• Lavoro Dipendente

    NASpI: come si calcola il requisito delle 30 giornate di lavoro?

    Due recenti pronunce della Corte di Cassazione – l’ordinanza n. 3593 del 12 febbraio 2025 e la sentenza n. 15660 del 12 giugno 2025 – hanno chiarito come vanno conteggiate le 30 giornate di lavoro  richieste per accedere alla NASpI.

    La prima ha stabilito che contano anche le giornate svolte in rapporti conclusi con dimissioni volontarie, se ricadono nei 12 mesi precedenti.

    La seconda ha precisato che per “lavoro effettivo” si intendono tutte le giornate retribuite e con contributi, anche senza prestazione materiale (come ferie o riposi), mentre vanno esclusi i periodi di sospensione per maternità, malattia o CIG a zero ore.

    vediamo meglio i dettagli dei due casi affrontati dai giudici di legittimità

    Conteggio giornate per Naspi dopo le dimissioni: il caso

    Con ordinanza n. 3593 del 12 febbraio 2025, la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro – si è pronunciata su un caso di particolare interesse per chi si trova ad affrontare una situazione di disoccupazione dopo rapporti di lavoro brevi o frammentati. 

    Al centro della vicenda, la domanda di NASpI presentata da un lavoratore  licenziato da un impiego di soli quattro giorni dopo essersi dimesso volontariamente, senza giusta causa, da un precedente rapporto di lavoro più stabile, cui INPS negava il diritto all’indennità NASpI 

    Il ricorso  del lavoratore contro l'Istituto era stato respinto in primo grado dal Tribunale di Pescara, e la decisione era stata confermata in appello.

     I giudici avevano ritenuto che il breve rapporto lavorativo non fosse sufficiente per maturare il requisito previsto dalla legge per accedere alla NASpI, e avevano escluso dal conteggio le giornate del precedente impiego, poiché cessato per dimissioni volontarie prive di giusta causa. 

    Secondo tale interpretazione, solo il lavoro presso l’ultimo datore avrebbe potuto contribuire al raggiungimento del requisito richiesto, tagliando fuori dal calcolo ogni altra esperienza lavorativa precedente, anche se svolta nei dodici mesi antecedenti.

    La Corte di Cassazione ha ribaltato le conclusioni della Corte d’Appello, accogliendo il ricorso del lavoratore. 

    In particolare, ha fornito un’interpretazione rigorosamente letterale dell’art. 3, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 22 (nella versione precedente alla riforma introdotta dalla Legge 30 dicembre 2024, n. 207). Tale norma stabilisce che il diritto alla NASpI è riconosciuto ai lavoratori che:

    • sono  in stato di disoccupazione involontaria, 
    • possano far valere almeno tredici settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti e
    •  trenta giornate di lavoro effettivo nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.

    Secondo i giudici della Suprema Corte, la norma richiede  dunque semplicemente che le trenta giornate siano maturate nei dodici mesi antecedenti la disoccupazione, indipendentemente dal datore di lavoro presso cui esse siano state svolte e anche se derivanti da un rapporto cessato per dimissioni volontarie. L’importante è che si tratti di giornate effettive di lavoro e che siano collocate nel periodo temporale indicato dalla legge. Non è richiesto, pertanto, che le giornate siano consecutive né che provengano da un unico rapporto.

    La Corte ha sottolineato inoltre che un’interpretazione più restrittiva – come quella seguita dalla Corte d’Appello – non ha alcun fondamento nel testo della norma e, anzi, sarebbe in contrasto con l’obiettivo dichiarato della disciplina: ampliare la platea dei beneficiari della NASpI, tenendo conto della frammentazione sempre più diffusa dei rapporti di lavoro.

    Requisiti per Naspi: la legge e le conclusioni della Cassazione

    Con la sentenza n. 15660 del 12 giugno 2025, la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro – ha fornito un chiarimento decisivo sul significato di “30 giornate di lavoro effettivo” richieste dall’articolo 3 del D.Lgs. 22/2015 per ottenere l’indennità NASpI. Secondo i giudici, il concetto di “lavoro effettivo” va inteso in senso giuridico, non semplicemente come presenza fisica o attività lavorativa concreta svolta dal dipendente.

    La Cassazione ha affermato che devono essere considerate valide tutte le giornate per cui il lavoratore ha diritto alla retribuzione e su cui sono stati versati i contributi. Fanno quindi parte del conteggio le giornate di ferie e di riposo retribuito, anche se non corrispondono a prestazioni lavorative materiali. Questi momenti, infatti, sono parte integrante del normale svolgimento del rapporto di lavoro e mantengono attivo l’obbligo del datore di lavoro di versare la retribuzione e i contributi.

    Inoltre, la Corte ha stabilito che l'arco di tempo di  riferimento (i 12 mesi precedenti la disoccupazione)non deve comprendere i periodi in cui il rapporto di lavoro è formalmente sospeso per cause tutelate dalla legge, come:

    •  la malattia, 
    • la maternità, 
    • la cassa integrazione a zero ore,
    •  i congedi parentali o 
    • i permessi per assistere familiari con disabilità. 

