• Lavoro estero

    Regime agevolato impatriati: allungamento periodo di pregressa permanenza all’estero

    Il regime agevolato per lavoratori impatriati può essere applicato anche in situazioni di trasformazione del rapporto di lavoro (da dipendente a autonomo), ossia nell'ipotesi in cui il lavoratore svolga in Italia l'attività lavorativa a favore dello stesso soggetto (datore/gruppo) per il quale lavorava all'estero, e senza obbligo di iscrizione all’AIRE, purché siano rispettati i requisiti minimi di residenza all’estero.

    Nella predetta ipotesi la norma prevede l'allungamento del periodo minimo di pregressa permanenza all'estero che, da tre, aumenta a sei o sette anni, a seconda che si tratti o meno del medesimo soggetto (datore/gruppo) presso cui era svolta l'attività lavorativa in Italia prima del trasferimento all'estero.

    Lo ha chiarito l'Agenzia delle Entrate con la risposta all'interpello del 07.02.2025 n. 22.

    L’Agenzia delle Entrate ha fornito un parere dettagliato, confermando che il regime agevolato è applicabile, a condizione che siano rispettati i requisiti temporali di residenza all’estero. In particolare, essendo stata all’estero per almeno sei anni, la contribuente può accedere all’agevolazione fiscale anche se fattura esclusivamente al suo ex datore di lavoro.

    Inotre, ha chiarito che la mancata iscrizione all’AIRE non preclude automaticamente il diritto all’agevolazione, ma sarà necessario dimostrare la residenza fiscale all’estero tramite altri elementi documentali.

    Questa interpretazione conferma che il regime agevolato per lavoratori impatriati rimane accessibile anche a chi si trasforma da lavoratore dipendente a libero professionista, con rapporti di lavoro continuativi con l’ex datore di lavoro estero.

    Chi può beneficiare del regime agevolato per lavoratori impatriati?

    Il nuovo regime fiscale si applica ai lavoratori che trasferiscono la loro residenza in Italia a partire dal 2024 e prevede un’imposizione ridotta sul reddito da lavoro dipendente, assimilato o autonomo. In particolare:

    • I redditi prodotti in Italia concorrono alla formazione del reddito complessivo solo per il 50% dell’ammontare, con un limite massimo di 600.000 euro annui.
    • Se il lavoratore si trasferisce con un figlio minore o se il figlio nasce o viene adottato durante il periodo di fruizione, la base imponibile si riduce al 40%.
    • Il lavoratore deve essere stato fiscalmente residente all’estero per almeno tre anni prima del rientro. Tuttavia, se al rientro il lavoratore presta attività per il medesimo datore di lavoro estero o per una società dello stesso gruppo, il periodo minimo all'estero si allunga a sei o sette anni.

    Fatturazione a ex datore di lavoro estero: è un ostacolo?

    Uno dei dubbi principali esposti dall’istante riguardava la possibilità di beneficiare dell’agevolazione nel caso in cui l’attività lavorativa in Italia fosse svolta come autonomo, ma con fatturazione esclusiva verso l’ex datore di lavoro estero.

    L’Agenzia ha chiarito che la tipologia di contratto di lavoro non incide sull’accesso al regime agevolato. Anche chi passa da lavoro dipendente all'estero a lavoro autonomo in Italia può beneficiare delle agevolazioni, purché rispetti i requisiti richiesti, compreso il periodo minimo di permanenza all’estero (sei o sette anni a seconda dei casi).

    Iscrizione AIRE e residenza fiscale: un requisito obbligatorio?

    Il secondo quesito riguardava la mancata iscrizione all’AIRE e la sua eventuale incidenza sul riconoscimento del regime agevolato.

    L’Agenzia ha ribadito che la verifica della residenza fiscale è una questione di fatto e non può essere oggetto di interpello. Tuttavia, ha precisato che la normativa richiede semplicemente che il contribuente non sia stato fiscalmente residente in Italia nei tre (o sei/sette) anni precedenti il rientro. L’iscrizione all’AIRE non è un requisito esplicito, ma il contribuente dovrà dimostrare la propria effettiva residenza all’estero tramite documentazione idonea.

    Il Caso di specie: analisi della Risposta dell’Agenzia delle Entrate

    L’istanza di interpello analizzata dall’Agenzia delle Entrate riguarda una cittadina francese che ha lavorato in Italia dal gennaio 2015 a marzo 2018. Dal 2018 al 2024, ha vissuto e lavorato all’estero, precisamente:

    • In Belgio dal 2018 al 2020
    • In Svizzera dal 2020 al 2024, con un impiego come Account Manager presso un’azienda di Zurigo.

    Nel luglio 2024, la contribuente ha concluso il rapporto di lavoro dipendente con l’azienda svizzera, stipulando con la stessa un contratto di consulenza per svolgere attività di lavoro autonomo.

    Il 15 agosto 2024, si è trasferita in Italia con la famiglia (coniuge e figlio minore), richiedendo la residenza anagrafica il 23 agosto 2024. Tuttavia, non è mai stata iscritta all’AIRE.

