• Agricoltura

    Peste suina: sostegni per imprese per restrizioni 2023-2024

    Il MASAF Ministero dell'Agricoltura ha pubblicato il Decreto del 19 febbraio con le regole per disporre un intervento finalizzato al sostegno delle imprese di allevamento suinicole che hanno subìto danni indiretti dall’applicazione dei provvedimenti sanitari attivati per l’adozione di misure di prevenzione, eradicazione e contenimento dell’epidemia di peste suina africana (PSA) a partire dal 1° dicembre 2023 fino al 31 ottobre 2024.
    Per l’attuazione degli interventi sono stanziati euro 10 milioni.

    Il decreto prevede che i beneficiari che intendono usufruire dei sostegni del provvedimento in parola presentano apposita domanda all’Organismo pagatore riconosciuto territorialmente competente, in base alla sede legale dell’impresa, nel rispetto delle istruzioni impartite dall’Organismo pagatore stesso.

    Peste suina: sostegni per imprese per restrizioni 2023-2024

    Possono beneficiare del sostegno le piccole e medie imprese (PMI), cosi come definite nell'allegato I del Reg 2022/2472, attive nella produzione primaria della filiera suinicola, situate sia all’interno che all’esterno delle zone di restrizione sanitaria, colpite dalle restrizioni sulla movimentazione degli animali e sulla commercializzazione dei prodotti derivati, ricompresi,
    a seconda dei casi, nelle seguenti fattispecie:

    • a) allevamenti di scrofe da riproduzione a ciclo aperto
    • b) allevamenti di scrofe da riproduzione a ciclo chiuso
    • c) allevamenti da ingrasso (comprensivi di allevamenti da svezzamento e magronaggio)

    Le aziende ammissibili al sostegno sono impegnate nella produzione agricola primaria delle seguenti categorie merceologiche:

    • a) verri
    • b) scrofe
    • c) scrofette
    • d) suini da ingrasso
    • e) suinetti

    Sono escluse le aziende che abbiano usufruito in passato di un aiuto incompatibile e che non abbiano ottemperato all’obbligo di restituzione.

    Peste suina 2023-2024: cosa compensano i sostegni

    ll sostegno è finalizzato a compensare le imprese delle perdite dovute a:

    • a) deprezzamento dei riproduttori, dei suinetti, dei suini di allevamento e da macello per vendita degli animali o per svalutazione del prodotto a causa della provenienza da allevamenti ricadenti in zone soggette a restrizione sanitaria;
    • b) mancata produzione per l’interruzione della riproduzione delle scrofe;
    • c) prolungamento vuoto sanitario;
    • d) costi di produzione per prolungamento allevamento (blocco movimentazione).

    Per le imprese di cui sopra il sostegno è determinato fino ad un massimo del 100% del danno totale subìto dai beneficiari, calcolato, per ciascuna fattispecie, sulla base degli importinunitari riportati nella tabella A, che è parte integrante del presente Decreto.

    Allegati:
  • Rendicontazione non finanziaria

    Sostenibilità: cosa contiene il Milleproroghe

    Il Decreto Milleproroghe in conversione in legge entro il 25 febbraio, è stato approvato da Camera e Senato ed ora è atteso in Gazzetta Ufficiale.

    Tra le novità approvate con emendamento ve ne sono due relative alla sostenibilità, vediamole.

    Reporting Sostenibilità: cosa contiene il Milleproroghe

    Tra gli emendamenti approvati al decreto Milleproroghe ve ne sono due per le norme sulla sostenibilità. 

    Il primo riguarda i revisori, che potranno rilasciare attestazioni di conformità per i rendiconti di sostenibilità 2024 a condizione che abbiano maturato cinque crediti formativi specifici. 

    L'altra novità è una proroga della disciplina sanzionatoria per le dichiarazioni di carattere non finanziarie relative agli esercizi avviati prima del 1° gennaio 2024. 

