblio oncologico in caso di adozioni
Il Tribunale, nella selezione delle coppie, non può raccogliere informazioni sulle patologie oncologiche pregresse quando siano trascorsi più di dieci anni dalla conclusione del trattamento della patologia – in assenza di recidive o ricadute – o più di cinque anni se la patologia si è manifestata prima del compimento del 21esimo anno di età.
La regola vale anche in caso di adozione di minori stranieri.
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Licenziamenti collettivi: ambito da motivare con precisione
In tema di licenziamenti collettivi, la Corte di Cassazione ha ribadito in una nuova sentenza n. 18215/2024, l'importanza per il datore di lavoro di specificare le ragioni che giustificano la delimitazione del licenziamento a una determinata sede o settore dell'azienda.
La Corte ha affermato in particolare che è onere del datore di lavoro, nella comunicazione ex art. 4 comma 3 della L. 223/1991, indicare non solo le ragioni generali della riduzione di personale, ma anche motivare perché la scelta dei lavoratori da licenziare sia limitata a una specifica unità produttiva o settore, chiarendo perché gli addetti a quella unità non possano essere utilizzati in altre aree dell'azienda.
Vediamo i dettagli del caso e i precedenti in materia.
Comunicazione preventiva per licenziamenti collettivi
Nello specifico, il caso trattava di una procedura di riduzione del personale che interessava una specifica unità produttiva all'interno dell'azienda.
La Corte territoriale aveva stabilito che la comunicazione preventiva, inviata dall'azienda alle rappresentanze sindacali ai sensi dell'art. 4 comma 3 della L. 223/1991, era carente perché non conteneva una motivazione sufficiente riguardante la scelta di limitare i licenziamenti a quella particolare sede o settore.
La società datrice di lavoro aveva sostenuto che non era necessario fornire dettagli specifici sull'infungibilità delle mansioni dei lavoratori licenziati rispetto a quelli di altre sedi. Invece, la Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte territoriale, sottolineando che la comunicazione doveva contenere dettagli molto precisi .
Ricorda infatti che la comunicazione preventiva che il datore di lavoro deve inviare alle rappresentanze sindacali, ai sensi dell'art. 4 comma 3 della L. 223/1991, in caso di licenziamento collettivo, deve contenere una serie di informazioni dettagliate e specifiche per consentire una corretta valutazione e partecipazione da parte dei sindacati al processo decisionale.
Nello specifico, la comunicazione deve includere le seguenti indicazioni:
- Motivazioni dell'eccedenza di personale: Il datore di lavoro deve specificare i motivi che hanno portato alla decisione di ridurre il personale. Questo include le ragioni tecnico-produttive, organizzative o economiche che determinano la necessità di procedere con i licenziamenti.
- Ragioni tecnico-organizzative: Devono essere chiaramente esplicitate le esigenze tecnico-produttive e organizzative che giustificano la decisione di limitare i licenziamenti a una specifica unità produttiva o settore dell'azienda, anziché coinvolgere l'intero complesso aziendale.
- Numero, collocazione e profilo professionale dei lavoratori interessati: La comunicazione deve indicare il numero esatto dei lavoratori in esubero, la loro collocazione all'interno dell'azienda (ad esempio, quale unità produttiva o settore), e i loro profili professionali, per permettere una valutazione precisa dei criteri di selezione adottati.
- Criteri di selezione del personale da licenziare: Devono essere riportati i criteri utilizzati per scegliere i lavoratori da licenziare, che secondo la legge includono l'anzianità di servizio, i carichi di famiglia e le esigenze tecnico-produttive.
- Tempi di attuazione del programma di riduzione del personale: È necessario indicare le tempistiche previste per l'attuazione del piano di riduzione del personale, in modo da fornire un quadro chiaro dei tempi e delle modalità di esecuzione dei licenziamenti.