    Alla luce di questo scenario, la contribuente ha posto due domande principali:

    1. Può beneficiare del regime agevolativo per lavoratori impatriati dal 2024, considerando che il suo unico cliente è l’ex datore di lavoro estero?
    2. La mancata iscrizione all’AIRE influisce sulla possibilità di accedere alle agevolazioni fiscali?

    La risposta n. 22/2025 dell'Agenzia delle Entrate conferma che la contribuente può beneficiare del regime agevolato per lavoratori impatriati a partire dal 2024, nonostante due aspetti critici della sua situazione:

    • Trasformazione del rapporto di lavoro da dipendente a autonomo con lo stesso soggetto estero. Questo non costituisce un ostacolo all'agevolazione, ma richiede un periodo minimo di residenza all'estero di almeno sei anni (invece dei tre ordinari).
    • Mancata iscrizione all’AIRE, che non preclude automaticamente l’accesso al regime agevolato. Tuttavia, sarà necessario dimostrare con elementi concreti la residenza fiscale effettiva all’estero nei sei anni precedenti al rientro.

    In sintesi, l'Agenzia ha riconosciuto il diritto alla tassazione agevolata al 50% (ridotta al 40% in presenza del figlio minore), purché la contribuente possa dimostrare la sua effettiva residenza fiscale all’estero nel periodo richiesto.

    Allegati:
  • Lavoro estero

    Accordo sicurezza sociale Italia Giappone 2024: istruzioni aggiornate

    Completate dall'INPS le istruzioni per l'applicazione della Legge 18 giugno 2015 n. 97  di  esecuzione all'Accordo tra la Repubblica italiana e il Giappone sulla sicurezza sociale, fatto a Roma il 6 febbraio 2009 ed entrato in vigore  il 1 aprile 2024. 

    Si tratta in particolare della possibilità per i lavoratori italiani e giapponesi distaccati di evitare l'onere della doppia contribuzione per un periodo massimo di 5 anni .

    Con la circolare 52 del 27 marzo  2024 INPS è intervenuto con le prime istruzioni operative; mentre con  il messaggio 2199 dell'11 giugno  sono state fornite le indicazioni relative alla gestione dei flussi Uniemens , rettificate come detto il 2 luglio 2024 con il messaggio 2461 

    Le istruzioni  per la  presentazione  delle domande sono state pubblicate nel messaggio 3351 del 9 ottobre 2024 (Vedi i dettagli all'ultimo paragrafo)

    Ricordiamo  i principali aspetti dell'accordo sulla base della relazione illustrativa del Governo.

    Accordo sicurezza sociale Italia Giappone: cos'è

    L’Accordo italo-nipponico in materia di sicurezza sociale, intende regolare i rapporti tra i due Paesi, membri del G8/G20, per quanto attiene a taluni aspetti previdenziali relativi alla legislazione applicabile.

    L'elemento centrale è la tutela dei lavoratori al seguito delle imprese di un Paese distaccati nel territorio dell’altro e la trasferibilità delle prestazioni previdenziali.

    All'epoca della firma l'Italia era  l’unico Paese del G8 con il quale il Governo nipponico non avesse  un vigente accordo di sicurezza sociale.

    Viene precisato che l’Accordo resta in vigore per un periodo di tempo indeterminato. Tuttavia, ciascuno Stato contraente può notificare all'altro Stato contraente, attraverso i canali diplomatici, la cessazione dell'Accordo.

