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Dimissioni in periodo protetto revocabili dopo convalida
Con la nota 862 del 8 maggio 2024 l'ispettorato del lavoro è intervenuto a seguito di richieste di chiarimenti in tema di revoca delle dimissioni protette dopo il procedimento di convalida dell'ispettorato, come previsto ai sensi dell’art. 55, comma 4, D.Lgs. n. 151/2001.
Vediamo i dettagli nei paragrafi seguenti.
Dimissioni genitori lavoratori in periodo protetto
Va ricordato innanzitutto che per dimissioni protette si intendono quelle rassegnate dai genitori nel periodo , fino ai 3 anni di vita de bambino, nel quale, a protezione della funzione genitoriale, le dimissioni, cosi come gli accordi per la risoluzione consensuale, devono essere ratificate dall'ispettorato del lavoro.
Tale verifica riguarda il fatto che la decisione del lavoratore sia effettivamente frutto di una libera scelta e non, al contrario, imposta dal datore di lavoro.
Le stesse considerazioni valgono per la risoluzione consensuale o le dimissioni presentate nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dalle comunicazioni di proposta di incontro del minore.
l’efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro è condizionata dalla convalida dell'INL.
Per la richiesta di convalida dal 2022 è stato reso disponibile un modulo telematico di richiesta.
Vedi l'articolo convalida dimissioni protette 2022
La revoca delle dimissioni protette
Sul tema della revoca delle dimissioni dei lavoratori nel periodo protetto l' Ispettorato si è già pronunciato fornendo alcuni chiarimenti in merito alla procedura con le note prot. n. 5296 del 5 giugno 2019, n. 5534 del 13 giugno 2019 e n. 4113 del 26 novembre 2020.
Ora, sulla base del parere dell’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (nota prot. n. 4376 del 6 maggio 2024) viene chiarito che il citato D.Lgs. n. 151/2001 non regolamenta la revoca delle dimissioni rassegnate durante il periodo protetto ma, secondo l'ispettorato, trattandosi di un atto unilaterale recettizio, non vi sono elementi che impediscano al soggetti di revocarle, sia prima che dopo la convalida delle dimissioni, purché prima della risoluzione effettiva del rapporto.
L'ispettorato ricorda anche quanto già affermato ovvero che anche la revoca delle dimissioni richiede un esame istruttorio da parte dell’Ispettorato che, “valutata attentamente la fondatezza delle motivazioni addotte, provvederà all’annullamento del relativo provvedimento”, e potrà programmare “gli eventuali accertamenti ispettivi a tutela della lavoratrice/del lavoratore interessati, qualora si ritenga che nei confronti degli stessi possano essere stati adottati comportamenti datoriali discriminatori o comunque illeciti” (così nota prot. n.5296/2019 e nota prot. n. 5534/2019).
Solo nel caso in cui invece le dimissioni presentate siano state regolarmente convalidate all’esito della verifica della genuinità della scelta compiuta dalla lavoratrice/lavoratore e abbiano già prodotto l’effetto della risoluzione del rapporto di lavoro, le stesse non potranno più essere oggetto di revoca unilaterale da parte del lavoratore e il rapporto di lavoro potrà riprendere unicamente con il consenso del datore di lavoro.
Sul periodo di sospensione tra l'altro anche la Cassazione è intervenuta con l'ordinanza 5598/2023, specificando che le dimissioni di una lavoratrice restano sospese fino al momento della convalida da parte dell'ispettorato anche oltre il periodo protetto di tre anni.
Leggi per i dettagli Dimissioni in periodo di maternità convalida sempre necessaria
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Mansioni sottoposte ad obbligo di test antidroga
Sulla G.U. n. 234 del 06/10/2008 è stato pubblicato il Provvedimento del 18/09/2008 che recepisce quanto deliberato dalla Conferenza Stato Regioni in materia di definizione delle procedure per gli accertamenti sanitari di assenza di tossicodipendenza o di assunzione, anche sporadica, di sostanze stupefacenti o psicotrope in lavoratori addetti a mansioni che comportano particolari rischi per la sicurezza, l'incolumità e la salute proprie e di terzi.
Si tratta in particolare delle attività inerenti il settore trasporto, quali autisti e addetti alla guida di macchine movimentazione merci (carrelli elevatori, ecc.), nonché di quelle individuate nell'allegato al Provvedimento e riportate nella tabella sottostante.
Per tali mansioni sono obbligatori accertamenti sanitari preventivi e periodici anti droga.
Accertamenti sanitari e sanzioni contro l’uso di droghe al lavoro
Visita medica preventiva:
prima di adibire un lavoratore all'espletamento di mansioni comprese nell'elenco allegato al provvedimento il datore di lavoro provvede a richiedere al medico competente gli accertamenti sanitari del caso, comunicandogli il nominativo del lavoratore interessato.
Il medico competente verifica l'assenza di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti sottoponendolo a specifici test di screening.
