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Riforma fiscale: Dlgs in materia di adempimento collaborativo pubblicato in GU
Pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 28.12.2023 serie generale n.301 il decreto legislativo del 30 dicembre 2023 n. 221 in materia di adempimento collaborativo, che introduce alcune modifiche al decreto legislativo n. 128 del 2015, che regola tale istituto, in attuazione della Riforma fiscale (Legge n. 111 del 09.08.2023).
Scarica qui il testo del Dlgs del 30.12.2023 n. 221.
Il decreto legislativo in esame introduce misure volte a potenziare il regime dell'adempimento collaborativo attraverso:
- una mappatura dei rischi fiscali relativi ai processi aziendali;
- la certificazione, da parte di professionisti qualificati, dei sistemi integrati di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale in ordine alla loro conformità ai principi contabili l’emanazione di un codice di condotta finalizzato a indicare e definire gli impegni che reciprocamente assumono l’Amministrazione finanziaria e i contribuenti;
- procedure semplificate di regolarizzazione della posizione del contribuente che aderisca a indicazioni dell’Agenzia delle entrate che richiedano di effettuare ravvedimenti operosi;
- nuove forme di contraddittorio tra contribuente e l’Agenzia delle entrate;
- la non applicazione delle sanzioni amministrative in presenza della tempestiva ed esauriente comunicazione all’Agenzia delle entrate, mediante l’interpello dei rischi fiscali;
- la non punibilità delle condotte riconducibili a dichiarazione infedele dipendenti da rischi di natura fiscale relativi a elementi attivi, comunicati in modo tempestivo ed esauriente;
- la riduzione dei termini di decadenza per l’attività di accertamento;
- l’introduzione di soglie dimensionali per l’accesso al regime, progressivamente decrescenti; esso dal 2028 è applicabile a contribuenti con un volume di affari o di ricavi non inferiore a 100 milioni di euro;
- la modifica delle modalità di adesione e di esclusione dal regime. In particolare, in quest’ultimo caso sono previste forme di contraddittorio tra l’amministrazione finanziaria e il contribuente;
- l’introduzione di un regime opzionale di adozione del sistema di controllo del rischio fiscale, riservato a contribuenti che non possiedono i requisiti per aderire al regime di adempimento collaborativo, cui sono ricondotti alcuni benefici fiscali;
- l’introduzione infine di un regime transitorio per i soggetti ammessi al regime di adempimento collaborativo prima dell’entrata in vigore delle modifiche in esame.
Rispetto al testo approvato in esame preliminare, sono state apportate modifiche attinenti al regolamento relativo ai compiti, agli adempimenti e ai requisiti richiesti agli avvocati e ai dottori commercialisti abilitati al rilascio della certificazione del tax control framework (TCF), prevedendo che ai suddetti professionisti, ai fini del rilascio della certificazione, è consentito di avvalersi dei consulenti del lavoro per le materie di loro competenza. Resta fermo in ogni caso che il professionista indipendente abilitato al rilascio, anche in ordine alla conformità ai principi contabili, è esclusivamente quello iscritto all’albo degli avvocati o dei dottori commercialisti ed esperti contabili.
Inoltre, è stata riformulata la disposizione relativa alla “certificazione tributaria”, prevista dall’articolo 36 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, per i soggetti che aderiscono all’adempimento collaborativo, prevedendo che la stessa attesti la corretta applicazione delle norme tributarie sostanziali, nonché l’esecuzione degli adempimenti, dei controlli e delle attività indicati annualmente con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.
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Denuncia furto scritture contabili: resta l’onere della prova
Con l’Ordinanza n. 16361 dell’8 giugno 2023, la Cassazione, accogliendo il ricorso dall’Amministrazione finanziaria, ha cancellato la decisione dei giudici tributari per aver ritenuto superata la presunzione di maggior reddito con la semplice allegazione da parte del contribuente del fatto di non aver potuto fornire la documentazione contabile richiesta dall'ufficio, in quanto rubata.
Vediamo i fatti di causa.
Con avviso di accertamento l’Agenzia delle Entrate contestava a un contribuente titolare di ditta individuale, di essere socio di una Società a responsabilità limitata, che doveva essere considerata, assieme alla ditta individuale, un unico centro di imputazione di volontà ed interessi.
