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Adesione al CPB: il CNDCEC insiste sulla proroga
Il decreto Milleproroghe in fase di conversione da terminarsi entro il 25 febbraio doveva contenere un emendamento con una importante novità per il CPB Concordato preventivo biennale.
Si trattava di una norma di proroga dei termini di adesione, poi ritirata.
Il CNDCEC, a voce di Elbano De Nuccio ribadisce la necessità di reinserirla visto che l'attuale scadenza cade specificano i Commercialisti "nel periodo dell’anno in cui gli studi professionali sono già congestionati dagli adempimenti ordinari”
CPB: proroga in arrivo col Milleproroghe
In dettaglio, con il testo presentato poi ritirato si mirava a spostare dal 31 luglio al 30 settembre la scadenza entro la quale sarà possibile aderire alla seconda edizione del concordato.
Nell’emendamento, il calendario si distendeva però anche per l’amministrazione finanziaria, che doveva avere altri 15 giorni per pubblicare il software con i calcoli, rispetto alla norma originaria.
Relativamente al concordato preventivo biennale, in dettaglio, si voleva modificare il termine di cui all'art 9 comma 3 del Dlgs n 13/2024 previsto per aderire alla proposta del Fisco, relativa ai periodi d'imposta in corso:
- al 31 dicembre 2025,
- al 31 dicembre 2026,
rinviandola al 30 settembre.
Ieri sera in Commissione Bilancio l'emendamento è stato ritirato, lasciando solo spazio a novità per la rottamazione quater.
Visti i colpi di scena cui siamo stata ormani abituati, vedremo ci saranno ulteriori novità dell'ultima ora.
Ora, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili con un comunicato del 12 febbraio ribadisce la necessità che il termine sia prorogato.
Come spiegato dal Presidente De Nuccio, “La nostra richiesta è motivata dalla circostanza che l’attuale temine, previsto per il 31 luglio, cade nel periodo dell’anno in cui gli studi professionali sono già congestionati dagli ordinari adempimenti connessi alla determinazione e liquidazione delle imposte dei loro assistiti. L’adesione al CPB presuppone la definitività dei dati del periodo di imposta precedente e un fitto dialogo con il contribuente che si impegna per un biennio e quindi deve effettuare la scelta nella piena consapevolezza degli impegni che assume, delle premialità dell’istituto, ma anche delle numerose fattispecie di cessazione e decadenza e delle relative conseguenze. È evidente che tale processo richiede tempo che, con l’attuale termine, semplicemente non c’è e ciò rischia di minare le finalità per le quali il CPB è stato introdotto nell’ordinamento”.
Viene anche precisato che relativamente ai flussi di gettito, che avrebbero giustificato il ritiro dell'emendamento di proroga, la proposta del Consiglio Nazionale non crea alcuna difficoltà in quanto il termine per versare gli acconti di imposta del primo anno concordatario resta comunque confermato al 30 novembre”.
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Regime del registrato: corretta imputazione della ft a cavallo d’anno
Durante l'edizione di Telefisco 2025 tenutasi il 5 febbraio, le Entrate hanno replicato ad un dubbio sulla corretta imputazione del ricavo di una fattura a cavallo d'anno per un contribuente in regime semplificato con opzione del registrato.
Il chiarimento viene ulteriormente esplicitata in una FAQ del 13 febbraio sollecitata anche dal CNDCEC.
Regime del registrato: corretta imputazione della ft a cavallo d’anno
La FAQ Ade del 13 Febbraio 2025 tratta appunto il regime del registrato e viene fornito il medesimo esempio prospettato in Telefisco:
- fattura redatta in data 29 dicembre ma inviata allo sdi l'otto gennaio si chiede conferma della corretta imputazione del ricavo ai fini dei redditi che può essere a scelta del contribuente nel 2023 o 2024 alla luce del fatto che in questi casi la registrazione del documento può avvenire indifferentemente nel 2023 oppure nel 2024
Le Entrate evidenziano che l'articolo 18, comma 5, del d.P.R. n. 600 del 1973 prevede che «Previa opzione, vincolante per almeno un triennio, i contribuenti possono tenere i registri ai fini dell'imposta sul valore aggiunto senza operare annotazioni relative a incassi e pagamenti, fermo restando l'obbligo della separata annotazione delle operazioni non soggette a registrazione ai fini della suddetta imposta. In tal caso, per finalità di semplificazione si presume che la data di registrazione dei documenti coincida con quella in cui è intervenuto il relativo incasso o pagamento.».