    Gli articoli dell'accordo Italia-Giappone Legge 97 2015

    • Articolo 1:  stabilisce le definizioni adottate dai due Paesi in applicazione dell’Accordo. In particolare viene definito il concetto di cittadino, di legislazione (indicante la normativa primaria e secondaria applicabile), di autorità competente e istituzione competente (l’entità governativa e l’istituzione previdenziale incaricata di applicare l’accordo) nonché il   termine di prestazione (il quale definisce sia le prestazioni pensionistiche sia qualsiasi altra prestazione in danaro).
    • Articolo 2: Individua il campo di applicazione rationae materiae, stabilendo le gestioni assicurative a cui si applicherà il presente Accordo. Per assicurare una maggiore certezza giuridica esso prevede altresì l’indicazione delle gestioni assicurative escluse, citando infine gli articoli che non riguarderanno tali gestioni. 
    • Articolo 3: Definisce il campo di applicazione personale individuando il titolare del diritto e i familiari generalmente titolari di diritti derivati.
    • Articolo 4: Garantisce ai cittadini dei due Paesi ai quali verrà applicato l’Accordo l’eguaglianza di trattamento
    • Articolo 5: Assicura la trasferibilità delle prestazioni . Sono previste però alcune deroghe legate ad alcune prestazioni di prepensionamento per la legislazione giapponese che prevede la presenza sul territorio nazionale.
    • Articolo 6:  Stabilisce il principio della lex loci laboris che risulta necessario per stabilire – negli articoli successivi – le deroghe a tali principio
    • Articolo 7:   Si tratta dell’articolo più rilevante dell’Accordo, in quanto esso regola il regime del distacco.In primo luogo viene stabilito il legame organico tra il lavoratore e l’impresa distaccante. Il comma successivo stabilisce in cinque anni la durata massima del periodo di distacco, prorogabile per altri cinque anni previo accordo delle Autorità dei due Paesi. Viene regolata altresì l’interruzione del distacco nel caso in cui il lavoratore si rechi in un Paese terzo e viene contemplata, infine, la possibilità di applicare tale istituto anche al lavoratore autonomo che esercita la sua attività nell’altro Stato.
    • Articolo 8: Determina la legislazione applicabile nel caso di lavoratori impiegati in navi battenti bandiera dei due Paesi. Per essi è previsto il mantenimento del regime di sicurezza sociale del Paese di appartenenza della nave.
    • Articolo 9: L’Accordo non pregiudica le disposizioni di cui alla Convenzione di Vienna sulle Relazioni Diplomatiche del 18 aprile 1961 e la Convenzione di Vienna sulle Relazioni Consolari del 24 aprile 1963. Inoltre viene stabilito il mantenimento del regime previdenziale del Paese di provenienza anche per altri funzionari pubblici diversi dai diplomatici.
    • Articolo10: L’articolo consente di derogare alla determinazione della legislazione applicabile contenuta nei precedenti articoli. Per applicare tale articolo è necessario il consenso del lavoratore interessato e di entrambe le Autorità competenti.
    • Articolo 11: L’articolo estende la copertura assicurativa del Paese di provenienza anche ai membri della famiglia del lavoratore italiano distaccato. Nel caso in cui i membri della famiglia siano di cittadinanza giapponese verrà loro applicata la legislazione di tale Stato.
    • Articolo12 :L’articolo precisa ulteriormente le gestioni escluse in ragione della natura degli altri regimi contemplati.
    • Articolo 13: Specificazione applicazione articolo 2.
    • Articolo 14: L’articolo concerne l’individuazione delle Autorità e delle Istituzioni competenti ad applicare l’Accordo e regola altresì le modalità della collaborazione amministrativa.
    • Articolo 15: L’articolo stabilisce che qualsiasi forma di esenzione da imposte per la presentazione di documenti, prevista dalla legislazione nazionale, valga anche per la documentazione prodotta in applicazione dell’Accordo. Per i documenti presentati ai fini dell’Accordo non è richiesta legalizzazione né altra simile formalità.
    • Articolo 16: Viene stabilito, nella lingua italiana e giapponese, il regime linguistico con il quale le due Autorità o Istituzioni comunicheranno l’una con l’altra.
    • Articolo 17: L’articolo prevede la possibilità di un generico scambio di informazioni sulla legislazione dei due Paesi e l’obbligo di comunicare qualsiasi modifica legislativa inerente al campo di applicazione dell’Accordo.
    • Articolo 18: L’articolo prevede la possibilità, da parte delle istituzioni competenti, di trasferire le domande di prestazioni fatte in uno Stato diverso da quello competente. In questo caso le istituzioni trasferiranno d’ufficio la domanda all’istituzione competente dell’altro Paese.
    • Articolo 19: Il pagamento delle prestazioni può effettuarsi nella valuta dei due Paesi.
    • Articolo 20: Ogni disaccordo sull’interpretazione e l’applicazione dell’accordo sarà risolto previa consultazione.
    • Articolo 21: L’articolo precisa alcune disposizioni previste dalla legislazione giapponese sulla presa in conto di periodi complementari.
    • Articolo22: Decorrenza della data del distacco nel caso in cui quest’ultimo sia iniziato prima della entrata in vigore dell’Accordo.
    • Articolo23: Entrata in vigore dell’Accordo.
    • Articolo24:   Durata e denuncia dell’Accordo

    I sistemi pensionistici interessati dall'Accordo 

    Per quanto concerne la Repubblica Italiana  l'accordo si applicherà ai seguenti sistemi pensionistici italiani: 

        (I) l'assicurazione generale obbligatoria per  l'invalidita',  la vecchiaia e superstiti; 

        (II) gestioni speciali dell'assicurazione  generale  obbligatoria per i lavoratori autonomi; 

        (III)   la   gestione   separata   dell'assicurazione    generale obbligatoria; e 

        (IV)  i  sistemi  sostitutivi  ed  esclusivi   dell'assicurazione generale obbligatoria specificata in (I).

        (b) all'assicurazione contro la disoccupazione involontaria; 

     L'Accordo non si applicherà alle prestazioni non-contributive finanziate  completamente  o  parzialmente attraverso le risorse del bilancio nazionale

    Per quanto concerne il Giappone l'Accordo si applicherà ai seguenti sistemi pensionistici giapponesi: 

        (I)  la  pensione  nazionale  (eccetto  il  Fondo   pensionistico nazionale); 

        (II) l'assicurazione pensionistica per i  lavoratori  subordinati (eccetto il Fondo Pensioni per i Lavoratori Subordinati); 

        (III) il "Mutual Aid Pension" per i dipendenti statali; 

        (IV) il "Mutual Aid Pension" per i dipendenti degli enti pubblici locali  e  per  gli  impiegati   assimilati   (eccetto   il   sistema pensionistico per i membri delle assemblee locali); e 

        (V) il  "Mutual  Aid  Pension"  per  il  personale  delle  scuole private; 

       Ai fini di questo Accordo, la  pensione  nazionale  non include la Pensione di Vecchiaia  o  qualsiasi  altro  trattamento previdenziale che sia concesso su basi  transitorie  o  complementari per  fini  assicurativi  e  che   sia   liquidabile   interamente   o principalmente a carico delle risorse pubbliche di bilancio.  

