• Lavoro estero

    Conciliazione per residente all’estero: imponibilità secondo l’Agenzia

    Con la Risposta n. 98 del 14 aprile 2025, l’Agenzia delle Entrate si è espressa in merito alla qualificazione fiscale delle somme corrisposte a un cittadino italiano, fiscalmente residente in Spagna, a seguito di una conciliazione giudiziale per licenziamento con una società italiana.

     Il quesito verteva sulla corretta classificazione di tali importi  e sull’individuazione dello Stato legittimato a esercitare la potestà impositiva, in base anche alla Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Spagna.

    Somme da conciliazione giudiziale: il caso

    Nello specifico il caso riguardava un cittadino italiano, fiscalmente residente in Spagna, che ha ricevuto somme da una società italiana a seguito di una conciliazione giudiziale per un licenziamento giudicato illegittimo . 

    L'attività lavorativa si era svolta in Spagna e  successivamente  con distacco  all'estero  in Russia,  Cuba e  Azerbaijan). Il versamento delle somme era avvenuto durante la permanenza in Spagna.

    Il contribuente chiedeva conferma del fatto che tali somme potessero essere considerate redditi da lavoro dipendente ai sensi degli articoli 49 e 51 del TUIR e, in tal caso, quale fosse lo Stato legittimato a esercitare la potestà impositiva, tenuto conto della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Spagna.

     Il contribuente sosteneva che le somme percepite non fossero collegate al periodo lavorativo svolto in Italia e che, in virtù della residenza fiscale spagnola, dovessero essere tassate esclusivamente in Spagna.

    Conciliazione post licenziamento: tassazione come reddito da lavoro dipendente

    L’Agenzia ha riconosciuto che, in linea con il principio di onnicomprensività del reddito da lavoro dipendente sancito dal TUIR, anche le somme corrisposte in sede di conciliazione giudiziale alla cessazione del rapporto di lavoro devono essere qualificate come redditi da lavoro dipendente. 

    Tali importi, anche se erogati una tantum, sono soggetti a tassazione separata ai sensi dell’art. 17 del TUIR e rientrano nella previsione dell’art. 23 dello stesso Testo Unico, che stabilisce la tassazione in Italia se il datore di lavoro è residente nel territorio dello Stato.

     Inoltre, l’Agenzia ha richiamato la prassi consolidata e la giurisprudenza secondo cui, anche nei casi di conciliazione o transazione, le somme vanno trattate fiscalmente come sostitutive di redditi di lavoro dipendente, salvo diversa e comprovata indicazione.

    Convenzioni internazionali e riparto della potestà impositiva

    L'Agenzia precisa inoltre che in base all’art. 15 della Convenzione Italia-Spagna, la tassazione dei redditi da lavoro dipendente compete, di norma, allo Stato di residenza del percettore, salvo che l’attività lavorativa sia stata svolta nell’altro Stato contraente. 

    L’Agenzia ha ritenuto che, ai fini del riparto della potestà impositiva, occorra considerare l’intero periodo lavorativo e i Paesi in cui il contribuente ha effettivamente prestato la propria attività. Pertanto:

    • le somme riferibili agli anni in cui il lavoratore ha operato in Italia (e risultava ivi residente) sono imponibili esclusivamente in Italia, così come quelle riferite al periodo trascorso a Cuba, in assenza di una convenzione tra quest’ultima e l’Italia.

    Per la restante parte, riferibile agli anni di residenza e lavoro all’estero (in particolare in Spagna), la potestà impositiva spetta alla Spagna. In definitiva, la tassazione deve avvenire in maniera proporzionata sulla base dell’effettivo luogo di prestazione del lavoro nel periodo cui si riferiscono le somme oggetto della conciliazione.

    Tassazione somme per cessazione rapporto in contesto transnazionale

    Nella Risposta n. 98/2025, l’Agenzia delle Entrate richiama diverse risoluzioni e interpelli precedenti riferiti a casi analoghi, in cui veniva in rilievo la tassazione di somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro in un contesto transnazionale:

    • Risoluzione n. 341/E del 1° agosto 2008 – Germania sul trattamento fiscale del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) in base alla Convenzione Italia-Germania. Si afferma che, per l’Italia, il TFR ha natura di retribuzione differita e rientra nell’ambito dell’articolo 15 della Convenzione OCSE (redditi da lavoro dipendente).
    • Risoluzione n. 234/E del 10 giugno 2008 – Belgio sulla  qualificazione delle somme percepite per l’obbligo di non concorrenza, considerate redditi di lavoro dipendente secondo l’art. 15 della Convenzione Italia-Belgio.
    • Risposta a interpello n. 460 del 2020 – Svizzera: sul  trattamento fiscale del TFR, degli incentivi all’esodo e dei corrispettivi per l’obbligo di non concorrenza nell’ambito della Convenzione Italia-Svizzera, confermando la natura di reddito da lavoro dipendente ai fini dell’applicazione dell’art. 15.

