• Lavoro Dipendente

    Asseverazione contributiva – ASSE CO – cos’è?

    L'Asse.Co. ovvero asseverazione contributiva e retributivo , anche detta Asseverazione di conformità de rapporto di lavoro  è il documento  rilasciato dall'ordine dei consulenti del lavoro che certifica che l'impresa:

    • applica correttamente i contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL);
    • rispetta le normative su orario di lavoro, riposi, ferie, sicurezza e salute;
    • è in regola con i versamenti contributivi (INPS, INAIL, Casse Edili) e retributivi;
    • non impiega lavoro irregolare o minorile.

    La certificazione ha validità annuale e prevede verifiche quadrimestrali da parte di un Consulente del Lavoro, asseveratore certificato, per garantire il mantenimento dei requisiti. 

    L'iniziativa è nata nel 2014  con un protocollo   tra il Consiglio Nazionale dell'ordine dei CDL e l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) , rinnovata nel 2016 e rilanciata con nuovo accordo il 29 marzo 2023. 

    Asse.co – Il ruolo dei Consulenti del Lavoro

    I Consulenti del Lavoro  i professionisti specializzati nella gestione del personale e degli aspetti giuslavoristici,  con ASSE.CO grazie al protocollo firmato con INL garantiscono quindi  la regolarita dell'azienda dal punto di vista contributivo e retributivo . 

    Per diventare asseveratori, i professionisti devono seguire un corso di formazione specifico  presso il proprio Ordine e ottenere l'abilitazione. 

    Nel processo di asseverazione, il Consulente del Lavoro:

    • accoglie la dichiarazione del datore di lavoro sulla conformità alle normative;
    • verifica la documentazione aziendale relativa a contratti, contributi e retribuzioni;
    • redige una propria dichiarazione di responsabilità;
    • invia la documentazione al Consiglio Nazionale dell’Ordine per il rilascio dell'asseverazione.

    L'Asse co risulta di fatto quindi una garanzia di controllo a doppio senso: 

    1. sulla  regolarità dell'azienda e
    2. sulla competenza del consulente

    Vantaggi per le imprese e procedura

    Ottenere l'Asse.Co. comporta diversi benefici:

    • Riduzione delle ispezioni: le attività ispettive si concentrano prioritariamente su aziende non asseverate.
    • Maggiore competitività: l'asseverazione può essere un requisito o un elemento premiante in gare d'appalto, soprattutto nel settore privato.
    • Trasparenza e reputazione: l'inserimento nell'elenco pubblico delle imprese asseverate, consultabile sul sito del Ministero del Lavoro, migliora l'immagine aziendale.
    • Autocontrollo: l'asseverazione favorisce un monitoraggio interno continuo della conformità normativa.

    Il processo si svolge attraverso la piattaforma telematica dedicata e prevede:

    • Richiesta volontaria: il datore di lavoro presenta l'istanza tramite un Consulente del Lavoro asseveratore.
    • Dichiarazioni di responsabilità: sia il datore di lavoro che il Consulente del Lavoro compilano dichiarazioni ai sensi del D.P.R. n. 445/2000.
    • Verifica e rilascio: il Consiglio Nazionale dell’Ordine esamina la documentazione e, se conforme, rilascia l'asseverazione entro 30 giorni.

    Sono previste spese di segreteria per la procedura di asseverazione,  proporzionali alle dimensioni aziendali.

    I Diritti di Segreteria coprono tutte le spese del procedimento comprese quelle legate alle attività di Fondazione Studi e più in particolare:

    – prima verifica per il rilascio del certificato di asseverazione da parte del Comitato Asseveratore (ComAss);

    – pubblicazione, dopo il rilascio dei riferimenti aziendale nell’area dedicata sul portate istituzionale www.cnoconsulentidellavoro.it e  sul sito www.lavoro.gov.it;

    – gestione verifiche periodiche (quadrimestrali);

    – utilizzo della piattaforma telematica (AssTel);

    – audit organizzati dal Comitato Asseveratore (ComAss) per controllare la regolarità della procedura da parte dei consulenti del Lavoro asseveratori.

