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Giovani imprenditori agricoli: il credito d’imposta formazione
Il Ddl approvato definitivamente dal Parlamento in data 28 febbraio e atteso il GU prevede diverse misure a sostegno del comparto giovanile dell'agricoltura.
In dettaglio, il disegno di legge riguarda la promozione e lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile nel settore agricolo e mira a sostenere l'insediamento e la permanenza dei giovani in agricoltura, prevedendo misure specifiche come:
- la creazione di un fondo per il primo insediamento,
- agevolazioni fiscali,
- crediti d'imposta per la formazione.
L'intento è rilanciare il settore agricolo favorendo il ricambio generazionale e rispettando la normativa dell'Unione Europea.
Vediamo il credito di imposta per la formazione.
Ddl imprenditorialità agricola giovanile: credito per la formazione
Il credito di imposta per la formazione, come descritto nell'articolo 6 del disegno di legge, prevede la concessione di un credito di imposta pari all'80% delle spese sostenute e documentate per la partecipazione a corsi di formazione relativi alla gestione dell'azienda agricola.
Le condizioni sono le seguenti:
- l'agevolazione è rivolta ai giovani imprenditori agricoli che hanno iniziato la propria attività a partire dal 1° gennaio 2021,
- il limite massimo annuale del credito d'imposta è fissato a 2.500 euro.,
è prevista una copertura degli oneri derivanti da credito d'imposta per l'anno 2024 fino a un limite massimo di 2 milioni di euro, attraverso una corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.
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Appalti e CCNL obbligatorio: novità nel Decreto PNRR 2024
Dal 1 luglio 2023 è operativo il nuovo codice degli appalti, contenuto nel decreto legislativo 36 2023, Una delle principali novità operative per le stazioni appaltanti è stata l'obbligo di indicare il contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell’appalto.
Nel nuovo decreto PNRR 19 2024 nella stessa ottica di tutela dei lavoratori si modifica l’articolo 29 del Dlgs 276/2003, introducendo anche l’obbligo per gli appaltatori e i subappaltatori di riconoscere al personale impiegato un trattamento economico non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi la cui applicazione risulti maggioritaria nella zona e nel settore oggetto dell'appalto
In entrambi i casi si evidenziano punti poco chiari che rendono difficoltosa l'applicazione . Vediamo con ordine
Indicazione ccnl applicabile D.lgs 36 2023
La norma specifica all'Articolo 11 (Principio di applicazione dei contratti collettivi nazionali di settore. Inadempienze contributive e ritardo nei pagamenti.):
1. Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni e' applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'attivita' oggetto dell'appalto o della concessione svolta dall'impresa anche in maniera prevalente.
2. Nei bandi e negli inviti le stazioni appaltanti e gli enti concedenti indicano il contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell'appalto o nella concessione, in conformita' al comma 1.
3. Gli operatori economici possono indicare nella propria offerta il differente contratto collettivo da essi applicato, purche' garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall'ente concedente.
4. Nei casi di cui al comma 3, prima di procedere all'affidamento o all'aggiudicazione le stazioni appaltanti e gli enti concedenti acquisiscono la dichiarazione con la quale l'operatore economico individuato si impegna ad applicare il contratto collettivo nazionale e territoriale indicato nell'esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto per tutta la sua durata, ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele. In quest'ultimo caso, la dichiarazione e' anche verificata con le modalita' di cui all'articolo 110.
5. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti assicurano, in tutti i casi, che le medesime tutele normative ed economiche siano garantite ai lavoratori in subappalto. (…)
Il nuovo obbligo previsto in particolare dal comma 2 ha creato alcuni interrogativi per le stazioni appaltanti anche alla luce delle molte tipologie di attività che possono essere oggetto di appalto e soprattutto dei numero enorme di Ccnl registrati al CNEL anche per lo stesso settore. In merito dovrebbero essere emanate le linee guida ANAC
Appalti e vincoli retributivi DL 19 2024
L 'Art. 29 del Decreto Legge 19 2024 si occupa di prevenzione e contrasto del lavoro irregolare, ai fini della tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e , come detto, interviene a modificare la legge 276 2003 richiamando le imprese appaltanti ad erogare a tutto il personale impiegato una retribuzione non inferiore a quella prevista nei CCNL di settore piu applicati nel territorio di riferimento . L'obbligo non riguarda quindi l'applicazione del CCNL integrale ma solo della parte economica .
