• Risparmio energetico

    Detrazione per spese Fotovoltaico: spetta per impianto su terreno di terzi

    Durante l'edizione di Telefisco 2023 tenutasi ieri 26 gennaio, è stato fornito, tra gli altri, un interessante chiarimento da parte dell'agenzia delle entrate in merito alle agevolazioni spettanti per gli impianti fotovoltaici.

    Viene specificato che, l’installazione dell’impianto fotovoltaico servente la propria abitazione consente il bonus casa al 50% anche nel caso di installazione su adiacente capannone agricolo di proprietà di un familiare.

    Si sottolinea che l’Agenzia, con alcune risposte a interpello, aveva confermato la possibilità di godere del superbonus installando l’impianto fotovoltaico dedicato all’abitazione:

    • su terreno di pertinenza (Risposta n. 171/2021)
    • su altro edificio di proprietà (Risposta n. 614/2021)

    ma mai, prima d'ora, si era parlato di installazione su terreno di proprietà di terzi, in questo caso un familiare del soggetto che beneficia dell'impianto.

    Pertanto il chiarimento fornito, consente di percorrere un ulteriore passo avanti, secondo il quale l'installazione ai fini del godimento delle detrazioni fiscali previste dai bonus edilizi possa essere fruita anche per impianto sito su di una proprietà altrui purchè servente l'abitazione del contribuente che ne usufruisce.

    L'agenzie nella risposta in Telefisco 2023, specifica che, come ribadito con la Circolare n 28/2022 per usufruire della detrazione di cui si tratta (normata dall'art 16 DL n 63/2013) occorre che:

    • l'impianto sia installato per far fronte ai bisogni energetici dell'abitazione, quali luci domestiche illuminazione alimentazione apparecchi elettrici, ecc
    • perciò che l'impianto sia posto al servizio della abitazione.

    Sempre sul tema, ricordiamo che anche che il comma 10 dell’articolo 1 della legge n. 197/2022 ha previsto che dal 1 gennaio 2023 siano ammessi al superbonus gli interventi “trainati” di installazione di impianti fotovoltaici realizzati da Onlus, Odv e Aps in aree o strutture non pertinenziali, anche di proprietà di terzi, diversi dagli immobili ove sono realizzati i «trainanti» (se situati all’interno di centri storici vincolati).

  • Corsi Accreditati per Commercialisti

    Segreto Professionale: ambito di applicazione per i commercialisti

    Con il pronto ordini n. 203 del 19.01 il CNDCEC chiarisce l'ambito di applicazione del segreto professionale per i Commercialisti.

    In particolare, veniva richiesto se un iscritto, il quale ha ricevuto dall’Agenzia delle Entrate un questionario ex art. 51. d.P.R. n. 633/1972 richiedente l’esibizione della documentazione inerente l’esecuzione della prestazione professionale resa nei confronti di un cliente, possa, in assenza di autorizzazione del cliente stesso, dar seguito alla richiesta dell’Agenzia delle Entrate, senza incorrere nelle sanzioni deontologiche, civili e penali conseguenti alla violazione del segreto professionale. 

    Viene chiarito che fermo restando che sarà compito dell’iscritto valutare per quali tra i documenti richiesti può opporre il segreto professionale, in sede di risposta al questionario l’eventuale esibizione di documentazione nota, conoscibile o già divulgata nonché documentazione che rivesta un interesse prettamente economico e fiscale del cliente, può costituire scriminante dal punto di vista sia disciplinare sia penale, anche in assenza di autorizzazione della parte assistita.

    Vediamo come il CNDCEC è giunto alla suddetta precisazione.

    Innanzitutto, il Consiglio specifica che nell’ordinamento professionale l’obbligo del segreto professionale è previsto dall’art. 5 del D.Lgs. n. 139/2005.

    Esso dispone in via generale che “Gli iscritti nell'Albo hanno l'obbligo del segreto professionale. Nei loro confronti si applicano gli articoli 199 e 200 del Codice di procedura penale e l'articolo 249 del Codice di procedura civile, salvo per quanto concerne le attività di revisione e certificazione obbligatorie di contabilità e di bilanci, nonché quelle relative alle funzioni di sindaco o revisore di società od enti”

    Il segreto professionale attiene ai fatti, informazioni e circostanze che l’iscritto apprende in ragione dell’espletamento del mandato professionale e le stesse devono pertanto mantenersi riservate e confidenziali. All’iscritto, proprio in ragione di tale prerogativa, è riconosciuto il diritto di astenersi dal rendere testimonianza nell’ambito del processo penale e civile.

