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Impatriati: la Naspi non rientra tra i redditi agevolabili
Con la risposta n. 228 del 2025 l’Agenzia delle Entrate è intervenuta a chiarire il trattamento fiscale delle somme percepite a titolo di NASpI da un contribuente rientrato in Italia dall’estero, che aveva fruito del regime speciale per lavoratori impatriati previsto dall’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.
L’interessato, trasferitosi in Italia nel 2022, aveva svolto attività di lavoro dipendente fino a settembre 2023, beneficiando delle agevolazioni previste. Successivamente, a seguito della cessazione del rapporto di lavoro, ha percepito l’indennità di disoccupazione NASpI da ottobre 2023 ad agosto 2024. Non avendo trovato nuova occupazione, si è poi trasferito nuovamente all’estero.
Il quesito posto all’Amministrazione finanziaria riguardava la possibilità di assoggettare la NASpI percepita nel 2024 al regime agevolativo degli impatriati, considerandola come reddito assimilato a quello di lavoro dipendente, in continuità con l’attività svolta in Italia.
Il parere dell’Agenzia
L’Agenzia ha precisato che il quadro normativo di riferimento distingue chiaramente i redditi agevolabili da quelli esclusi. L’articolo 16 del D.Lgs. n. 147/2015 stabilisce che concorrono alla formazione del reddito complessivo in misura ridotta i redditi di lavoro dipendente, quelli assimilati, i redditi di lavoro autonomo e quelli di impresa prodotti in Italia da soggetti che trasferiscono la residenza fiscale nel territorio dello Stato, a condizione che lo spostamento sia funzionale allo svolgimento di un’attività lavorativa. Sono comprese anche le somme conseguite in sostituzione dei redditi sopra citati, come cassa integrazione o mobilità, secondo quanto già chiarito da precedenti circolari e interpelli.
Tuttavia, la NASpI non rientra in questa tipologia, poiché non deriva dallo svolgimento di un’attività lavorativa, ma presuppone la cessazione del rapporto di lavoro e ha natura di sostegno al reddito.
Tipologia di reddito Agevolabile regime impatriati Redditi di lavoro dipendente Sì Redditi assimilati (cassa integrazione, mobilità, ecc.) Sì Indennità di disoccupazione (NASpI) No Le conclusioni della risposta n. 228/2025
In coerenza con la finalità della disciplina, diretta a incentivare il trasferimento di lavoratori qualificati in Italia attraverso un regime fiscale di favore applicabile solo a redditi effettivamente prodotti nel territorio, l’Agenzia delle Entrate ha escluso che la NASpI possa essere assoggettata all’agevolazione. Le somme percepite a titolo di indennità di disoccupazione devono quindi essere tassate integralmente, senza riduzioni.
La risposta, come sempre resa sulla base degli elementi forniti nell’istanza, conferma il principio per cui l’agevolazione per impatriati si applica esclusivamente ai redditi derivanti da attività lavorativa, non a prestazioni di sostegno al reddito.
Ne consegue che i contribuenti che si trovano nella stessa condizione non potranno indicare la NASpI nella dichiarazione dei redditi con l’abbattimento previsto dal regime speciale, ma dovranno riportarla per l’intero importo certificato dall’ente erogatore.
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Tassazione in Italia anche per premi maturati all’estero: regole ADE
Cosa accade quando un dipendente riceve un premio da una società estera, ma al momento dell’erogazione è fiscalmente residente in Italia?
È questo il dubbio trattato nella Risposta a interpello n. 199/2025, recentemente pubblicato dall’Agenzia delle Entrate, che rettifica la posizione precedentemente assunta nella Rispota n 81/2025. Leggi anche: Bonus dipendenti maturati in diversi Paesi: il trattamento fiscale.
Nel caso dell'interpello n 199/2025 una società tedesca, con stabile organizzazione in Italia, ha sottoposto il caso di un dipendente coinvolto in un Long Term Cash Bonus Plan.
Il lavoratore aveva maturato un premio triennale mentre era impiegato nel Regno Unito, ma ha poi trasferito la residenza fiscale in Italia prima della data di erogazione effettiva del bonus.
