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Prestiti ai dipendenti e calcolo ritenute: chiarimenti dell’Agenzia
Con la risoluzione 44 del 25 luglio 2023 l'Agenzia fornisce chiarimenti in merito alla determinazione del Reddito di lavoro dipendente nel caso di erogazione di prestiti da parte del datore di lavoro a norma dell' Articolo 51, comma 4, lettera b), del Tuir.
Reddito dipendenti e valore dei prestiti agevolati come "beni in natura"
La risoluzione ricorda in primo luogo che costituiscono redditi di lavoro dipendente non soltanto le somme e i valori che il datore di lavoro corrisponde direttamente ma anche le somme e i valori che, in relazione al rapporto di lavoro, sono erogate da soggetti terzi , per cui il datore di lavoro in qualità di sostituto d’imposta deve effettuare le ritenute d' acconto con riferimento a “tutte” le somme percepite in “relazione” al rapporto di lavoro .
A questo fine, posto che ai fini del calcolo del reddito imponibile il compenso in natura è costituito dal 50 per cento della differenza tra gli interessi calcolati al tasso ufficiale di sconto vigente al momento della concessione del prestito, l'Agenzia sottolinea l'importanza degli obblighi di comunicazione tra datori di lavoro che stipulano convenzioni per l'erogazione di prestiti agevolati ai propri dipendenti e soggetti erogatori
In particolare , la banca che eroga materialmente il prestito è tenuta a comunicare il valore, ma anche per il datore di lavoro è un obbligo acquisire tale importo.
Un meccanismo analogo deve essere istituito in presenza di un soggetto che ha ricevuto un compenso in natura dal datore di lavoro, ad esempio, un prestito a tasso agevolato e che poi sia collocato a riposo. In questo caso l’ex datore di lavoro sarà tenuto a comunicare all’ente pensionistico e, in mancanza o ritardo, l'ente dovrà acquisire l'importo del valore da assumere a tassazione unitamente al trattamento pensionistico. Lo stesso vale in caso di distacco del dipendente presso un altro datore di lavoro
Viene inoltre sottolineato che per espressa previsione normativa, nel caso in cui la ritenuta non trovi capienza, sui contestuali pagamenti in denaro, il dipendente è obbligato a fornire al sostituto d'imposta le somme necessarie al versamento. In tal caso il sostituto è tenuto comunque a versare le ritenute all’erario nei termini ordinariamente previsti, anche se il sostituito non ha ancora provveduto al pagamento.
Altro chiarimento riguarda la tipologia di beni che rientrano nella previsione dell'art 51 comma 4 lettera b ovvero
- i prestiti concessi sotto forma di scoperto di conto corrente,
- di mutuo ipotecario e
- di cessione dello stipendio,
Restano escluse le dilazioni di pagamento previste per beni ceduti o servizi prestati dal datore di lavoro o dal soggetto a questi collegato.
Per chiarire infine il momento impositivo da prendere in considerazione per il calcolo ,a Risoluzione fa riferimento alla circolare MEF 98 2000
Di particolare interesse anche il riferimento al fatto che rientrano nella nozione di reddito di lavoro dipendente anche i beni ceduti e i servizi prestati al coniuge del lavoratore (o del pensionato) o ai familiari specificati all'art 12 del TUIR per cui nel caso in cui il mutuo (o il finanziamento) sia intestato o cointestato ad un familiare o cointestato con un familiare (ad esempio il coniuge) il calcolo deve essere effettuato sulla base dell’intera “quota interessi”.
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Licenziamento: valido con raccomandata respinta al mittente
Con la sentenza n. 15937 del 31 maggio 2023 in tema di comunicazione del licenziamento individuale, la Corte di Cassazione chiarisce l'orientamento sulla validità della comunicazione tramite raccomandata, in particolare nel caso di rinvio della lettera al mittente per compiuta giacenza in posta.
Il caso riguardava l'impugnativa del licenziamento da parte di una lavoratrice, giunta oltre il termine di 60 giorni dalla data di notifica del recesso da parte del datore di lavoro.
La dipendente contestava di non aver mai ricevuto la lettera di licenziamento mentre il datore di lavoro produceva in giudizio copia della ricevuta di invio tramite raccomandata ma non copia dell'avviso di ricevimento firmato dal destinatario, in quanto la lettera era ritornata al mittente per compiuta giacenza in ufficio postale.