    Questi periodi devono essere neutralizzati, cioè esclusi dal calcolo dei 12 mesi, senza che ciò penalizzi il lavoratore.

    Infine, i giudici sottolineano che questa interpretazione è necessaria per garantire il rispetto dei principi costituzionali in materia di tutela previdenziale. Penalizzare il lavoratore per periodi di assenza tutelati, oppure per non aver svolto attività materiale durante giorni comunque retribuiti e contribuiti, sarebbe contrario al diritto a un trattamento equo in caso di disoccupazione.

    Tabella di riepilogo

    Tipologia di giornata Valida per il conteggio NASpI? Sentenza di riferimento Note
    Giornate lavorative effettive (presenza al lavoro) Entrambe Rientrano sempre nel computo
    Giornate di ferie o riposo retribuito Sent. 15660/2025 Costituiscono parte del normale svolgimento del rapporto
    Giornate retribuite e con contributi ma senza attività concreta Sent. 15660/2025 Ritenute “effettive” sul piano giuridico
    Giornate derivanti da contratto cessato con dimissioni volontarie Ord. 3593/2025 Contano se nei 12 mesi precedenti la disoccupazione
    Periodi di sospensione per malattia, maternità, cassa integrazione, ecc. No (neutralizzati) Sent. 15660/2025 Non interrompono il diritto ma sono esclusi dal conteggio

  • Lavoro Dipendente

    INPS per aziende e intermediari: parte il servizio DOT

    L’INPS ha annunciato con il messaggio 1872 del 13 giugno 2025  il rilascio di un nuovo servizio digitale chiamato “Desktop On Text” (DOT), rivolto a aziende e intermediari. Si tratta di un assistente virtuale basato su intelligenza artificiale, progettato per migliorare l’accesso e l’interazione con i servizi digitali INPS, con l’obiettivo di semplificare le attività quotidiane degli utenti professionali tramite un’interfaccia conversazionale, cioè con comandi vocali e testuali. ediamo come funziona

    Servizio digitale DOT: comandi con linguaggio naturale

    Il nuovo servizio DOT consente di interagire con i servizi INPS scrivendo o parlando in linguaggio naturale (es. “apri comunicazione bidirezionale”), evitando la necessità di navigare nei menu tradizionali. L'interazione avviene in finestre dedicate, anche multiple contemporaneamente.

    Il sistema è già operativo con varie funzioni del Cassetto Previdenziale del Contribuente, tra cui:

    • Attivazione del servizio di Comunicazione Bidirezionale.
    • Ricerca rapida dei moduli ufficiali dell’INPS.
    • Esecuzione di Smart-Task specifici.
    • Accesso diretto ai servizi della sezione “Aziende e Intermediari”.

    Modalità di attivazione del servizio DOT

    Dal Cassetto Previdenziale del Contribuente: una volta effettuato l’accesso con identità digitale, si clicca sull’icona DOT in basso a destra dello schermo.

    Dal sito INPS: seguendo il percorso “Imprese e Liberi Professionisti” → “Esplora Imprese e Liberi Professionisti” → “Strumenti” → “Desktop Virtuale DOT”.

    Per un supporto operativo alla procedura  è disponibile un video esplicativo all’indirizzo:

    https://www.youtube.com/watch?v=DBBtglnBGJo, utile per comprendere visivamente come utilizzare il servizio e scoprirne le potenzialità.

  • Lavoro Dipendente

    Decreto Sicurezza: sgravi e apprendistato per i detenuti

    È stata pubblicata, nella Gazzetta Ufficiale del 9 giugno 2025 n. 131, la Legge n. 80 del 9 giugno 2025, di conversione in legge, con modificazioni, del DL n. 48/2025 (c.d. Decreto Sicurezza).

    Tra le disposizioni di interesse per i datori/sostituti d'imposta vanno segnalati due articoli in tema di lavoro per i soggetti condannati ma ammessi a misure alternative alla  detenzione.

    In particolare, la Legge : 

    • estende lo sgravio contributivo per l'assunzione di detenuti o internati  ammessi al lavoro esterno presso le imprese pubbliche e private diverse dalle cooperative e
    • estende l'applicabilita del contratto di apprendistato professionalizzante senza limiti di età  per 
      •   soggetti condannati e internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e 
      • detenuti assegnati al lavoro all'esterno.

    L'intervento normativo mira a:

    • Rafforzare la sicurezza pubblica, limitando l’accesso ai benefici penitenziari per i reati più gravi o connessi alla criminalità organizzata e al terrorismo;
    • Promuovere il lavoro rieducativo come strumento di reinserimento e prevenzione della recidiva;
    • Coinvolgere il tessuto economico e sociale nella gestione delle opportunità lavorative per i detenuti.

    con un approccio che coniuga rigore e possibilità di reinserimento per i detenuti che dimostrano un effettivo percorso di distacco dalla criminalità.