Come precisato nella circolare n. 11/E del 2017 tale opzione, vincolante per almeno un triennio, introduce una ulteriore semplificazione ai fini della determinazione del reddito delle imprese minori, consentendo al contribuente, che ha scelto di utilizzare i soli registri IVA, di non effettuare a fine anno le annotazioni dei mancati incassi e pagamenti, e di considerare incassato il ricavo e pagato il costo alla data di registrazione ai fini IVA del documento contabile.
Tanto premesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 3 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, «[…] per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, e per le relative variazioni, sono emesse esclusivamente fatture elettroniche utilizzando il Sistema di Interscambio e secondo il formato di cui al comma 2. […]».
Come più volte chiarito dalla prassi, dunque, una fattura si ha per emessa quando la stessa risulta trasmessa al sistema di interscambio (SdI). Nel caso di specie la fattura elettronica, essendo stata trasmessa al sistema di interscambio (SdI) l’8 gennaio 2024, si considera emessa in tale data.Ne deriva che la medesima fattura non potrà che essere registrata nel registro IVA vendite a partire dall’8 gennaio 2024 e, conseguentemente, configurandosi l’incasso al momento della registrazione, i relativi ricavi andranno imputati al periodo d'imposta 2024.
Al riguardo, con la Circolare n. 11/E del 2017, con riferimento ai ricavi percepiti, è stato, infatti, chiarito che gli stessi «si considereranno incassati al momento della registrazione delle fatture nonostante, ai fini della liquidazione dell'IVA a debito periodica, la registrazione del documento (…) produca effetto per il periodo in cui le operazioni sono state effettuate».
Resta in ogni caso confermata, per motivi di semplificazione, la facoltà di registrazione delle fatture in base alla “Data” indicata nella sezione “Dati Generali” del file della fattura elettronica, come precisato nella circolare n. 14/e del 2019, § 3.2.
Il Consiglio nazionale dei commercialisti esprime apprezzamento per i contenuti del chiarimentio con il quale viene precisato che, per i contribuenti in regime di contabilità semplificata che adottano il cosiddetto metodo del registrato, “resta in ogni caso confermata, per motivi di semplificazione, la facoltà di registrazione delle fatture in base alla “Data” indicata nella sezione “Dati Generali” del file della fattura elettronica, come precisato nella circolare n. 14/e del 2019, § 3.2.”
Sul tema del regime del registrato e imputazione dei ricavi per le fatture elettroniche emesse a cavallo d’anno dai contribuenti in regime di contabilità semplificata con opzione di cui al comma 5 dell’art. 18 del D.P.R. n. 600/1972 era sorta una problematica che nei giorni scorsi aveva determinato rilevanti dubbi applicativi.
Il Consiglio Nazionale si è prontamente attivato per ricevere dall’Agenzia delle Entrate indicazioni più precise.
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Dichiarazione di successione 2025: modello e istruzioni
La Riforma Fiscale ha apportato novità alla dichiarazione di successione.
Tra le novità, per le successioni aperte dal 1° gennaio 2025, vi è il principio dell’autoliquidazione dell’imposta come introdotto dal Dlgs n 139/2024 di riforma del Testo unico delle successioni e donazioni.
Secondo le nuove disposizioni, il tributo deve essere calcolato dagli obbligati al suo pagamento in base ai dati indicati nella dichiarazione e non viene più calcolato e richiesto dall’Ufficio territoriale delle Entrate, ma deve essere determinato e versato in autonomia dal contribuente.
L’Agenzia ha recepito la modifica alla disciplina della dichiarazione di successione con il Provvedimento n 47335 del 13 febbrio con cui è stato anche pubblicato il nuovo modello della Dichiarazione di Successione e volture catastali
Dichiarazione di successione 2025: novità introdotte dalla Riforma Fuscale
Il Modello di dichiarazione pubblicato in febbraio è aggiornato alla Riforma fiscale in particolare riguardo all’autoliquidazione dell’imposta di successione, da parte dei soggetti obbligati al suo pagamento, in luogo di quella effettuata dall’ufficio dell’Agenzia delle entrate.
Sintetizziamo le principali novità accolte dal Nuovo Modello della Dichiarazione di successione 2025:
- per consentire l’indicazione dell’imposta, così autoliquidata, e la gestione delle relative modalità di pagamento come previsto dalle nuove disposizioni, nel quadro della dichiarazione di successione riservato alla liquidazione delle somme dovute (quadro EF) è stata inserita una specifica sezione.