Il premio oggetto di interpello rientrava in un piano di incentivazione triennale, con erogazioni successive legate alla permanenza in azienda (vesting period) e il bonus è stato incassato dopo il trasferimento in Italia.
Vediamo i dettagli della risposta ADE.
Tassazione in Italia anche per premi maturati all’estero
L'Agenzia supera e corregge la precedente posizione espressa con l’interpello n. 81/2025 puntando l'attenzione sulla residenza fiscale al momento della percezione del bonus.
In particolare, nella risposta n 81 l’Agenzia aveva dostenuto che, ai fini convenzionali, la residenza andasse verificata con riferimento al momento della maturazione del reddito e non a quello dell’incasso, ora cambia rotta.
Oggi con la risposta n 199 viene chiarito che l'intero importo del bonus è tassabile in Italia se il dipendente è fiscalmente ivi residente, nel momento in cui riceve l’emolumento, anche se parte della prestazione lavorativa è stata svolta all’estero.
L’art. 51 del TUIR prevede infatti il principio di onnicomprensività, secondo cui sono imponibili tutte le somme percepite "in relazione al rapporto di lavoro", a prescindere dal periodo in cui si sono maturate.
La risposta richiama l’art. 15 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Regno Unito: la potestà impositiva spetta sia allo Stato della residenza sia a quello della fonte, ma spetta all’Italia eliminare la doppia imposizione tramite il credito d’imposta.
La stabile organizzazione italiana dovrà effettuare le ritenute su tutti i bonus erogati, anche se maturati in periodi di lavoro svolto all’estero.
Attenzione al fatto che, se le ritenute non sono state applicate in passato in base a quanto indicato nella risposta n. 81/2025, non saranno applicate sanzioni se si provvede ora ai versamenti, grazie alla tutela prevista dallo Statuto del contribuente (art. 10, c. 2, L. 212/2000).
Il chiarimento offre una tutela importante per le aziende: nessuna sanzione o interesse sarà dovuto se il comportamento errato è stato adottato in buona fede seguendo una precedente indicazione dell’Agenzia.
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Conciliazione per residente all’estero: imponibilità secondo l’Agenzia
Con la Risposta n. 98 del 14 aprile 2025, l’Agenzia delle Entrate si è espressa in merito alla qualificazione fiscale delle somme corrisposte a un cittadino italiano, fiscalmente residente in Spagna, a seguito di una conciliazione giudiziale per licenziamento con una società italiana.
Il quesito verteva sulla corretta classificazione di tali importi e sull’individuazione dello Stato legittimato a esercitare la potestà impositiva, in base anche alla Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Spagna.
Somme da conciliazione giudiziale: il caso
Nello specifico il caso riguardava un cittadino italiano, fiscalmente residente in Spagna, che ha ricevuto somme da una società italiana a seguito di una conciliazione giudiziale per un licenziamento giudicato illegittimo .
L'attività lavorativa si era svolta in Spagna e successivamente con distacco all'estero in Russia, Cuba e Azerbaijan). Il versamento delle somme era avvenuto durante la permanenza in Spagna.
Il contribuente chiedeva conferma del fatto che tali somme potessero essere considerate redditi da lavoro dipendente ai sensi degli articoli 49 e 51 del TUIR e, in tal caso, quale fosse lo Stato legittimato a esercitare la potestà impositiva, tenuto conto della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Spagna.
Il contribuente sosteneva che le somme percepite non fossero collegate al periodo lavorativo svolto in Italia e che, in virtù della residenza fiscale spagnola, dovessero essere tassate esclusivamente in Spagna.
Conciliazione post licenziamento: tassazione come reddito da lavoro dipendente
L’Agenzia ha riconosciuto che, in linea con il principio di onnicomprensività del reddito da lavoro dipendente sancito dal TUIR, anche le somme corrisposte in sede di conciliazione giudiziale alla cessazione del rapporto di lavoro devono essere qualificate come redditi da lavoro dipendente.