Il medico competente entro 30 giorni dalla richiesta predetta comunica la data ed il luogo della visita al lavoratore interessato almeno un giorno prima.
Visita medica periodica:
nel caso in cui i lavoratori siano addetti a mansioni comprese nel citato elenco, il datore di lavoro deve procedere all'effettuazione di visite mediche periodiche da parte del medico competente con cadenza almeno annuale.Il datore di lavoro informa il lavoratore interessato della data dell'accertamento e gli comunica il luogo ove l'accertamento si svolgerà all'inizio del turno di lavoro del giorno fissato per l'accertamento.
Nel caso in cui il lavoratore non si sottoponga all'accertamento di assenza di tossicodipendenza, la struttura sanitaria competente dispone, entro dieci giorni, un nuovo accertamento.
In caso di rifiuto non motivato del lavoratore, il datore di lavoro, ove non possa adibirlo ad altre mansioni diverse da quelle considerate a rischio, deve farlo cessare dalle mansioni comprese nell'elenco di cui all'allegato, fino a che non venga accertata l'assenza di tossicodipendenza.
Il datore di lavoro che non adempie all'obbligo di fare cessare dalla mansione il lavoratore tossicodipendente è sanzionato con l'arresto da 2 a 4 mesi o con l'ammenda da € 5.164,00 a € 25.799,00.
Le fasi della procedura di accertamento possono essere così riassunte:- il datore di lavoro comunica al medico competente, per iscritto, i nominativi dei lavoratori da sottoporre ad accertamento di assenza di tossicodipendenza e di assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope in base al fatto che svolgono le mansioni a rischio indicate nella citata tabella.
- il medico competente entro 30 giorni da quando riceve l'elenco dal datore di lavoro stabilisce il cronogramma per gli accessi dei lavoratori agli accertamenti definendo date e luogo di esecuzione degli stessi in accordo con il datore di lavoro che dovrà comunicarlo al lavoratore con un preavviso non superiore a un giorno.
- il lavoratore può rifiutarsi di eseguire la visita e viene sospeso dalla mansione; non si presenta agli accertamenti e non produce una valida giustificazione, lo stesso sarà sospeso in via cautelativa dalla mansione a rischio e riconvocato entro 10 giorni; non si presenta ma si giustifica, dovrà essere riconvocato entro dieci giorni.
In caso di positività degli accertamenti di primo livello il lavoratore viene giudicato temporaneamente inidoneo alla mansione e viene inviato alle strutture sanitarie competenti per l'effettuazione degli ulteriori approfondimenti diagnostici di secondo livello.
Qualora gli accertamenti clinici e tossicologici di secondo livello, eseguiti presso la struttura sanitaria competente, risultino positivi, verrà data comunicazione scritta al medico competente, il quale, a sua volta, certificherà l'inidoneità temporanea del lavoratore alla mansione e informerà il datore di lavoro che provvederà tempestivamente a far cessare dall'espletamento della mansione il lavoratore interessato.
In caso di positività il lavoratore avrà diritto ad accedere a programmi di recupero e alla sospensione del rapporto di lavoro.
I costi degli accertamenti sono a carico del datore di lavoro e vengono svolti, su segnalazione dello stesso datore, dal medico competente, mentre, invece, sono a carico del lavoratore le eventuali contro analisi.
ATTENZIONE La visita medica non può essere preassuntiva, perché vietata dalla Legge 300/70, ma deve essere preventiva post assuntiva, cioè effettuata dopo l'assunzione, prima che il lavoratore venga adibito alla mansione.
Tabella mansioni soggette ad test antidroga
Mansioni soggette a sorveglianza antidroga:
la tabella sotto riportata elenca le mansioni e le attività che comportano particolari rischi per la sicurezza, l'incolumità e la salute proprie e di terzi.
1) Attività per le quali e' richiesto un certificato di abilitazione per l'espletamento dei seguenti lavori pericolosi
- impiego di gas tossici (art. 8 del regio decreto 1927, e successive modificazioni);
- fabbricazione e uso di fuochi di artificio (di cui al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635) e posizionamento e brillamento mine (di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 302);
- direzione tecnica e conduzione di impianti nucleari (di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1970, n. 1450, e s.m.).