Il fine della novità è chiaramente di contribuire a ridurre la possibilità che nelle gare di appalto la concorrenza tra le aziende faccia leva indebitamente sul costo del lavoro e sull'equa retribuzione dei lavoratori
In questo caso pero sono da chiarire
- l'ambito esatto di lavoratori interessati in quanto la locuzione personale impiegato non corrisponde a personale dipendente potrebbero quindi essere coinvolti anche collaboratori in somministrazione , collaboratori ecc
- la modalità pratiche di individuazione del contratto maggiormente applicato nel settore connesso
- il coordinamento eventualmente tra il contratto applicato per la parte economica e quello relativo ai restanti obblighi contrattuali
Appalti: come individuare il contratto collettivo applicabile
Per individuare il CCNL applicabile si può fare riferimento all'archivio del CNEL dove sono raggruppati per settore tutti i contratti collettivi attivi
i 14 settori sono suddivisi in ben 100 sottosettori , o categorie . Nel caso ancora siano presenti piu contratti applicabili la norma prescrive di fare riferimento ai ccnl "comparativamente più rappresentativi " per i quali normalmente si intendono quelli firmati dalle organizzazioni con un maggior numero di iscritti (CGIL, CISL e UIL in primis) ma anche questa indicazione puo non essere sufficiente
Si puo ritenere comunque possibile per le stazioni appaltanti e subappaltanti indicare un contratto differente solo se se garantisce tutele economiche (e e contrattuali almeno simili In questi casi puo essere consigliabile anche fornire una anche una dichiarazione di equivalenza.
Alcune specifiche indicazioni per una corretta valutazione dell’equivalenza tra diversi contratti collettivi sono state fornite dall'ispettorato del lavoro nella circolare 20 del 2020, in quel caso funzionali alla corretta applicazione dell’art. 1, c. 1175, della L. n. 296/2006 relativo al riconoscimento di agevolazioni normative e contributive. L'ispettorato precisava che il confronto risulta negativo in caso di differenza retributiva e con almeno due indici normativi che si discostino rispetto ad un contratto leader.
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Aiuti imprese agricole: le regole per i danni da plasmopara viticola
Pubblicato in GU n 54 del 5 marzo il Decreto MASAF 24 gennaio 2024 con le regole gli interventi compensativi dei danni subiti nel settore agricolo, nelle aree colpite da infezione da plasmopara viticola, ai sensi dell'articolo 11 del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, convertito dalla legge 9 ottobre 2023, n. 136, e del regolamento (UE) 2022/2472 della Commissione europea del 14 dicembre 2022.
Vediamo le imprese agricole incluse e quelle escluse dal sostegno ministeriale.
Aiuti imprese agricole: le regole per danni da plasmopara viticola
Il decreto prevede che per i danni a produzioni viticole causati da infezioni di plasmopara viticola nel corso della campagna 2023, sono concessi contributi finalizzati alla ripresa economica e produttiva, di cui all'art. 5, comma 2, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, a favore delle micro, piccole e medie imprese attive nella produzione di uva che a causa delle suddette infezioni abbiano subito danni superiori al 30 per cento della produzione lorda vendibile.
Gli aiuti sono subordinati alle seguenti condizioni:
- a) sono versati unicamente a seguito di disposizioni amministrative nazionali di contenimento della peronospora, che saranno emanate per la campagna 2024;
- b) sono versati in uno dei seguenti ambiti:
- i. un programma pubblico, a livello dell'Unione, nazionale o regionale, di prevenzione, controllo o eradicazione dell'epizoozia o dell'organismo nocivo ai vegetali in questione;
- ii. misure di emergenza imposte dall'autorita' pubblica competente dello Stato membro;
- iii. misure atte a eradicare o contenere un organismo nocivo ai vegetali attuate in conformita' dell'art. 18, dell'art. 28, paragrafi 1 e 2, dell'art. 29, paragrafi 1 e 2, dell'art. 30, paragrafo 1, e dell'art. 33, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2016/2031;
- iv. misure atte a prevenire, controllare ed eradicare le epizoozie in conformita' del regolamento (UE) 2016/429.
Gli aiuti sono pagati direttamente all'azienda interessata e sono limitati ai costi e ai danni causati dalle infezioni di plasmopara viticola alle produzioni di uva, a seguito di riconoscimento ufficiale da parte del Masaf mediante decreto di declaratoria da adottarsi su proposta della regione territorialmente competente.