Tali importi, anche se erogati una tantum, sono soggetti a tassazione separata ai sensi dell’art. 17 del TUIR e rientrano nella previsione dell’art. 23 dello stesso Testo Unico, che stabilisce la tassazione in Italia se il datore di lavoro è residente nel territorio dello Stato.
Inoltre, l’Agenzia ha richiamato la prassi consolidata e la giurisprudenza secondo cui, anche nei casi di conciliazione o transazione, le somme vanno trattate fiscalmente come sostitutive di redditi di lavoro dipendente, salvo diversa e comprovata indicazione.
Convenzioni internazionali e riparto della potestà impositiva
L'Agenzia precisa inoltre che in base all’art. 15 della Convenzione Italia-Spagna, la tassazione dei redditi da lavoro dipendente compete, di norma, allo Stato di residenza del percettore, salvo che l’attività lavorativa sia stata svolta nell’altro Stato contraente.
L’Agenzia ha ritenuto che, ai fini del riparto della potestà impositiva, occorra considerare l’intero periodo lavorativo e i Paesi in cui il contribuente ha effettivamente prestato la propria attività. Pertanto:
- le somme riferibili agli anni in cui il lavoratore ha operato in Italia (e risultava ivi residente) sono imponibili esclusivamente in Italia, così come quelle riferite al periodo trascorso a Cuba, in assenza di una convenzione tra quest’ultima e l’Italia.
Per la restante parte, riferibile agli anni di residenza e lavoro all’estero (in particolare in Spagna), la potestà impositiva spetta alla Spagna. In definitiva, la tassazione deve avvenire in maniera proporzionata sulla base dell’effettivo luogo di prestazione del lavoro nel periodo cui si riferiscono le somme oggetto della conciliazione.
Tassazione somme per cessazione rapporto in contesto transnazionale
Nella Risposta n. 98/2025, l’Agenzia delle Entrate richiama diverse risoluzioni e interpelli precedenti riferiti a casi analoghi, in cui veniva in rilievo la tassazione di somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro in un contesto transnazionale:
- Risoluzione n. 341/E del 1° agosto 2008 – Germania sul trattamento fiscale del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) in base alla Convenzione Italia-Germania. Si afferma che, per l’Italia, il TFR ha natura di retribuzione differita e rientra nell’ambito dell’articolo 15 della Convenzione OCSE (redditi da lavoro dipendente).
- Risoluzione n. 234/E del 10 giugno 2008 – Belgio sulla qualificazione delle somme percepite per l’obbligo di non concorrenza, considerate redditi di lavoro dipendente secondo l’art. 15 della Convenzione Italia-Belgio.
- Risposta a interpello n. 460 del 2020 – Svizzera: sul trattamento fiscale del TFR, degli incentivi all’esodo e dei corrispettivi per l’obbligo di non concorrenza nell’ambito della Convenzione Italia-Svizzera, confermando la natura di reddito da lavoro dipendente ai fini dell’applicazione dell’art. 15.
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Retribuzioni convenzionali per il personale di volo di compagnie straniere
La Commissione tributaria di secondo grado del Piemonte, con la sentenza n. 21 del 2 febbraio 2025 (Pres. Pasi, Rel. Rinaldi), ha ribadito un principio di rilievo in materia di determinazione del reddito di lavoro dipendente per i soggetti fiscalmente residenti in Italia, ma impiegati all’estero da datori di lavoro non residenti.
In particolare, la controversia ha riguardato un pilota di linea impiegato presso una compagnia aerea straniera, che ha contestato un avviso di accertamento basato su un maggior reddito da lavoro dipendente rispetto a quanto dichiarato.
L’Agenzia delle Entrate sosteneva che, in virtù della qualifica del contribuente come "personale di volo", non potesse trovare applicazione il regime di determinazione forfettaria del reddito tramite retribuzioni convenzionali.
La CGT ha accolto le ragioni del contribuente, chiarendo che nessuna norma esclude i piloti dal beneficio di tale regime, a condizione che ricorrano i presupposti temporali richiesti dall’articolo 51, comma 8-bis, del TUIR.