    Campo di applicazione per i familiari 

    Si evidenzia che l'accordo prevede, per quel che riguarda il coniuge  o  i  figli  al  seguito  della persona che lavora nel territorio del Giappone ed  e'  soggetta  alla legislazione della Repubblica italiana in conformita' all'art. 7,  al par. 2 dell'art. 9 o all'art. 10: 

    •     a) nei casi in cui il coniuge o i  figli  al  seguito  non  siano cittadini giapponesi, la legislazione giapponese non verra' applicata nei loro confronti. Tuttavia, nel caso in cui vi sia un richiesta  in tal senso da parte del coniuge o dei figli, quanto  sopra  detto  non verra' applicato; 
    •     b) nel caso in cui il coniuge o i figli a carico siano  cittadini giapponesi,   l'esenzione   dalla   legislazione   giapponese   sara' determinata in conformita' con la normativa giapponese. 

     Accordo Italia Giappone istruzioni INPS

    Nella circolare INPS precisa che  nel caso di una persona il cui distacco o la prestazione di lavoro autonomo nell’altro Stato contraente siano iniziati prima dell'entrata in vigore dell’Accordo, il periodo viene considerato iniziato dalla data di entrata in vigore dell’Accordo medesimo.

    A questo link sono disponibili gli allegati alla circolare (accordi e modelli da utilizzare).

    Nel messaggio 2199 2024  sono fornite invece  le indicazioni  sui versamenti ed esposizione  in Uniemens:

    • – Lavoratori distaccati dall’Italia in Giappone

     la contribuzione dovuta deve essere versata secondo le modalità  in uso per i lavoratori inviati in Paesi legati dall’Italia da accordi di sicurezza sociale per cui  deve essere aperta un’apposita posizione contributiva contrassegnata dal codice di autorizzazione “4Z”.

    Inoltre la posizione contributiva deve essere contrassegnata anche dal codice di autorizzazione “1C”, avente il significato di “Esonero dal versamento della contribuzione dovuta alla CUAF”.

    • – Lavoratori distaccati dal Giappone in Italia

    Per i lavoratori che in base all’Accordo sono esonerati dalla legislazione italiana per l’Assicurazione generale obbligatoria  i datori di lavoro devono utilizzare,  nel flusso Uniemens – denuncia individuale – il codice Tipo Contribuzione di nuova istituzione “87”, avente il significato di “Lavoratori stranieri provenienti dal Giappone distaccati in Italia assicurati per IVS, DS, nel paese di origine (art.13 accordo di sicurezza sociale Italia- Giappone)”.

    Qualora, invece, l’esonero dalla legislazione italiana operi soltanto per l’IVS, ai fini dell’esposizione nel flusso Uniemens deve essere utilizzato il codice Tipo Contribuzione in uso “81”, avente il significato di “Lavoratori stranieri con opzione per IVS nel paese di origine”.

    Applicabilità

    Le istruzioni si applicano a decorrere dal periodo di competenza giugno 2024.

     Per i periodi di competenza aprile 2024 e maggio 2024, i datori di lavoro devono avvalersi della procedura di regolarizzazione (DMVig).

    Nel caso di un  lavoratore distaccato  assicurato nello Stato di provenienza anche per la disoccupazione involontaria, tale circostanza deve risultare  indicata  nella sezione 4 del formulario di copertura assicurativa :

    1. “IT/JPN 101” per i lavoratori distaccati dall’Italia al Giappone e 
    2. “JPN/IT/ 101” per coloro che sono distaccati dal Giappone in Italia.

    AGGIORNAMENTO   RETTIFICA 3 LUGLIO 2024

     Nel nuovo messaggio INPS informa, con specifico riferimento ai lavoratori distaccati in Italia, che  l’istituzione previdenziale giapponese ha comunicato che la copertura assicurativa in Giappone per la disoccupazione involontaria è attestata dalla compilazione della sezione 6 del formulario “JPN/IT 101”, (Allegato n. 1), che è presente soltanto nel certificato di copertura rilasciato dall’Istituzione previdenziale giapponese.

    Rettifica   quindi il messaggio precedente chiarendo che per i lavoratori distaccati in Italia,  se  per effetto dell’Accordo  sono assicurati in Giappone anche per la disoccupazione involontari, a tale circostanza non deve risultare dalla sezione 4, ma dalla della sezione 6 del formulario “JPN/IT 101”.

    Per i lavoratori inviati in distacco dall’Italia in Giappone restano, invece, confermate le indicazioni fornite con il messaggio n. 2199/2024.