2) Attività di trasporto
- conducenti di veicoli stradali per i quali e' richiesto il possesso della patente di guida categoria C, D, E , e quelli per i quali e' richiesto il certificato di abilitazione professionale per la guida di taxi o di veicoli in servizio di noleggio con conducente, ovvero il certificato di formazione professionale per guida di veicoli che trasportano merci pericolose su strada;
- personale addetto direttamente alla circolazione dei treni e alla sicurezza dell'esercizio ferroviario che esplichi attivita' di condotta, verifica materiale rotabile, manovra apparati di sicurezza, formazione treni, accompagnamento treni, gestione della circolazione, manutenzione infrastruttura e coordinamento e vigilanza di una o più' attività di sicurezza;
- personale ferroviario navigante sulle navi del gestore dell'infrastruttura ferroviaria con esclusione del personale di camera e di mensa;
- personale navigante delle acque interne con qualifica di conduttore per le imbarcazioni da diporto adibite a noleggio;
- personale addetto alla circolazione e a sicurezza delle ferrovie in concessione e in gestione governativa, metropolitane, tranvie e impianti assimilati, filovie, autolinee e impianti funicolari, aerei e terrestri;
- conducenti, conduttori, manovratori e addetti agli scambi di altri veicoli con binario, rotaie o di apparecchi di sollevamento, esclusi i manovratori di carri ponte con pulsantiera a terra e di monorotaie;
- personale marittimo di prima categoria delle sezioni di coperta e macchina, limitatamente allo Stato maggiore e sottufficiali componenti l'equipaggio di navi mercantili e passeggeri, nonché il personale marittimo e tecnico delle piattaforme in mare, dei pontoni galleggianti, adibito ad attività off-shore e delle navi posatubi;
- controllori di volo ed esperti di assistenza al volo;
- personale certificato dal registro aeronautico italiano;
- collaudatori di mezzi di navigazione marittima, terrestre ed aerea;
- addetti ai pannelli di controllo del movimento nel settore dei trasporti;
- addetti alla guida di macchine di movimentazione terra e merci.
3) Funzioni operative proprie degli addetti e dei responsabili della produzione, del confezionamento, della detenzione, del trasporto e della vendita di esplosivi
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No al licenziamento per scioperi in nome della sicurezza
La Corte di Cassazione, con Ordinanza n. 6787 del 14 marzo 2024, si pronuncia in merito ad un licenziamento intimato a fronte di uno sciopero indetto da dei lavoratori per la tutela della loro sicurezza e incolumità.
Licenziamento e diritto di sciopero: il caso
Nel caso giunto al vaglio della Cassazione alcuni lavoratori avevano aderito ad uno sciopero e partecipato a manifestazioni di protesta per il miglioramento delle condizioni di sicurezza aziendali e il datore di lavoro aveva ritenuto che i danneggiamenti che ne erano seguiti costituissero giusta causa di licenziamento per abbandono del posto di lavoro.
In appello i licenziamenti venivano giudicati illegittimi per mancanza di prove sulle responsabilità individuali dei dipendenti licenziati con conseguente annullamento e obbligo di reintegra .
Veniva anche accertato che una delle motivazioni dello sciopero era collegata alla richiesta di trasferimento di un lavoratore responsabile di aggressione e e di aver portato un arma sul luogo di lavoro , che l'azienda aveva respinto.
I giudici di merito avevano affermato che la richiesta sindacale di allontanamento del lavoratore è prevista dell'art. 2087 c.c. e che i datore di lavoro non puo valutare le motivazioni di uno sciopero ma solo le modalità con cui si realizza veniva escluse violazioni in quanto di danneggiamenti non avevano riguardato la capacità produttiva dell'azienda ma solo alcuni beni di produzione aziendale.
La sentenza: il datore di lavoro non ha voce sulle motivazioni dello sciopero
Nella sentenza la Cassazione richiama l'art. 40 Cost sul diritto di sciopero che è attribuito ai lavoratori e precisa, vista la mancata realizzazione di una precisa disciplina legislativa in materia, che , in linea generale,
- lo sciopero consiste in un'astensione dal lavoro decisa dai lavoratori per la tutela di qualsiasi interesse collettivo che incida sui rapporti di lavoro;
- sono vietate le forme di attuazione con modalità delittuose, cioè lesive dell'incolumità e della libertà delle persone, o di diritti di proprietà o della capacità produttiva delle aziende.
- non sono rilevanti le valutazioni sulla fondatezza delle ragioni né la mancanza di preavviso
- è costitutivo dello sciopero il fatto di creare un danno al datore di lavoro ed è illegittimo solo il comportamento che pregiudichi irreparabilmente la capacità produttiva dell'azienda.
Nello specifico la Corte considera legittima la richiesta di piena tutela della sicurezza sul luogo di lavoro a fronte di comportamenti pericolosi del soggetto che si chiedeva di allontanare e giudica non rilevanti i danni prodotti dalla manifestazione in quanto non lesivi della produttività aziendale.
Ha confermato in oltre la valutazione del giudizio di merito in relazione alle mancate prove sulle responsabilità individuali dei lavoratori per cui respinge il ricorso dell'azienda in quanto i licenziamenti impartiti come punizione collettiva per l'esercizio del diritto di sciopero in assenza di giusta causa o giustificato motivo risultano illegittimi.