  • Lavoro estero

    Retribuzioni convenzionali per il personale di volo di compagnie straniere

    La Commissione tributaria di secondo grado del Piemonte, con la sentenza n. 21 del 2 febbraio 2025 (Pres. Pasi, Rel. Rinaldi), ha ribadito un principio di rilievo in materia di determinazione del reddito di lavoro dipendente per i soggetti fiscalmente residenti in Italia, ma impiegati all’estero da datori di lavoro non residenti.

    In particolare, la controversia ha riguardato un pilota di linea impiegato presso una compagnia aerea straniera, che ha contestato un avviso di accertamento basato su un maggior reddito da lavoro dipendente rispetto a quanto dichiarato. 

    L’Agenzia delle Entrate sosteneva che, in virtù della qualifica del contribuente come "personale di volo", non potesse trovare applicazione il regime di determinazione forfettaria del reddito tramite retribuzioni convenzionali. 

    La CGT ha  accolto le ragioni del contribuente, chiarendo che nessuna norma esclude i piloti dal beneficio di tale regime, a condizione che ricorrano i presupposti temporali richiesti dall’articolo 51, comma 8-bis, del TUIR.

    Retribuzioni convenzionali per personale di volo: Il caso

    Il contribuente, fiscalmente residente in Italia, prestava attività lavorativa come pilota presso la compagnia aerea olandese KLM.

     A seguito di uno scambio informativo con l’Amministrazione fiscale dei Paesi Bassi, l’Agenzia delle Entrate aveva emesso nei suoi confronti un avviso di accertamento, contestando un reddito da lavoro dipendente superiore a quello dichiarato.

    Il contribuente proponeva ricorso sostenendo che, avendo trascorso all’estero nel corso del 2015 un periodo superiore a 183 giorni, avrebbe dovuto trovare applicazione il regime di determinazione convenzionale del reddito previsto dall’articolo 51, comma 8-bis, del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR), il quale stabilisce che per i lavoratori dipendenti operanti all’estero in via continuativa e per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di dodici mesi, il reddito è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali individuate con decreto annuale ai sensi del D.L. n. 317/1987.

    Il ricorrente forniva documentazione dettagliata – inclusi i piani di volo e la disponibilità di un’abitazione in Olanda – comprovante la permanenza all’estero per il periodo richiesto dalla norma.

    La Commissione tributaria provinciale di Novara accoglieva il ricorso in primo grado, statuendo che non esiste alcuna disposizione normativa che escluda in modo espresso i piloti dal beneficio in parola.

    Retribuzioni convenzionali per personale di volo: la decisione della CGT Piemonte

    In sede di appello, l’Agenzia delle Entrate insisteva sull’inapplicabilità dell’articolo 51, comma 8-bis, del TUIR al caso specifico, richiamando l’articolo 5, comma 5, del D.L. n. 317/1987, che esclude il personale di volo dal beneficio delle retribuzioni convenzionali in ambito previdenziale. 

    L’Ufficio sosteneva che il regime agevolato fosse riservato esclusivamente a lavoratori che svolgono integralmente la prestazione lavorativa all’estero, e non a personale di volo che per sua natura opera su territori diversi.

    La CGT del Piemonte ha tuttavia rigettato l’impugnazione, chiarendo che l’articolo 51, comma 8-bis, del TUIR richiama espressamente le tabelle delle retribuzioni convenzionali contenute nel D.L. n. 317/1987, ma non l’intera disciplina del decreto stesso. 

    Di conseguenza, l’esclusione prevista dal citato articolo 5, comma 5, rileva esclusivamente in ambito previdenziale e non può essere estesa, in via interpretativa, alla determinazione del reddito imponibile ai fini IRPEF.

    Secondo il Collegio, pertanto, in presenza dei requisiti temporali richiesti e di un rapporto di lavoro dipendente con soggetto estero, anche il personale di volo – piloti compresi – ha diritto alla determinazione convenzionale del reddito. 