    Vediamo qualche dettagli in piu in attesa dei provvedimenti attuativi .

    . Estensione dei reati ostativi ai benefici penitenziari (Art. 34, lett. a) e valutazione convenzioni

     

    Viene ampliato l’elenco dei reati per cui i benefici penitenziari (come lavoro esterno, permessi premio e misure alternative alla detenzione) sono subordinati alla collaborazione con la giustizia. Si aggiungono:

    • Art. 415 c.p., secondo comma (istigazione a delinquere aggravata);
    • Art. 415-bis c.p. (arruolamento con finalità terroristiche).

    Per questi reati, i benefici possono essere concessi solo in assenza di legami con contesti criminali, previo approfondito accertamento giudiziario.

    L' Art. 34, lett. b) intitolato  Tempi certi per la valutazione delle convenzioni lavorative   prevede invece che l’Amministrazione penitenziaria dovrà esprimersi entro 60 giorni sulle proposte di convenzione per attività lavorative dei detenuti con soggetti pubblici e privati, indicando eventuali condizioni necessarie. L'obiettivo è semplificare e rendere più tempestiva l’attivazione di percorsi di reinserimento professionale.

    Estensione incentivi alle imprese per il lavoro esterno (Art. 35) e apprendistato

    Le agevolazioni contributive previste per le imprese che assumono detenuti vengono estese anche:

    1. alle attività fuori dagli istituti penitenziari;
    2. ai soggetti ammessi al lavoro esterno.

    Questa modifica intende favorire maggiori opportunità occupazionali per i detenuti.

    All'art 36 è presente invece ll'ccesso all’apprendistato professionalizzante:

    I detenuti assegnati al lavoro esterno e coloro ammessi a misure alternative potranno essere assunti, senza limiti di età, con contratto di apprendistato professionalizzante. Si punta così alla qualificazione o riqualificazione professionale dei soggetti in esecuzione penale, favorendone il reinserimento. 

    Sono previsti stanziamenti progressivi fino a 2,4 milioni di euro annui a partire dal 2033 per sostenere la misura.

    Riforma del regolamento sul lavoro penitenziario (Art. 37)

    La legge di conversione del DL Sicurezza  inoltre prevede che entro 12 mesi, sarà aggiornato il regolamento attuativo del D.P.R. 230/2000 secondo questi principi:

    • Sussidiarietà orizzontale: promozione del lavoro penitenziario con il coinvolgimento di imprese, enti non profit e cooperative;
    • Semplificazione delle procedure tra carceri e datori di lavoro privati;
    • Riconoscimento curriculare e ai fini della formazione delle attività svolte in carcere;
    • Collaborazione istituzionale con ordini professionali e autorità di garanzia per favorire il reinserimento lavorativo.

  • Lavoro Dipendente

    Assegno di integrazione Fondo studi professionali: le istruzioni

    Con la Circolare n. 99 del 10 giugno 2025, l’INPS fornisce istruzioni operative e contabili sull’applicazione del nuovo assegno di integrazione salariale previsto dal riformato Fondo di solidarietà bilaterale per le attività professionali, adeguato alla normativa sugli ammortizzatori sociali (D.lgs. 148/2015) e aggiornato con il D.I. 21 maggio 2024.

    Il nuovo sistema, in vigore dal 24 luglio 2024, amplia i beneficiari e le tutele per lavoratori e aziende, semplifica l’accesso e uniforma le modalità di esposizione nel flusso Uniemens. 

    Vediamo di seguito cosa cambia e come devono comportarsi operativamente datori di lavoro e consulenti.

    Destinatari: chi accede e quando

    Sono tenuti al versamento e possono accedere al Fondo i datori di lavoro del settore delle attività professionali che, nel semestre precedente la domanda, abbiano almeno un dipendente.

    Beneficiari: tutti i lavoratori subordinati, inclusi apprendisti e lavoratori a domicilio, con anzianità di almeno 30 giorni, esclusi i dirigenti.

    I termini di presentazione sono i seguenti

    • Non prima di 30 giorni dalla sospensione programmata;
    • Non oltre 15 giorni dall'inizio della sospensione/riduzione.

    Causali ammesse e durata delle prestazioni del Fondo

    Le causali sono quelle previste per gli ammortizzatori sociali ordinari e straordinari: 

    1. eventi oggettivamente non evitabili, 
    2. crisi aziendali,
    3.  riorganizzazioni,
    4.  contratti di solidarietà.

    Durata massima dell’intervento: 

    Tipo datore di lavoro Durata massima assegno
    Fino a 15 dipendenti 26 settimane in un biennio mobile (ordinarie e straordinarie)
    Oltre 15 dipendenti
    • 26 settimane in biennio mobile (ordinarie)
    • 24 mesi in 5 anni (riorganizzazione/transizione)
    • 12 mesi in 5 anni (crisi aziendale)
    • 36 mesi in 5 anni (solidarietà)

    Le domande per eventi ordinari EONE (oggettivamente non evitabili) possono riguardare periodi già dal 1° giugno 2024.