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Ispezioni sul lavoro: nuovi chiarimenti sul potere di disposizione
La sentenza del Consiglio di Stato n. 2778/2024 affronta una questione di grande rilevanza per i datori di lavoro , focalizzandosi sulle prerogative degli ispettori del lavoro. Inoltre sottolinea le conseguenze dell'inosservanza di tali richieste confermando una precedente interpretazione dell'Ispettorato stesso . La decisione chiarisce alcuni aspetti fondamentali riguardo all'applicazione dell'articolo 14 del D.Lgs. 124/2004
Il caso analizzato dal Consiglio
Il caso specifico trattato nella sentenza riguarda un contenzioso tra l'Ispettorato del Lavoro e il Patronato Inas Cisl, relativo all'applicazione dell'articolo 14 del D.Lgs. 124/2004. Il nucleo della controversia si concentra sull'emissione di un "provvedimento di disposizione" da parte dell'Ispettorato Territoriale del Lavoro di Udine-Pordenone, il quale ha richiesto al Patronato Inas Cisl di rivedere l'inquadramento di alcuni dipendenti, considerato non conforme alle disposizioni contrattuali vigenti.
Il Patronato Inas Cisl ha impugnato il provvedimento per vari motivi, tra cui la presunta illegittimità dello stesso per essere stato emesso oltre il termine massimo previsto dalla legge, la mancanza di una motivazione adeguata e l'assenza di una precisa indicazione delle fonti di prova che giustificassero la decisione degli ispettori. Il TAR del Friuli Venezia Giulia, in primo grado, aveva accolto il ricorso del Patronato, escludendo che l'inquadramento dei lavoratori in una categoria contrattuale diversa da quella asseritamente spettante rientrasse tra le irregolarità che potevano essere contestate dall'Ispettorato nell'esercizio del potere di disposizione previsto dall'art. 14.
Il Consiglio di Stato, tuttavia, ha ribaltato la decisione del TAR, sostenendo che il potere di disposizione degli ispettori del lavoro si estende anche alle violazioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Questa interpretazione amplia significativamente l'ambito di applicazione dell'art. 14, riconoscendo agli ispettori la capacità di intervenire in una varietà più ampia di irregolarità relative al lavoro e alla legislazione sociale, purché non già soggette a sanzioni penali o amministrative.
Nonostante la decisione del Consiglio di Stato di riconoscere l'ammissibilità dell'applicazione dell'art. 14 alle violazioni dei CCNL, la sentenza ha poi confermato l'esito del TAR, ma con diversa motivazione, basata sulla mancanza di adeguata motivazione e insufficiente istruttoria del provvedimento impugnato. In sostanza, sebbene il Consiglio di Stato abbia chiarito l'ambito di applicazione dell'art. 14, ha comunque ritenuto che, nel caso specifico, il provvedimento di disposizione non fosse stato adeguatamente motivato e supportato da un'istruttoria idonea, portando alla conferma dell'annullamento dello stesso.
Potere degli ispettori e sanzioni amministrative
La sentenza ricorda che gli ispettori hanno il potere di emettere un "provvedimento di disposizione", immediatamente esecutivo, per richiedere ai datori di lavoro di conformarsi alle normative contrattuali. Questo potere si estende a tutti i casi di irregolarità non già soggette a sanzioni penali o amministrative, inclusa l'applicazione errata dei contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL).
ATTENZIONE La sanzione amministrativa prevista dall'articolo 14 scatta solo se il datore di lavoro non ottempera al provvedimento ispettivo. Quindi, non è l'irregolarità in sé a essere sanzionata, ma la mancata conformità alle disposizioni dell'ispettore.
La novità nell'interpretazione del Consiglio di Stato sta nel fatto che il potere di disposizione degli ispettori include anche le violazioni dei CCNL, superando la precedente decisione del TAR che aveva limitato l'ambito di applicazione . La sentenza sottolinea l'importanza della piena ed effettiva applicazione dei CCNL, evidenziando la rilevanza pubblicistica di queste norme.
Questo implica che i datori di lavoro devono attenersi strettamente alle disposizioni degli ispettori del lavoro. La mancata impugnazione di un provvedimento di disposizione rende definitivo l'accertamento delle irregolarità, limitando così le possibilità di contestazione in fase successiva.
Viene rimarcata infine la necessita dell''adeguatezza della motivazione e della istruttoria sottostante alcuni provvedimenti, evidenziando l'importanza di una base istruttoria solida e di una motivazione chiara per garantire la legittimità degli atti ispettivi.
La nota dell'ispettorato 4539/2020 sul potere di disposizione
L’Ispettorato nazionale del lavoro nella nota n. 4539 del 15 dicembre 2020, ha fornito alcuni chiarimenti sull'applicazione del potere di disposizione degli ispettori, modificato dal Decreto legge 76/2020 che sostituiva il precedente articolo 14, D.Lgs. 124/2004.
Facendo seguito alla prima circolare sul tema , n. 5 2020, l'ispettorato raccomandava che la disposizione dell'ispettore sia basata su una valutazione complessiva della fattispecie oggetto di accertamento, per garantire al lavoratore una effettiva tutela.