    Da notare che la CGT ha  anche  ritenuto irrilevanti le risposte a interpello invocate dall’Ufficio, sottolineando la loro natura non vincolante per il contribuente e la loro efficacia limitata all’Amministrazione finanziaria.

    La sentenza si è conclusa con il rigetto dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate e la conferma dell’annullamento dell’atto impositivo, con compensazione delle spese di giudizio.

  • Lavoro estero

    Bonus dipendenti maturati in diversi Paesi: il trattamento fiscale

    Nella Risposta  a Interpello n. 81/2025 l'Agenzia delle Entrate affronta un caso complesso di tassazione internazionale relativo ai bonus corrisposti ai dipendenti di una società multinazionale. La questione riguarda la corretta tassazione dei bonus percepiti da un dipendente che ha lavorato in diversi Paesi durante il periodo di maturazione (Vesting Period) di tali bonus. 

    La società istante, una società di diritto tedesco con stabile organizzazione in Italia, ha richiesto chiarimenti sull'applicazione delle norme fiscali italiane e internazionali per evitare la doppia imposizione.

    Il caso e la natura del bonus al dipendente

    Il dipendente in questione ha lavorato nel Regno Unito fino a dicembre 2023, per poi trasferirsi in Italia e iniziare un nuovo rapporto di lavoro presso la stabile organizzazione italiana della società. I bonus in questione sono stati maturati durante il periodo di lavoro nel Regno Unito e, successivamente, in Italia. L

    a società ha chiesto chiarimenti sulla tassazione di questi bonus, tenendo conto delle normative italiane e delle convenzioni internazionali per evitare la doppia imposizione. In particolare, la società ha rappresentato che il bonus maturato nel 2024 è stato tassato sia nel Regno Unito che in Italia, sollevando la questione della doppia imposizione e della possibilità di recuperare le imposte pagate all'estero attraverso il credito d'imposta.

    Giova specificare che nell'interpello la società affermava che lo scopo dei bonus  è quello di "motivare ed incentivare la performance dei propri dipendenti durante il periodo di Vesting e, pertanto, l'assegnazione del Bonus è esclusivamente subordinata al mantenimento, fino al termine del ''Vesting Period'', del rapporto lavorativo con una società del gruppo, salvo specifiche eccezioni dettagliate nel regolamento del piano di incentivazione.

    Tra i beneficiari del piano di incentivazione vi sono dipendenti interessati dalla  mobilità internazionale i quali, nel corso del periodo di maturazione, hanno prestato/ prestano attività di lavoro dipendente in Stati diversi."

    Tassazione bonus dipendente multinazionale: la Risposta

    L'Agenzia delle Entrate chiarisce nella Risposta che la tassazione dei bonus deve essere determinata in base al luogo in cui l'attività lavorativa è stata svolta durante il periodo di maturazione. 

    Secondo la Convenzione OCSE e la normativa italiana, i redditi di lavoro dipendente sono tassati nello Stato in cui l'attività lavorativa è stata effettivamente svolta, indipendentemente dalla residenza fiscale del dipendente al momento della percezione del reddito

    Pertanto, i bonus maturati durante il periodo di lavoro nel Regno Unito devono essere tassati esclusivamente nel Regno Unito, mentre i bonus maturati durante il periodo di lavoro in Italia devono essere tassati in Italia. 

    L'Agenzia ha anche specificato che, nel caso in cui siano state applicate ritenute indebite in Italia su redditi maturati all'estero, il dipendente ha diritto a richiedere il rimborso delle imposte pagate in eccesso. Inoltre, la stabile organizzazione italiana è tenuta ad assolvere agli obblighi di sostituzione d'imposta solo per le somme maturate a partire dalla data di inizio dell'attività lavorativa in Italia.

  • Lavoro estero

    Regime impatriati 2025 anche per il consulente straniero

    L'Agenzia delle Entrate, con la Risposta n. 70/2025, ha fornito chiarimenti in merito all'applicazione del nuovo regime  fiscale agevolativo per i lavoratori impatriati previsto dall'articolo 5 del decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209. La questione riguarda un cittadino straniero intenzionato a trasferirsi in Italia per  la prima volta, per svolgere un'attività di consulenza aziendale come lavoratore autonomo.

    Regime impatriati il caso del nuovo residente

    L'istante, cittadino estero, ha dichiarato:

    • di voler stabilire la propria residenza in Italia a partire da gennaio 2025;
    • che intende  aprire una partita IVA per esercitare l'attività di consulente aziendale;
    • di impegnarsi a risiedere fiscalmente in Italia per almeno sei periodi d'imposta;
    • di svolgere la propria attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano;
    • di non essere mai stato residente in Italia;
    • di possedere i requisiti di elevata qualificazione o specializzazione, come definiti dal decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 108, e dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206.