Il regime di aiuto è introdotto entro tre anni dalla data in cui sono state registrate le perdite causate dalla plasmopara viticola ai vegetali e gli aiuti sono erogati entro quattro anni da tale data.Gli aiuti e gli eventuali altri pagamenti ricevuti dal beneficiario, compresi quelli percepiti nell'ambito di altre misure nazionali o unionali per gli stessi costi ammissibili, sono limitati all'80% dei costi ammissibili.
L'intensità di aiuto può essere aumentata al 90% nelle zone soggette a vincoli naturali.
Aiuti danni plasmopara viticola: le imprese escluse
Il decreto prevede inoltre che sono escluse dagli aiuti di cui al presente regime:
- a) le grandi imprese;
- b) le imprese in difficoltà ai sensi dell'art. 2, paragrafo 1, punto (59) del regolamento (UE) n. 2022/2472, ad eccezione di quelle in difficolta' a causa degli eventi di cui all'art. 1.
Sono esclusi dal pagamento degli aiuti di cui al presente regime i soggetti destinatari di un ordine di recupero pendente a seguito di una precedente decisione della Commissione europea che dichiara gli aiuti illegittimi e incompatibili con il mercato interno conformemente a quanto indicato all'art. 1, par. 4 del regolamento (UE) n. 2022/2472.
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Bonus lavoratrici madri: perimetro di tassazione
Con Risposta a interpello n 57 del 1 marzo le Entrate chiariscono il perimetro del trattamento fiscale delle somme erogate alle lavoratrici madri in forma di "welfare aziendale" dopo il periodo di astensione obbligatoria per maternità.
Si chiarisce se tali somme, destinate a coprire la differenza tra l'indennità di maternità e la retribuzione completa, soddisfino i criteri per essere escluse dalla tassazione ai sensi dell'articolo 51 del Tuir.
Bonus lavoratrici madri: quando non sono tassati
La Società istante, in qualità di sostituto di imposta, vuole riconoscere a tutte le lavoratrici madri, al termine del periodo di astensione obbligatoria per maternità, una somma equivalente alla differenza fra:
- l'indennità di congedo di maternità facoltativa o di congedo parentale a carico dell'INPS,
- e il cento per cento della retribuzione mensile lorda.
Tale importo, riconosciuto per i tre mesi successivi al periodo di astensione obbligatoria, verrebbe erogato a ciascuna lavoratrice non come retribuzione monetaria ma in forma di ''welfare aziendale''.
Ciò premesso si chiede se quanto rappresentato soddisfi i presupposti di non imponibilità di cui al secondo e terzo comma dell'articolo 51 del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir).
L'agenzia ricorda che, l'articolo 51 individua al comma 2 e all'ultimo periodo del comma 3, specifiche deroghe, elencando le opere, i servizi, le prestazioni e i rimborsi spesa che non concorrono a formare la base imponibile o vi concorrono solo in parte, sempreché l'erogazione in natura non si traduca in un aggiramento degli ordinari criteri di determinazione del reddito di lavoro dipendente in violazione dei principi di capacità contributiva e di progressività dell'imposizione.
In altri termini, la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente deve essere coordinata col principio di onnicomprensività che, riconducendo nell'alveo di tale categoria reddituale tutto ciò che il dipendente percepisce in relazione al rapporto di lavoro, riconosce l'applicazione residuale delle predette deroghe, in ragione anche della circostanza che i benefit ivi previsti non sempre assumono una connotazione strettamente reddituale
Pertanto, si evidenzia che le somme in oggetto dovrebbero assumere rilevanza reddituale in quanto rappresentano un'erogazione in sostituzione di somme costituenti retribuzione fissa o variabile e rispondono a finalità retributive.
Ciò implica che, secondo l'interpretazione dell'Agenzia, tali somme non possono essere considerate non tassabili semplicemente perché erogate sotto forma di welfare aziendale, se queste sostituiscono la retribuzione che le lavoratrici avrebbero altrimenti percepito.
Allegati: -
Cessioni San Marino: il codice natura per il cedente
Con Risposta a interpello n 58 del 4 marzo le Entrate chiariscono dettagli sulle cessioni di beni da San Marino e sulla ammissibilità della trasmissione tramite SdI di un documento ''fattura'' valido ai soli fini contabili.
L'istante, una società sammarinese, chiede conferma sulla possibilità di trasmettere tramite il Sistema di Interscambio (SdI) un documento valido ai soli fini contabili per le operazioni di cessione di beni effettuate in Italia.
Richiede inoltre indicazioni su come tale documento debba essere predisposto.