    Per ulteriori informazioni o per avviare la procedura di asseverazione, è consigliabile consultare il sito ufficiale del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro o contattare un Consulente del Lavoro abilitato

  • Lavoro Dipendente

    Costo medio lavoro 2025 per cultura, turismo e sport: decreto e tabelle

    E' stato pubblicato il 20 maggio sul sito istituzionale del ministero del lavoro, sezione Pubblicità legale, il decreto ministeriale 39 del 19.5.2025 , emanato dalla Direzione Generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali , che definisce il costo medio orario del lavoro per il personale dipendente dei Servizi della Cultura, del Turismo, dello Sport e del Tempo Libero a partire da marzo 2023. 

    Di seguito una sintesi dei contenuti principali.

    Contesto normativo

    Il provvedimento si basa su una serie di riferimenti normativi fondamentali, tra cui:

    • D.lgs. 36/2023 (Codice dei contratti pubblici), art. 41, comma 13, che attribuisce al Ministero il compito di determinare annualmente i costi del lavoro.
    • D.lgs. 81/2008 ( Testo Unico su salute e sicurezza sul lavoro).
    • Normative in materia di IRAP, previdenza, assistenza e incentivi all’occupazione.
    • Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del 28 dicembre 2022 per i lavoratori del settore, firmato da FEDERCULTURE e le sigle sindacali F.P. CGIL, CISL FP, UIL FPL e UIL PA.

    l'Art. 1 – Determinazione del costo del lavoro , stabilisce che:

    Il costo medio orario del lavoro per i dipendenti dei Servizi della Cultura, del Turismo, dello Sport e del Tempo Libero è valido dal mese di marzo 2023.

    I dati si basano sulle tabelle allegate, che sono parte integrante del decreto.

    All'Art. 2  sono precisate le variazioni ammissibili.

    Il costo del lavoro può variare in funzione di:

    • Benefici contributivi o fiscali previsti dalla normativa;
    • Oneri aziendali derivanti dalla contrattazione di secondo livello;
    • Costi di salute e sicurezza (d.lgs. 81/2008);
    • Incentivi tecnici legati ad appalti e concessioni.

    Finalita e contenuto tecnico – le tabelle

    Le tabelle allegate  a  pagina 4 del decreto riportano in dettaglio i valori per il calcolo del costo medio orario annuo, suddiviso per livelli e fasce retributive (I, II, III Fascia e Quadri).

    Gli importi tengono conto di:

    • Retribuzione base, EGR, EAR e indennità di funzione
    • Oneri aggiuntivi: festività, tredicesima, quattordicesima, domeniche retribuite
    • Oneri previdenziali e assistenziali (INPS e INAIL)
    • Altri oneri: TFR, DPI, assistenza sanitaria, previdenza complementare

    Esempi di costo medio orario:

    • Livello I, I fascia: € 19,07/ora
    • Livello VII, III fascia: € 35,41/ora
    • Quadri: fino a € 44,56/ora

    Sono riportati anche i valori per contratti a tempo determinato e con orario distribuito su 6 giorni/settimana.

    Scarica qui il file integrale delle tabelle anche per il part time.

    costo medio orario del lavoro cultura e sport: tabella di sintesi

    Costo Medio Orario

    Fascia Livello Costo Medio Orario
    I Fascia I 19,07 €
    I Fascia II 19,36 €
    I Fascia III 20,06 €
    I Fascia IV 20,41 €
    I Fascia V 21,57 €
    I Fascia VI 22,20 €
    I Fascia VII 22,64 €
    II Fascia I 21,77 €
    II Fascia II 22,63 €
    II Fascia III 23,25 €
    II Fascia IV 24,07 €
    II Fascia V 24,70 €
    II Fascia VI 24,15 €
    III Fascia I 25,40 €
    III Fascia II 26,47 €
    III Fascia III 29,09 €
    III Fascia IV 30,52 €
    III Fascia V 31,18 €
    Quadri 35,41 €