    Il contribuente ha chiesto  quindi se potesse beneficiare della detassazione del 50% del reddito prodotto in Italia nel 2025, ai sensi del nuovo regime agevolativo per i lavoratori impatriati.

    Regime impatriati 2025 la risposta dell’Agenzia al cittadino straniero

    L'Agenzia delle Entrate ha ribadito in primo luogo le principali caratteristiche del regime agevolativo introdotto dal d.lgs. n. 209/2023 si applica ai contribuenti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia dal periodo d'imposta 2024 in poi, ai sensi dell'articolo 2 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR, DPR 917/1986).

    • Il comma 1 dell'articolo 5 del d.lgs. n. 209/2023 prevede che:
    • i redditi di lavoro dipendente, assimilati a quelli di lavoro dipendente e di lavoro autonomo derivanti dall'esercizio di arti e professioni prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato concorrono alla formazione del reddito complessivo solo per il 50% del loro ammontare;
    • tale beneficio si applica entro il limite annuo di 600.000 euro;
    • il contribuente deve impegnarsi a risiedere fiscalmente in Italia per un periodo di tempo definito;
    • non deve essere stato fiscalmente residente in Italia nei tre periodi d'imposta precedenti al trasferimento;
    • l'attività lavorativa deve essere svolta prevalentemente in Italia;
    • il lavoratore deve possedere i requisiti di elevata qualificazione o specializzazione definiti dalla norma .

    Nel caso in esame, l'Agenzia delle Entrate ha ritenuto che il regime agevolativo sia applicabile all'istante, poiché soddisfa tutti i requisiti richiesti. 

    In particolare, ha sottolineato che la normativa non subordina l'applicazione del beneficio alla condizione che il contribuente sia stato residente in Italia prima del trasferimento all'estero.

    Pertanto, il cittadino straniero che trasferisce la residenza fiscale in Italia nel 2025 e che possiede i requisiti previsti dalla normativa potrà beneficiare della detassazione del 50% del reddito prodotto in Italia, indipendentemente dal fatto che non sia mai stato residente nel Paese in precedenza.

  • Lavoro estero

    Regime ricercatori: il reddito rilevante per essere fiscalmente a carico

    La Risposta n. 67/2025 dell'Agenzia delle Entrate, affronta un quesito relativo   agli incentivi fiscali per il rientro in Italia di ricercatori che hanno svolto attività all'estero. 

    La questione riguarda specificamente la possibilità per un ricercatore, che ha beneficiato del regime fiscale agevolato previsto dall'articolo 44 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, di essere considerato fiscalmente a carico del coniuge.

    Si ricorda che questo regime fiscale prevede l'esclusione dalla formazione del reddito imponibile del 90% degli emolumenti percepiti dai docenti e ricercatori che, dopo aver svolto attività di ricerca o docenza all'estero per almeno due anni, rientrano in Italia e acquisiscono la residenza fiscale nel territorio dello Stato.

    Regime agevolato ricercatori il caso

    Nell'interpello l'Istante, una ricercatrice rientrata in Italia nel 2022, ha chiesto chiarimenti sull'applicabilità delle detrazioni fiscali per coniuge a carico, ai sensi dell'articolo 12 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

     La ricercatrice ha precisato che il suo reddito soggetto a tassazione è inferiore a 2.840,51 euro, e ha chiesto se tale reddito possa essere considerato ai fini della detrazione per coniuge a carico, nonostante la quota esente prevista dal regime agevolato. 

    La questione è particolarmente  complessa perché riguarda l'interpretazione delle norme fiscali relative al calcolo del reddito complessivo ai fini delle detrazioni per familiari a carico da coordinare con l'agevolazione cd "rientro dei cervelli".

    Regime agevolato ricercatori : la risposta dell’Ade

    L'Agenzia delle Entrate, nel rispondere al quesito, ha chiarito che il reddito escluso dall'IRPEF in applicazione dell'articolo 44 del decreto-legge n. 78/2010 non deve essere computato ai fini della determinazione del limite di reddito per essere considerati a carico di un familiare, ai sensi dell'articolo 12 del TUIR. 

    Questo perché la norma non prevede espressamente che la quota esente debba essere aggiunta al reddito complessivo per la verifica del limite reddituale. 