La Cassazione in passato ( con le sentenze sez. III, 27/10/2022, n. 31845; sez. VI, 11/01/2019, n. 511) ha affermato che la ricevuta postale di invio della raccomandata non è sufficiente per presumere la conoscenza dell'atto da parte del lavoratore.
Lettera licenziamento: presunzione di conoscenza e onere della prova
La presunzione di conoscenza di un atto unilaterale recettizio è descritta dall' 1334 e 1335 del codice civile che recitano: "La presunzione legale di conoscenza opera per il solo fatto oggettivo dell’arrivo all’indirizzo del destinatario della comunicazione" e "gli atti unilaterali recettizi si reputano conosciuti al destinatario nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario".
La norma prevede anche che sul destinatario grava l'onere di provare di non avere responsabilità per la mancata conoscenza.
I giudizi di merito in primo e secondo grado nel caso in commento avevano respinto le domande della lavoratrice giudicando valida la comunicazione del licenziamento avvenuta per raccomandata al domicilio della lavoratrice, anche in assenza della copia dell’avviso di ricevimento in quanto il datore di lavoro ha allegato agli atti alcune schede informative estratte dai dati informatici di Poste Italiane che provavano che:
- la notifica della mancata consegna era avvenuta all'indirizzo fornito dalla lavoratrice, che non ha mai comunicato variazioni
- la raccomandata era stata regolarmente depositata presso l’ufficio postale con notifica alla destinataria e
- la restituzione al mittente era avvenuta all’esito della compiuta giacenza.
Per parte sua la lavoratrice non ha provato l'assenza di responsabilità nel non avere notizia della comunicazione e i giudici non hanno ritenuto sufficiente la sua mera dichiarazione di non conoscenza
Su queste basi i giudici di legittimità hanno ritenuto dimostrata l’operatività della presunzione di conoscenza di cui all’articolo 1335 del codice civile.
Nella sentenza di Cassazione non vengono rilevati errori di valutazione da parte della Corte di appello e la sentenza che convalida il licenziamento è sta quindi confermata.
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Infarto per eccesso di lavoro: basta il nesso causale per il risarcimento
Per il risarcimento del danno biologico al dipendente che ha lavorato con ritmi e turni intollerabili è sufficiente provare il nesso causale tra le condizioni di lavoro e l'evento traumatico . Ciò ribalta sul datore di lavoro l'onere di provare di aver adottato tutte le misure possibili per salvaguardare la salute del lavoratore.
Questa in sintesi la conclusione esposta nell'ordinanza n. 6008 2023 della Corte di Cassazione.
Vediamo maggiori dettagli sul caso in questione sulle motivazioni e sui precedenti della giurisprudenza di legittimità
Il caso del dirigente medico con ritmi eccessivi di lavoro
A.A., dirigente medico di primo livello ì, che subiva un infarto del miocardio dopo anni di turni e rimi di lavoro insostenibili , aveva citato in giudizio la ASL datrice di lavoro per chiedere il risarcimento del danno biologico conseguente all'evento, che considerava causato dal sottodimensionamento dell'organico aziendale. Aveva ottenuto già l''equo indennizzo per cause di servizio in sede amministrativa
La sua domanda veniva respinta sia il Tribunale di Lanciano, in funzione di giudice del lavoro, che dalla corte di appello de L'Aquila , i quali escludevano la responsabilità dell'ASL tenuto conto che questa non aveva il potere di aumentare l'organico e di assumere altri ortopedici, nè di rifiutare ricoveri e prestazioni ai pazienti.
La corte d'appello in particolare rimarcava che il ricorso del lavoratore era mancante dell'indicazione di "ben determinate norme di sicurezza",
Nel ricorso del medico si affermava invece che per l'accoglimento della domanda di condanna al risarcimento del danno, il lavoratore deve provare solo che le prestazioni di lavoro siano state rese in condizioni nocive ed evento, mentre spetta al datore di lavoro provare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno.
Risarcimento del danno, onere della prova e accertamenti medico legali
La Cassazione, come detto, concorda con il rilievo del ricorrente e cassa la sentenza, rinviando per un nuovo giudizio .