    Misura dell’assegno e trattamento previdenziale e pagamenti

    I datori di lavoro devono versare una contribuzione ordinaria e, in caso di utilizzo del Fondo, una contribuzione addizionale del 4%. Le aliquote ordinarie variano in base alla dimensione dell’organico:

    Dipendenti medi nel semestre Aliquota ordinaria complessiva
    Fino a 5 0,50% (2/3 datore, 1/3 lavoratore)
    Da 6 a 15 0,80% (2/3 datore, 1/3 lavoratore)
    Oltre 15 1% (2/3 datore, 1/3 lavoratore)

    ATTENZIONE È necessaria l’informativa sindacale preventiva. La prova documentale può essere sostituita da dichiarazione sostitutiva.

    In caso di contratti di  solidarietà, è obbligatorio l’accordo sindacale con elenco lavoratori.

    Come di consueto il pagamento dell’assegno può essere:

    • effettuato dal datore (con successivo conguaglio/rimborso INPS);
    • diretto  da INPS ai lavoratori solo in caso di grave crisi aziendale.

    Procedura semplificata nel flusso Uniemens

    Dal luglio 2024 si utilizza un codice "ticket" identificativo per ogni istanza.

    La circolare precisa  che i datori o i consulenti devono:

    • Nell’elemento <Settimana> di <DatiRetributivi> di <DenunciaIndividuale>, nel campo <CodiceEvento> devono essere utilizzati i codici che identificano l’evento di riduzione/sospensione tutelato dal Fondo. Gli stessi devono essere valorizzati nell’elemento <EventoGiorn> dell’elemento <Giorno> in corrispondenza di <CodiceEventoGiorn> (contenente la codifica della tipologia dell’evento del giorno). L’elemento <NumOreEvento> deve contenere il numero ore dell’evento espresso in centesimi. Per la modalità di corretta compilazione del suddetto elemento, si rinvia alle indicazioni fornite nel documento tecnico Uniemens.
    • Nell’elemento <IdentEventoCIG> deve essere indicato il codice identificativo (Ticket), ottenuto dall’apposita funzionalità “Inserimento ticket”, prevista all’interno della procedura di inoltro della domanda al Fondo, sia in caso di assegno richiesto (non ancora autorizzato) sia dopo avere ricevuto l’autorizzazione.

    Tale ticket identifica l’intero periodo di riduzione/sospensione e deve essere indicato nella domanda di accesso alla prestazione per consentirne l’associazione con l’autorizzazione rilasciata all’esito dell’istruttoria. Anche nell’elemento <CodiceEvento> di <DifferenzeACredito> deve essere valorizzato il codice evento già in uso “AIO”, avente il significato di “Assegno di integrazione salariale Circ. n. 29/2022”. Il codice evento “AIS” non deve essere più utilizzato.

    Le posizioni contributive che possono utilizzare tale codice sono identificate dal codice di autorizzazione “0S” del Fondo in esame.

    Per i periodi di erogazione dell’assegno viene accreditata, sul conto assicurativo del lavoratore, la contribuzione correlata, calcolata ai sensi dell’articolo 40 della legge 4 novembre 2010, n. 183.

    Per l’esposizione sia del contributo addizionale che del conguaglio delle somme anticipate ai lavoratori e relative a ciascuna domanda di assegno ordinario che è stata autorizzata, deve essere utilizzato a livello di denuncia aziendale <ConguagliCIG> <CIGAutorizzata> l’elemento <FondoSol>.

    Quindi:

    –    nell’elemento <NumAutorizzazione> di <CIGAutorizzata> deve essere esposto il numero di autorizzazione rilasciata dalla Struttura INPS competente;

    –    negli elementi <CongFSolCausaleADebito> e <CongFSolImportoADebito> di <CongFSolADebito> di <FondoSol> devono essere indicati rispettivamente la causale del versamento del contributo addizionale e il relativo importo. A tale fine deve essere valorizzato il codice causale già in uso “A104”, avente il significato di “ctr. Addizionale su assegno di integrazione salariale – attività professionali”;

    –    negli elementi <CongFSolCausaleACredito> e <CongFSolImportoACredito> di <CongFSolACredito> di <FondoSol> devono essere indicati rispettivamente la causale dell’importo posto a conguaglio e il relativo importo. A tale fine deve essere valorizzato il codice causale già in uso “L009”avente il significato di “Conguaglio assegno di integrazione salariale – attività professionali”.

    I codici “A105” e “L012” non devono essere più utilizzati.

    In caso di cessazione di attività il datore di lavoro può richiedere il rimborso tramite il flusso Uniemens di regolarizzazione riferito all’ultimo mese di attività e, comunque, entro i termini di decadenza delle autorizzazioni.

  • Lavoro Dipendente

    Licenziamento in prova: i termini per impugnarlo

    Nel rapporto di lavoro subordinato, il periodo di prova rappresenta una fase delicata e peculiare, in cui sia il datore di lavoro che il lavoratore possono recedere liberamente dal contratto. 