    Pertanto, la quota di reddito esente non rileva ai fini della determinazione del reddito complessivo del familiare. 

    L'Agenzia ha dunque  confermato che, nel caso specifico, qualora il reddito complessivo dell'Istante, determinato al netto della quota esente, non superi i 2.840,51 euro, la ricercatrice potrà essere considerata fiscalmente a carico del coniuge, con conseguente riconoscimento delle detrazioni fiscali previste. 

    Come di consueto l'Agenzia  precisa che il  parere è stato reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati dall'Istante, assumendo la veridicità e la concreta attuazione delle informazioni fornite.

  • Lavoro estero

    Impatriati 2025: quali sono i requisiti di elevata specializzazione?

    Nella risposta 55 del 28.2.2025 l'Agenzia delle Entrate chiarisce  come si possano definire i requisiti di elevata specializzazione o qualificazione previsti dal nuovo regime impatriati  introdotto dall’articolo 5 del d.lgs. 27 dicembre 2023, n. 209.

    Il caso  riguarda  un lavoratore marittimo  che    non possiede il titolo di istruzione superiore previsto dalla norma ma ritiene di poter  accedere all’agevolazione sulla base dell’inquadramento professionale piuttosto che del titolo di studio. Egli è infatti diplomato presso un istituto nautico nel 2008,  impiegato all’estero dal 2019 al 2024,  e ha conseguito la  Licenza per Comandante su navi di stazza lorda pari o superiore a 3000 GT e certificazioni specialistiche richieste dall’ISPS Code,(International Ship and Port Facilities Security Code). 

    Nello specifico si chiedeva conferma del fatto che:

    •  il requisito del possesso del titolo di istruzione superiore che attesti il completamento di un percorso di istruzione superiore di durata almeno triennale e
    • la qualifica professionale [… ] 

    debbano intendersi come condizioni congiuntive e di conseguenza da rispettare entrambe  oppure se il solo svolgimento di una mansione con qualifica superiore come rientrante nei livelli 1, 2 e 3 della classificazione ISTAT delle  professioni CP 2011 sia condizione sufficiente per la fruizione del beneficio in oggetto.»

    Requisiti elevata specializzazione o qualificazione per impatriati dal 2024

    L’Agenzia delle Entrate ha richiamato la normativa di riferimento, che stabilisce che i lavoratori impatriati possono beneficiare della riduzione al 50% del reddito imponibile se soddisfano specifici requisiti, tra cui il possesso di un’elevata qualificazione o specializzazione. 

    Tali requisiti sono definiti dal decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 108 e dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, che regolano il riconoscimento delle qualifiche professionali e delle professioni regolamentate. In particolare, il decreto legislativo n. 108/2012 prevede che un lavoratore sia considerato altamente qualificato se possiede:

    1.   un titolo di istruzione superiore almeno triennale, 
    2. una qualificazione professionale post-secondaria di durata simile, o 
    3. una qualifica professionale superiore attestata da almeno cinque anni di esperienza nel settore specifico. 

    L’Agenzia ha sottolineato che la verifica del possesso di tali requisiti ,  o della parificazione di altre qualifiche, è una valutazione tecnica che esula dalle sue competenze, spettando ad altre amministrazioni o enti di certificazione professionale.

    Pertanto, l’Agenzia delle Entrate ha dichiarato l’inammissibilità dell’istanza di interpello, in quanto il quesito posto dall’Istante non riguarda un’interpretazione di norme fiscali ma richiede un accertamento di tipo tecnico sulla validità delle qualifiche professionali.

     In definitiva,   si conclude che l’onere di provare la sussistenza dei requisiti richiesti non ricade sull’Agenzia delle Entrate ma sul contribuente, che dovrà ottenere il riconoscimento della propria qualifica da parte degli enti competenti prima di poter beneficiare dell’agevolazione fiscale.

  • Lavoro estero

    Accordo sicurezza sociale Italia Giappone 2024: istruzioni aggiornate

    Completate dall'INPS le istruzioni per l'applicazione della Legge 18 giugno 2015 n. 97  di  esecuzione all'Accordo tra la Repubblica italiana e il Giappone sulla sicurezza sociale, fatto a Roma il 6 febbraio 2009 ed entrato in vigore  il 1 aprile 2024. 

    Si tratta in particolare della possibilità per i lavoratori italiani e giapponesi distaccati di evitare l'onere della doppia contribuzione per un periodo massimo di 5 anni .