Sottolinea infatti che :
- non spetta al lavoratore individuare la violazione di una specifica norma prevenzionistica (Cass. 25 luglio 2022, n. 23187),
- la ricorrenza di prestazioni oltre la tollerabilità, "è in sè un inesatto adempimento all'obbligo di sicurezza,che non necessita di altre specificazioni, pur traducendosi poi esso anche in violazione di disposizioni antinfortunistiche" (Cass. n. 34968- 2022).
- Il tema della mancanza di autonomia della ASL nella decisione di assumere altro personale medico non è rilevante in merito al mancato assolvimento degli oneri di allegazione e di prova Si tratta, infatti, di una circostanza che potrebbe considerarsi "diversa causa che rendeva l'accaduto a sè non imputabile", ovverosia di un aspetto che ricade nell'ambito dell'onere della prova liberatoria sul datore di lavoro .
Infine viene stigmatizzata anche l'affermazione della decisone di appello secondo cui l'appellante avrebbe dovuto " allegare e provare , quali concreti svantaggi, privazioni ed ostacoli sono derivati dalla menomazione denunciata" e che a tale carenza non "sembra potersi supplire attraverso un accertamento medico-legale.
Al contrario la corte di legittimità afferma che "è evidente che il nesso causale rilevante ai fini del riconoscimento dell'equo indennizzo per la causa di servizio è identico a quello da provare ai fini della condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno, quando si faccia riferimento alla medesima prestazione lavorativa
e al medesimo evento dannoso (v. Cass. nn. 34968-2022 e 23187-2022). Il fatto che sia stata riconosciuta in sede amministrativa la causa di servizio ai fini dell'equo indennizzo e che sia stata prodotta in giudizio la relativa documentazione, se non vale come prova legale (vincolante per il giudice) del nesso causale, ben potrebbe essere prudentemente apprezzata, come prova sufficiente di quel nesso, in mancanza di elementi istruttori di segno contrario (Cass. n. 23187-2022)."
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Occupazione in crescita ad aprile 2023: disoccupati al 7,8%
Sono stati diffusi negli ultimi giorni i dati relativi al recetne andamento del mercato del lavoro: si tratta de
i dati Istat di aprile 2023 e del
l Rapporto annuale sulle Comunicazioni obbligatorie dei datori di lavoro del Ministero del lavoro che descrive le dinamiche del mercato del lavoro dipendente e parasubordinato nel 2022. Qui il testo .
Di seguito una sintesi degli aspetti principali dei due documenti.
Dati ISTAT occupazione aprile 2023
La crescita dell’economia italiana degli ultimi mesi , oltre le aspettative, ha effetto positivo anche sul mercato del lavoro: secondo gli ultimi dati ISTAT la disoccupazione è scesa ad Aprile al 7,8%.
Rispetto allo scorso anno sono 390mila le persone che hanno trovato lavoro, 48mila ad aprile in più rispetto al mese di marzo 2023.
Il tasso di occupazione nazionale sale quindi al 61% e il numero totale di persone che lavorano si porta a 23 milioni e 446mila
Interessante notare che tra le tipologie di contratto aumentano ancora quelli a tempo indeterminato e il lavoro autonomo, calano invece i contratti a termine.
La categoria con la migliore performance è finalmente quella femminile con 50mila donne occupate in piu rispetto al mese precedente, a fronte del calo di 4 mila occupati di sesso maschile. Rispetto al 2022 l'aumento di donne occupate è pari a 217mila unità
Sempre ad aprile diminuiscono le persone che cercano lavoro e scende anche il tasso di inattività.(al 33,7%)
Dati occupazione 2022 Ministero del Lavoro
Si segnala anche la pubblicazione della relazione annuale del Ministero del lavoro sulle comunicazioni obbligatorie relative ai contratti di lavoro attivi nel 2022.
In sintesi:
ATTIVAZIONI E CESSAZIONI
- Sono stati attivati 12.573.000 rapporti di lavoro, in aumento del 10,9%. La crescita annua, seppure significativa, risulta in calo rispetto al valore registrato l’anno precedente (+17,7%).
- Sono cessati 12.159.000 rapporti di lavoro, in aumento del 14,4%. L’incremento annuo è superiore rispetto all’anno precedente (+13,6%).•
- I 12.573.000 rapporti di lavoro attivati hanno coinvolto 7.076.000 lavoratori, con un numero medio di contratti attivati pro capite pari a 1,78.