Retribuzioni convenzionali per personale di volo: Il caso
Il contribuente, fiscalmente residente in Italia, prestava attività lavorativa come pilota presso la compagnia aerea olandese KLM.
A seguito di uno scambio informativo con l’Amministrazione fiscale dei Paesi Bassi, l’Agenzia delle Entrate aveva emesso nei suoi confronti un avviso di accertamento, contestando un reddito da lavoro dipendente superiore a quello dichiarato.
Il contribuente proponeva ricorso sostenendo che, avendo trascorso all’estero nel corso del 2015 un periodo superiore a 183 giorni, avrebbe dovuto trovare applicazione il regime di determinazione convenzionale del reddito previsto dall’articolo 51, comma 8-bis, del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR), il quale stabilisce che per i lavoratori dipendenti operanti all’estero in via continuativa e per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di dodici mesi, il reddito è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali individuate con decreto annuale ai sensi del D.L. n. 317/1987.
Il ricorrente forniva documentazione dettagliata – inclusi i piani di volo e la disponibilità di un’abitazione in Olanda – comprovante la permanenza all’estero per il periodo richiesto dalla norma.
La Commissione tributaria provinciale di Novara accoglieva il ricorso in primo grado, statuendo che non esiste alcuna disposizione normativa che escluda in modo espresso i piloti dal beneficio in parola.
Retribuzioni convenzionali per personale di volo: la decisione della CGT Piemonte
In sede di appello, l’Agenzia delle Entrate insisteva sull’inapplicabilità dell’articolo 51, comma 8-bis, del TUIR al caso specifico, richiamando l’articolo 5, comma 5, del D.L. n. 317/1987, che esclude il personale di volo dal beneficio delle retribuzioni convenzionali in ambito previdenziale.
L’Ufficio sosteneva che il regime agevolato fosse riservato esclusivamente a lavoratori che svolgono integralmente la prestazione lavorativa all’estero, e non a personale di volo che per sua natura opera su territori diversi.
La CGT del Piemonte ha tuttavia rigettato l’impugnazione, chiarendo che l’articolo 51, comma 8-bis, del TUIR richiama espressamente le tabelle delle retribuzioni convenzionali contenute nel D.L. n. 317/1987, ma non l’intera disciplina del decreto stesso.
Di conseguenza, l’esclusione prevista dal citato articolo 5, comma 5, rileva esclusivamente in ambito previdenziale e non può essere estesa, in via interpretativa, alla determinazione del reddito imponibile ai fini IRPEF.
Secondo il Collegio, pertanto, in presenza dei requisiti temporali richiesti e di un rapporto di lavoro dipendente con soggetto estero, anche il personale di volo – piloti compresi – ha diritto alla determinazione convenzionale del reddito.
Da notare che la CGT ha anche ritenuto irrilevanti le risposte a interpello invocate dall’Ufficio, sottolineando la loro natura non vincolante per il contribuente e la loro efficacia limitata all’Amministrazione finanziaria.
La sentenza si è conclusa con il rigetto dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate e la conferma dell’annullamento dell’atto impositivo, con compensazione delle spese di giudizio.
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Regime impatriati 2025 anche per il consulente straniero
L'Agenzia delle Entrate, con la Risposta n. 70/2025, ha fornito chiarimenti in merito all'applicazione del nuovo regime fiscale agevolativo per i lavoratori impatriati previsto dall'articolo 5 del decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209. La questione riguarda un cittadino straniero intenzionato a trasferirsi in Italia per la prima volta, per svolgere un'attività di consulenza aziendale come lavoratore autonomo.
Regime impatriati il caso del nuovo residente
L'istante, cittadino estero, ha dichiarato:
- di voler stabilire la propria residenza in Italia a partire da gennaio 2025;
- che intende aprire una partita IVA per esercitare l'attività di consulente aziendale;
- di impegnarsi a risiedere fiscalmente in Italia per almeno sei periodi d'imposta;
- di svolgere la propria attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano;
- di non essere mai stato residente in Italia;
- di possedere i requisiti di elevata qualificazione o specializzazione, come definiti dal decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 108, e dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206.