    Con la circolare 52 del 27 marzo  2024 INPS è intervenuto con le prime istruzioni operative; mentre con  il messaggio 2199 dell'11 giugno  sono state fornite le indicazioni relative alla gestione dei flussi Uniemens , rettificate come detto il 2 luglio 2024 con il messaggio 2461 

    Le istruzioni  per la  presentazione  delle domande sono state pubblicate nel messaggio 3351 del 9 ottobre 2024 (Vedi i dettagli all'ultimo paragrafo)

    Ricordiamo  i principali aspetti dell'accordo sulla base della relazione illustrativa del Governo.

    Accordo sicurezza sociale Italia Giappone: cos'è

    L’Accordo italo-nipponico in materia di sicurezza sociale, intende regolare i rapporti tra i due Paesi, membri del G8/G20, per quanto attiene a taluni aspetti previdenziali relativi alla legislazione applicabile.

    L'elemento centrale è la tutela dei lavoratori al seguito delle imprese di un Paese distaccati nel territorio dell’altro e la trasferibilità delle prestazioni previdenziali.

    All'epoca della firma l'Italia era  l’unico Paese del G8 con il quale il Governo nipponico non avesse  un vigente accordo di sicurezza sociale.

    Viene precisato che l’Accordo resta in vigore per un periodo di tempo indeterminato. Tuttavia, ciascuno Stato contraente può notificare all'altro Stato contraente, attraverso i canali diplomatici, la cessazione dell'Accordo.

    Gli articoli dell'accordo Italia-Giappone Legge 97 2015

    • Articolo 1:  stabilisce le definizioni adottate dai due Paesi in applicazione dell’Accordo. In particolare viene definito il concetto di cittadino, di legislazione (indicante la normativa primaria e secondaria applicabile), di autorità competente e istituzione competente (l’entità governativa e l’istituzione previdenziale incaricata di applicare l’accordo) nonché il   termine di prestazione (il quale definisce sia le prestazioni pensionistiche sia qualsiasi altra prestazione in danaro).
    • Articolo 2: Individua il campo di applicazione rationae materiae, stabilendo le gestioni assicurative a cui si applicherà il presente Accordo. Per assicurare una maggiore certezza giuridica esso prevede altresì l’indicazione delle gestioni assicurative escluse, citando infine gli articoli che non riguarderanno tali gestioni. 
    • Articolo 3: Definisce il campo di applicazione personale individuando il titolare del diritto e i familiari generalmente titolari di diritti derivati.
    • Articolo 4: Garantisce ai cittadini dei due Paesi ai quali verrà applicato l’Accordo l’eguaglianza di trattamento
    • Articolo 5: Assicura la trasferibilità delle prestazioni . Sono previste però alcune deroghe legate ad alcune prestazioni di prepensionamento per la legislazione giapponese che prevede la presenza sul territorio nazionale.
    • Articolo 6:  Stabilisce il principio della lex loci laboris che risulta necessario per stabilire – negli articoli successivi – le deroghe a tali principio
    • Articolo 7:   Si tratta dell’articolo più rilevante dell’Accordo, in quanto esso regola il regime del distacco.In primo luogo viene stabilito il legame organico tra il lavoratore e l’impresa distaccante. Il comma successivo stabilisce in cinque anni la durata massima del periodo di distacco, prorogabile per altri cinque anni previo accordo delle Autorità dei due Paesi. Viene regolata altresì l’interruzione del distacco nel caso in cui il lavoratore si rechi in un Paese terzo e viene contemplata, infine, la possibilità di applicare tale istituto anche al lavoratore autonomo che esercita la sua attività nell’altro Stato.
    • Articolo 8: Determina la legislazione applicabile nel caso di lavoratori impiegati in navi battenti bandiera dei due Paesi. Per essi è previsto il mantenimento del regime di sicurezza sociale del Paese di appartenenza della nave.
    • Articolo 9: L’Accordo non pregiudica le disposizioni di cui alla Convenzione di Vienna sulle Relazioni Diplomatiche del 18 aprile 1961 e la Convenzione di Vienna sulle Relazioni Consolari del 24 aprile 1963. Inoltre viene stabilito il mantenimento del regime previdenziale del Paese di provenienza anche per altri funzionari pubblici diversi dai diplomatici.
    • Articolo10: L’articolo consente di derogare alla determinazione della legislazione applicabile contenuta nei precedenti articoli. Per applicare tale articolo è necessario il consenso del lavoratore interessato e di entrambe le Autorità competenti.
    • Articolo 11: L’articolo estende la copertura assicurativa del Paese di provenienza anche ai membri della famiglia del lavoratore italiano distaccato. Nel caso in cui i membri della famiglia siano di cittadinanza giapponese verrà loro applicata la legislazione di tale Stato.
    • Articolo12 :L’articolo precisa ulteriormente le gestioni escluse in ragione della natura degli altri regimi contemplati.
    • Articolo 13: Specificazione applicazione articolo 2.
    • Articolo 14: L’articolo concerne l’individuazione delle Autorità e delle Istituzioni competenti ad applicare l’Accordo e regola altresì le modalità della collaborazione amministrativa.
    • Articolo 15: L’articolo stabilisce che qualsiasi forma di esenzione da imposte per la presentazione di documenti, prevista dalla legislazione nazionale, valga anche per la documentazione prodotta in applicazione dell’Accordo. Per i documenti presentati ai fini dell’Accordo non è richiesta legalizzazione né altra simile formalità.
    • Articolo 16: Viene stabilito, nella lingua italiana e giapponese, il regime linguistico con il quale le due Autorità o Istituzioni comunicheranno l’una con l’altra.
    • Articolo 17: L’articolo prevede la possibilità di un generico scambio di informazioni sulla legislazione dei due Paesi e l’obbligo di comunicare qualsiasi modifica legislativa inerente al campo di applicazione dell’Accordo.
    • Articolo 18: L’articolo prevede la possibilità, da parte delle istituzioni competenti, di trasferire le domande di prestazioni fatte in uno Stato diverso da quello competente. In questo caso le istituzioni trasferiranno d’ufficio la domanda all’istituzione competente dell’altro Paese.
    • Articolo 19: Il pagamento delle prestazioni può effettuarsi nella valuta dei due Paesi.
    • Articolo 20: Ogni disaccordo sull’interpretazione e l’applicazione dell’accordo sarà risolto previa consultazione.
    • Articolo 21: L’articolo precisa alcune disposizioni previste dalla legislazione giapponese sulla presa in conto di periodi complementari.
    • Articolo22: Decorrenza della data del distacco nel caso in cui quest’ultimo sia iniziato prima della entrata in vigore dell’Accordo.
    • Articolo23: Entrata in vigore dell’Accordo.
    • Articolo24:   Durata e denuncia dell’Accordo