    Ricordiamo che a tema sostenibilità è stato approvato il Dlgs 125/2024, che ha recepito in Italia la Corporate sustainability reporting directive (Csrd). Leggi anche Il revisore della sostenibilità: finestra temporale fino all'1.01.2026, deroga sanzioni

    Con le due misure approvate, il Milleproroghe prevede che, in attesa delle regole attuative del Mef:

    • i revisori potranno rilasciare le attestazioni di conformità relative ai bilanci chiusi al 31 dicembre 2024, purché abbiano maturato, entro la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, almeno cinque crediti formativi nelle materie caratterizzanti la rendicontazione e l’attestazione della sostenibilità. La ratio dell'intervento è senz'altro quella di non bloccare l’operatività del nuovo sistema, evitando ritardi nell’attestazione non finanziaria delle imprese, essenziale per garantire credibilità ai dati pubblicati dalle aziende e soddisfare investitori e stakeholder.
    • si proroga la disciplina sanzionatoria per le dichiarazioni non finanziarie relative agli esercizi avviati prima del 1° gennaio 2024. In sostanza si continuano ad applicare gli artt. 8 e 9 del Dlgs 254/2016, abrogato dal Dlgs 125/2024 a decorrere dalla sua entrata in vigore, ossia il 25 settembre 2024. Tali articoli recano la disciplina previgente sulle comunicazioni di informazioni di carattere non finanziario. Con la proroga si risolve un vuoto normativo in cui le imprese avrebbero potuto trovarsi. Il Dossier al Ddl del Milleproroghe recita come segue: la disposizione, introdotta dal Senato, interviene sulla disciplina delle rendicontazioni societarie di sostenibilità, in particolare disponendo che alle violazioni in materia di dichiarazioni non finanziarie concernenti gli esercizi avviati anteriormente al 1° gennaio 2024, restino applicabili le norme in tema di sanzioni e di poteri e coordinamento tra le Autorità competenti, di cui agli articoli 8 e 9 del previgente decreto legislativo n. 254 del 201661 e alla relativa disciplina attuativa, in luogo della disciplina introdotta dal nuovo decreto legislativo del 2024. 

  • Legge di Bilancio

    P.IVA fittizie: oltre 6.000 chiuse nel 2024

    Dal comunicato unificato dell’Ade e dell’Ader del 18 febbraio 2025, emerge che nel 2024 sono state chiuede oltre 6.000 PIVA di comodo.

    I dati sono in netto aumento rispetto al passato se già pensiamo che al 31.072023 i dati parlavano di 1.221.

    Ricordiamo che la Legge n 197 del 29 dicembre Legge di Bilancio per l'anno 2023 pubblicata in GU n 303 supplemento ord. n 43 del 29 dicembre 2022, tra le altre novità, ha previsto norme a presidio preventivo connesso all’attribuzione e all’operatività delle partite IVA.

    In particolare, le disposizion rafforzano l’attività di presidio preventivo connesso all’attribuzione e all’operatività delle partite IVA. 

    Si riconosce all’Agenzia delle entrate la possibilità di effettuare specifiche analisi del rischio anche attraverso l’esibizione di documentazione tramite cui sia possibile la verifica dell’effettivo esercizio dell’attività. 

    Vengono altresì specificate le modalità con le quali, successivamente al provvedimento di cessazione, la partita IVA può essere nuovamente richiesta nonché il regime sanzionatorio applicabile

    Controllo preventivo PIVA fittizie: che cos'è

    La disposizione ha introdotto nuove misure a quelle già previste per l’esercizio del presidio preventivo connesso all’attribuzione e all’operatività delle partite IVA disposte dall’articolo 35, comma 15-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. 

    Si ricorda che il comma 15-bis prevede che l’attribuzione del numero di partita IVA determina l’esecuzione di riscontri automatizzati per la individuazione di elementi di rischio connessi al rilascio dello stesso nonché l'eventuale effettuazione di accessi nel luogo di esercizio dell'attività, avvalendosi dei poteri previsti dal medesimo decreto.

    Gli Uffici verificano che i dati forniti da soggetti per la loro identificazione ai fini dell'IVA, siano completi ed esatti.

    In caso di esito negativo, l'Ufficio emana provvedimento di cessazione della partiva IVA e provvede all'esclusione della stessa dalla banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie. 