L’ufficio riteneva infatti che Srl e ditta individuale fossero un unico soggetto di imputazione fiscale sulla base della considerazione che:- i componenti della Srl fossero solo quattro persone appartenenti alla medesima famiglia (contribuente, moglie e figli),
- la stessa Srl avesse come unico cliente la ditta individuale la quale, a sua volta, non aveva alcuna struttura autonoma, né linea telefonica o altri caratteri distintivi rispetto alla Srl.
Il contribuente non rispondeva alle richieste di chiarimenti avanzate dall’Amministrazione finanziaria e non era sufficiente la documentazione acquisita dal Fisco presso la sede della società.
Pertanto la procedura di accertamento con adesione non andava a buon fine.
Il contribuente proponeva ricorso dinanzi ai giudici tributari i quali, sia in primo che in secondo grado, davano ragione al ricorrente ritenendo errata la ripresa a tassazione operata dal fisco in quanto aveva integrato le scritture contabili applicando alla ditta individuale il parametro di redditività degli operai della Srl, pur trattandosi di realtà aziendali diverse.
I magistrati tributari ritenevano inoltre superata la presunzione di maggior reddito avanzata dal Fisco con la semplice allegazione da parte del contribuente del fatto di non poter fornire la documentazione contabile richiesta, in quanto oggetto di furto.
L'Agenzia delle entrate ricorreva dinanzi la Corte suprema di Cassazione.
I giudici di legittimità hanno accolto il ricorso del Fisco e cassato la decisione dei giudici tributari di merito.
La cassazione ha ricordato come sia ormai consolidato orientamento giurisprudenziale quello in base al quale la mancanza, anche incolpevole, delle scritture contabili non solleva il contribuente dall'onere di una prova contraria, che nel caso di specie non è stata fornita, capace di superare le presunzioni previste dagli articoli 38 e 39 del Dpr n. 600/1973 dettate in tema di accertamento analitico e accertamento induttivo.
Inoltre, il discrimine tra i due tipi di accertamento risiede nella parziale o assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili.
Nell' accertamento analitico extracontabile l’incompletezza, falsità od inesattezza degli elementi indicati non è tale da consentire di prescindere dalle scritture stesse, in quanto l'ufficio può solo cercare di colmare le lacune riscontrate utilizzando ai fini della dimostrazione dell'esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, anche presunzioni semplici aventi i requisiti di cui all'articolo 2729 del codice civile, ovvero presunzioni gravi, precise e concordanti.
Nell’accertamento induttivo, invece, le omissioni o le false o inesatte indicazioni risultano talmente gravi da inficiare l'attendibilità e l'utilizzabilità anche degli altri dati contabili apparentemente regolari, con la conseguenza che l'amministrazione accertatrice può prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili ed è legittimata a determinare l'imponibile in base a elementi meramente indiziari, anche se inidonei ad assurgere a elementi presuntivi di prova presuntiva ai sensi degli articoli 2727 e 2729 del codice civile.
I magistrati di ultima istanza hanno evidenziato come i giudici di merito non abbiano, errando, tenuto in debito conto la presunzione indiziaria di unicità della struttura aziendale fra Srl e ditta individuale, desunta dalla medesima linea produttiva e dall'assenza di struttura propria della ditta individuale che, peraltro, costituiva unico cliente della Srl, che a sua volta veniva portata avanti anche con conduzione antieconomica.
La Corte ha chiarito che l'Amministrazione finanziaria “in presenza di contabilità formalmente regolare ma intrinsecamente inattendibile per l'antieconomicità del comportamento del contribuente può desumere in via induttiva, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973,art 39 comma 1, lett. d), e del D.P.R. n. 633 del 1972, art 54, commi 2 e 3, sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, incombendo su quest'ultimo l'onere di fornire la prova contraria e dimostrare la correttezza delle proprie dichiarazioni.”.
In conclusione, per quanto esaminato, il Collegio di legittimità, pronunciandosi definitivamente, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate stabilendo che è preciso onere della parte fornire una concreta prova contraria capace di superare le presunzioni utilizzate dal Fisco nella sua attività di accertamento e previste dagli articoli 38 e 39 del Dpr n. 600/1973.
Questo, conclude la Cassazione, anche in ipotesi di perdita incolpevole, come nel caso di furto, della documentazione contabile stessa.