    I sistemi pensionistici interessati dall'Accordo 

    Per quanto concerne la Repubblica Italiana  l'accordo si applicherà ai seguenti sistemi pensionistici italiani: 

        (I) l'assicurazione generale obbligatoria per  l'invalidita',  la vecchiaia e superstiti; 

        (II) gestioni speciali dell'assicurazione  generale  obbligatoria per i lavoratori autonomi; 

        (III)   la   gestione   separata   dell'assicurazione    generale obbligatoria; e 

        (IV)  i  sistemi  sostitutivi  ed  esclusivi   dell'assicurazione generale obbligatoria specificata in (I).

        (b) all'assicurazione contro la disoccupazione involontaria; 

     L'Accordo non si applicherà alle prestazioni non-contributive finanziate  completamente  o  parzialmente attraverso le risorse del bilancio nazionale

    Per quanto concerne il Giappone l'Accordo si applicherà ai seguenti sistemi pensionistici giapponesi: 

        (I)  la  pensione  nazionale  (eccetto  il  Fondo   pensionistico nazionale); 

        (II) l'assicurazione pensionistica per i  lavoratori  subordinati (eccetto il Fondo Pensioni per i Lavoratori Subordinati); 

        (III) il "Mutual Aid Pension" per i dipendenti statali; 

        (IV) il "Mutual Aid Pension" per i dipendenti degli enti pubblici locali  e  per  gli  impiegati   assimilati   (eccetto   il   sistema pensionistico per i membri delle assemblee locali); e 

        (V) il  "Mutual  Aid  Pension"  per  il  personale  delle  scuole private; 

       Ai fini di questo Accordo, la  pensione  nazionale  non include la Pensione di Vecchiaia  o  qualsiasi  altro  trattamento previdenziale che sia concesso su basi  transitorie  o  complementari per  fini  assicurativi  e  che   sia   liquidabile   interamente   o principalmente a carico delle risorse pubbliche di bilancio.  