    AGGIORNAMENTO 10 OTTOBRE

    Le istruzioni operative  per la compilazione e presentazione  delle domande sono state illustrate con il messaggio 3351 del 9 ottobre 2024 

  • Lavoro estero

    Frontalieri Svizzera: novità nel DL Omnibus convertito

    Il Disegno di legge di conversione del decreto legge 131 2024 cd Omnibus  è stato approvato definitivamente dalle Camere la scorsa settimana ed è stato pubblicato l'8 ottobre in Gazzetta Ufficiale. 

    QUi il testo del decreto legge coordinato con la legge di conversione 

    Uno degli articoli che non ha subito modifiche in corso di conversione è l'articolo 6 che  introduce un nuovo regime fiscale opzionale per i lavoratori frontalieri residenti nei comuni italiani situati entro venti chilometri dal confine svizzero, a partire dal periodo d’imposta 2024..

     Questi cambiamenti nascono in seguito al nuovo Accordo tra Italia e Svizzera sull’imposizione dei lavoratori frontalieri, firmato il 23 dicembre 2020 e ratificato dall’Italia con la legge n. 83 del 13 giugno 2023. Il nuovo regime si applica in particolare ai “nuovi frontalieri”, ovvero coloro che entreranno nel mercato del lavoro frontaliero dopo l’entrata in vigore dell’Accordo.

    Nei prossimi paragrafi analizziamo la novità.

    DL Omnibus convertito in legge: tassa sostitutiva per i “nuovi frontalieri”

    La principale novità dell'articolo 6 è l’introduzione di una tassazione sostitutiva pari al 25% delle imposte applicate in Svizzera per i redditi da lavoro dipendente percepiti dai lavoratori frontalieri.

     Questo regime permette ai lavoratori di evitare la tassazione progressiva ordinaria dell’IRPEF italiana e delle relative addizionali, prevedendo invece un’imposta sostitutiva fissa.

    Cosa cambia:

    Tassazione ridotta: I lavoratori frontalieri potranno beneficiare di una tassazione inferiore, rispetto alla progressività tipica del sistema italiano.

    Nessun diritto al credito d’imposta: A differenza di quanto previsto per i frontalieri sotto il vecchio regime, i lavoratori che opteranno per il nuovo regime fiscale non avranno diritto al credito d’imposta in Italia per le tasse pagate in Svizzera. Questo rappresenta un importante cambiamento rispetto alla normativa precedente.

    Da segnalare inoltre la differenziazione  tra “vecchi” e “nuovi frontalieri”

    1. i cc.dd. “nuovi frontalieri” si applica  un regime di tassazione concorrente in forza del quale,i salari,gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe da essi ricevute sono imponibili  nello Stato contraente di svolgimento dell’attività lavorativa (Svizzera), non  potendo, tuttavia, l’imposta eccedere l’80 per cento di quanto dovuto in base  alle disposizioni sulle imposte domestiche IRPEF incluse le imposte locali. Successivamente, lo Stato di residenza (Italia)assoggetta tale reddito a tassazione progressiva ai fini IRPEF, riconoscendo lavoratore italiano, al fine di eliminare la doppia imposizione, un credito  d’imposta per quanto versato in Svizzera ex articolo 165 del decreto delPresidente della Repubblica n. 917 del 1986 (TUIR);
    2. i cc.dd. “vecchi frontalieri” rientrano nel regime transitorio di cui all’articolo 9  del nuovo Accordo, continuando, pertanto, ad essere soggetti a imposizione  esclusiva in Svizzera.

    DL Omnibus convertito. Estensione dell’elenco dei comuni frontalieri

    Un ulteriore cambiamento riguarda la definizione dei comuni di frontiera. In passato, non esisteva un elenco definito di comuni italiani considerati frontalieri; la Svizzera gestiva tale elenco unilateralmente, includendo solo i comuni situati entro venti chilometri dal confine con i Cantoni dei Grigioni, Ticino e Vallese.

    Con il nuovo Accordo, è stato definito un elenco ufficiale di 72 comuni italiani situati entro venti chilometri dal confine svizzero che non erano stati precedentemente inclusi. Ciò consente ai residenti di questi comuni di accedere al nuovo regime fiscale, pur non avendo beneficiato del vecchio regime dei frontalieri.

    Cosa cambia:

    • Aumento del numero di comuni eleggibili: L’aggiunta di nuovi comuni all’elenco significa che un numero maggiore di lavoratori potrà beneficiare del nuovo regime fiscale.
    • Maggiore chiarezza normativa: La definizione dei comuni di frontiera è ora uniforme tra Italia e Svizzera, eliminando le discrepanze interpretative che esistevano in passato.

  • Lavoro estero

    Tassazione retribuzione e TFR secondo la convenzione Italia Olanda

    Nella Risposta a Interpello 167 del 1 agosto 2024 l'Agenzia chiarisce tassazione delle  retribuzioni e TFR   il caso di un contribuente che ha trasferito la propria residenza dall'Italia ai Paesi Bassi, lavorando sia all'estero che in smart working in Italia .