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Avviso di accertamento: illeggittimo se basato su tariffario minimo di una associazione
Con la Sentenza n. 80/2023 della Cgt d'Abruzzo si ritiene illegittimo l’accertamento presuntivo del reddito di un libero professionista basato sugli onorari minimi consigliati da un’associazione professionale.
La vicenda del ricorso riguarda la fatturazione di compensi di un commercialisti risultata inferiore ai minimi tariffari suggeriti dall’associazione nazionale dei commercialisti.
Il professionista si era difeso sostenendo che l’accertamento si basava solo sul numero di clienti e che, in mancanza di elementi presuntivi concordi, era stato assoggettato a tassazione un compenso non incassato.
I giudici di prima istanza accoglievano il ricorso, ritenendo che la pretesa dell'ufficio non si potesse fondare sul mero richiamo alle tariffe consigliate dall’associazione, in quanto le stesse dovevano intendersi quali meri “suggerimenti”.
L’ufficio aveva impugnato la sentenza in appello, sostenendo che l’accertamento analitico-presuntivo si fondava su elementi certi e, in particolare, sulla presunzione secondo cui non era possibile che un soggetto economico prestasse le proprie competenze senza alcun corrispettivo o percependo corrispettivi irrisori.
I giudici di seconda istanza hanno respinto l’appello ricordando che l’utilizzo del metodo analitico dovrebbe fondarsi su elementi di riscontro ben precisi che fanno emergere l'evasione.
Nel caso in esame, il ricorso viene respinto in quanto: "Questo Collegio ritiene che l'appello non possa trovare accoglimento. L'appellante (Agenzia delle entrate) eccepisce che la sentenza di primo grado è censurabile perché: generica e vaga, senza valutare il fondamento analitico induttivo, secondo i clienti e la contabilità; e la presunzione di onerosità delle prestazioni; reiterava la inapplicabilità dell' art 12 comma 7 Legge 212/2000. L'utilizzo del metodo analitico presuntivo si fonda su elementi di riscontro ben precisi che, se ben confortati, portano ad evidenziare una condizione di evasione.
Tuttavia, nel caso in esame, l'appello si fonda su una vaga e generica ricostruzione degli elementi contabili circa le presunte gratuità delle prestazioni.
In proposito il contribuente ha fornito giustificazioni circa gli importi fatturati, non gratuiti, per cui l'attività di controllo fiscale non può appiattirsi al solo generico riferimento agli elementi della mancata parametrazione con le somme consigliate per il compenso delle attività professionali. Le valutazioni degli scostamenti rispetto alle medie di mercato, proprio perché riferibili alle medie statistiche, non costituiscono un elemento idoneo e sufficiente per giustificare l'accertamento analitico induttivo, in quanto l'Ufficio ha l'onere di procedere con le ulteriori attività accertative che possano confortare l'assunto indiziario della presupposta evasione. Pertanto, l'appello va respinto e compensa le spese di giudizio".
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Sospensione termini processuali e versamenti tributari: scatta dal 1 agosto
Anche quest'anno, a partire dal 1° agosto e fino al 31 agosto 2023, scatta la sospensione del decorso dei termini processuali con riferimento al:
- processo civile,
- processo amministrativo,
- processo tributario.
In particolare, dal 1° agosto al 31 agosto 2023 i termini di natura processuale sono sospesi di diritto secondo l’articolo 1 della legge n. 742/1969 e riprendono a decorrere dalla fine del periodo di sospensione.
Oltre a ciò, scatta anche la sospensione degli adempimenti e versamenti riguardanti le scadenze tributarie che prevede un periodo di stop dal 1° al 20 agosto di ogni anno.
Ciò vuol dire che gli adempimenti fiscali e il versamento dei tributi mediante F24, da eseguire nel periodo compreso tra il 1º e il 20 agosto, possono essere effettuati entro il giorno 20 dello stesso mese, senza alcuna maggiorazione.
Attenzione al fatto che, cadendo il 20 agosto di domenica l’ultimo giorno utile diventa il 21 agosto.
Per approfondiere la sospensione dei pagamenti leggi anche: Sospensione termini agosto: quali pagamenti e adempimenti riguarda.