- Le trasformazioni di rapporti di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato sono state 716.000 oltrepassando il numero di trasformazioni annue nel periodo pre-pandemia, in aumento del +34,8% rispetto all’anno precedente.
- L’82,5% delle cessazioni dei rapporti di lavoro ha interessato contratti con durata inferiore a un anno.
- Sono aumentate rispetto all’anno precedente le attivazioni a Tempo Indeterminato (+12,0%), con Apprendistato (+11,2%) e quelle a Tempo Determinato (+9,6%).
- Sono aumentate rispetto all’anno precedente le attivazioni nel settore alberghiero e della ristorazione (+24,4%), Altri servizi pubblici, sociali e personali (+18,4%) e il settore Trasporti, comunicazioni, attività finanziarie e altri servizi alle imprese (+12,3%).
- La quota maggiore di lavoratori cessati ricade nella classe 35-54 anni, costituita da 2.795.000 individui (41,0% del totale), mentre la classe dei giovani fino a 24 anni corrisponde alla fascia d’età meno numerosa (15,8% del totale).•
DISTRIBUZIONE
Dal punto di vista delle distribuzione territoriale : a fronte di 12.573.000 di attivazioni nazionali, il 42,7% è nelle regioni del Nord, il 32,4% è nelle regioni del Mezzogiorno ed il 24,8% è nelle regioni del Centro.
SOMMINISTRAZIONE :
Sono stati attivati 1.488.000 rapporti di lavoro in somministrazione con una crescita tendenziale del +11,1%.
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Rappresentanza: raccolta dati elettorali da ulteriori CCNL
L'INL, con Nota n. 3453 del 17 maggio 2023, comunica che è stato firmato lo scorso 8 maggio un ampliamento della dichiarazione congiunta di intenti del 18 gennaio 2023, concordata tra Organizzazioni Sindacali e Confindustria.
Il documento prevede che la raccolta dei dati delle elezioni Rsu, ai fini della certificazione e dell'allineamento della raccolta del dato elettorale (ai fini della certificazione della rappresentanza sindacale ) riguardo ulteriori 3 contratti collettivi nazionali di lavoro, ovvero
- il CCNL autoferrotranvieri e internavigatori;
- il CCNL del settore gas/acqua;
- il CCNL del settore elettrico.
L’ispettorato sottolinea che l'estensione ai CCNL sopra indicati consente di “allineare” la raccolta del dato elettorale relativamente ai contratti sottoscritti da entrambe le Associazioni datoriali ed oggetto di rilevazione.
Viene inoltre ricordato che gli Ispettorati Territoriali procederanno all’attività di raccolta ed inserimento nell’applicativo INPS dei dati elettorali RSU anche relativamente ai CCNL citati, a far data dal 1° settembre 2023, ed esclusivamente per il tramite dei referenti sindacali locali abilitati o loro delegati di cui le OO.SS. hanno il compito di comunicare tempestivamente nominativi e relativi recapiti telefonici e di posta elettronica, nonché eventuali sostituzioni.
Per i verbali delle elezioni di RSU concluse entro la data del 10 dicembre 2023, invece il deposito andrà essere fatto entro il 20 gennaio 2024.
Vale la pena ricordare che anche l'associazione datoriale Confservizi ha firmato sottoscritto la convenzione con INL nel 2020 aggiornato con un addendum del 5 maggio 2023
Certificazione dati Rappresentanza sindacale: come funziona
La raccolta dei dati delle elezioni RSU è una attività affidata all’Ispettorato Nazionale del Lavoro per la prima certificazione della rappresentanza delle Organizzazioni sindacali per la contrattazione collettiva nazionale di categoria.
Ciascun ITL, ricevuti i verbali, procede all'inserimento nell'apposito applicativo INPS .
Entro il 31 gennaio 2024, il Direttore dell'ITL comunichera i risultati a tutte le Organizzazioni Sindacali interessate, via pec
Dopo 10 giorni le parti sociali saranno convocate dal direttore dell INL per la validazione e i dati saranno definitivamente acquisiti.