    Lavoro dipendente per Fondazione olandese in Italia: iI caso

    L'istante dichiarava di aver trasferito la propria residenza dall'Italia in Olanda, con iscrizione all'AIRE nel mese di giugno dell'anno X e che, per tale periodo d'imposta, è da considerarsi fiscalmente residente in Olanda.

    Fino al suo trasferimento in Olanda , per i 6 anni precedenti ha lavorato in Italia come  dipendente con contratto di lavoro a tempo indeterminato per una società olandese e  pagando le imposte l'anno successivo in  sede di predisposizione della dichiarazione dei redditi.  

    Nello stesso anno  a seguito della cessazione del rapporto di lavoro subordinato con la società olandese, ha ricevuto da tale società il  trattamento di fine rapporto.

    Il contribuente ha chiesto all'Agenzia delle Entrate se sia necessario presentare la dichiarazione dei redditi in Italia per l'anno del trasferimento, considerando sia la retribuzione percepita fino a giugno sia il TFR erogato dalla società olandese.

     La questione si pone in quanto il contribuente è stato fiscalmente residente in Olanda per parte dell'anno e ha svolto attività lavorativa in Italia per un datore di lavoro non residente.

    Lavoro dipendente per società olandese in Italia: la risposta dell’Agenzia

    In generale, l'Agenzia ricorda che stante la prevalenza del diritto convenzionale sul diritto interno, come previsto dall'art. 15 della Convenzione Italia – Olanda, le  retribuzioni relative ad un'attività di lavoro dipendente possono essere tassate anche nel Paese in cui tale attività  è svolta, se diverso da quello di residenza.

     Tuttavia, è ripristinata la potestà impositiva esclusiva dello Stato di residenza, qualora vengano soddisfatte, congiuntamente, le seguenti condizioni:

        il beneficiario soggiorna nell'altro Stato per un periodo che non oltrepassa un totale di 183 giorni nel corso dell'anno fiscale considerato;

        le remunerazioni sono pagate da o per conto di un datore di lavoro che non è residente nell'altro Stato;

        l'onere delle remunerazioni non è sostenuto da una stabile organizzazione o da una base fissa che il datore di lavoro ha nell'altro Stato.

    Con riferimento al TFR, in assenza di una specifica disposizione nella Convenzione Italia – Olanda, l'A-genzia precisa che gli Stati possono ricondurre la disciplina degli emolumenti erogati ai  dipendenti  al  momento  della  cessazione  dell'impiego nell'ambito dei redditi di lavoro subordinato (art. 15, Convenzione) ovvero nell'ambito delle pensioni private (art. 18).

    Lavoro dipendente per società olandese in Italia: conclusioni

    Sul caso specifico l 'Agenzia delle Entrate ha  concluso  che le retribuzioni percepite fino a giugno sono tassabili esclusivamente nei Paesi Bassi. 

    Per il TFR, invece, la parte maturata durante il periodo di residenza in Italia è tassabile in Italia, mentre quella maturata nell'anno del trasferimento è tassabile nei Paesi Bassi.

    In particolare con  riferimento al trattamento di fine rapporto, l'agenzia precisa  che la Convenzione – , come, peraltro, il Modello OCSE di Convenzione per eliminare le  doppie imposizioni, non contiene una disposizione specifica per gli emolumenti erogati  ai dipendenti al momento della cessazione dell'impiego consentendo a ciascuno Stato membro dell'OCSE di poter ricondurre le suddette prestazioni nell'ambito di applicazione :

    • dell'articolo 15, relativo ai redditi di lavoro subordinato,  ovvero 
    • dell'articolo 18, riguardante le pensioni private.

    Nella risoluzione 1° agosto 2008, n. 341/E, seppur riguardante l'applicazione  della Convenzione stipulata con la Germania,è stato stabilito che  per quanto concerne

    l'Italia, il TFR ha sostanzialmente natura di retribuzione, seppur differita, motivo per cui  è stato ricondotto nell'ambito applicativo dell'articolo 15 della Convenzione.

  • Lavoro estero

    Contributi assistenziali esteri fiscalmente esenti se obbligatori

    Con la Risposta a interpello n. 24 2024 l'agenzia delle Entrate ha chiarito  il regime fiscale applicabile ai contributi relativi all'assistenza sanitaria versati da un datore di lavoro estero  per il dipendente, cittadino statunitense  residente in Italia,  confermando che si tratta di importi fiscalmente esenti da imposizione se derivanti da obbligo di legge. Vediamo di seguito i dettagli del caso.

    Contributi sanitari esteri: iI caso

    Il contribuente dichiara di essere un cittadino statunitense fiscalmente residente in Italia, dipendente di un datore di lavoro statunitense, e che  ha scelto di versare i contributi pensionistici alla social security statunitense invece che all'INPS, in base alla  vigente Convenzione bilaterale tra Italia ed USA.

    Il Contribuente ha visto indicare nella propria busta paga, tra le competenze ''aggiunte'' all'imponibile fiscale, anche le voci Medicare e Medical insurance, relative ai contributi ai servizi sanitari USA a carico del datore di lavoro,  quindi  entrambe le voci in busta paga  sono risultate  come fringe benefit soggetti a tassazione in Italia.