La sospensione feriale riguarda tutti i termini relativi agli adempimenti processuali e nel dettaglio:- è sospeso il termine per la proposizione del ricorso 60 giorni dalla data di notifica dell’atto impugnato. Nel caso in cui il decorso del termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine del periodo. Ad esempio, per un avviso di accertamento notificato il 4 agosto, il termine per presentare ricorso inizia a decorrere il 1° settembre e scade il 30 ottobre.
- sono sospesi, tra gli altri:
- il termine per la costituzione in giudizio del ricorrente 30 giorni dalla proposizione del ricorso,
- il termine per la costituzione in giudizio della parte resistente 60 giorni dalla notifica del ricorso,
- i termini di impugnazione delle sentenze 60 giorni dalla notifica o, in mancanza, 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza
- i termini per il deposito di documenti, di memorie e di brevi repliche rispettivamente 20, 10 e 5 giorni liberi prima della data di trattazione.
Quest'anno tra le sospensioni di termini disposte, per gli eventi alluvionali verificatisi in alcuni territori di Emilia Romagna e Marche, dal decreto “Alluvioni” (Dl n. 61/2023), vi è quella dell'art 3 in materia di giustizia.
I termini processuali, compresi quelli della giustizia tributaria, sono sospesi dal 1° maggio al 31 luglio nei casi in cui una delle parti era residente, domiciliata o aveva sede nei territori indicati nell’allegato 1 al decreto alla data di inizio degli allagamenti.
La sospensione vale anche per il difensore che abbia gli stessi requisiti suddetti, a patto che l’incarico gli sia stato affidato prima della data di inizio delle inondazioni.
Pertanto le udienze fissate tra il 1° maggio e il 31 luglio sono rinviate a data successiva su istanza, presentata in qualunque forma:- dal soggetto che matura il diritto alla sospensione,
- sia la parte o sia il difensore.
Ciò premesso è necessario pertanto evidenziare che la sospensione per alluvione si somma a quella generale su indicata e per questi contribuenti la sospensione continua fino a fine agosto.
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Comunicazioni d’irregolarità: codici tributo per i versamenti parziali
Con Risoluzione n. 9 del 20 febbraio le Entrate istituiscono i codici tributo per il versamento delle somme dovute a seguito delle comunicazioni inviate ai sensi dell’articolo 36-bis del D.P.R. n. 600/1973
In particolare, per consentire il versamento, con le modalità di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, delle somme dovute a seguito delle comunicazioni inviate ai sensi dell’articolo 36-bis del D.P.R. n. 600/1973, si istituiscono i codici tributo indicati nella dettaglia tabella contenuta nella risoluzione n 9 alla cui consultazione si rimanda.
Si specifica che, la risoluzione sottolinea inoltre che, per agevolare i contribuenti ad individuare l’esatta codifica, nella tabella, in corrispondenza dei codici tributo di nuova istituzione (prima colonna), è riportato il codice tributo già istituito (seconda colonna), utilizzato per il versamento spontaneo.
L'agenzia specifica che i suddetti codici di nuova istituzione sono utilizzabili nell’eventualità in cui il contribuente, destinatario della comunicazione inviata ai sensi dell’articolo 36-bis del D.P.R. n. 600/1973, non intenda versare l’importo complessivamente richiesto, riportato nel modello di pagamento F24 precompilato allegato alla comunicazione, ma ne intenda versare solo una quota.
In tal caso, deve essere predisposto un modello F24 nel quale i codici istituiti sono esposti nella sezione “Erario”, esclusivamente in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, riportando anche, nei campi specificamente denominati, il codice atto e l’anno di riferimento (nel formato “AAAA”) reperibili all’interno della stessa comunicazioni.
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Avviso di intimazione: nuovo modello dalle Entrate
Con Provvedimento n 439455 del 29 novembre ma pubblicato dall'Agenzia il giorno 30, si rende disponibile il nuovo modello di avviso di intimazione, ai sensi dell’art. 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.
Le Entrate provvedono a sostituire il riferimento alle Commissioni tributarie contenuto nel modello di avviso di intimazione con l’attuale denominazione di Corti di giustizia tributaria nonché ad adeguare il logo dell’agente della riscossione.
Si ricorda che l’art. 50, comma 2, del DPR 29 settembre 1973, n. 602, stabilisce che l’espropriazione forzata, se non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, deve essere preceduta dalla notifica di un avviso che contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni dalla data della predetta notifica.