La disposizione va evitata comunque nei casi in cui anche se consentita, possa determinare effetti sfavorevoli nei confronti di altri lavoratori.
La nota specifica che il potere di disposizione si applica nei casi in cui non siano previste specifiche sanzioni penali e amministrative per le violazioni rilevata nel corso delle ispezioni in materia di lavoro e legislazione sociale.
Per quanto riguarda la violazione o errata applicazione di obblighi contrattuali , secondo la nota va fatto riferimento non solo al Ccnl di settore ma anche a quello effettivamente applicato dal datore di lavoro v. circolare INL n. 5/2020) .
Invece per quanto riguarda le violazioni legate alla parte normativa ed economica del Ccnl va escluso il riferimento alla parte obbligatoria dei Ccnl (circolari INL n. 9/2019 e n. 2/2020) fatte salve le ipotesi già valutate positivamente e riportate in allegato.
La previsione di una sanzione civile non esclude l’applicabilità del provvedimento di disposizione.
L’adozione della disposizione va invece esclusa nei casi di obblighi che trovano la loro fonte in via esclusiva in una scelta negoziale delle parti.
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Visite fiscali: guida su orari e regole per lavoratori e aziende
Le cd visite fiscali sono lo strumento a disposizione dei datori di lavoro per il controllo dello stato di malattia sui lavoratori dipendenti, sia pubblici che privati .
Il lavoratore che si assenta dal lavoro presentando il certificato di malattia , ha infatti l’obbligo di essere reperibile presso l’indirizzo abituale o il domicilio occasionale, per tutti i giorni durante la durata della malattia , comprese le domeniche ed i giorni festivi in determinati orari.
La legge prevede alcune fasce orarie giornaliere da rispettare in cui gli ispettori dell'INPS possono effettuare le visite fiscali, che sono le seguenti :
- PER I LAVORATORI STATALI E DEGLI ENTI LOCALI: dalle ore 9.00 alle 13.00 e dalle ore 15.00 alle 18.00;
- PER I LAVORATORI DEL SETTORE PRIVATO: dalle ore 10.00 alle 12.00 e dalle ore 17.00 alle 19.00.
Da dicembre 2023 , a seguito di una sentenza del TAR DEL LAZIO che ha evidenziato l'incostituzionalità del diverso trattamento (vedi i dettagli sotto) è stata modificata la prassi INPS (Messaggio 4640/2023) per i dipendenti pubblici parificando l'obbligo di reperibilità a quello dei dipendenti privati.
Per tutti quindi attualmente gli orari per le visite fiscali sono
- dalle ore 10 alle 12 di mattina
- dalle ore 17 alle 19 di sera
L'obbligo riguarda tutti i giorni sia feriali che festivi.
ATTENZIONE La sentenza del TAR segnalava la necessita di un intervento legislativo che non è ancora verificatoIn caso di assenza nel momento di una visita medica di controllo il lavoratore viene chiamato a una visita ambulatoriale e deve presentare una lettera di giustificazione . Se tale giustificazione non risulta valida ci sono conseguenze sia economiche da parte dell'INPS che non paga interamente i giorni di malattia, che da parte del datore di lavoro che può prendere ulteriori provvedimenti disciplinari.
Vediamo piu in dettaglio nei paragrafi seguenti le modalità con cui comunicare eventuali assenze , i casi di esonero dalla reperibilità e le conseguenze in caso di assenza ingiustificata dalla visita fiscale di controllo .
Visite fiscali: giustificazione assenze e comunicazione cambio residenza
Il decreto di riforma della pubblica amministrazione del 2017 prevede che se durante la malattia il lavoratore si deve spostare dal luogo indicato per giustificati motivi come visite mediche, o accertamenti specialistici o altro, è tenuto a darne preventiva comunicazione,
- in forma scritta
- al datore di lavoro
che, a sua volta, ne dà comunicazione all’INPS.
I motivi di giustificazione per l'assenza accettabili sono in generale quelli dettati da forza maggiore, come ad esempio:
- Ricovero in ospedale
- precedenti visite di controllo sullo stesso periodo di malattia
- Motivi familiari che richiedono la presenza del lavoratore in modo indifferibile e inderogabile
- Concomitanza di visite, prestazioni e accertamenti specialistici, per i quali va dimostrata l'impossibilità di essere effettuate in orari diversi
La giurisprudenza in alcune pronunce ha giudicato valide anche le seguenti motivazioni:
- Ritiro di referti di esami collegati alla malattia;
- Effettuazione di un ciclo di cure presso un istituto convenzionato;
- Necessita di recarsi in farmacia;
- Visita alla madre in ospedale con orari di visita coincidenti con le fasce di reperibilità;
- Visita per la verifica della guarigione presso l’ambulatorio del medico con orario di visita coincidente con le fasce di reperibilità
Recentemente invece la Cassazione ha giudicato ingiustificata l’assenza di un lavoratore che si era allontanato dalla propria abitazione per portare il figlio all’ospedale per controlli non urgenti. La decisione contenuta nell'Ordinanza n. 24492 del 1° ottobre 2019, ribadisce infatti che il dipendente che si allontana dalla propria casa durante le fasce orarie di reperibilità evita la multa, oltre che nei casi di forza maggiore, solo quando la sua presenza altrove risulti indifferibile. Nel caso specifico, invece il lavoratore non aveva chiarito l’impossibilità per altri familiari di prendersi cura del minore e, in ogni caso, la situazione non gli impediva di comunicare tale assenza al proprio datore di lavoro.