    In merito specifica che  la Medicare viene pagata, tramite il datore di lavoro, alla United Social Security Administration  e che la Medical insurance (detta anche Obamacare) fornisce, in assenza di un sistema sanitario nazionale negli USA, una copertura sanitaria a carico del datore di lavoro per i lavoratori ed i loro familiari. Dichiara inoltre che entrambi sono  contributi obbligatori per legge negli USA.

     l'Istante chiedeva conferma sulla possibilità di  riportare nella dichiarazione dei redditi un diverso importo rispetto a quello certificato dal datore di lavoro e di richiedere al datore di lavoro ''il corretto trattamento delle suddette voci (non come fringe benefit)''.

    Contributi assistenziali esteri: la risposta dell’Agenzia

    L'Agenzia delle Entrate risponde , che, in base alle disposizioni del Testo Unico delle imposte sui redditi (TUIR), i contributi previdenziali e assistenziali versati all'estero   non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente del contribuente in Italia nella misura in cui sono ritenuti obbligatori secondo la normativa interna statunitense.

    Viene ricordato infatti che il  comma 2 dell' articolo 51 del TUIR stabilisce, alla lettera a), che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente i contributi previdenziali  e assistenziali versati dal lavoratore o dal datore di lavoro in ottemperanza a disposizioni  di legge.

    Per quel che attiene, nello specifico, alla rilevanza tributaria dei contributi  previdenziali obbligatori per legge, versati in uno Stato estero, si richiamano le indicazioni fornite al punto 2.2.1 della Circolare del Ministero delle Finanze del 23 dicembre 1997, n. 3  da cui risulta che  anche i contributi previdenziali e assistenziali, versati all'estero  dal lavoratore o dal datore di lavoro in ottemperanza a disposizioni di legge dello Stato  estero e riferiti a redditi assoggettati ad imposizione in Italia, non concorrono a formare  il reddito di lavoro dipendente del Contribuente.

    Va però posta attenzione al fatto che , precisa l'Agenzia delle Entrate ,  la valutazione sull'obbligatorietà dei contributi è di competenza delle autorità statunitensi e chiede quindi  all'istante di rivolgersi alle competenti autorità fiscali estere per ottenere le relative attestazioni che certifichino l'obbligatorietà dei contributi secondo la normativa interna statunitense. 

    Tale documentazione dovrà essere conservata ed esibita all'Ufficio competente dell'Agenzia delle Entrate in caso di richiesta.

  • Lavoro estero

    Frontalieri: diritto alle stesse prestazioni sociali dei residenti

    Con la sentenza C- 27/23 del 16 maggio 2024 la Corte di Giustizia europea si è espressa affermando il diritto alla parità di trattamento,  del lavoratore frontaliero  rispetto ai lavoratori residenti, in relazione alle prestazioni sociali che gli vengono garantite.  Vediamo i dettagli del caso nei paragrafi seguenti.

    La causa: assegni familiari per il minore in affido

    La causa riguardava un cittadino belga , residente in Belgio  che lavora in Lussemburgo e che  percepiva gli assegni familiari per un minore collocato in affidamento con  provvedimento del giudice, presso il suo nucleo familiare.

    La  prestazione  sociale è stata percepita percepito per diversi anni  Nel 2017, tuttavia, l'ente deputato all'assistenza sociale dei minori del  Lussemburgo gli ha revocato tali assegni familiari, ritenendo che il  versamento sia limitato ai minori aventi un legame di filiazione diretto (legittimo, naturale o   adottivo) con il lavoratore frontaliero e non sia piu applicabile ai casi di affido. 

    Va specificato però che  i minori residenti in Lussemburgo e oggetto di affidamento  giudiziario hanno ancora il diritto di percepire tale assegno, versato alla persona fisica o giuridica che ne ha la custodia.

    La Corte di cassazione lussemburghese  ha quindi chiesto alla corte di Giustizia se sia  legittima questa applicazione diversificata delle prestazioni sociali  a seconda che il  lavoratore sia residente o meno in Lussemburgo o se invece  tali  norme del codice della previdenza sociale lussemburghese configurino una

    discriminazione indiretta, come tale  contraria al diritto dell'unione.

    La sentenza della Corte: parita di trattamento sociale per i lavoratori frontalieri

    Nella sua sentenza, la Corte afferma che,   dato che i lavoratori frontalieri contribuiscono al finanziamento delle politiche sociali  dello Stato membro ospitante con i contributi fiscali e sociali che versano  per l’attività lavorativa , essi  devono poter beneficiare delle prestazioni familiari e dei vantaggi sociali e fiscali alle  stesse condizioni dei lavoratori nazionali. Quindi una normativa come quella lussemburghese di cui si tratta, che comporta una differenza di trattamento,  risulta  contraria al diritto dell’Unione.