    Ma cosa accade se il recesso è impugnato dal lavoratore? E soprattutto: valgono anche in questi casi i termini di decadenza stabiliti dalla legge per i licenziamenti ordinari?

    La Corte di Cassazione è intervenuta di recente con l’ordinanza n. 9282 depositata l’8 aprile 2025 (udienza del 4 febbraio), per risolvere  questa questione. 

    La sentenza ha ribaltato le decisioni dei giudici di merito, riaffermando un principio fondamentale: il licenziamento intimato durante il periodo di prova non è soggetto ai termini di decadenza di cui all’art. 6 della Legge n. 604/1966, come modificato dalla Legge n. 183/2010.

    il caso: il ricorso per licenziamento oltre i 60 giorni

    Il lavoratore, assunto con qualifica di quadro e patto di prova di 60 giorni, aveva ricevuto comunicazione di  recesso da parte della società datrice il 4 dicembre 2018.

     Dopo aver avviato un tentativo di conciliazione presso l’Ente Bilaterale del Terziario, aveva depositato il ricorso giudiziale solo il 4 giugno 2019, ben oltre il termine di 60 giorni previsto dalla normativa sui licenziamenti (oltre anche il termine prorogato previsto in caso di conciliazione non andata a buon fine).

    La Corte d’Appello di Venezia, confermando la decisione del Tribunale, aveva dichiarato improcedibile il ricorso ritenendo maturata la decadenza: secondo i giudici, il comportamento omissivo della società datrice (mancata presentazione al tentativo di conciliazione) equivaleva a un rifiuto espresso, facendo scattare il termine di decadenza.

    Contro questa decisione il lavoratore ha presentato ricorso per Cassazione, articolato in dieci motivi. Tra questi, quello risultato decisivo è stato il quinto, relativo alla corretta interpretazione dell’art. 10 della Legge n. 604/1966.

    Le motivazioni della Cassazione: esclusa la decadenza per il recesso in prova

    La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, censurando la decisione della Corte d’Appello per aver applicato erroneamente la disciplina sui termini di decadenza. I giudici hanno ricordato che la Legge n. 604/1966, all’art. 10, stabilisce chiaramente che le sue disposizioni “si applicano ai lavoratori assunti in prova solo dal momento in cui l’assunzione diviene definitiva o, in ogni caso, decorsi sei mesi dall’inizio del rapporto di lavoro”.

    Nel caso specifico, il recesso è avvenuto nel corso del periodo di prova, e non si era ancora perfezionata l’assunzione definitiva. Di conseguenza, non potevano operare le norme che prevedono un termine di decadenza per impugnare il licenziamento, così come previsto all’art. 6 della medesima legge, modificato dalla Legge n. 183/2010.

    Secondo la Corte, il licenziamento in prova ha una “valenza diversa” rispetto al licenziamento ordinario: non si configura come atto unilaterale di recesso da un rapporto consolidato, ma come espressione del diritto di prova previsto dal contratto. Dunque, non rientra tra i casi di “invalidità del licenziamento” disciplinati dalla normativa ordinaria.

    Per questi motivi, la sentenza della Corte d’Appello è stata cassata e rinviata a un nuovo esame nel merito da parte della stessa Corte, in diversa composizione.

    Le conseguenze per i datori di lavoro

    La decisione della Cassazione ha un impatto rilevante, sia per i datori di lavoro che per i lavoratori. Per i primi, si chiarisce che il recesso durante il periodo di prova non è vincolato ai rigidi termini di impugnazione previsti per i licenziamenti, purché il patto di prova sia valido e correttamente applicato. Per i secondi, viene riconosciuta la possibilità di contestare il licenziamento anche oltre i 60 giorni, se questo è avvenuto in prova.

    È tuttavia importante ricordare che, superata la questione processuale della decadenza, il lavoratore dovrà comunque dimostrare in giudizio eventuali vizi di legittimità del licenziamento o del patto di prova. La tutela giurisdizionale, quindi, rimane garantita, ma non automatica.

  • Lavoro Dipendente

    Formazione sicurezza datori di lavoro e preposti: nuovo obbligo al via

    E' stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 maggio 2025 l'accordo   sottoscritto  il 17 aprile 2025  nella Conferenza Stato, regioni e province autonome per l'attuazione dell'obbligo formativo dei datori di lavoro  e preposti sui temi della salute e sicurezza dei lavoratori  introdotto dal decreto-legge n. 146/2021 all’articolo 37 del decreto legislativo n. 81/2008 (Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro).

     L’Accordo è in vigore dal 25 maggio e  rappresenta un intervento sistematico  per la regolamentazione dei percorsi formativi, volto a garantire uniformità e qualità nell'erogazione della formazione obbligatoria.

    Il nuovo Accordo , con l'allegato A, definisce nel dettaglio la durata, i contenuti minimi e le modalità di erogazione e verifica dell’apprendimento dei percorsi formativi obbligatori, con particolare attenzione alle responsabilità dirette del datore di lavoro e alle figure della prevenzione (preposti, dirigenti, rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza – RLS). 