I risultati saranno poi messi in relazione con i dati associativi presenti nelle deleghe sindacali raccolte nei flussi uniemens dell' INPS per arrivare alla individuazione dei contratti collettivi più rappresentativi a livello nazionale che è attesa entro luglio 2024
Vedi qui il testo della convenzione quadro sulla raccolta dei dati sulla rappresentanza sindacale Confindustria INPS INL
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Repechage: obbligo ampliato ai posti liberi in futuro
Con la sentenza 12132/2023 la Cassazione ha ampliato l'ambito di applicabilità dell'obbligo di repechage da rispettare prima del licenziamento di un lavoratore per giustificato motivo oggettivo, anche a possibili posizioni lavorative libere "nel futuro prossimo" .
Prima di analizzare la sentenza rivediamo in generale in cosa consiste il repechage.
Secondo quanto detto dalla giurisprudenza di legittimità il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, (art. 3 della L. 604/1966) ovvero per motivo economico e di organizzazione produttiva , è determinato dalla necessità di procedere alla soppressione del posto o del reparto cui è addetto il singolo lavoratore, ma per essere considerato legittimo deve essere provato il datore ha l'onere di provare che il lavoratore non poteva essere utilizzato in altre mansioni compatibili con la qualifica rivestita, in relazione al concreto contenuto professionale dell'attività cui il lavoratore stesso era precedentemente adibito (ex plurimis, Cass., n. 10554/2003).
Inoltre in relazione al concreto contenuto professionale dell'attività cui il lavoratore era precedentemente adibito, la giurisprudenza della Corte ha precisato che il datore di lavoro ha l'onere di provare, con riferimento alla organizzazione aziendale esistente all'epoca del licenziamento e anche attraverso fatti positivi, la impossibilità di adibire utilmente il lavoratore in mansioni diverse ma equivalenti da quelle che prima svolgeva (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 5893/1999; 12367/2003).
Possono considerarsi equivalenti a quelle espletate le mansioni oggettivamente comprese nella stessa area professionale e salariale e che si armonizzano con la professionalità già acquisita dai lavoratore nei corso del rapporto, sì da impedirne la dequalificazione (cfr, ex plurimis, Cass., n. 7370/1990).
La Cass. civ., n. 6441 del 1988, aveva ritenuto che, ai sensi dell’art. 2103 c.c., la modifica in peius delle mansioni de lavoratore è illegittima, salvo che sia stata disposta
con il consenso del dipendente e per evitare il licenziamento o la messa in cassa integrazione del lavoratore stesso, la cui diversa utilizzazione non contrasta, in tal caso, con l'esigenza di dignità e libertà della persona. Da rilevare anche che è stato ritenuto che non costituisce violazione dell’art. 2103 c.c., un accordo sindacale che, in alternativa al licenziamento per ristrutturazione aziendale, preveda l'attribuzione di mansioni diverse e di una diversa categoria con conseguente orario di lavoro più
lungo (Cass., n. 9386/1993).
Nella sentenza n. 13379 del 26 maggio 2017 la Cassazione ha ribadito che nell'ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo conseguente a soppressione del posto di lavoro a seguito di riorganizzazione aziendale; "il datore di lavoro ha l'onere di verificare la presenza di mansioni anche inferiori da assegnare al dipendente in esubero . In particolare nel caso sia presumibile una sua disponibilità al loro svolgimento".
Nel caso di specie un lavoratore accanto alle mansioni prevalenti, aveva negli anni svolto una volta la settimana mansioni promiscue inferiori.
Repéchage e posizioni disponibili nel futuro prossimo
La recente Cassazione riprende e amplia un orientamento molto risalente affermando che sulla base del principio di correttezza e buona fede obbligatori nel rapporto di lavoro la situazione aziendale al momento del licenziamento non non è il solo ambito in cui valutare le disponibilità di mansioni affidabili al dipendente ma vanno considerati anche posti che si renderanno disponibili in un arco temporale del tutto prossimo»
Era già stato affermato che " se nel breve periodo successivo si addivenga a nuove assunzioni, per ritenere raggiunta la prova della inutilizzabilità aliunde del lavoratore licenziato, il cui onere grava sul datore di lavoro, è necessario che questi indichi le mansioni affidate ai nuovi assunti, specificando le ragioni per cui esse non siano da ritenersi equivalenti a quelle svolte dal lavoratore licenziato " (cfr, ex plurimis, Cass., nn.12548/1997; 12367/2003)
Nel caso analizzato dalla cassazione al momento del licenziamento del ricorrente erano infatti state rassegnate le dimissioni da due lavoratori che erano nel periodo di preavviso. Questo depone quindi per un possibile ricollocamento del lavoratore e per la conseguente illegittimità del licenziamento.