Nuova ordinanza di Cassazione su mancata comunicazione di cambio di residenza
Con l'Ordinanza n. 8381 del 28 marzo 2024, in tema di licenziamento per assenza ingiustificata dal lavoro, la Cassazione ha precisato che l'assenza del lavoratore in malattia è giustificata anche se la visita fiscale ha avuto esito negativo perché nel caso specifico l'istituto non aveva preso in considerazione l’indirizzo che il lavoratore aveva comunicato, pur non mettendone a conoscenza il datore di lavoro.
Per questo il lavoratore è soggetto alla sanzione per omessa comunicazione ai fini della reperibilità ma è stato risarcito e reintegrato nel posto di lavoro
Assenza da visite fiscali: le conseguenze
In caso di assenza a visita domiciliare di controllo il lavoratore deve presentare la documentazione giustificativa al datore di lavoro e anche all’Inps, se l’assenza è dovuta a motivi sanitari.
Va ricordato che la valutazione finale sulla giustificabilità o meno e i relativi provvedimenti spettano esclusivamente al datore di lavoro.
Se l'assenza dalla visita medica di controllo non è considerata giustificata scatta l’applicazione di sanzioni che consistono nel parziale o totale mancato indennizzo delle giornate di malattia da parte dell'INPS.
Il calcolo del mancato indennizzo avviene nel seguente modo:
• decurtazione per un massimo di 10 giorni di calendario, dall'inizio dell'evento, in caso di prima assenza a visita fiscale di controllo non giustificata;
• decurtazione per il 50% dell'indennità nel restante periodo di malattia in caso di seconda assenza a visita fiscale di controllo non giustificata;
• decurtazione per il 100% dell'indennità dalla data della terza assenza a visita fiscale di controllo non giustificata.I datori di lavoro possono esaminare gli esiti delle valutazioni dei medici legali dell’Istituto sulla documentazione presentata dal lavoratore, in caso di assenza alla visita di controllo tramite l'applicativo per le visite fiscali (v.messaggio n. 1270 del 29 marzo 2019)
Visite fiscali e datori di lavoro: come richiedere le visite al Polo Unico INPS
Come anticipato sopra, il Decreto legislativo 75 2017 (Riforma Madia) , ha istituito il Polo unico VMC per le visite fiscali ( Visite Mediche di controllo ) in capo all’INPS.
L' ufficio è responsabile per le ispezioni e gli accertamenti medico legali su tutto il territorio nazionale , sia per le visite d'ufficio che per quelle su richiesta del datore di lavoro (messaggio 9 agosto 2017, n. 3265).
In precedenza l'istituto verificava lo stato di malattia dei dipendenti pubblici mentre per i dipendenti privati la responsabilità era affidata alle commissioni sanitarie delle ULSS locali.
In data 25 marzo 2019 la Ragioneria Generale dello Stato ha chiarito che il personale delle Forze armate (Esercito, Marina militare, Aeronautica militare), dei Corpi armati dello Stato (Guardia di Finanza e Carabinieri, Polizia dello Stato, Polizia Penitenziaria) e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è da considerare assoggettato alla normativa sul Polo Unico della medicina fiscale.
I datori di lavoro privati e le pubbliche amministrazioni possono richiedere la visita medica di controllo dello stato di salute dei propri dipendenti in malattia, compresi quelli per i quali non sono tenuti al versamento della contribuzione per l’indennità economica di malattia , attraverso un applicativo web disponibile sul sito INPS.
Per utilizzare il servizio, è necessario essere in possesso delle credenziali , da richiedere all' INPS allegando i seguenti documenti:
- modulo di richiesta, compilato e sottoscritto dallo stesso datore di lavoro privato o dal legale rappresentante (ove il datore di lavoro sia pubblico o organizzato in forma associata o societaria), con allegati copia del documento d’identità del sottoscrittore ed i singoli moduli di richiesta individuale;
- modulo di richiesta individuale, compilato e firmato da ogni dipendente autorizzato, specificando l’assegnazione del PIN per l’accesso al servizio online “Richiesta visite mediche di controllo”, con allegata la fotocopia del documento d'identità del sottoscrittore.
Il servizio online permette anche di consultare lo stato delle richieste inviate e l’esito degli accertamenti medico legali.