- Eventuali misure per mitigare le conseguenze sociali: Devono essere specificate eventuali misure che il datore di lavoro intende adottare per ridurre l'impatto sociale dei licenziamenti, come programmi di outplacement, possibilità di trasferimento a unità produttive vicine, incentivi all'esodo volontario, o altre forme di sostegno ai lavoratori.
Licenziamento collettivo illegittimo per omesse motivazioni: i precedenti
Questa pronuncia trova un precedente significativo nella sentenza n. 4678/2015, dove la Cassazione aveva già stabilito che un licenziamento collettivo è da considerarsi illegittimo se la comunicazione preventiva non specifica le esigenze tecnico-produttive relative alle singole unità produttive interessate, ma si limita a indicare ragioni generali riguardanti l'intero complesso aziendale. In quel caso, la Corte aveva sottolineato che la comunicazione deve consentire una trasparente e corretta partecipazione delle rappresentanze sindacali al processo decisionale, e che l'assenza di queste specifiche rende il licenziamento invalido.
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Maggiorazione straordinari nel part time: pronuncia Corte UE
La sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, Prima Sezione, del 29 luglio 2024, riunisce le cause C-184/22 e C-185/22, originate da richieste di pronuncia pregiudiziale del Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania).
Le questioni sottoposte alla Corte riguardano l'interpretazione dell'articolo 157 del TFUE e di specifiche disposizioni della direttiva 2006/54/CE e della direttiva 97/81/CE, in relazione al trattamento dei lavoratori a tempo parziale rispetto a quelli a tempo pieno, in particolare sul pagamento delle maggiorazioni salariali per le ore di lavoro straordinario.
La questione viene anche posta in relazione alla possibile disparità di trattamento tra uomini e donne.
Vediamo meglio nei prossimi paragrafi
Maggiorazione straordinari: i casi in esame
Le controversie nascono dai ricorsi presentati da due infermiere impiegate part-time presso una struttura sanitaria tedesca che hanno contestato il mancato riconoscimento delle maggiorazioni salariali per le ore di lavoro straordinario svolte :
- oltre l'orario concordato nei loro contratti, ma
- al di sotto dell'orario normale di un lavoratore a tempo pieno.
Le ricorrenti hanno sostenuto che tale trattamento costituisce una discriminazione indiretta basata sul sesso, poiché il datore di lavoro impiega prevalentemente donne a tempo parziale.
La questione centrale riguarda se il diverso trattamento retributivo degli straordinari tra lavoratori part-time e full-time sia giustificato e se costituisca una violazione dei principi di parità di trattamento sanciti dal diritto dell'Unione Europea.
Maggiorazione straordinari: le conclusioni della Corte
La Corte ha stabilito che la normativa in discussione, che prevede la corresponsione di maggiorazioni salariali solo per le ore di lavoro straordinario eccedenti l'orario normale di un lavoratore a tempo pieno, costituisce un trattamento meno favorevole per i lavoratori a tempo parziale e come tale non è compatibile con le direttive europee in materia.
Secondo i giudici europei tale trattamento non è giustificato dagli obiettivi di dissuadere dagli eccessi di lavoro straordinario o di evitare un trattamento sfavorevole per i lavoratori a tempo pieno.
Inoltre, la Corte ha riconosciuto che questa disparità può costituire una discriminazione indiretta basata sul sesso, poiché colpisce una proporzione significativamente maggiore di donne, violando l'articolo 157 TFUE e le disposizioni della direttiva 2006/54/CE.
Per evitare procedure di infrazione dunque li stati membri dovranno adeguare le leggi nazionali a questo principio
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Trasferimento dipendente dopo la reintegra: novità dalla Cassazione
La recente ordinanza della Cassazione n. 18892 del 2024 affronta una questione rilevante relativa ai diritti dei lavoratori reintegrati dopo un licenziamento illegittimo.
La Corte ha stabilito che il datore di lavoro non può trasferire un dipendente reintegrato senza dare prova dell’inutilizzabilità del lavoratore nella sede originaria.