  • Lavoro Dipendente

    Tfr colf e badanti: i dubbi su anticipo mensile o annuale

    Con la nota n. 616 del 3 aprile 2025, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha  fatto chiarezza su una prassi diffusa ma non conforme alla normativa vigente: l’erogazione del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) in busta paga, su base mensile. 

    Questo chiarimento interessa in particolare il settore del lavoro domestico, dove alcuni datori di lavoro adottano  tale modalità per semplificare la gestione del rapporto con il collaboratore e di fatto rateizzare con gli anticipi un esborso che può essere troppo pesante per una famiglia . 

    Tuttavia, l’INL ha evidenziato  che questa pratica è illegittima, con conseguenze fiscali e contributive per il datore di lavoro.

    Giova ricordare forse che il Trattamento di Fine Rapporto è la somma che il datore di lavoro deve corrispondere al lavoratore alla fine del contratto. Si tratta di una quota di retribuzione accantonata ogni mese, che costituisce una forma di liquidazione. Generalmente, il TFR corrisponde a circa una mensilità per ogni anno di lavoro.

    Nel periodo 2015-2018 era stato introdotto un regime sperimentale che permetteva l’erogazione mensile del TFR in busta paga per i dipendenti del settore privato, ma questa possibilità non è mai stata estesa al lavoro domestico. L’obiettivo era dare al lavoratore maggiore liquidità, ma la misura non ha avuto seguito oltre la fase di prova.

    Il chiarimento dell’Ispettorato: mensilizzare il TFR è una violazione

    Secondo quanto affermato dall’INL, l’erogazione mensile del TFR in busta paga è contraria alla natura stessa di questo istituto. Il TFR, infatti, ha funzione di retribuzione differita e serve a garantire un sostegno economico al lavoratore alla fine del rapporto di lavoro.

    In particolare, la nota INL richiama l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 4670 del 2021, secondo cui è possibile prevedere l’anticipazione del TFR maturato solo in casi specifici. Il Codice Civile (art. 2120) consente due modalità di anticipazione:

    • Per legge: nei casi di spese sanitarie o per l’acquisto della prima casa;
    • Per contratto collettivo o accordo individuale: in presenza di condizioni più favorevoli.

    Tuttavia, secondo l’interpretazione dell’INL, queste deroghe possono riguardare solo le quote già maturate, e non possono prevedere un'erogazione automatica del TFR mensilmente in busta paga. In tal caso, infatti, la somma verrebbe trattata come una parte ordinaria della retribuzione, e ciò comporterebbe conseguenze anche in ambito fiscale e contributivo.

    Tfr anticipato: Le conseguenze per i datori di lavoro

    Nel caso in cui un datore di lavoro abbia corrisposto il TFR mensilmente in busta paga, l’INL prevede che i funzionari ispettivi debbano ordinare l’immediata cessazione della pratica e il ripristino dell’accantonamento regolare secondo le regole previste dalla legge.

    Inoltre, il datore di lavoro potrebbe essere obbligato a ricostituire le somme erogate in maniera non conforme, a meno che non riesca a dimostrare che esse non erano a titolo di TFR ma facevano parte della retribuzione ordinaria, con il rischio però di dover fronteggiare complessi contenziosi.

    TFR anticipato: il caso del lavoro domestico

    L’interpretazione dell’INL si applica anche al lavoro domestico, dove spesso il rapporto tra le parti è più informale. Molti datori di lavoro hanno adottato la mensilizzazione del TFR per comodità o per accordo con il lavoratore.