Orario visite fiscali del settore pubblico: incostituzionale per il TAR
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – RomaSezione 4-ter con la Sentenza 3 novembre 2023 n. 16305 ha accolto il ricorso di una amministrazione penitenziaria contro il l Decreto Ministeriale n. 206 del 17 ottobre 2017, emesso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, concernente il "Regolamento recante modalità per lo svolgimento delle visite fiscali e per l'accertamento delle assenze dal servizio per malattia, nonché l'individuazione delle fasce orarie di reperibilità, i quale individua le fasce di reperibilità per la visita fiscale in caso di malattia tra le 9 e le 13 e tra le 15 e le 18 di ciascun giorno, mantenendo così gli orari attualmente previsti per la P.A. e lasciando immutata la differenziazione tra il pubblico e il privato, per il quale le finestre sono più brevi, ricomprese tra le ore 10 e le 12 e tra le ore 17 e le 19.
Si afferma in particolare il contrasto con l'art 3 della costituzione sull'uguaglianza dei cittadini e l'illogicita anche della possibilità di controlli d'ufficio, non solo su richiesta dei datori di lavoro.
Nella sentenza si afferma che " La mancata armonizzazione ha altresì determinato una disparità di trattamento tra settore pubblico e settore privato, a parere del Collegio, del tutto ingiustificata, considerato che un evento come la malattia non può essere trattato diversamente a seconda del rapporto di lavoro intrattenuto dal personale che ne viene colpito. Ne è quindi derivata la violazione dell'art. 3 Costituzione, non essendo rispettato il principio di uguaglianza.
Il mantenimento delle differenziate fasce orarie, con una durata complessiva, per il settore pubblico, quasi doppia rispetto a quella del settore privato (7 ore a fronte di 4 nell'arco di una giornata) è indicativo anche di uno sviamento di potere: la stessa motivazione addotta dall'Amministrazione nell'interlocuzione con il Consiglio di Stato (il mancato allineamento delle fasce di reperibilità per il settore pubblico a quelle del privato è dovuto ad una minore incisività della disciplina dei controlli) è una dimostrazione del fatto che si parte dall'idea che per il settore pubblico servano controlli rafforzati. Tali controlli ripetuti, associati ad una restrizione delle ipotesi di esclusione dall'obbligo di rispettarle, sembrano piuttosto diretti a dissuadere dal ricorso al congedo per malattia, in contrasto con la tutela sancita dalla Carta costituzionale dall'art. 32.
Il TAR condivide con il Consiglio di Stato la necessità di "invitare l'Amministrazione a procedere, con le modalità ritenute più opportune, all'armonizzazione della disciplina delle fasce orarie di reperibilità fra dipendenti pubblici e dipendenti del settore privato, in base a quanto esplicitamente previsto dalla normativa di delega di cui al richiamato art. 55 septies, comma 5 bis del d.lgs. n. 165 del 2001."
Visite fiscali i casi di esclusione dalla reperibilità
Il Decreto ministeriale 11 gennaio 2016 concernente le visite mediche di controllo dei lavoratori da parte dell'INPS ha previsto che sono esclusi dall'obbligo di rispettare le fasce di reperibilità i lavoratori subordinati privati, per i quali l'assenza è riconducibile ad una delle seguenti circostanze:
- a) patologie gravi che richiedono terapie salvavita;
- b) stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta.
Per quanto riguarda i lavoratori della pubblica amministrazione l'esonero è stato modificato con decreto del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione n. 206 del 17 ottobre 2017 che prevede come motivazioni:
a) patologie gravi che richiedono terapie salvavita;
b) infortuni sul lavoro;
c) malattie per le quali e' stata riconosciuta la causa di servizio;
d) stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta.
ATTENZIONE: Non è piu esclusa la possibilità di una seconda visita fiscale nello stesso periodo di prognosi indicato nel certificato.
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Costo lavoro igiene ambientale 2024 tabelle ministeriali
E' stato pubblicato il 20 marzo sul sito del Ministero del lavoro il decreto direttoriale 14 2024 che determina il costo medio orario del lavoro per i lavoratori dipendenti da imprese e società esercenti servizi ambientali, pubbliche e private, per gli operai e per gli impiegati.
Al decreto sono allegate le tabelle dei valori applicabili a valere dai mesi di luglio 2022; da gennaio, luglio e ottobre 2023; da gennaio e luglio 2024.