    Vediamo meglio i contenuti e una tabella sintetica degli obblighi.

    La norma sulla nuova formazione obbligatoria per i datori di lavoro

    Come detto, il decreto "fisco lavoro " n. 146/2021, collegato alla legge di bilancio 2022 aveva introdotto  numerose modifiche  al testo unico sulla sicurezza sul lavoro, in particolare sulla formazione, apportate con l’articolo 13,   che prevede nuovi obblighi e un inasprimento delle sanzioni. 

    L’INL, con circolare n. 1 del 16 febbraio 2022, ha fornito indicazioni  sui nuovi  obblighi formativi che interessano datori di lavoro, dirigenti e preposti.

      Per la piena attuazione si era in attesa dell'Accordo Stato Regioni (inizialmente previsto  entro il 30 giugno 2022.)

    La novità di maggiore impatto introdotta dall’Accordo riguarda l’introduzione di un obbligo formativo specifico in capo ai datori di lavoro, che dovranno infatti frequentare un corso di formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro della durata minima di 16 ore.

    Il percorso formativo per il datore di lavoro ha finalità chiare e precise: 

    1. fornire le conoscenze necessarie per lo svolgimento delle funzioni attribuite dall’articolo 18 del D.Lgs. 81/2008,
    2.  aumentare la consapevolezza delle responsabilità legate al proprio ruolo e promuovere un'efficace cultura della prevenzione.

     Secondo quanto stabilito dal punto 3, Parte II, dell’Allegato A dell’Accordo, la formazione dovrà coprire tematiche essenziali quali:

    • l’organizzazione della prevenzione aziendale, 
    • la valutazione dei rischi, 
    • la gestione delle emergenze e 
    • la vigilanza sull’attuazione delle misure di sicurezza.

    Formazione sicurezza: Modulo specifico per i cantieri

    Un’ulteriore previsione di rilievo è l’introduzione di un modulo formativo aggiuntivo, della durata minima di 6 ore, riservato ai datori di lavoro delle imprese affidatarie operanti nei cantieri temporanei e mobili. 

    Questo modulo – denominato “Modulo Cantieri” – risponde alla necessità di garantire un’adeguata preparazione per la redazione dei piani di sicurezza e per la gestione dei rischi nei contesti ad alto indice di pericolosità, come appunto i cantieri edili. 

    Il riferimento normativo in questo caso è l’articolo 97 del Testo Unico, che impone al datore di lavoro dell’impresa affidataria il possesso di una formazione specifica.

    Il termine per la conclusione della formazione obbligatoria è fissato in 24 mesi a partire dalla data di entrata in vigore dell’Accordo. Saranno considerati validi i corsi già erogati prima di tale data, purché conformi nei contenuti alle nuove disposizioni.

    Formazione del preposto e nuove responsabilità operative

    L’Accordo del 17 aprile interviene anche sulla figura del preposto, in coerenza con le modifiche introdotte dal decreto-legge 146/2021, che ha rafforzato il ruolo di vigilanza e intervento di questa figura all’interno dell’organizzazione aziendale. 

    In particolare, l’articolo 19, comma 1, lettere a) e f-bis), del D.Lgs. 81/2008 riconosce al preposto il potere di interrompere l’attività lavorativa di fronte a comportamenti non conformi da parte dei lavoratori o in presenza di carenze significative nei mezzi e nelle attrezzature.

    Per rispondere a questi nuovi compiti, l’Accordo introduce :

    • un corso di formazione specifico della durata minima di 12 ore, articolato in tre moduli,
    •  subordinato alla previa frequenza, da parte del preposto, dei corsi di formazione generale e specifica per i lavoratori.

    Il nuovo percorso è mirato a consolidare le competenze del preposto in materia di sorveglianza, gestione delle non conformità, comunicazione efficace in ambito di sicurezza e capacità di gestione delle emergenze.

    La valorizzazione del ruolo del preposto risponde all’esigenza di rafforzare i meccanismi di prevenzione a livello operativo, garantendo che vi siano figure adeguatamente formate e consapevoli all’interno dell’azienda, capaci di vigilare e intervenire in tempo utile in caso di anomalie o situazioni di rischio.

    La frequenza ai corsi per preposti dovrà essere periodicamente aggiornata, secondo quanto previsto dall’Accordo.

    Formazione sicurezza: regime transitorio, tempi di attuazione e validità dei percorsi

    In termini operativi, l’entrata in vigore dell’Accordo  formalizzata con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale comporta . 

    1. un periodo transitorio di 12 mesi, durante il quale sarà ancora possibile avviare corsi secondo i precedenti accordi Stato-Regioni e l'allegato XIV del D.Lgs. 81/2008, fino al 23 maggio 2026 . 
    2. Tutti i datori di lavoro dovranno completare i percorsi formativi previsti dal nuovo accordo entro il 24 maggio 2027 .

     Durante questo periodo, si prevede una fase di graduale adeguamento da parte degli enti formatori, delle imprese e dei consulenti del lavoro, che avranno il compito di pianificare e promuovere la formazione secondo le nuove modalità.