L’art. 29, comma 1, lett. e), del DL 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, prevede che la notifica del suddetto avviso venga effettuata anche nel caso di mancato avvio dell’espropriazione forzata entro un anno dalla notifica dell’avviso di accertamento e degli atti successivi emessi dall’Agenzia delle entrate a sensi del citato art. 29, comma 1, lett. a), del DL n. 78 del 2010.
La notifica dell’avviso di intimazione è parimenti prevista dall’art. 9, comma 3 ter, DL 2 marzo 2012, n. 16, convertito con modificazioni dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, con riguardo agli atti emessi dall’Agenzia delle dogane ai sensi del menzionato art. 9, comma 3 bis, DL 2 marzo 2012, n. 16.
L’avviso di intimazione può essere oggetto di impugnazione solo per vizi propri dell’atto innanzi all’autorità giurisdizionale competente per l’atto indicato nell’avviso e di cui si intima l’adempimento.
Si sottolinea che la Legge 31 agosto 2022, n.130, ha riformato l’ordinamento della giustizia tributaria introducendo, tra l’altro, la nuova denominazione delle commissioni tributarie con effetto a decorrere dal 16 settembre 2022.
In particolare, l’art. 1, comma a) della citata legge 130 del 2022 ha modificato l’art. 1 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545 recante l’“Ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria ed organizzazione degli uffici di collaborazione in attuazione della delega al Governo contenuta nell'articolo 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413.”
L’attuale formulazione dell’art. 1 dispone pertanto che “Gli organi di giurisdizione in materia tributaria previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636, sono riordinati in corti di giustizia tributaria di primo grado, aventi sede nel capoluogo di ogni provincia, ed in corti di giustizia tributaria di secondo grado, aventi sede nel capoluogo di ogni regione.”
Con il provvedimento in oggetto è approvato il modello di avviso di intimazione di cui all’allegato 1 che sostituisce il modello di cui all’allegato 1 del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 17 febbraio 2015.
Sulle novità della riforma del processo tributario La riforma del processo tributario 2022: cosa cambia
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Nuove cartelle di pagamento dopo la riforma del processo tributario
La Legge 130/2022, di riforma del contenzioso tributario, ha apportato modifiche all’apparato processuale che si riverberano giocoforza anche su ambiti diversi. Tra questi vi è quello degli atti della riscossione, posto che le cartelle di pagamento includono informazioni anche sugli organismi giudicanti che possono (eventualmente) essere chiamati a decidere sulle liti insorte avverso gli stessi atti.
Per questo motivo, con il provvedimento n. 0387971 del 17 ottobre 2022 l’Agenzia delle Entrate ha reso note le modifiche che si sono rese necessarie per le cartelle in virtù di quanto visto in precedenza.
La prima variazione riguarda la nuova denominazione delle (già) commissioni tributarie. In particolare, considerato che l’art. 4, comma 1, lettera a) della richiamata Legge 130/2022 ha di fatto sostituito ai termini “commissione tributaria provinciale” e “commissione tributaria regionale”, ove ricorrano, le diciture “corte di giustizia tributaria di primo grado” e “corte di giustizia tributaria di secondo grado”, il testo delle Avvertenze relative ai ruoli dell’Agenzia delle Entrate (allegati da 2 a 5) viene parimenti aggiornato nei riferimenti ivi contenuti agli organi di giustizia. In proposito si ricorda che la nuova denominazione di questi ultimi fa parte di quel gruppo di disposizioni che entra in vigore a decorrere dal 16 settembre 2022.
Secondariamente, il foglio Avvertenze ALLEGATO 2 viene integrato con riguardo alla richiesta di riesame per l’annullamento del ruolo, che può essere presentata anche mediante il “Servizio di consegna documenti/istanze”, disponibile nell’area riservata del sito internet istituzionale www.agenziaentrate.gov.it. Nel provvedimento in esame viene riportato che, esclusivamente nel caso in cui il ruolo riguardi somme dovute a seguito di controllo automatizzato, vengono altresì aggiunti i riferimenti per l’assistenza da telefono cellulare e da estero ed il canale telematico CIVIS.
Si tratta, evidentemente, di modifiche di carattere prettamente formale che, anche in caso di errore (ad esempio nel caso venga riportata la precedente denominazione delle commissioni tributarie) non porteranno con massima probabilità a vizi invalidanti dell’atto.