Il contribuente ha chiesto quindi se potesse beneficiare della detassazione del 50% del reddito prodotto in Italia nel 2025, ai sensi del nuovo regime agevolativo per i lavoratori impatriati.
Regime impatriati 2025 la risposta dell’Agenzia al cittadino straniero
L'Agenzia delle Entrate ha ribadito in primo luogo le principali caratteristiche del regime agevolativo introdotto dal d.lgs. n. 209/2023 si applica ai contribuenti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia dal periodo d'imposta 2024 in poi, ai sensi dell'articolo 2 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR, DPR 917/1986).
- Il comma 1 dell'articolo 5 del d.lgs. n. 209/2023 prevede che:
- i redditi di lavoro dipendente, assimilati a quelli di lavoro dipendente e di lavoro autonomo derivanti dall'esercizio di arti e professioni prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato concorrono alla formazione del reddito complessivo solo per il 50% del loro ammontare;
- tale beneficio si applica entro il limite annuo di 600.000 euro;
- il contribuente deve impegnarsi a risiedere fiscalmente in Italia per un periodo di tempo definito;
- non deve essere stato fiscalmente residente in Italia nei tre periodi d'imposta precedenti al trasferimento;
- l'attività lavorativa deve essere svolta prevalentemente in Italia;
- il lavoratore deve possedere i requisiti di elevata qualificazione o specializzazione definiti dalla norma .
Nel caso in esame, l'Agenzia delle Entrate ha ritenuto che il regime agevolativo sia applicabile all'istante, poiché soddisfa tutti i requisiti richiesti.
In particolare, ha sottolineato che la normativa non subordina l'applicazione del beneficio alla condizione che il contribuente sia stato residente in Italia prima del trasferimento all'estero.
Pertanto, il cittadino straniero che trasferisce la residenza fiscale in Italia nel 2025 e che possiede i requisiti previsti dalla normativa potrà beneficiare della detassazione del 50% del reddito prodotto in Italia, indipendentemente dal fatto che non sia mai stato residente nel Paese in precedenza.
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Regime ricercatori: il reddito rilevante per essere fiscalmente a carico
La Risposta n. 67/2025 dell'Agenzia delle Entrate, affronta un quesito relativo agli incentivi fiscali per il rientro in Italia di ricercatori che hanno svolto attività all'estero.
La questione riguarda specificamente la possibilità per un ricercatore, che ha beneficiato del regime fiscale agevolato previsto dall'articolo 44 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, di essere considerato fiscalmente a carico del coniuge.
Si ricorda che questo regime fiscale prevede l'esclusione dalla formazione del reddito imponibile del 90% degli emolumenti percepiti dai docenti e ricercatori che, dopo aver svolto attività di ricerca o docenza all'estero per almeno due anni, rientrano in Italia e acquisiscono la residenza fiscale nel territorio dello Stato.
Regime agevolato ricercatori il caso
Nell'interpello l'Istante, una ricercatrice rientrata in Italia nel 2022, ha chiesto chiarimenti sull'applicabilità delle detrazioni fiscali per coniuge a carico, ai sensi dell'articolo 12 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
La ricercatrice ha precisato che il suo reddito soggetto a tassazione è inferiore a 2.840,51 euro, e ha chiesto se tale reddito possa essere considerato ai fini della detrazione per coniuge a carico, nonostante la quota esente prevista dal regime agevolato.
La questione è particolarmente complessa perché riguarda l'interpretazione delle norme fiscali relative al calcolo del reddito complessivo ai fini delle detrazioni per familiari a carico da coordinare con l'agevolazione cd "rientro dei cervelli".
Regime agevolato ricercatori : la risposta dell’Ade
L'Agenzia delle Entrate, nel rispondere al quesito, ha chiarito che il reddito escluso dall'IRPEF in applicazione dell'articolo 44 del decreto-legge n. 78/2010 non deve essere computato ai fini della determinazione del limite di reddito per essere considerati a carico di un familiare, ai sensi dell'articolo 12 del TUIR.
Questo perché la norma non prevede espressamente che la quota esente debba essere aggiunta al reddito complessivo per la verifica del limite reddituale.