La società intende conferire ad un centro di logistica in Italia l'incarico di gestire tutte le spedizioni dei prodotti finiti verso la clientela, sia italiana che unionale o estera, e vorrebbe che il proprio rappresentante fiscale trasmettesse, per le cessioni ai clienti italiani, un documento contabile attraverso il SdI, dato che il cliente, in qualità di debitore d'imposta, è obbligato ad assolvere il tributo mediante autofattura e inversione contabile.
Vediamo i chiarimenti delle entrate.
Cessioni da San Marino: il codice natura per il cedende
L'Agenzia delle Entrate in replica al caso di specie innanzitutto evidenzia che sotto il profilo IVA, le operazioni di importazione di beni da San Marino verso l'Italia sono state chiarite attraverso vari interventi normativi e di prassi
In particolare, viene sottolineato che:
- i beni provenienti da San Marino e destinati all'Italia sono considerati importazioni nel territorio comunitario, soggette a regolamentazioni specifiche. A seconda della destinazione, l'IVA può essere gestita tramite procedure doganali o attraverso meccanismi alternativi previsti dalla normativa vigente.
- viene specificato che, in assenza di una dogana fisica tra Italia e San Marino, l'IVA può essere gestita attraverso procedure che non prevedono l'addebito diretto dell'imposta da parte del venditore sammarinese. Questo include la possibilità per il cessionario nazionale di procedere con l'inversione contabile, integrando la fattura originale con l'indicazione dell'IVA dovuta e registrandola nei propri libri contabili.
- viene chiarito che i soggetti non residenti, anche se identificati ai fini IVA in Italia, non sono tenuti all'emissione di fatture attraverso il Sistema di Interscambio (SdI) italiano per le operazioni interne. Tuttavia, è possibile per il rappresentante fiscale di un soggetto estero emettere documenti non rilevanti ai fini IVA per esigenze proprie, indicando che l'imposta sarà assolta dal cessionario o committente.
- per le fatture elettroniche che transitano attraverso il SdI, è necessario inserire il "codice natura" dell'operazione, che identifica le operazioni non soggette a IVA. Questo è particolarmente rilevante per le operazioni che non richiedono l'emissione di fattura da parte di un soggetto IVA.
Tutto ciò premesso si conferma che, sebbene non vi sia un obbligo di documentare tramite fattura elettronica le cessioni di beni importati da San Marino a operatori nazionali, è possibile emettere un documento "fattura" a fini contabili attraverso il SdI, indicando che l'imposta sarà assolta dal cessionario secondo le disposizioni dell'articolo 17 del DPR n. 633/1972, utilizzando il codice natura N2.2 per tali operazioni.
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La cessione dei diritti reali di godimento diventa più onerosa dal 2024
L’articolo 1 comma 92 della Legge 213/2023 (Legge di bilancio 2024), modifica il meccanismo di tassazione della cessione onerosa dell’usufrutto e degli altri diritti reali di godimento, quali l’enfiteusi, la servitù , l’uso, e il diritto di superficie.
Con il nuovo inquadramento, la cessione dietro corrispettivo di queste situazioni giuridiche, effettuato da persone fisiche e società semplici, viene sempre considerata un’attività speculativa e, come tale, attratta ai redditi diversi, senza esclusioni, prescindendo, ad esempio, anche dal periodo di detenzione del bene principale.
Si realizza così una differenziazione di trattamento fiscale tra la cessione del bene immobile nella sua interezzaa e la cessione solo di un diritto reale di godimento relativo al bene stesso.
La nuova disciplina decorre dal giorno 1 gennaio 2024.
Le novità della Legge di bilancio 2024
La Legge di bilancio 2024, intervenendo sull’articolo 9 comma 5 del TUIR, e sull’articolo 67 comma 1 lettera h del medesimo testo unico, dispone che:
- la cessione onerosa dei diritti reali di godimento debba concorrere alla determinazione del reddito imponibile come reddito diverso;
- costituisce reddito imponibile l’intero ammontare percepito nel periodo d’imposta;
- l’importo percepito debba concorrere al reddito complessivo per aliquote progressive (quindi non è sottoposta a tassazione sostitutiva del 26%).
Infatti, ai fini del calcolo della plusvalenza vale quanto disposto dall’articolo 71 del TUIR, il quale dispone che, nella fattispecie esaminata, i redditi imponibili “sono costituiti dalla differenza tra l'ammontare percepito nel periodo di imposta e le spese specificamente inerenti alla loro produzione”.