    Campo di applicazione per i familiari 

    Si evidenzia che l'accordo prevede, per quel che riguarda il coniuge  o  i  figli  al  seguito  della persona che lavora nel territorio del Giappone ed  e'  soggetta  alla legislazione della Repubblica italiana in conformita' all'art. 7,  al par. 2 dell'art. 9 o all'art. 10: 

    •     a) nei casi in cui il coniuge o i  figli  al  seguito  non  siano cittadini giapponesi, la legislazione giapponese non verra' applicata nei loro confronti. Tuttavia, nel caso in cui vi sia un richiesta  in tal senso da parte del coniuge o dei figli, quanto  sopra  detto  non verra' applicato; 
    •     b) nel caso in cui il coniuge o i figli a carico siano  cittadini giapponesi,   l'esenzione   dalla   legislazione   giapponese   sara' determinata in conformita' con la normativa giapponese. 

     Accordo Italia Giappone istruzioni INPS

    Nella circolare INPS precisa che  nel caso di una persona il cui distacco o la prestazione di lavoro autonomo nell’altro Stato contraente siano iniziati prima dell'entrata in vigore dell’Accordo, il periodo viene considerato iniziato dalla data di entrata in vigore dell’Accordo medesimo.

    A questo link sono disponibili gli allegati alla circolare (accordi e modelli da utilizzare).

    Nel messaggio 2199 2024  sono fornite invece  le indicazioni  sui versamenti ed esposizione  in Uniemens:

    • – Lavoratori distaccati dall’Italia in Giappone

     la contribuzione dovuta deve essere versata secondo le modalità  in uso per i lavoratori inviati in Paesi legati dall’Italia da accordi di sicurezza sociale per cui  deve essere aperta un’apposita posizione contributiva contrassegnata dal codice di autorizzazione “4Z”.

    Inoltre la posizione contributiva deve essere contrassegnata anche dal codice di autorizzazione “1C”, avente il significato di “Esonero dal versamento della contribuzione dovuta alla CUAF”.

    • – Lavoratori distaccati dal Giappone in Italia

    Per i lavoratori che in base all’Accordo sono esonerati dalla legislazione italiana per l’Assicurazione generale obbligatoria  i datori di lavoro devono utilizzare,  nel flusso Uniemens – denuncia individuale – il codice Tipo Contribuzione di nuova istituzione “87”, avente il significato di “Lavoratori stranieri provenienti dal Giappone distaccati in Italia assicurati per IVS, DS, nel paese di origine (art.13 accordo di sicurezza sociale Italia- Giappone)”.

    Qualora, invece, l’esonero dalla legislazione italiana operi soltanto per l’IVS, ai fini dell’esposizione nel flusso Uniemens deve essere utilizzato il codice Tipo Contribuzione in uso “81”, avente il significato di “Lavoratori stranieri con opzione per IVS nel paese di origine”.

    Applicabilità

    Le istruzioni si applicano a decorrere dal periodo di competenza giugno 2024.

     Per i periodi di competenza aprile 2024 e maggio 2024, i datori di lavoro devono avvalersi della procedura di regolarizzazione (DMVig).

    Nel caso di un  lavoratore distaccato  assicurato nello Stato di provenienza anche per la disoccupazione involontaria, tale circostanza deve risultare  indicata  nella sezione 4 del formulario di copertura assicurativa :

    1. “IT/JPN 101” per i lavoratori distaccati dall’Italia al Giappone e 
    2. “JPN/IT/ 101” per coloro che sono distaccati dal Giappone in Italia.

    AGGIORNAMENTO   RETTIFICA 3 LUGLIO 2024

     Nel nuovo messaggio INPS informa, con specifico riferimento ai lavoratori distaccati in Italia, che  l’istituzione previdenziale giapponese ha comunicato che la copertura assicurativa in Giappone per la disoccupazione involontaria è attestata dalla compilazione della sezione 6 del formulario “JPN/IT 101”, (Allegato n. 1), che è presente soltanto nel certificato di copertura rilasciato dall’Istituzione previdenziale giapponese.

    Rettifica   quindi il messaggio precedente chiarendo che per i lavoratori distaccati in Italia,  se  per effetto dell’Accordo  sono assicurati in Giappone anche per la disoccupazione involontari, a tale circostanza non deve risultare dalla sezione 4, ma dalla della sezione 6 del formulario “JPN/IT 101”.

    Per i lavoratori inviati in distacco dall’Italia in Giappone restano, invece, confermate le indicazioni fornite con il messaggio n. 2199/2024.

    AGGIORNAMENTO 10 OTTOBRE

    Le istruzioni operative  per la compilazione e presentazione  delle domande sono state illustrate con il messaggio 3351 del 9 ottobre 2024