    Tuttavia, anche in questo settore, la mensilizzazione del TFR è illegittima. L’unica eccezione ammessa è l’anticipazione annuale fino al 70% del TFR maturato, prevista dall’art. 41 del Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro Domestico. 

    Questa possibilità, però, è ben distinta dal versamento fisso mensile in busta paga: si tratta di una misura straordinaria, non ordinaria, e va richiesta e documentata annualmente.

    Assindatcolf,  l'associazione dei datori di lavoro domestico  cita in merito una indagine contenuta nel Rapporto 2024 “Family (Net) Work”, condotta su 2.400 famiglie, evidenzia che la maggioranza dei datori di lavoro domestico preferisce liquidare il TFR solo alla fine del rapporto di lavoro (58,3%). Tuttavia, una percentuale significativa (35,9%) sceglie di anticipare l’intero importo maturato alla fine dell’anno.

    Questa tendenza, sebbene non vietata, deve comunque rispettare i vincoli contrattuali e normativi, evitando di trasformare l’anticipazione in una consuetudine con cadenza mensile.

    Divieto di tfr con anticipo le critiche

    L’interpretazione dell’INL non è condivisa da tutti. Secondo alcuni esperti, (v. ad esempio il Sole 24 Ore  del 7.5.2025  nell'articolo a firma D’Onofrio e  Maresca,  la normativa (in particolare l’ultimo comma dell’art. 2120 del Codice Civile) lascia margine alle parti per introdurre condizioni migliorative anche sul piano dell’anticipazione del TFR.

    È stato osservato infatti  che il TFR matura mensilmente e che, in presenza di un accordo individuale, sarebbe teoricamente possibile stabilire un’erogazione regolare, purché limitata alle quote già maturate.

    Secondo questa lettura, l’accordo non trasformerebbe il TFR in una retribuzione ordinaria, ma semplicemente ne anticiperebbe l’utilizzo in modo flessibile, tenendo conto delle esigenze del lavoratore.

    Tuttavia, l’approccio dell’INL appare volto a tutelare i lavoratori e a impedire prassi che, nel lungo periodo, potrebbero metterli in una posizione di svantaggio economico alla fine del contratto.

  • Lavoro Dipendente

    Denunce infortuni: prorogato al 23 maggio l’aggiornamento INAIL

    Inail ha comunicato oggi sul proprio sito la proroga al 23 maggio 2025  della procedura di aggiornamento inizialmente  prevista per il 16 maggio per l’invio in modalità offline o in cooperazione applicativa della 

    • Comunicazione di infortunio e 
    • Denuncia/Comunicazione di infortunio: 

    In particolare  dunque dal 23 maggio 2025 sarà disponibile la versione aggiornata degli applicativi Comunicazione di infortunio e Denuncia/Comunicazione di infortunio che contiene un nuovo campo obbligatorio per l’acquisizione dell’informazione relativa all’eventuale accadimento dell’evento lesivo in cantiere.

    Attenzione va posta la fatto che l’inserimento dell’informazione “Attività svolta in cantiere” è finalizzato anche alla gestione della patente a crediti nei cantieri temporanei o mobili.

    Denunce INAIL: obbligo adeguamento utenti entro il 15 maggio

    INAIL avvisa  quindi che  per l’inoltro di comunicazioni e denunce/comunicazioni in modalità offline o in cooperazione applicativa è necessario che gli utenti interessati adeguino i propri sistemi entro il 15 maggio 2025.

    Le cronologie delle versioni, contenenti i dettagli delle modifiche e le documentazioni tecniche aggiornate per l’invio offline dei due adempimenti citati, sono disponibili seguendo i percorsi:

    Le documentazioni tecniche aggiornate dei due servizi in cooperazione applicativa sono state comunicate alle aziende che utilizzano tale modalità di trasmissione.