- con riguardo alla tassazione dei trust istituiti per testamento, è stato previsto il pagamento delle imposte ipocatastali in misura fissa, nonché l’opzione per il pagamento dell’imposta di successione, autoliquidata, in occasione della presentazione della dichiarazione, in luogo del momento in cui avviene il trasferimento dei beni e diritti ai beneficiari finali,
- attuate le disposizioni sulle nuove modalità di tassazione dei tributi speciali relativamente ai servizi ipotecari e catastali e alla richiesta di “Attestazione di avvenuta presentazione della dichiarazione”,
- con riguardo al sistema sanzionatorio tributario, sono state recepite le disposizioni introdotte dal decreto legislativo 14 giugno 2024, n. 87 relativamente al tardivo pagamento dell’imposta di successione, delle imposte ipocatastali e degli altri tributi autoliquidati.
- è stato riorganizzato il quadro EI, contenente le dichiarazioni sostitutive di atto notorio necessarie per le volture catastali nei casi di “passaggi senza atti legali” e di “discordanza dati intestatario” degli immobili.
Leggi l'Allegato 1 per scoprire tutte le novità introdotte nel modello di successione e volture catastali 2025.
Allegati: -
Prima casa: spetta con riacquisto post donazione dell’immobile preposseduto
Con la Risposta a interpello n 27 del 12 febbraio le entrate trattano un caso di Agevolazione ''prima casa'' con donazione della abitazione pre posseduta con clausola di premorienza.
Sinteticamente viene chiarito che la donazione con la clausola di premorienza soddisfa il requisito fissato dalla norma che regola l’agevolazione prima casa in quanto al momento dell'acquisto del nuovo immobile, il donante non risulta più proprietario dell'abitazione donata, rispettando così le condizioni necessarie per accedere al beneficio.
Vediamo il caso di specie.
Prima casa: spetta in caso riacquisto post donazione dell’immobile preposseduto
Nel caso in esame un contribuente, già proprietario di un'abitazione acquistata con l’agevolazione prima casa,prima di procedere ad un nuovo acquisto, ha deciso di donare la sua abitazione alla madre, inserendo nell'atto di donazione una clausola, la quale prevede che gli effetti della donazione siano risolutivi in caso di premorienza della donna.
In caso di decesso della madre, l’immobile tornerebbe automaticamente nel patrimonio del figlio.
Grazie alla clausola, il donante ritiene di soddisfare il requisito di non possesso di un altro immobile agevolato, poiché la donazione, essendo immediatamente efficace, trasferisce la proprietà alla madre, permettendogli di dichiarare di non possedere più alcun immobile al momento dell’acquisto del nuovo.Le Entrate prima di replicare hanno riepilogato le condizioni di accesso alla agevolazione di cui si tratta, fissate dalla Nota II-bis dell'articolo 1 del Testo unico sull’imposta di registro.
Successivamente hanno chiarito che il donatario diviene proprietario del bene, ma al suo decesso il bene rientra nel patrimonio del donante.
Allegati:
A parere dell’Agenzia, fermo restando il possesso degli altri requisiti e delle condizioni previste dalla norma di riferimento, il contribuente intenzionato ad un nuovo acquisto, non risultando titolare al'atto dell’acquisto di altra abitazione agevolata, può richiedere il beneficio.
Spiega l'agenzia che la donazione è immediatamente efficace, realizzando il trasferimento della titolarità dell’immobile alla madre donataria al momento della stipula dell’atto. -
Campagne promozionali: l’imposizione fiscale della cessione di beni scontati
Con Risposta n 25 dell'11 febbraio le Entrate pubblicano una replica ad una impresa che effettua cessioni di beni a titolo di sconto al raggiungimento di predeterminati livelli di fatturato ai fini della qualificazione ai fini IVA, IRES ed IRAP.
Una SRL ha domandato se:
- i beni offerti come "kit promozionali" o sotto forma di punti riscattabili su una piattaforma siano qualificabili come sconti in natura ai sensi dell'art. 15, comma 1, n. 2 del DPR 633/1972, e quindi esclusi dalla base imponibile IVA;
- l'istante chiede se i costi relativi ai beni o servizi oggetto di sconto in natura siano deducibili ai fini IRES e IRAP, considerandoli come spese di vendita e non come spese di rappresentanza. Inoltre, interroga sulla possibilità di effettuare accantonamenti per i beni e servizi da consegnare nell’esercizio successivo.