L'aggiornamento è stato definito dopo l'esame dei seguenti documenti contrattuali:
verbale di accordo del 9 dicembre 2021, sottoscritto da Utilitalia, Confindustria-Cisambiente, Legacoop Produzione e Servizi, Confcooperative Lavoro e Servizi, Agci Servizi, Fise Assoambiente come rappresentanti dei datori di lavoro e da FP-CGIL, FIT-CISL, UILTRASPORTI e FIADEL, per la copertura economica dal 1° luglio 2019 al 31 dicembre 2021;
il rinnovo del CCNL dei Servizi ambientali del 18 maggio 2022 per i dipendenti da imprese e società esercenti servizi ambientali – Aziende pubbliche e private, stipulato da Utilitalia, Confindustria- Cisambiente, Legacoop Produzione e Servizi, Confcooperative Lavoro e Servizi, Agci Servizi, Assoambiente come rappresentanti dei datori di lavoro e da FP-CGIL, FIT-CISL, UILTRASPORTI e FIADEL come rappresentanti dei lavoratori, con decorrenza dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2024;
Le nuove tabelle sono state condivise con le organizzazioni delle parti sociali sopracitate.
Nel decreto si precisa che il costo del lavoro cosi determinato è suscettibile di oscillazioni in relazione:
- a) ad eventuali benefici di cui il datore di lavoro usufruisce ai sensi delle disposizioni vigenti;
- b) ad oneri derivanti dall’applicazione di eventuali accordi integrativi aziendali (ticket, mensa, premi, indennità, ecc.);
- c) ad oneri derivanti da interventi relativi a infrastrutture, attrezzature, macchinari e altre misure connesse all’attuazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni.

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Tutele crescenti: ok anche per i dipendenti assunti prima del Jobs Act
La Corte costituzionale con la sentenza n. 44 del 19.3. 2024 , di nuovo sul tema del Jobs act, ha fornito questa volta una conferma della legittimità costituzionale della parte della disciplina sulle tutele nei licenziamenti individuali nelle PMI.
In particolare, si conferma l'applicabilità dell’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, ovvero il regime detto "a tutele crescenti " anche nel caso di licenziamento illegittimo di lavoratori che fossero già assunti alla data del 7 marzo 2015, data di entrata in vigore della norma in piccole imprese che successivamente oltrepassano la soglia dei 15 dipendenti.
Licenziamenti e tutele crescenti nelle PMI: il caso le motivazioni della Consulta
La questione era stata posta dalla Sezione lavoro del Tribunale di Lecce, in un caso evidenziando che il regime di tutele crescenti previsto dal d.lgs. 23 2015 poteva costituire violazione dell’art. 76 della Costituzione, in riferimento ai criteri di delega fissati dall’art. 1, comma 7, lettera c), della legge n. 183 del 2014 .
La legge delega avrebbe infatti circoscritto alle «nuove assunzioni», ossia ai lavoratori “giovani” assunti a partire dalla data di entrata in vigore del d.lgs. (7 marzo 2015), il nuovo regime , mentre il decreto legislativo prevede che esso si applichi anche a lavoratori assunti prima di tale data, nelle aziende che abbiano superato la soglia di quindici dipendenti successivamente.
Secondo il tribunale a norma della delega legislativa si sarebbe dovuta prevedere una disciplina dei licenziamenti a doppio regime, cioè:
- per i lavoratori in servizio alla data del 7 marzo 2015, il mantenimento della tutela reintegratoria ex art. 18 statuto dei lavoratori, anche in caso di licenziamenti intimati successivamente;
- per i lavoratori assunti a partire da tale data, si sarebbe applicata direttamente la nuova disciplina d.lgs 23 2015
Licenziamenti e tutele crescenti nelle PMI: le motivazioni della Consulta
Come anticipato, la consulta ha invece considerato legittimo dal punto di vista costituzionale l'articolo del d.lgs 23 in quanto nelle aziende sotto i 15 dipendenti non era comunque applicabile la tutela reintegratoria dell'art 18 legge 300 1970 e trovava invece applicazione solo la tutela indennitaria di cui alla legge n. 604 del 1966.
In particolare la Corte ha ritenuto che il legislatore delegato, nell’esercizio del suo potere di completamento della disciplina, non sia comunque intervenuto peggiorando la tutela per tali lavoratori in quanto il nuovo regime è, comunque, più favorevole del precedente regime della legge n. 604 del 1966, per i casi che si verificano prima del superamento della soglia occupazionale.
Viene anche osservato che se invece fosse stata consentita l’acquisizione ex novo del regime di tutela dell’art. 18, ciò avrebbe potuto rappresentare una remora, per il datore di lavoro, a fare nuove assunzioni, cosa che invece il legislatore delegante voleva incentivare.
Quindi non è stata violata la legge di delega, sotto questo profilo, e pertanto anche ai lavoratori di piccole imprese, assunti prima dell’entrata in vigore dello
decreto legislativo, non si applica l’art. 18 statuto dei lavoratori, bensì il regime di tutela del licenziamento individuale illegittimo, previsto per i
contratti a tutela crescente, nel caso in cui il datore di lavoro abbia superato la soglia dimensionale di quindici lavoratori occupati nell’unità produttiva in conseguenza di assunzioni a tempo indeterminato avvenute successivamente all’entrata in vigore del decreto.