    L’obbligo del segreto professionale trova il suo completamento nell’art. 10 del Codice deontologico, il quale prevede che “1. Il professionista, fermi restando gli obblighi del segreto professionale e di tutela dei dati personali, previsti dalla legislazione vigente, deve mantenere l’assoluto riserbo e la riservatezza delle informazioni acquisite nell’esercizio della professione e non deve diffondere tali informazioni ad alcuno, salvo che egli abbia il diritto o il dovere di comunicarle in conformità alla legge. 2. Le informazioni acquisite nell’esercizio della professione non possono essere utilizzate per ottenere alcun vantaggio personale del professionista o di terzi. 3. Il professionista vigilerà affinché il dovere di riservatezza sia rispettato anche dai suoi tirocinanti, dipendenti e collaboratori”.
    Infine, l’obbligo di mantenere il segreto professionale si ricava anche dall’art. 622 c.p., il quale punisce la condotta di chi, avendo notizia, per ragione della propria professione, di un segreto, lo rivela senza giusta  causa.
    Di conseguenza, l’iscritto che viola il segreto professionale, divulgando a terzi le notizie che gli siano state confidate da un proprio cliente, potrebbe essere chiamato a rispondere in sede disciplinare, civile e penale.
    Viene quindi specificato che le norme indicate individuano quindi:

    • da un lato il dovere per l’iscritto di mantenere riservate le informazioni apprese in ragione dell’espletamento del mandato 
    • e dall’altro lato il diritto a non comunicarle e/o riferirle a terzi.

    Nell’ordinamento il diritto a non divulgare le informazioni apprese in ragione dell’espletamento del mandato non solo può esercitarsi nell’ambito delle testimonianze civili e penali, come sopra evidenziato, ma anche in sede di accessi, ispezioni e verifiche disposte dagli Uffici facenti parte dell’Amministrazione finanziaria. Infatti, all’art. 52, comma 3, d.P.R. n. 633/1973 è previsto che il professionista che subisce l’accesso possa eccepire il segreto professionale relativamente a 

    • perquisizioni personali, 
    • all'apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili, 
    • all'esame di documenti 
    • e alla richiesta di notizie. 

    In tal caso la norma prevede che tali attività possano essere eseguite solo a seguito dell'autorizzazione del procuratore della Repubblica o dell'autorità giudiziaria.
    Viene inoltre sottolineato che, non essendo prevista una norma che individui quali siano i documenti o le informazioni per le quali il professionista possa opporre fondatamente il segreto professionale, si ritiene che, come rilevato da autorevole dottrina, siano esclusi dal dovere di segretezza i fatti notori, ovvero le notizie che risultano essere conosciute da un elevato numero di persone o siano state in ogni caso divulgati dalla stessa parte assistita

    La Guardia di Finanza, con la circolare n. 1/2008, ha ad esempio ritenuto che “ il segreto professionale possa essere fondatamente opposto soltanto per quei documenti che rivestono un interesse diverso da quelli economici e fiscali del professionista o del suo cliente e, pertanto, quando i documenti non presentano alcuna utilità ai fini fiscali; non pare quindi che possa essere eccepito il segreto professionale per le scritture ufficiali né per i fascicoli dei clienti, limitatamente però, per quanto attiene a questi ultimi, all’acquisizione dei documenti che costituiscono prova dei rapporti finanziari intercorsi fra professionista e cliente”.
    In conclusione, fermo restando che sarà compito dell’iscritto valutare per quali tra i documenti richiesti può opporre il segreto professionale, in sede di risposta al questionario l’eventuale esibizione di documentazione nota, conoscibile o già divulgata nonché documentazione che rivesta un interesse prettamente economico e fiscale del cliente, può costituire scriminante dal punto di vista sia disciplinare sia penale, anche in assenza di autorizzazione della parte assistita.