Reintegra dopo licenziamento illegittimo e trasferimento: il caso
Il caso esaminato coinvolge un lavoratore che, a seguito di un licenziamento illegittimo, era stato reintegrato nel suo posto di lavoro. Tuttavia, la società datrice di lavoro aveva disposto il trasferimento del dipendente presso un’altra sede immediatamente dopo l’ordine di reintegrazione.
La Corte d'Appello di Roma aveva già ritenuto tale trasferimento illegittimo, ordinando la riadibizione del lavoratore alla sede originale e condannando la società a rifondere le spese legali.
La società aveva quindi impugnato la decisione presso la Cassazione, sostenendo che il principio delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive potesse applicarsi anche nel caso del trasferimento di un lavoratore reintegrato.
Reintegra e divieto di trasferimento: le motivazioni della Cassazione
La Cassazione ha respinto il ricorso della società, affermando che l’ordine di reintegrazione implica l’obbligo di riammettere il lavoratore nella stessa sede di lavoro dalla quale era stato licenziato, salvo comprovate condizioni che giustifichino un successivo trasferimento.
In particolare, la Corte ha ribadito che il trasferimento post-reintegrazione non può essere trattato come un normale trasferimento disciplinato dall’articolo 2103 del Codice civile: mentre per un trasferimento ordinario è sufficiente che sussistano comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, nel caso di un lavoratore reintegrato è necessario anche dimostrare l’inevitabilità del trasferimento a causa dell’inutilizzabilità del dipendente nella sede originaria.
Reintegra e divieto di trasferimento: conclusioni
L'ordinanza n. 18892/2024 della Cassazione rappresenta un importante chiarimento sui diritti dei lavoratori reintegrati e sugli obblighi dei datori di lavoro. La decisione aggrava gli oneri probatori in capo al datore di lavoro, che deve dimostrare non solo le ragioni tecniche, organizzative e produttive per un trasferimento, ma anche l'inevitabilità dello stesso a causa dell’inutilizzabilità del dipendente nella sede di riammissione.
In conclusione, questa sentenza evidenzia la necessità rispettare l'ordine di reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro originario e stabilisce criteri stringenti per eventuali trasferimenti successivi.
La decisione mira a proteggere i lavoratori da trasferimenti punitivi o ingiustificati, garantendo al contempo che le esigenze organizzative dell'impresa siano reali e dimostrabili.
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INPS e assistenza fiscale nel 2024
L’INPS con il messaggio n.2640 del 17.07.2024 comunica che anche per il 2024 nella sua qualità di sostituto d’imposta, assicura le attività di assistenza fiscale ai propri sostituti che abbiano indicato l’INPS nel modello 730 e quindi, provvederà a effettuare nei tempi previsti le operazioni di conguaglio derivanti dal risultato contabile di dette dichiarazioni.
INPS: rapporto di sostituzione d’imposta con il dichiarante
Si ricorda preliminarmente che l’Istituto può prestare assistenza fiscale solo qualora nell’anno di presentazione del modello 730 sussista un rapporto di sostituzione d’imposta con il dichiarante.
Il rapporto di sostituzione non ricorre
- nei casi in cui la prestazione erogata sia cessata in data antecedente al 1° aprile 2024,
- nel caso di erogazioni di prestazioni esenti da imposte, quali, ad esempio, le prestazioni pensionistiche erogate a vittime del terrorismo o a vittime del dovere o le prestazioni assistenziali.
L’Istituto può, quindi, gestire le risultanze contabili del modello 730/4 se, nel corrente anno 2024, il dichiarante percepisce una prestazione imponibile ai fini IRPEF (ad esempio, pensione di vecchiaia, pensione di reversibilità, prestazione NASpI, ecc.).
Diversamente, qualora il dichiarante sia esclusivamente beneficiario di una prestazione assistenziale, l’Istituto è tenuto a respingere tali risultanze mediante un formale diniego.