Sinteticamente, l'Ade evidenzia che le cessione di beni a titolo di sconto al raggiungimento di certi risultati di fatturato sono escluse da IVA e tassabili con le imposte dirette, vediamo il caso di specie.
Campagne promozionali: regole per l’imposizione fiscale
Relativamente al primo quesito l’Agenzia delle Entrate analizza l’applicabilità dell’art. 15, comma 1, n. 2 del DPR 633/1972, che esclude dalla base imponibile IVA il valore normale dei beni ceduti a titolo di sconto, premio o abbuono, a condizione che:
- le cessioni siano espressamente e preventivamente pattuite nel contratto relativo alla cessione principale;
- l’aliquota IVA dei beni ceduti non sia superiore a quella dei beni oggetto della cessione principale.
L’Agenzia ritiene che le cessioni dei kit promozionali (prodotti di abbigliamento con il marchio scelto dal cliente) del caso di interpello, soddisfino questi requisiti, poiché:
- sono pattuite in origine nell’accordo commerciale con il cliente;
- sono collegate funzionalmente alla vendita di pneumatici;
- i beni ceduti hanno la stessa aliquota IVA di quelli della cessione principale.
Pertanto, conferma che i kit promozionali rientrano nel regime di esclusione dalla base imponibile IVA ai sensi dell’art. 15 DPR 633/1972.
Le Entrate evidenziano che, il sistema di accumulo punti per l’acquisto di premi su una piattaforma online rientra nello stesso regime di esclusione IVA.
I punti maturati derivano dagli acquisti di pneumatici e il loro utilizzo per il riscatto di premi mantiene un collegamento diretto con la cessione principale.
Anche questi beni, pertanto, costituiscono sconti in natura e non concorrono alla base imponibile IVA.
Relativamente al secondo quesito l’Agenzia analizza la deducibilità dei costi sostenuti dalla SRL per l’acquisto dei beni ceduti a titolo di sconto in natura.
L’art. 109 del TUIR stabilisce che le spese e gli altri componenti negativi di reddito sono deducibili se inerenti all’attività dell’impresa e finalizzati alla produzione di ricavi.
L’Agenzia ritiene che i costi sostenuti dalla SRL per i kit promozionali e i premi riscattati sulla piattaforma online siano inerenti, in quanto legati a una strategia promozionale che può generare maggiori ricavi, di conseguenza, questi costi sono deducibili ai fini IRES.
L’IRAP si calcola sulla base del valore della produzione netta e segue il principio di derivazione dal conto economico.
Se i costi dei beni ceduti a titolo di sconto sono correttamente imputati in bilancio come spese di vendita, sono deducibili anche ai fini IRAP.
L’Agenzia delle Entrate conferma che queste spese non rientrano tra le spese di rappresentanza (art. 108 TUIR), in quanto:
- derivano da un obbligo contrattuale e non sono elargizioni a titolo gratuito;
- rappresentano una riduzione del prezzo della fornitura principale e non una mera promozione dell’immagine aziendale.
L’Agenzia richiama l’art. 107, comma 4, del TUIR, che non ammette la deducibilità di accantonamenti atipici.
Di conseguenza, i costi per i beni che verranno consegnati ai clienti nell'esercizio successivo non possono essere dedotti nell’anno di competenza, ma solo nell'anno in cui i beni vengono effettivamente consegnati.
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Omessa dichiarazione imposta di soggiorno: le sanzioni
Durante l'ultima edizione di Telefisco 2025 il MEF ministero delle finanze ha precisato il regime sanzionatorio della omessa dichiarazione per l'imposta di soggiorno.
Veniva domandato un chiarimento in merito alle novità introdotte dall'art 180 del DL n 34/2020 che ha qualificato come responsabili d’imposta i gestori delle strutture ricettive.
I gestori sono responsabili in caso di omesso versamento della imposta in oggetto e quindi passibili dell’irrogazione della sanzione di cui all’articolo 13 del Dlgs 471/1997, a prescindere dal pagamento della stessa da parte del turista.
A carico dei gestori inoltre è stato istituito l’obbligo di presentare una dichiarazione, entro il 30 giugno di ciascun anno redatta sui modelli ministeriali.
Infine è stato stabilito che in caso di omessa o infedele dichiarazione si applica la sanzione variabile dal 100% al 200% dell’imposta dovuta.
Il quesito chiedeva chiarimenti sull'importo della sanzione qualora il gestore abbia pagato l'imposta ma non presentato la dichiarazione per l'imposta di soggiorno.