    Il testo dell’Accordo specifica anche la validità dei corsi già svolti prima dell’entrata in vigore: essi saranno ritenuti validi se conformi ai requisiti contenutistici e strutturali definiti dall’Accordo stesso. 

    Formazione datori di lavoro e preposti: tabella di sintesi

    Soggetto Coinvolto Obbligo Formativo Durata Minima Note Operative
    Datore di Lavoro Corso obbligatorio su salute e sicurezza 16 ore Da completare entro 24 mesi dalla pubblicazione in G.U.
    Datore di Lavoro (Impresa affidataria – cantieri) Modulo aggiuntivo “Cantieri” 6 ore Riguarda redazione PSC e gestione cantieri temporanei
    Preposto Corso specifico sulla vigilanza e gestione dei rischi 12 ore Dopo la formazione generale e specifica lavoratori
    Tutti i corsi Verifica finale di apprendimento Prevista Test scritto, colloquio o prova pratica
    Allegati:
  • Lavoro Dipendente

    Referendum 2025: tutti i quesiti spiegati bene

    L'8 e il 9 giugno 2025, i cittadini italiani saranno chiamati a votare su cinque referendum  riguardanti temi di lavoro e cittadinanza. Quattro quesiti sono stati promossi dalla CGIL e da altre associazioni  della società civile, mentre il quinto è stato proposto dal partito Piu Europa con il sostegno di  Possibile, PSI, Radicali Italiani e Rifondazione Comunista . Le proposte di referendum hanno ampiamente superato,  con milioni di firme, il limite minimo di 500mila adesioni necessario.

    Va ricordato che i referendum sono abrogativi, cioè chiedono di cancellare alcune norme per ripristinare le regole precedenti.

    I cinque quesiti referendari  in estrema sintesi sono i seguenti:

    1. Licenziamenti illegittimi e contratto a tutele crescenti:  Si propone l'abrogazione di uno dei decreti del Jobs act  che  riguarda  il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti,L'obiettivo è ripristinare la possibilità di reintegrazione del lavoratore  nel  suo posto di lavoro,  in  tutti i casi di licenziamento illegittimo.
    2. Indennità per licenziamenti nelle piccole imprese: Questo quesito mira a eliminare il tetto massimo all'indennità per licenziamenti illegittimi nelle aziende con meno di 15 dipendenti, consentendo al giudice di determinare l'importo senza limiti predefiniti .
    3. Contratti a termine:  Si propone l'abrogazione di alcune  norme contenute nel Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81, che regolano la  possibilità di instaurare  contratti a tempo determinato e le condizioni per le proroghe e i rinnovi
    4. Responsabilità solidale negli appalti:  Il quesito chiede l'abrogazione della norma che esclude la responsabilità solidale del committente, dell'appaltatore e del subappaltatore,  per gli infortuni sul lavoro derivanti da rischi specifici dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici . 
    5. Cittadinanza italiana per stranieri:  Si propone di dimezzare da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale in Italia richiesto agli stranieri extracomunitari maggiorenni per poter richiedere la cittadinanza italiana .

    Di seguito vediamo meglio il contenuto dei quesiti e come si vota sia in Italia che dall'estero.

    Referendum 2025: cosa succede se si vota sì

    Licenziamenti illegittimi e contratto a tutele crescenti

    Si propone l'abrogazione del Decreto Legislativo 4 marzo 2015, n. 23, che disciplina il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, introdotto dal Jobs Act. 

    Riguarda le  aziende  con oltre 15 dipendenti e in particolare gli assunti a partire dal 2015 (data di entrata in vigore della riforma)

    Si chiede in pratica di  ripristinare la possibilità di reintegrare  nel posto di lavoro il dipendente  in caso di licenziamento giudicato  illegittimo dai giudici, come previsto in precedenza dall'art 18 dello Statuto dei lavoratori. Questa  modifica è stata  raccomandata dalla Corte costituzionale e da molte sentenze della Corte di Cassazione 

    Per approfondire vedi Licenziamenti e reintegra: novità dalla Corte costituzionale

    Indennità  in caso di licenziamento nelle piccole imprese (fino a 15 dipendenti)

    in caso di licenziamento illegittimo oggi una lavoratrice o un lavoratore può al massimo ottenere 6 mensilità di risarcimento, anche qualora una/un giudice reputi infondata l’interruzione del rapporto, cioè priva di giustificato motivo o di giusta causa. CGIL ricorda che i dipendenti delle piccole imprese (fino a 15 dipendenti) sono circa 3 milioni e 700mila . Votando sì,   si  cancella il limite massimo di sei mensilità all’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato  e si affida al giudice l'incarico di  determinare il giusto risarcimento (la reintegra nel posto di lavoro non è prevista per le piccole imprese). Anche in questo caso la corte di cassazione spesso si è espressa per una maggiore tutela dei lavoratori.