  • Lavoro Dipendente

    Legge vittime cedimenti stradali: previsto il collocamento obbligatorio

    La Legge 15 aprile 2025, n. 63, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 5 maggio 2025, intitolata “Benefici in favore delle vittime di eventi dannosi derivanti da cedimenti totali o parziali di infrastrutture stradali o autostradali di rilievo nazionale”.

    La legge mira a riconoscere benefici alle vittime di eventi dannosi causati da cedimenti di infrastrutture stradali o autostradali di rilievo nazionale, in coerenza con il principio solidaristico sancito dall'articolo 2 della Costituzione.

    Vediamo  meglio i beneficiari e le varie misure in concreto.

    Legge 63 2025: finalità e beneficiari

    La legge prevede in primo luogo l'istituzione di un fondo  presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con una dotazione di 7 milioni di euro per l'anno 2025 e 1,5 milioni di euro annui a decorrere dal 2026, destinato a iniziative di solidarietà in favore dei familiari delle vittime. 

    • Beneficiari: hanno diritto ai benefici il coniuge, i genitori, i figli, i fratelli e le sorelle della persona deceduta, nonché l'altra parte dell'unione civile o la persona stabilmente convivente legata da relazione affettiva. Inoltre, sono inclusi i parenti o affini fiscalmente a carico della persona deceduta nei tre anni precedenti l'evento e chiunque subisca un'invalidità permanente superiore al 50% a causa delle lesioni riportate. 
    • Esclusioni: sono esclusi dai benefici coloro che abbiano concorso alla produzione degli eventi dannosi o alla commissione di reati a questi connessi. 

    Gli eventi dannosi verificatisi tra il 13 agosto 2018 e la data di entrata in vigore della legge saranno individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge. Gli eventi successivi saranno individuati con decreti da adottare entro trenta giorni dall'evento stesso.

    Legge 63 2025: i benefici previsti

    Le risorse del fondo sono destinate in particolare a:

    • Speciali elargizioni in favore dei familiari delle vittime L'elargizione è cumulabile con eventuali risarcimenti spettanti a qualunque titolo, compresi i risarcimenti a titolo di danno non patrimoniale.
    • Ulteriori iniziative di solidarietà sociale, come misure integrative di sostegno al reddito per famiglie in condizioni di bisogno

    Inoltre:

    •  i soggetti beneficiari godono del diritto al collocamento obbligatorio nei termini previsti dalla legge 23 novembre 1998, n. 407.
    • È autorizzata la spesa di 100.000 euro annui a decorrere dal 2025 per la concessione di borse di studio riservate agli orfani e ai figli delle vittime per ogni anno di scuola primaria e secondaria, di primo e di secondo grado, e di corso universitario. Tali borse di studio sono esenti da ogni imposizione fiscale.
    • Può essere concessa la cittadinanza italiana allo straniero coniuge, all'altra parte dell'unione civile, alla persona stabilmente convivente, nonché ai figli, ai genitori, ai fratelli e alle sorelle delle vittime, di cittadinanza diversa da quella italiana e regolarmente residenti in Italia al momento del decesso, se residenti legalmente nel territorio della Repubblica da almeno cinque anni al momento della concessione della cittadinanza.

  • Lavoro Dipendente

    Codici ATECO 2025: INPS da il via all’adeguamento automatico

    Con la Circolare n. 71 del 31 marzo 2025 INPS  ha annunciato l'adozione della nuova classificazione delle attività economiche ATECO 2025, predisposta dall'ISTAT, a partire dal 1° aprile 2025. Con il Messaggio n. 1471 del 13 maggio 2025, INPS  comunica che è partito l’aggiornamento automatico delle matricole aziendali  per tutte le aziende già iscritte al 1° aprile 2025. 

    Si ricorda che la classificazione ATECO, che rappresenta la versione italiana della nomenclatura europea NACE, è stata aggiornata per riflettere meglio i cambiamenti nella realtà economica nazionale. L'aggiornamento riguarda i codici ATECO a 5 e 6 cifre, in coerenza con la classificazione NACE vigente.