Ad esempio, non è ammessa l’assistenza fiscale in favore di titolari in via esclusiva di assegno sociale, di assegno al nucleo familiare, delle indennità una tantum erogate ai sensi dei cc.dd. decreti Aiuti, oppure nel caso in cui nel corrente anno non sia stata erogata alcuna prestazione, anche qualora sia stata emessa una Certificazione Unica per redditi corrisposti nel periodo d’imposta precedente.
INPS: servizio online di Assistenza fiscale servizi al cittadino
Le risultanze contabili della propria dichiarazione e i relativi esiti possono essere verificate ai fini dell’assistenza fiscale 2024, dai contribuenti che si autenticano con la propria identità digitale (SPID almeno di livello 2, CIE 3.0 o CNS), attraverso il servizio “Assistenza fiscale (730/4): servizi al cittadino” accedendo da www.inps.it
Attraverso tale servizio è possibile, inoltre, consultare i seguenti dati:
- avvenuta ricezione da parte dell’INPS delle risultanze contabili trasmesse dall’Agenzia delle Entrate, con il dettaglio dei relativi importi;
- conferma che i conguagli saranno abbinati alle prestazioni percepite, nel caso in cui l’INPS sia il sostituto d’imposta del dichiarante;
- eventuale diniego della risultanza, con conseguente comunicazione da parte dell’INPS all’Agenzia delle Entrate, qualora non sussista il rapporto di sostituzione d’imposta; importo delle trattenute e/o dei rimborsi indicati nella risultanza contabile, effettuati mensilmente sulle prestazioni erogate dall’INPS.
Per un puntuale riscontro tra quanto indicato nel prospetto di liquidazione del modello 730, in possesso del contribuente, e i conguagli che saranno effettuati dall’INPS sulla prestazione in pagamento, si rammenta quanto segue:
- Il risultato contabile della dichiarazione è rappresentato con un singolo importo complessivo, imputato al dichiarante, a debito o a credito, generato dalla somma algebrica di tutte le imposte a debito (comprensivo eventualmente di: primo acconto IRPEF, cedolare secca e acconto tassazione separata) e di quelle a credito.
- In presenza di dichiarazione congiunta l’importo così determinato, scaturente dalla liquidazione della dichiarazione presentata con il modello 730/4, ricomprende anche i debiti/crediti relativi alla posizione fiscale del coniuge.
- Tale dato, se a debito del contribuente, verrà indicato al rigo 161, colonna 1 e 2, del prospetto di liquidazione del modello 730/4, con la descrizione “Importo che sarà trattenuto dal datore di lavoro o dall’ente pensionistico in busta paga” o, se a credito, sarà riportato al rigo 163 con la descrizione “Importo che sarà rimborsato dal datore di lavoro o dall’ente pensionistico in busta paga”.
Oltre alla funzione di consultazione, il servizio in esame consente ai contribuenti di:
- trasmettere online la richiesta di annullamento e/o di variazione della seconda o unica rata d’acconto IRPEF e/o cedolare secca, per il dichiarante e per il coniuge, in caso di dichiarazione congiunta, entro la data di scadenza prevista per il 10 ottobre 2024;
- richiedere che l’INPS effettui il diniego della gestione della dichiarazione, nel caso in cui il dichiarante abbia erroneamente indicato l’Istituto quale sostituto d’imposta che deve effettuare i conguagli. Il diniego non può, invece, essere richiesto qualora l’INPS svolgendo correttamente il ruolo di sostituto d’imposta, abbia preso in carico il modello 730 e lo abbia abbinato a una prestazione, con conseguente applicazione dei relativi conguagli.
L’INPS ricorda che anche attraverso l’app “INPS mobile” è possibile consultare i dati relativi alle risultanze contabili della propria dichiarazione e gli esiti relativi all’applicazione dei conguagli.