    Contratti a termine

    Si propone l'abrogazione di alcune disposizioni del Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81, che regolano la possibilità di instaurare  contratti a tempo determinato con proroghe e rinnovi , Nello specifico di vorrebbe reintrodurre  l’obbligo di una “causale”,  cioè di indicare il motivo per cui si ricorre a tale forma di contratto  anche per i contratti fino a 12 mesi. Oggi infatti l'obbligo di spiegare le motivazioni scatta  solo dai 12 mesi ai 24 mesi di durata ( oltre   questa soglia il contratto a termine è vietato). (Vedi in merito Contratto a tempo determinato le regole) Inoltre, sarebbero eliminate le attuali deroghe che consentono proroghe o rinnovi più flessibili.

    Responsabilità solidale negli appalti

    Il quesito chiede l'abrogazione della norma che esclude la responsabilità solidale del committente, dell'appaltatore e del subappaltatore per gli infortuni sul lavoro derivanti da rischi specifici dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici. 

    Se vince il SÌ:Il committente diventa corresponsabile degli infortuni anche quando la causa è un rischio specifico dell’impresa appaltatrice o subappaltatrice. In pratica, si estenderebbe il principio della responsabilità solidale per la sicurezza del lavoratore.

    Se vince il NO: Il committente non sarà responsabile se l’infortunio è collegato a un rischio specifico proprio dell’impresa appaltatrice. La responsabilità resterà quindi limitata, come ora.

    Cittadinanza italiana: da 10 a 5 anni

    Attualmente la cittadinanza per naturalizzazione può essere richiesta dopo 10 anni di residenza legale e continuativa in Italia. Il referendum punta ad abbreviare questo termine anche perche dal momento della richeista fatta dall'interessato passano solitamente anni prima di ottenerla 

    Se vince il SÌ Il termine richiesto sarà ridotto da 10 a 5 anni, facilitando l’accesso alla cittadinanza italiana per gli stranieri non comunitari che risiedono regolarmente nel Paese.

    Se vince il NO: Il requisito attuale rimane invariato: saranno ancora necessari 10 anni di residenza per presentare la domanda di cittadinanza.

    Referendum 2025: il voto dall’estero

    Gli italiani residenti all'estero possono partecipare ai referendum abrogativi dell'8 e 9 giugno 2025 attraverso il voto per corrispondenza, come previsto dalla Legge 27 dicembre 2001, n. 459. Nello specifico:

    1. i cittadini iscritti all'AIRE riceveranno il plico elettorale al proprio indirizzo di residenza all'estero, senza bisogno di fare domanda,  entro il 21 maggio 2025. Le schede votate dovranno pervenire al consolato di riferimento entro le ore 16:00 locali di giovedì 5 giugno 2025. In alternativa, gli elettori residenti all'estero potevano scegliere di votare in Italia comunicando la propria opzione all'Ufficio consolare competente entro il 10 aprile 2025.
    2. Gli elettori non iscritti all'AIRE perche  temporaneamente all'estero per motivi di lavoro, studio o cure mediche per un periodo di almeno tre mesi comprendente la data delle votazioni, nonché i familiari conviventi, possono optare per il voto per corrispondenza inviando una richiesta al proprio Comune di iscrizione elettorale entro il 7 maggio 2025. 

    Per ulteriori informazioni e per scaricare i moduli necessari, si consiglia di consultare il sito ufficiale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale o di contattare l'Ufficio consolare di riferimento. 

    Referendum 2025: Come e quando si vota – il Quorum

    Date e orari: Domenica 8 giugno dalle 7:00 alle 23:00 e lunedì 9 giugno dalle 7:00 alle 15:00.

    Modalità di voto: Ogni elettore riceverà cinque schede, una per ciascun quesito. Per ogni scheda, si potrà votare "Sì" per abrogare la norma o "No" per mantenerla.

    Quorum: Perché un referendum sia valido, è necessario che partecipi almeno il 50% più uno degli aventi diritto al voto. 

     Anche non andare a votare quindi comporta la scelta indiretta di non far passare le richieste di modifica delle norme esistenti.

    Conseguenze del SI e del NO tabella di sintesi

    Quesito Argomento Conseguenze del SÌ Conseguenze del NO
    1 Reintegra nei contratti a tutele crescenti per le aziende oltre i 15 dipendenti  Più casi di reintegra nel posto di lavoro, anche nei contratti Reintegro raro, in genere solo indennizzo (da 6 a 36 mesi di stipendio)
    2 Indennità per licenziamenti ingiustificati in piccole imprese Il giudice potrà decidere l’importo  del risarcimento senza limiti Massimo 6 mensilità di retribuzione, anche in casi gravi
    3 Contratti a termine e obbligo di causale Motivazione per il contratto a termine  sempre obbligatoria Nessuna causale necessaria sotto i 12 mesi
    4 Responsabilità del committente per infortuni Committente responsabile anche per rischi specifici Nessuna responsabilità per rischi dell’appaltatore
    5 Accesso alla cittadinanza italiana Bastano 5 anni di residenza per richiedere la cittadinanza Servono 10 anni di residenza continuativa per fare la richiesta