    Vengono introdotti due nuovi commi 15-bis.1. e 15-bis.2 al richiamato articolo 35. 

    Nello specifico, si stabilisce che ai fini del rafforzamento del presidio già previsto, l’Agenzia delle entrate effettua specifiche analisi del rischio connesso al rilascio di nuove partite IVA, a esito delle quali l’ufficio invita il contribuente a presentarsi in ufficio per esibire la documentazione prevista agli articoli 14 e 19 del decreto del Presidente della Repubblica del 29 settembre 1973, n. 600, ove obbligatoria. 

    Si tratta in particolare di scritture contabili delle imprese commerciali, delle società e degli enti equiparati nonché degli esercenti arti e professioni. 

    L’esibizione di tale documentazione è volta a consentire in ogni caso la verifica dell’effettivo esercizio dell’attività di esercizio di impresa nonché di arti e professioni e per dimostrare, sulla base di documentazione idonea, l’assenza dei profili di rischio individuati. 

    In caso di mancata comparizione di persona del contribuente ovvero di esito negativo dei riscontri operati sui documenti eventualmente esibiti, l’ufficio emana provvedimento di cessazione della partita IVA

    Si chiarisce inoltre che, ferma restando la disciplina applicabile nelle ipotesi in cui la cessazione della partita IVA comporti l’esclusione della stessa dalla banca dati dei soggetti che effettuano operazioni intracomunitarie, in caso di cessazione ai sensi dei commi 15-bis e 15-bis.1 di nuova introduzione, la partita IVA può essere successivamente richiesta dal medesimo soggetto, come imprenditore individuale, lavoratore autonomo o rappresentante legale di società, associazione od ente, con o senza personalità giuridica, costituite successivamente al provvedimento di cessazione della partita IVA, solo previo rilascio di polizza fideiussoria o fideiussione bancaria per la durata di tre anni dalla data del rilascio e per un importo non inferiore a 50.000 euro

    In caso di eventuali violazioni fiscali commesse antecedentemente all’emanazione del provvedimento di cessazione, l’importo della fideiussione deve essere pari alle somme, se superiori a 50.000 euro, dovute a seguito di dette violazioni fiscali, sempreché non sia intervenuto il versamento delle stesse. 

    Inoltre si introduce un nuovo comma 7-quater. all’articolo 11 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, in materia di violazioni in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto. 

    Tale norma prevede che il contribuente destinatario del provvedimento emesso ai sensi dell’articolo 35, commi 15-bis e 15-bis.1, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria pari a euro 3.000, irrogata contestualmente al provvedimento che dispone la cessazione della partita IVA. 

    Per tutti le regole applicative leggi: P.IVA fittizie: criteri delle Entrate per l'analisi di rischio.

  • Agricoltura

    Fondo interessi Agricoltura: domande entro il 21 marzo

    ISMEA con un avviso del 19 febbraio informa del differimento del termine ultimo per le domande al Fondo interessi per il settore. In particolare le domande possono essere inviate entro le ore 12 del 21 marzo.

    Ricordiamo che dal 20 gennaio è possibile presentare le domande per il Fondo Interessi finalizzato a coprire, fino al 100% l'onere per interessi sostenuti per il 2023 dalle organizzazioni di produttori riconosciute e dai relativi consorzi di organizzazioni di produttori, del settore olivicolo-oleario, del settore agrumicolo e di quello lattiero caseario del comparto del latte ovino e caprino.

    Ricordiamo che ISMEA da attuazione a quanto previsto dal DM Agricoltura del 18 ottobre 2024 che ha fissato le modalità di concessione dei contributi da destinare alla copertura, totale o parziale, dei costi sostenuti dalle organizzazioni di produttori riconosciute, e dai relativi consorzi di organizzazioni di produttori, dei settori su indicati per gli interessi dovuti per l’anno 2023 sui prestiti bancari contratti a medio e lungo termine, ai sensi dell’articolo 1, comma 4-bis del decreto-legge 15
    maggio 2024, n. 63 convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2024, n. 101.
    Il decreto si attua mediante l’utilizzo di 5 milioni di euro per l’anno 2024, per ciascuno dei settori indicati.