    La circolare prevede anche l'aggiornamento del "Manuale di classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali ed assistenziali"

    Leggi per maggiori dettagli Nuovi codici ATECO 2025 operativi dal 1 aprile 

    Codici ATECO 2025 nuove iscrizioni e variazioni

    L'INPS adotta l'ATECO 2025 nei propri sistemi informativi per classificare le attività economiche dei datori di lavoro, utilizzando un documento di transcodifica fornito dall'ISTAT per garantire la corrispondenza tra i vecchi e i nuovi codici. 

    Le nuove iscrizioni aziendali dal 1° aprile 2025 devono indicare il codice ATECO 2025, mentre per le aziende già esistenti l'Istituto provvederà progressivamente ad aggiornare i codici. 

    ATTENZIONE Nel caso in cui un datore di lavoro disponga solo del codice ATECO 2007 al momento dell'iscrizione, la procedura permette di inserire tale codice, proponendo automaticamente il corrispondente codice ATECO 2025. Questo si applica, ad esempio, alle imprese costituite prima del 1° aprile 2025 che assumono dipendenti successivamente, senza aver ancora ricevuto il nuovo codice ATECO 2025 dalla CCIAA.

    È stato istituito  inoltre un nuovo codice statistico contributivo (CSC) 70713 per le attività di consulenza, con le stesse caratteristiche del CSC 70708

     Per le richieste di variazione contributiva, verrà attribuito provvisoriamente un codice ATECO 2025 basato sul codice ATECO 2007 presente nell'archivio, soggetto a consolidamento una volta completata la fase di riattribuzione.

    Per la Gestione separata, i committenti dovranno utilizzare il codice ATECO 2025 nei flussi UniEmens trasmessi dal 1° aprile 2025.

    Per i soggetti già presenti, la classificazione attuale rimarrà valida fino a eventuali variazioni o ricodifiche. ATTENZIONE Per artigiani e commercianti, l'aggiornamento delle procedure per l'acquisizione dei codici ATECO 2025 sarà comunicato in seguito.

    ATECO 2025 al via l’aggiornamento automatico per aziende già attive

    Con il Messaggio n. 1471 del 13 maggio 2025, INPS comunica che è partito l’aggiornamento automatico dell’ATECO per tutte le aziende già iscritte al 1° aprile 2025, in stato “Attiva” o “Riattivata”.

    La conversione viene eseguita ogni giorno, e ogni azienda riceve notifica via PEC con:

    • nuovo codice ATECO 2025
    • nuovo codice statistico contributivo (CSC)

    Come sapere se è stata fatta la conversione?

    Gli intermediari abilitati ricevono un report settimanale con le matricole aggiornate, il nuovo codice ATECO e il CSC.

    Se il codice non è corretto?

    Il datore di lavoro può inviare richiesta di rettifica tramite il Cassetto Previdenziale del Contribuente, sezione “Attribuzione codice ATECO 2025”, allegando:

    • visura camerale
    • statuto
    • altri documenti utili

    Attenzione alle matricole sospese o riattivate

    Le matricole sospese riceveranno il codice ATECO 2025 al momento della riattivazione.

    L’operatore di sede INPS:

    1. accede alla procedura “Iscrizione e Variazione Azienda”
    2. registra i dati per l’assegnazione automatica dell’ATECO 2025
    3. invia comunicazione tramite PEC al datore o all’intermediario

  • Lavoro Dipendente

    Cassazione: nulli i licenziamenti dopo protesta collettiva

    La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9526 del 11 aprile 2025, ha affrontato un caso significativo in materia di licenziamento e diritti sindacali. Al centro della questione, il comportamento di un gruppo di lavoratori che, per protestare contro la mancata corresponsione di un'indennità prevista da un contratto aziendale, aveva modificato l'orario di lavoro senza rispettare i turni a scorrimento stabiliti dal datore. 