Essendo opinione comune che nel concetto di spese non possa rientrare quello che di solito viene definito dal Legislatore come “costo” o “prezzo” d’acquisto, da ciò discende che, a meno di diversi successivi chiarimenti, tale costo non possa essere decurtato dal corrispettivo percepito per la cessione del diritto di godimento; per cui, la base imponibile da sottoporsi a tassazione sarà costituita dall’intero corrispettivo percepito, meno le spese direttamente inerenti.
Il contribuente non dovrà neanche trascurare il fatto che, con il nuovo impianto normativo, la fattispecie non può godere dell’esenzione prevista dall’articolo 67 comma 1 lettera b del TUIR per il possesso del bene immobile da oltre cinque anni, perché tale beneficio, adesso, interessa solo la diversa situazione della cessione per intero del bene immobile.
La novità normativa sembra costituire il recepimento, da parte del Legislatore, della posizione assunta dalla prassi sul tema, in riferimento alla quale è possibile leggere la recente Risposta a interpello numero 381/2023.
Per le persone fisiche e le società semplici si crea quindi una differenziazione di trattamento fiscale tra cessione di un bene immobile e cessione onerosa dei collegati diritti parziali di godimento, in quanto mentre la prima situazione, in determinate condizioni, non viene considerata un’attività speculativa, la seconda è considerata sempre tale, con tutto ciò che consegue dal punto di vista fiscale, come evidenziato.
Proprio sulla legittimità di questa differenziazione di trattamento si concentrano le critiche avanzate da una parte della dottrina, ma al momento non sono in discussione effettive ipotesi di ammorbidimento della disciplina.
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Esenzione IVA per ETS: arriva la proroga al 1 gennaio 2025
Pubblicata in GU n 49 del 28 febbraio la Legge n 18 del 23 febbraio di conversione del Decreto Milleproroghe (Decreto n 215 del 30.12 ).
Tra le novità l'attesa proroga al 2025 delle novità in tema di IVA per gli ETS.
In particolare, si proroga al 2025 l'entrata in vigore di quanto previsto in materia di esenzione IVA per gli ETS nell’articolo 5, comma 15-quater del decreto-legge n. 146 del 2021, il quale ha apportato una serie di modificazioni al D.P.R. n. 633 del 1972.
Vediamo il dettaglio delle novità in materia di IVA per il terzo settore che sono appunto fatte slittare al prossimo anno.
Proroga esenzione IVA per gli ETS: si va al 2025
La legge di conversione del DL Milleproroghe, tra le altre, prevede la proroga al 1° gennaio 2025 dell’entrata in vigore delle disposizioni di modifica dell’Iva recate dal D. L. n. 146 del 2021.
La norma in esame proroga al 1° gennaio 2025 l’entrata in vigore delle disposizioni di modifica del regime IVA in cui ricadono anche gli enti del Terzo settore, contenute dell’art. 5, commi da 5-quater a 15-sexies, del D.L. n. 146 del 2021 (L. n. 215 del 2021).
Tali disposizioni intervengono sulla disciplina dell'IVA con una serie di modifiche volte a ricomprendere tra le operazioni effettuate nell'esercizio di impresa, o considerate in ogni caso aventi natura commerciale, una serie di operazioni attualmente escluse, ovvero a rendere tali operazioni esenti ai fini dell'imposizione IVA (comma 15- quater del citato D.L. 146/2021).
Inoltre, in attesa della piena operatività del Codice del terzo settore, si prevede di applicare il regime IVA speciale c.d. forfetario alle operazioni delle organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale che hanno conseguito ricavi ragguagliati ad anno, non superiori a euro 65.000 (comma 15-quinquies).
Ricordiamo che già nella conversione in legge del Dl n 51/2023 noto come decreto omnibus si era previsto il rinvio al 1 luglio 2024 della esenzione Iva per gli enti non commerciali.
Si ricorda infine il legislatore è intervenuto a modificare il trattamento delle prestazioni di servizi e cessioni di beni effettuate in conformità alle finalità istituzionali da parte delle realtà non profit quali:
- associazioni politiche,
- sindacali e di categoria,
- religiose, assistenziali, culturali,
- di promozione sociale e di formazione extra-scolastica
nei confronti di soci, associati o partecipanti a fronte di corrispettivi specifici e quote supplementari, rendendole esenti IVA.
Tali modifiche prevederanno il rispetto di precisi adempimenti come registri Iva e partita Iva ma anche a considerare alcune operazioni in campo Iva con obbligo di gestione di apposita contabilità separata.
Le proroghe accordate fino ad ora consentono agli enti non commerciali di avere più tempo per mettersi in regola con i nuovi adempimenti legati al passaggio da un regime di esclusione a uno di esenzione Iva.