Omessa dichiarazione imposta di soggiorno: le sanzioni
Nel caso in cui il soggetto obbligato abbia pagato l'imposta ma non presentato la relativa dichiaraizone, veniva suggerito di versare una sanzione minima previsto per i tributi locali.
Il MEF ha evidenziato che la sanzione minima non è contemplata in alcuna disposizione sull’imposta di soggiorno e pertanto in presenza di una condotta collaborativa del gestore, si è correttamente richiamata l’esigenza di ridurre la sanzione minima a un quarto, in virtù del principio di proporzionalità, in base a quanto disposto nell’articolo 7, comma 4, del Dlgs 472/1997.
Pertanto l’omessa presentazione della dichiarazione annuale ai fini dell’imposta di soggiorno è punita con la sanzione pari al 25% (un quarto del 100%) dell’imposta indicata in dichiarazione, anche se integralmente versata.
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Prospetto aliquote IMU 2025: il MEF pubblica le FAQ
Il MEF in data 10 febbraio ha pubblicato una serie di FAQ sul Prospetto aliquote IMU che ricordiamolo dal 2025 va obbligatoriamente inviato tramite l'applicativo del portale federalismo fiscale.
Tra le prime faq viene indicato che per il primo anno di adozione del Prospetto, e quindi dal 2025, anche nel caso in cui il comune intenda applicare, nella sostanza, le medesime aliquote vigenti nell’anno precedente dovrà, in ogni caso, predisporre il Prospetto tramite l’apposita applicazione informatica (disponibile a decorrere dal 31 ottobre 2024 nella sezione denominata “Gestione IMU” del Portale del federalismo fiscale), procedere ad approvare il Prospetto medesimo con espressa delibera da parte del Consiglio comunale e, successivamente, trasmettere, tramite la medesima applicazione informatica, il solo Prospetto.
Leggi anche: Prospetto aliquote IMU 2025: compilazione entro il 28 febbraio.
Mancata approvazione prospetto aliquote IMU 2025
Nel documento di sette pagine che il MEF ha condiviso con i Comuni interessati vi è anche un importante chiarimento sulla mancata approvazione del prospetto aliquote imu 2025.
In dettaglio viene chiarito che in virtù di quanto espressamente stabilito dall’art. 1, comma 767, ultimo periodo, della legge
n. 160 del 2019, per il primo anno di applicazione obbligatoria del Prospetto, in deroga all'art. 1, comma 169, della legge n. 296 del 2006 e al terzo periodo dello stesso comma 767, in mancanza di un Prospetto adottato secondo le modalità stabilite dal comma 757 del medesimo art. 1 e pubblicato nel termine previsto dal successivo comma 767, si applicano le aliquote di base di cui ai commi da 748 a 755 del citato art. 1 della legge n. 160 del 2019.Si precisa che le aliquote di base continuano ad applicarsi sino a quando il comune non approvi una prima delibera secondo le modalità sopra indicate.
Alla luce delle richiamate disposizioni, pertanto, il comune, per l’anno d’imposta 2025, al fine di non incorrere nell’applicazione delle aliquote di base, dovrà procedere ad adottare un’espressa delibera da parte dell’organo competente, non potendo operare – stante la deroga contenuta nel citato comma 767 della legge n. 160 del 2019 – il combinato disposto di cui all’art. 1, comma 169, della legge n. 296 del 2006 e dello stesso comma 767, terzo periodo, in forza del quale, in caso di mancata approvazione e pubblicazione nei termini di legge, trovano applicazione le aliquote vigenti nell’anno precedente.
Le aliquote di base si applicano anche alle fattispecie per le quali il comune abbia stabilito, nelle delibere degli anni precedenti, la c.d. maggiorazione sino allo 0,08 per cento (aliquota dell’IMU oltre la misura massima dello 0,6 per cento per le abitazioni c.d. di lusso e dell’1,06 per gli immobili diversi da queste ultime), nel rispetto dei requisiti fissati dall'art. 1, comma 755, della legge n. 160 del 2019.
Si ricorda in ogni caso che la predetta maggiorazione può essere adottata solo se, come previsto dallo stesso comma 755, il comune l’avesse applicata nell’anno 2015, confermata fino all'anno 2019 e, per l’anno 2020 (primo anno di applicazione della nuova disciplina dell’IMU recata dalla legge n. 160 del 2019), fosse stato approvato il medesimo aumento
dell’imposta.
La stessa disposizione prevede, inoltre, che detti “comuni negli anni successivi possono solo ridurre la maggiorazione di cui al presente comma, restando esclusa ogni possibilità di variazione in aumento”.