L'applicazione risulta molto estensiva anche sulla base del fatto che la Corte non ha preso in considerazione il fatto che non sono state registrate in realta assunzioni successive al licenziamento del lavoratore, elemento su cui si erano basate le decisioni avverse delle corti di merito.
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Alluvione Emilia maggio 2023: al via la cassa integrazione
INPS ha emanato con il messaggio 1699 del 10 maggio le istruzioni per le domande di accesso ai trattamenti di integrazione salariale garantiti per i datori di lavoro nel territorio delle Province di Reggio-Emilia, Modena, Bologna, Ferrara, Ravenna e Forlì-Cesena, con il riconoscimento delllo stato di emergenza, per i gravi eventi metereologici verificatisi a partire dal 1° maggio 2023.
Si tratta in particolare di
- trattamento ordinario di integrazione salariale (CIGO per eventi non evitabili "EONE")
- assegno di integrazione salariale FIS e Fondi di solidarietà
- cassa integrazione speciale operai agricoli (CISOA).
Domande di CIGO o assegno EONE
Le causali da utilizzare sono :
- la causale “Incendi – crolli – alluvioni”, (riferibili al verificarsi di eventi oggettivamente non evitabili (c.d. EONE) o
- se il caso anche la causale “Impraticabilità dei locali anche per ordine di Pubblica Autorità”,
per le quali :
- non è richiesta l’anzianità di effettivo lavoro di 30 giorni dei lavoratori devono possedere presso l’unità produttiva
- i datori di lavoro non sono tenuti al pagamento del contributo addizionale
- le domande devono essere presentate entro la fine del mese successivo a quello in cui l’evento si è verificato, quindi entro il 30 giugno 2023;
- l’informativa sindacale non è preventiva ed è sufficiente che i datori di lavoro, anche dopo l’inizio della sospensione o riduzione dell’attività comunichino a RSA o RSU o articolazioni sindacali territoriali le cause , la durata prevedibile del periodo per cui è richiesto l’intervento e il numero dei lavoratori interessati. Inoltre per le imprese del settore edile e lapideo non è necessaria per le prime 13 settimane di integrazione salariale.
Tenuto conto dell’entità dell’evento i datori di lavoro non sono tenuti a dimostrare gli effetti sull’attività produttiva per cui nella relazione è sufficiente una descrizione sintetica delll' attivita e la dichiarazione di sospensione
Con riferimento alle domande presentate con la causale “Impraticabilità dei locali anche per ordine di Pubblica Autorità”, i datori di lavoro possono allegare le attestazioni delle Autorità o fornire una autocertificazione . In ogni caso la mancanza di documentazione non determina il respingimento dell'istanza ma l'istituto richiederà un supplemento di istruttoria .
Sulla ripresa dell’attività lavorativa, i datori di lavoro interessati possono indicare nella prima richiesta una data di ripresa basata su ragionevoli previsioni e che se nonssere rispettata per motivate ragioni, il datore di lavoro può chiedere una proroga
ATTENZIONE
I datori di lavoro colpiti dagli eventi alluvionali, che avessero già inviato la domanda con differente causale, dovranno annullarla e la suddetta istanza e presentarne una nuova secondo le indicazioni I datori di lavoro tutelati dal FIS e dai Fondi di solidarietà bilaterali nel caso devono indicare nella nuova istanza “annulla e sostituisce la domanda con Prot. NNN”.
Domande di cassa integrazione speciale operai agricoli (CISOA)
il trattamento di CISOA per eccezionali calamità o avversità atmosferiche, è garantito per un periodo non superiore a 90 giorni agli impiegati e operai agricoli con contratto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze dell'impresa da più di un anno e prescinde dal possesso del requisito occupazionale minimo di 181 giornate annue di effettivo lavoro.
Tali trattamenti sono soggetti al limite massimo mensile di importo previsto dall’articolo 3, comma 5-bis, del D.lgs n. 148/2015.
i datori di lavoro interessati dovranno presentare, domanda con la specifica causale “Calamità naturali o avversità atmosferiche – cod. evento 08 (art. 21, comma 4, L.n.223/1991)”.