Pertanto, la quota di reddito esente non rileva ai fini della determinazione del reddito complessivo del familiare.
L'Agenzia ha dunque confermato che, nel caso specifico, qualora il reddito complessivo dell'Istante, determinato al netto della quota esente, non superi i 2.840,51 euro, la ricercatrice potrà essere considerata fiscalmente a carico del coniuge, con conseguente riconoscimento delle detrazioni fiscali previste.
Come di consueto l'Agenzia precisa che il parere è stato reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati dall'Istante, assumendo la veridicità e la concreta attuazione delle informazioni fornite.
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Impatriati: niente piu vincolo tra rientro e attività lavorativa
Con la risposta a interpello 66 del 6 marzo 2025 l'Agenzia chiarisce un importante aspetto del nuovo regime agevolativo per lavoratori impatriati, introdotto dall'articolo 5 del decreto legislativo n. 209 del 2023.
In particolare specifica che si può beneficiare del regime agevolato anche in assenza di nesso funzionale tra rientro e inizio attività di lavoro a partire dal momento in cui maturano i requisiti richiesti, anche successivamente al rientro.
Ecco i dettagli del caso e i chiarimenti dell'AdE.
Nuovo regime impatriati: Il caso
Un soggetto ha presentato un interpello all'Agenzia delle Entrate per verificare la possibilità di accedere al nuovo regime agevolativo per lavoratori impatriati, introdotto dall'articolo 5 del decreto legislativo n. 209 del 2023.
Il contribuente, residente all'estero da diversi anni e regolarmente iscritto all'AIRE, specificava di aver maturato esperienza lavorativa in un paese straniero e di aver conseguito titoli di studio in management e finanza, sia in Italia che all'estero.
Con un'offerta di lavoro per un impiego a tempo indeterminato in Italia a partire da aprile 2025, ha chiesto chiarimenti circa l'applicabilità del regime agevolato per i redditi generati da questa nuova occupazione, considerando anche il fatto che nei primi tre mesi del 2025 lavorerà ancora in smart working o come frontaliere per il suo attuale datore di lavoro estero.
Nuovo regime impatriati: nesso causale e decorrenza agevolazione
L'Agenzia delle Entrate ha ricordato in primo luogo i nuovi requisiti per accedere al regime agevolato, evidenziando che il soggetto deve trasferire la residenza fiscale in Italia e possedere un titolo di elevata qualificazione o specializzazione, come definito dalla normativa vigente. Inoltre, è richiesto un periodo minimo di permanenza all'estero di tre anni, che si estende a sei o sette anni qualora l'attività lavorativa in Italia venga svolta per lo stesso datore di lavoro o per una società dello stesso gruppo di quello presso cui si era impiegati all'estero.
Nel caso specifico, il contribuente soddisfa i requisiti di permanenza all'estero, ma i redditi derivanti dall'attività svolta nei primi tre mesi del 2025 non potranno beneficiare dell'agevolazione, poiché in tale periodo continuerà a lavorare per il datore di lavoro estero.
Tuttavia, a partire da aprile 2025, una volta assunto da un nuovo datore di lavoro italiano, il reddito generato potrà essere soggetto al regime agevolato.
L'Agenzia ha quindi chiaramente precisato che non è più necessario dimostrare un collegamento funzionale tra il trasferimento della residenza fiscale e l'inizio dell'attività lavorativa in Italia.
Di conseguenza, il contribuente potrà beneficiare del regime agevolato a partire dal momento in cui maturano i requisiti richiesti, anche successivamente al rientro.
Infine, è stato chiarito che, per il riconoscimento del regime agevolativo, la valutazione dei titoli di elevata qualificazione o specializzazione non può essere oggetto di interpello, ma spetta all'amministrazione finanziaria verificarne la sussistenza in sede di eventuale accertamento fiscale.
La risposta dell'Agenzia, quindi, conferma che il soggetto potrà beneficiare dell'agevolazione a partire dal nuovo impiego in Italia, rispettando le condizioni stabilite dalla normativa vigente.