    Infatti, la normativa di uno Stato membro che prevede che i lavoratori non residenti non possano, a differenza dei  lavoratori residenti, percepire un vantaggio sociale per minori collocati in affidamento presso il loro nucleo  familiare, di cui essi hanno la custodia e che hanno il domicilio legale nonché la residenza effettiva e continuativa  presso di loro, configura una discriminazione indiretta fondata sulla cittadinanza. 

    La circostanza che la  decisione di collocamento in affidamento provenga da un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro diverso da quello  ospitante del lavoratore interessato non può incidere su tale conclusione.

  • Lavoro estero

    Disoccupazione lavoratori rimpatriati: le regole INPS

    Inps ha ricapitolato le regole da applicare  per l'indennità di disoccupazione di lavoratori in caso di rientro da un Paese straniero nel messaggio 1398 2024 indirizzato alle proprie sedi territoriali, a seguito di specifiche richieste di chiarimenti.

    Si fa riferimento alla legge 402/1975 che disciplina il trattamento di disoccupazione in favore dei lavoratori rimpatriati e viene richiamata la circolare INPS  106/2015 riguardante le domande di  disoccupazione per i lavoratori italiani che rimpatriano 

    • da Paesi  soggetti alla normativa  comunitaria (Paesi Ue, Stati See – Islanda, Liechtenstein e Norvegia – e Svizzera) o 
    • da uno Stato estero non convenzionato.

    Vediamo nei paragrafi seguenti le principali indicazioni.

    Indennità di disoccupazione lavoratori italiani dopo lavoro all’estero

    Per i cittadini italiani che  dopo un periodo di i lavoro all'estero e rientrano in Italia in situazione di disoccupazione per licenziamento o per mancato rinnovo del contratto di lavoro stagionale è prevista l'indennità di disoccupazione calcolata sulla base delle retribuzioni convenzionali stabilite con decreti ministeriali annuali.

    La prestazione decorre :

    • dal giorno del rimpatrio, se il disoccupato ha dichiarato la disponibilità al lavoro al centro per l’impiego entro sette giorni dal rimpatrio; 
    • dal giorno della dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro, se è stata dichiarata tra l’ottavo e il trentesimo giorno successivi alla data del rimpatrio.

     La durata massima  della prestazione è di 180 giorni e il pagamento viene effettuato direttamente dall’Inps con accredito su conto corrente bancario o postale, su libretto postale oppure tramite bonifico domiciliato presso un ufficio postale.

    Disoccupazione dopo lavoro all’estero come fare domanda

    Per accedere alla prestazione di disoccupazione il lavoratore italiano rimasto disoccupato deve presentare apposita domanda e soddisfare i seguenti requisiti:

    1. essere rimpatriato entro 180 giorni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro;
    2. avere reso la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro entro 30 giorni dalla data del rimpatrio.

    La domanda di disoccupazione non è soggetta a prescrizione   Nel caso di prima domanda la durata del rapporto di lavoro all’estero è ininfluente. Per le domande successive si deve aver svolto un periodo di lavoro subordinato di almeno dodici mesi, di cui sette effettuati all’estero.

    La domanda deve essere presentata online all’INPS attraverso il servizio dedicato, in alternativa si può fare la domanda tramite il contact center o agli enti di patronato e intermediari dell’Istituto attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi.

    Il termine ordinario per la risposta stabilito dalla legge 241/1990 è di  30 giorni

    Disoccupazione dopo lavoro in stati convenzionati con l’Italia

    In base all’articolo 64 del regolamento Ce 884/2004, la persona che beneficia di prestazione di disoccupazione a carico di uno Stato estero che rientra in Italia alla ricerca di un lavoro, può conservare il diritto alla prestazione, di norma, per un massimo di tre mesi, prorogabili, nel caso di alcuni Stati, fino a sei mesi.

    disoccupati rimpatriati da uno Stato che applica la normativa comunitaria (Paesi UE, SEE – Islanda, Liechtenstein e Norvegia – e Svizzera) devono allegare il documento portatile U1 che riporta i periodi di assicurazione, la data e il motivo della cessazione e la qualifica del lavoratore, più tutta la documentazione che comprova l'attività lavorativa all'estero (contratto di lavoro, buste paga, ecc.).

    Se la persona non è in possesso del documento portatile U1, le informazioni necessarie saranno richieste direttamente dalla struttura INPS competente all'istituzione estera.

    Il trattamento di disoccupazione per i rimpatriati viene erogato quindi solo dopo avere acquisito le informazioni relative all’eventuale diritto a carico dello Stato estero interessato.

    Disoccupazione in stati non convenzionati: documenti necessari

    Per i lavoratori italiani che rimpatriano da uno Stati esteri privi di convenzione in tema di sicurezza sociale con l'Italia  resta confermato  quanto indicato nella circolare  INPS 106/2015.

    Nello specifico il cittadino italiano, in stato di disoccupazione e in possesso dei requisiti previsti ha diritto alla prestazione per  un massimo di 180 giorni. 

    Alla domanda non vanno allegati i modelli  U1 e U2, bensì una autocertificazione  attestante il licenziamento o il mancato rinnovo del contratto, rilasciata dal datore di lavoro all’estero ovvero dalla competente autorità consolare italiana.