    Fondo interessi agricoltura: domande entro il 21 marzo

    L'ISMEA specifica che la compilazione e la presentazione delle domande di accesso alle agevolazioni possono essere effettuate a partire dalle ore 12.00 del giorno 20 gennaio 2025, data di apertura dello sportello telematico, fino alle ore 12.00 del giorno 21 marzo (come prorogata dal 21 febbraio 2025).

    Clicca qui per accedere al portale dedicato.

    Attenzione al fatto che ad eccezione del primo giorno di apertura (dalle ore 12.00 alle ore 18.00) e dell'ultimo giorno di chiusura (dalle ore 9.00 alle ore 12.00), lo sportello telematico rimane aperto nei giorni feriali (dal lunedì al venerdì) dalle ore 9.00 alle ore 18.00. 

    Fino al termine di scadenza per la presentazione delle domande, ciascun soggetto può annullare e ripresentare la propria domanda. 

    Una volta che la domanda è stata compilata in tutte le sue parti e corredata degli allegati indicati, deve essere firmata digitalmente dal legale rappresentante del soggetto richiedente e quindi convalidata.

    Nel caso di presentazione di più domande da parte di un medesimo soggetto, è considerata validamente acquisita l'ultima registrata dalla piattaforma informatica, entro il termine di scadenza. 

    Una domanda convalidata non può essere in alcun modo modificata od integrata dall'utente, ma potrà essere rimossa dal sistema per tutto il periodo di presentazione. 

    Ricordiamo che ai sensi dell'art 4 del DM 18 ottobre i soggetti di cui all’articolo 2, per accedere alla concessione dei contributi, presentano domanda attraverso la piattaforma informatica dell’articolo 3, previa registrazione sulla
    stessa, secondo le seguenti modalità:

    • a) rendendo dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ai sensi e per gli effetti degli articoli 47 e 76 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in relazione: – a).1. al riconoscimento come organizzazione o consorzio di organizzazioni, ai sensi del regolamento (UE) n. 2013/1308 – a).2. all’iscrizione presso la CCIAA – a).3. al corretto assolvimento degli obblighi contributivi e relativi ai premi assicurativi (ai fini del rilascio del DURC) – a).4. alla corretta posizione rispetto agli adempimenti nei confronti di Agenzia Entrate Riscossione – a)5. agli aiuti “de minimis” percepiti negli ultimi tre anni – a).6. al conto corrente dedicato al versamento dell’importo richiesto, unitamente all’elenco dei soggetti legittimati ad operare sullo stesso, ai sensi dell’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136;
    • b) allegando, ai fini dell’ammissibilità della domanda: – b).1. visura rilasciata dalla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia, alla data contabile precedente di non oltre tre mesi quella di presentazione della domanda – b).2. piano di ammortamento del contratto di prestito – b).3. documentazione attestante l’importo degli interessi
      corrisposti per l’anno 2023, in relazione al contratto bancario di prestito, a medio o lungo termine, sottoscritto.

    La ricevuta di presentazione, rilasciata dalla piattaforma informatica, attesta la data e l’ora di presentazione della domanda.

    Fino al termine di scadenza per la presentazione delle domande, individuato ai sensi dell’articolo 3, comma 2, ciascun soggetto può annullare e ripresentare la propria domanda.

    Nel caso di presentazione di più domande da parte di un medesimo soggetto, è considerata validamente acquisita l’ultima registrata dalla piattaforma informatica, entro il termine di scadenza.

    Allegati:
  • Contenzioso Tributario

    Processo tributario: i messaggi whatsapp sono prove

    Secondo la Sentenza nn 1254 del 18 gennaio della Cassazione i messaggi di WhatsApp nel processo tributario hanno una valenza probatoria.

    Vediamo il caso di specie e la pronuncia della Suprema corte.

    Processo tributario: i messaggi whats app sono prove

    La Corte di Cassazione con la sentenza n 1254/2025 ha stabilito che i messaggi WhatsApp e gli sms conservati nella memoria di un telefono cellulare possono essere utilizzati come prova documentale nel processo civile, salvo contestazione di autenticità.