INPS: annullamento e variazione della seconda o unica rata di acconto e/o cedolare secca
L’annullamento o la variazione della seconda o unica rata di acconto IRPEF e/o cedolare secca, il cui addebito è previsto per il mese di novembre 2024, può subire un differimento in ragione delle tempistiche con cui viene effettuata la richiesta di variazione, e ai tempi necessari per la predisposizione dei flussi di pagamento delle prestazioni relative al mese di novembre 2024.
Qualora la richiesta pervenga in un momento successivo rispetto all’elaborazione delle prestazioni in pagamento nel mese di novembre 2024, non sarà possibile applicare tempestivamente la variazione richiesta; la riduzione, pertanto, verrà applicata sulla successiva mensilità di dicembre 2024 con il conseguente rimborso dell’importo relativo alla seconda o unica rata di acconto e/o cedolare secca, trattenuto nel mese di novembre 2024.
INPS: gestione delle risultanze contabili
Nei casi in cui l’INPS, successivamente all’avvio dell’assistenza fiscale, si trovi nell’impossibilità di portare a termine l’applicazione dei conguagli a debito scaturenti dal modello 730/4, invierà un’apposita comunicazione all’interessato, o agli eredi dello stesso, con l’invito a provvedere autonomamente al versamento dei residui importi a debito, secondo le modalità previste dall’Agenzia delle
Entrate.
L’informazione relativa a tale sopravvenuta impossibilità verrà fornita, per il tramite dell’Agenzia delle Entrate, anche all’intermediario che ha trasmesso la dichiarazione stessa.
Nel caso di decesso del dichiarante, gli importi a debito non trattenuti dall’INPS devono essere versati dagli eredi direttamente all’Agenzia delle Entrate, ma non sono dovuti gli acconti delle imposte relativi all’anno 2024.
Le somme a credito non rimborsate, riportate nella Certificazione unica (CU) 2025,
- possono essere oggetto della dichiarazione dei redditi dell’anno 2025 (per i redditi dell’anno 2024) per conto della persona deceduta;
- in alternativa, gli eredi possono chiederne il rimborso direttamente all’Agenzia delle Entrate.
In caso di dichiarazione congiunta, il coniuge superstite deve separare la propria posizione tributaria da quella del defunto e versare le eventuali somme a debito di sua competenza, mentre può fare valere il credito nella dichiarazione dei redditi relativa alla successiva annualità.
Con riferimento alle novità introdotte all’articolo 20 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, dal decreto legislativo 8 gennaio 2024, n. 1, Razionalizzazione e semplificazione delle norme in materia di adempimenti tributari, circa il differimento al 16.12.2024 del termine della rateazione dei conguagli a debito risultanti dalla dichiarazione dei redditi delle imposte dovute a titolo di saldo e primo acconto (ad eccezione del secondo acconto che non può essere rateizzato), si precisa che, tale differimento non si applica al sostituto di imposta per il quale resta ferma la modalità di rateazione in essere.
Pertanto, il termine ultimo per la rateazione dei conguagli a debito è il rateo di prestazione erogato nel mese di novembre 2024.
Conseguentemente, posto che il termine ultimo di presentazione della dichiarazione dei redditi tramite il modello 730 è fissato al 30 settembre 2024, ai fini della determinazione del numero di rate per il versamento dei debiti d’imposta, dovuti a titolo di saldo e di primo acconto, il dichiarante deve tenere conto, oltre che del già menzionato limite temporale del mese di novembre 2024, anche dei tempi necessari all’elaborazione delle prestazioni erogate dall’INPS.
Quindi, nei casi in cui la risultanza contabile sia ricevuta dall’Istituto nei mesi successivi a quello di giugno 2024, il numero di rate in cui è possibile suddividere il debito deve corrispondere al numero di mesi intercorrenti tra la data di elaborazione delle prestazioni medesime e il mese di novembre 2024.