  • Risparmio energetico

    Lavori di efficientamento energetico: quando spetta doppia detrazione

    Con Risposta a interpello n 143 del 23 gennaio 2023 le Entrate chiariscono quando gli interventi di efficientamento energetico eseguiti sullo stesso immobile in periodi d’imposta differenti non sono l’uno (il secondo) la mera prosecuzione dell’altro, quindi, godono ognuno della detrazione spettante con limite di spesa massimo. 

    In particolare, viene specificato che l’autonomia dei lavori effettuati in anni diversi è dimostrata dagli adempimenti amministrativi necessari per la loro realizzazione.
    Nel caso di specie l’Agenzia ha fornito chiarimenti ad un istante che aveva dubbi in merito alla sistemazione e il rifacimento della copertura di uno stabile, per i quali ha prodotto copia della Cila e della comunicazione all’Enea della fine dei lavori, presentate rispettivamente ad agosto e a dicembre 2019, nonché della fattura emessa dalla ditta che ha effettuato gli interventi e sullo stesso stabile, aveva provveduto anche alla sostituzione degli infissi, ma l'anno successivo, fornendo copia degli stessi documenti presentati e datati 2020.

    Egli chiedeva:

     “nel caso in cui gli interventi … realizzati in ciascun anno consistano nella mera prosecuzione di interventi iniziati in anni precedenti, ai fini del computo del limite massimo delle spese ammesse a fruire della detrazione si tiene conto anche delle spese sostenute negli stessi anni'' 

    Le Entrate hanno replicato invece che l'istante potrà beneficiare:

    • nel periodo d'imposta 2020, della detrazione fiscale del 50% fino a un valore massimo di 60mila euro, con riferimento alle spese sostenute per la sostituzione degli infissi, 
    • anche se ha già usufruito, nel periodo 2019, della detrazione fiscale del 65% fino a un valore massimo di 60mila euro, per le spese di sistemazione e rifacimento del tetto, come da dichiarazione della ditta individuale che li ha eseguiti.

    Viene specificato che con la circolare n 175/2015 è stato chiarito che l’intervento, per essere considerato autonomamente detraibile rispetto a quelli eseguiti in anni precedenti sulla medesima unità immobiliare, deve essere autonomamente certificato dalla documentazione richiesta dalla normativa edilizia vigente.

    Con la circoalre n 19/2020 viene precisato invece che l'autonoma configurabilità dell'intervento è dimostrata da elementi riscontrabili in via di fatto oltre che dall'espletamento dei relativi adempimenti amministrativi, come ad esempio, Scia, eventuale collaudo o dichiarazione di fine lavori.

    Visto che gli adempimenti amministrativi presentati dall’istante, in relazione ai due interventi, sono indubbiamente riscontrabili, come previsto dall'art 14 del decreto legge n. 63/2013, che attualmente disciplina le detrazioni in oggetto, le Entrate ritengono che lo sconto fiscale spetti nella misura del 65% fino a un valore massimo di 60 mila euro per l'intervento del 2019 e nella misura del 50% fino a un valore massimo di 60 mila euro per la sostituzione degli infissi.

    Allegati:
  • Identità digitale

    Rinnovo certificati di sicurezza Entratel: c’è tempo fino al 31 gennaio

    Le Entrate hanno disposto una proroga al 31 gennaio 2023 per il rinnovo dei certificati per adeguamento ai nuovi standard di sicurezza. (In proposito si legga l'informativa del CNDCEC n 90 del 3 ottobre 2022)

    In particolare: 

    • gli intermediari Entratel 
    • gli utenti Fisconline

    che non hanno provveduto al rinnovo dei certificati digitali per la firma dei documenti informatici hanno tempo fino al 31 gennaio 2023.

    In allagato alla informativa l'agenzia mette a disposizione due guide (accedi qui per scaricarle):

    • Guida rapida Generazione ambiente di sicurezza utenti Entratel utilizzatori del software “Desktop Telematico” 
    • Guida rapida Generazione ambiente di sicurezza utenti Fisconline – registrati al SID – ed utenti Entratel (che non utilizzano il “Desktop telematico”). 