    Anche se la giurisprudenza passata aveva dato esito opposto, ora la Cassazione evidenzia che la messaggistica istantanea ha valore di piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose.

    L’assunzione della prova dipende essenzialmente da due elementii: 

    1. l’autenticità della provenienza, ovvero che il messaggio deve provenire da un dispositivo identificabile e la trasmissione e la conservazione non ne abbiano alterato il contenuto; 
    2. l’affidabilità e integrità del contenuto e quindi la prova deve essere supportata da strumenti tecnici che dimostrino che il contenuto non è alterato.

    La controparte non ne deve contestare l’autenticità

    E' comunque fondamentale, un certo rigore nella valutazione dell’attendibilità, poiché si tratta di prove che coinvolgono la riservatezza dei soggetti coinvolti.

    Secondo la Suprema corte, tali tipi di messaggi WhatsApp rientrano nella categoria delle riproduzioni informatiche e delle rappresentazioni meccaniche disciplinate dall'art 2712 c.c. 

    Di rilieno appare anche che la Corte ha precisato che i messaggi possono essere acquisiti nel processo anche mediante la mera riproduzione fotografica, quali ad esempio gli screenshot estratti da una chat.

     Infine, la Cassazione ha chiarito che,benchè i messaggi WhatsApp non possano essere equiparati a una scrittura privata firmata ai sensi dell'art 2702 c.c., costituiscono comunque una prova documentale pienamente utilizzabile, salvo che la parte contro cui vengono prodotti non ne contesti espressamente l'autenticità.

  • Versamenti delle Imposte

    Campagne promozionali: l’imposizione fiscale della cessione di beni scontati

    Con Risposta n 25 dell'11 febbraio le Entrate pubblicano una replica ad una impresa che effettua cessioni di beni a titolo di sconto al raggiungimento di predeterminati livelli di fatturato ai fini della qualificazione ai fini IVA, IRES ed IRAP.

    Una SRL ha domandato se:

    1. i beni offerti come "kit promozionali" o sotto forma di punti riscattabili su una piattaforma siano qualificabili come sconti in natura ai sensi dell'art. 15, comma 1, n. 2 del DPR 633/1972, e quindi esclusi dalla base imponibile IVA;
    2. l'istante chiede se i costi relativi ai beni o servizi oggetto di sconto in natura siano deducibili ai fini IRES e IRAP, considerandoli come spese di vendita e non come spese di rappresentanza. Inoltre, interroga sulla possibilità di effettuare accantonamenti per i beni e servizi da consegnare nell’esercizio successivo.

    Sinteticamente, l'Ade evidenzia che le cessione di beni a titolo di sconto al raggiungimento di certi risultati di fatturato sono escluse da IVA e tassabili con le imposte dirette, vediamo il caso di specie.

    Campagne promozionali: regole per l’imposizione fiscale

    Relativamente al primo quesito l’Agenzia delle Entrate analizza l’applicabilità dell’art. 15, comma 1, n. 2 del DPR 633/1972, che esclude dalla base imponibile IVA il valore normale dei beni ceduti a titolo di sconto, premio o abbuono, a condizione che: 

    • le cessioni siano espressamente e preventivamente pattuite nel contratto relativo alla cessione principale;
    • l’aliquota IVA dei beni ceduti non sia superiore a quella dei beni oggetto della cessione principale.

    L’Agenzia ritiene che le cessioni dei kit promozionali (prodotti di abbigliamento con il marchio scelto dal cliente) del caso di interpello, soddisfino questi requisiti, poiché:

    • sono pattuite in origine nell’accordo commerciale con il cliente;
    • sono collegate funzionalmente alla vendita di pneumatici;
    • i beni ceduti hanno la stessa aliquota IVA di quelli della cessione principale.

    Pertanto, conferma che i kit promozionali rientrano nel regime di esclusione dalla base imponibile IVA ai sensi dell’art. 15 DPR 633/1972.