    La Corte ha chiarito i confini tra sciopero, azione collettiva e legittimità del recesso datoriale, ribadendo l'importanza di tutelare i diritti collettivi dei dipendenti anche in assenza di una proclamazione formale dello sciopero da parte del sindacato.

    Il caso si inserisce in un contesto di conflitto aziendale, dove l'inadempimento del datore di lavoro (relativo alla mancata erogazione di un'indennità prevista) aveva generato una protesta spontanea tra i dipendenti. Questa protesta non si era tradotta in un'astensione totale o parziale dal lavoro, ma in una modifica autonoma degli orari di servizio, comunque svolti e retribuiti. I conseguenti licenziamenti sono stati infatti giudicati ritorsivi e quindi nulli.

    Ecco tutti i dettagli.

    Licenziamenti per protesta collettiva: il caso esaminato dalla Corte

    La società A.A. Trasporti Srl aveva licenziato il lavoratore B.B. — e altri colleghi — accusandolo di grave insubordinazione per non aver rispettato i turni aziendali. 

    I lavoratori avevano invece seguito gli orari previsti dal contratto collettivo nazionale di categoria (CCNL Alimentari Industria) e non quelli derivanti da un accordo aziendale di secondo livello del 2018, il cui rispetto era stato contestato per la mancata corresponsione della relativa indennità economica. 

    La Corte d'Appello di Napoli, in riforma della sentenza di primo grado, aveva già dichiarato illegittimo il licenziamento, ritenendo che il comportamento dei lavoratori non integrasse né una grave insubordinazione né una giusta causa di recesso. Tuttavia, aveva escluso che si trattasse di un vero e proprio sciopero, considerandolo piuttosto come una protesta spontanea non sindacalmente organizzata, punibile quindi con una sanzione conservativa. 

    La Cassazione è andata oltre: ha riconosciuto che, anche in assenza di astensione dal lavoro e di una proclamazione formale, la condotta collettiva rappresentava comunque una forma lecita di autotutela sindacale. 

    La modifica unilaterale degli orari, realizzata da un gruppo compatto di lavoratori, costituiva una protesta per ottenere il rispetto di diritti contrattuali e doveva essere considerata una forma di azione collettiva tutelata dalla Costituzione e dal diritto europeo.

    Protesta collettiva: normativa e decisione della Corte

    La Suprema Corte ha evidenziato come l'azione dei lavoratori fosse parte di un conflitto collettivo legittimo, finalizzato a rivendicare il rispetto di accordi contrattuali. Secondo la giurisprudenza consolidata, il diritto di azione collettiva non è limitato solo allo sciopero formale, ma comprende tutte le forme di protesta non violente che mirano alla tutela degli interessi dei lavoratori.

     Questo diritto è protetto dall'articolo 39 della Costituzione italiana, dall'articolo 28 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e da altre fonti sovranazionali.

    La Corte ha sottolineato che non è necessario che l'azione sia organizzata formalmente da un sindacato né che si traduca in un'astensione lavorativa totale: ciò che conta è la finalità collettiva dell'azione e il rispetto dei limiti posti dall'ordinamento, come :

    • l'assenza di violenza e
    • l'assenza  di danni alla produttività aziendale.

    Di conseguenza, i licenziamenti intimati dalla società sono stati dichiarati nulli in quanto discriminatori e ritorsivi, in violazione dell'articolo 4 della legge n. 604/1966.

    La sentenza rappresenta un importante richiamo per le imprese: l'esercizio collettivo dei diritti dei lavoratori, anche in forme atipiche rispetto allo sciopero tradizionale, merita una tutela piena contro ogni forma di repressione datoriale. 

    L’azione di protesta dei lavoratori, se finalizzata alla difesa di diritti riconosciuti e svolta senza violazioni gravi, non può giustificare un licenziamento disciplinare, né a titolo conservativo né espulsivo.