    Le Entrate evidenziano che, il sistema di accumulo punti per l’acquisto di premi su una piattaforma online rientra nello stesso regime di esclusione IVA.

    I punti maturati derivano dagli acquisti di pneumatici e il loro utilizzo per il riscatto di premi mantiene un collegamento diretto con la cessione principale.

    Anche questi beni, pertanto, costituiscono sconti in natura e non concorrono alla base imponibile IVA.

    Relativamente al secondo quesito l’Agenzia analizza la deducibilità dei costi sostenuti dalla SRL per l’acquisto dei beni ceduti a titolo di sconto in natura.

    L’art. 109 del TUIR stabilisce che le spese e gli altri componenti negativi di reddito sono deducibili se inerenti all’attività dell’impresa e finalizzati alla produzione di ricavi.

    L’Agenzia ritiene che i costi sostenuti dalla SRL per i kit promozionali e i premi riscattati sulla piattaforma online siano inerenti, in quanto legati a una strategia promozionale che può generare maggiori ricavi, di conseguenza, questi costi sono deducibili ai fini IRES.

    L’IRAP si calcola sulla base del valore della produzione netta e segue il principio di derivazione dal conto economico.

    Se i costi dei beni ceduti a titolo di sconto sono correttamente imputati in bilancio come spese di vendita, sono deducibili anche ai fini IRAP.

    L’Agenzia delle Entrate conferma che queste spese non rientrano tra le spese di rappresentanza (art. 108 TUIR), in quanto:

    • derivano da un obbligo contrattuale e non sono elargizioni a titolo gratuito;
    • rappresentano una riduzione del prezzo della fornitura principale e non una mera promozione dell’immagine aziendale.

    L’Agenzia richiama l’art. 107, comma 4, del TUIR, che non ammette la deducibilità di accantonamenti atipici.

    Di conseguenza, i costi per i beni che verranno consegnati ai clienti nell'esercizio successivo non possono essere dedotti nell’anno di competenza, ma solo nell'anno in cui i beni vengono effettivamente consegnati.

    Allegati:
  • Locazione immobili 2024

    Omessa dichiarazione imposta di soggiorno: le sanzioni

    Durante l'ultima edizione di Telefisco 2025 il MEF ministero delle finanze ha precisato il regime sanzionatorio della omessa dichiarazione per l'imposta di soggiorno.

    Veniva domandato un chiarimento in merito alle novità introdotte dall'art 180 del DL n 34/2020 che ha qualificato come responsabili d’imposta i gestori delle strutture ricettive.

    I gestori sono responsabili in caso di omesso versamento della imposta in oggetto e quindi passibili dell’irrogazione della sanzione di cui all’articolo 13 del Dlgs 471/1997, a prescindere dal pagamento della stessa da parte del turista.

    A carico dei gestori inoltre è stato istituito l’obbligo di presentare una dichiarazione, entro il 30 giugno di ciascun anno redatta sui modelli ministeriali. 

    Infine è stato stabilito che in caso di omessa o infedele dichiarazione si applica la sanzione variabile dal 100% al 200% dell’imposta dovuta.

    Il quesito chiedeva chiarimenti sull'importo della sanzione qualora il gestore abbia pagato l'imposta ma non presentato la dichiarazione per l'imposta di soggiorno.

    Omessa dichiarazione imposta di soggiorno: le sanzioni

    Nel caso in cui il soggetto obbligato abbia pagato l'imposta ma non presentato la relativa dichiaraizone, veniva suggerito di versare una sanzione minima previsto per i tributi locali.

    Il MEF ha evidenziato che  la sanzione minima non è contemplata in alcuna disposizione sull’imposta di soggiorno e pertanto in presenza di una condotta collaborativa del gestore, si è correttamente richiamata l’esigenza di ridurre la sanzione minima a un quarto, in virtù del principio di proporzionalità, in base a quanto disposto nell’articolo 7, comma 4, del Dlgs 472/1997.

    Pertanto l’omessa presentazione della dichiarazione annuale ai fini dell’imposta di soggiorno è punita con la sanzione pari al 25% (un quarto del 100%) dell’imposta indicata in dichiarazione, anche se integralmente versata.