    La nota dei commercialisti del 3 ottobre riporta il dettaglio delle comunicazioni pubblicate dall'agenzia delle Entrate. 

    Rinnovo certificati di sicurezza entratel: entro il 31 gennaio

    L'Agenzia delle Entrate ha reso più sicuro lo scambio dati e documenti standardizzando gli algoritmi e i certificati digitali per la firma e cifratura dei documenti informatici da scambiare mediante i vari canali telematici. 

    I nuovi requisiti minimi di sicurezza per la trasmissione dati all’Agenzia delle entrate sono: 

    • algoritmo di hash: SHA-256; 
    • algoritmo di cifratura: AES-256; 
    • lunghezza delle chiavi RSA: 4096 bit (cifratura) e 4096 o 2048 bit (firma). 

    Il percorso di adozione è tuttora in corso, in considerazione della vasta platea di utenti; al momento, in via transitoria, sono ancora accettati gli invii di dati firmati e cifrati con i certificati creati con i precedenti requisiti meno stringenti.

    Tale fase transitoria terminerà il 31 gennaio 2023, successivamente non verranno più accettati dati e documenti firmati e cifrati che non seguano le regole precedentemente esposte. 

    Viene specificato che si è proceduto anche alla pubblicazione di un messaggio di contenuto analogo, all’interno dell’area riservata di quegli utenti che al 30 aprile 2022 non avevano ancora sostituito il certificato e, per quegli utenti che hanno registrato l’indirizzo e-mail, il messaggio è stato inviato anche via posta elettronica. 

    Pertanto, è necessario, qualora tale operazione non sia già stata effettuata, aggiornare le applicazioni “Desktop Telematico – Entratel” oppure “Generazione certificati”, nonché rinnovare entro la data del 31 gennaio 2023 i propri certificati utilizzando le stesse applicazioni.

    Per la procedura da seguire leggi: Novità Desktop telematico: cosa si deve fare entro il 31 gennaio 2023? Ecco la guida

    Nel caso di dubbio di aver già provveduto è possibile utilizzare le medesime applicazioni anche per verificare che i certificati siano già stati aggiornati, procedendo come di seguito descritto: 

    • Desktop Telematico: o utilizzare la funzione “Sicurezza – Visualizza certificati” del menu “Entratel”; o selezionare il pulsante “Dettaglio” dopo aver specificato il certificato da verificare; o controllare che nella cartella “Generale – Certificato selezionato” appaia la dicitura “Chiave Pubblica: Sun RSA public key, 4096 bits”. 

    Nel caso la dicitura elenchi un valore diverso, il certificato dovrà essere aggiornato procedendo alla revoca dell’ambiente di sicurezza e alla generazione di un nuovo ambiente di sicurezza;

    • Gestione certificati: o utilizzare la funzione “Gestisci ambiente – Visualizza certificati”; o selezionare il pulsante “Dettaglio” dopo aver specificato il certificato da verificare; o controllare che nella cartella “Generale – Certificato selezionato” appaia la dicitura “Chiave Pubblica: Sun RSA public key, 4096 bits”. 

    Qualora la dicitura descriva un valore diverso, il certificato dovrà essere aggiornato procedendo alla revoca dell’ambiente di sicurezza e alla generazione di un nuovo ambiente di sicurezza. 

    Viene ribadito che è opportuno aggiornare sempre le applicazioni prima di procedere in quanto, qualora si seguisse la procedura indicata in precedenza con una versione non aggiornata, le richieste di generazione dei certificati sarebbero scartate dal sistema con il messaggio: “Formato della richiesta di iscrizione al registro utenti non valido (K1024). 

    Verificare la versione del software di generazione dell'ambiente di sicurezza”. 

    Ricordiamo che con il comunicato pubblicato il 29/04/2022 nell'area riservata,  l'Agenzia delle Entrate disponeva una proroga al 31 dicembre 2022 del rinnovo certificati per adeguamento ai nuovi standard di sicurezza.

    Allegati:
  • Redditi esteri

    Tassazione immobile venduto in paese UE: il caso del residente in Italia

    Con Risposta a interpello n. 122 del 20 gennaio le Entrate chiariscono dubbi sulla assoggettabilità ad imposizione in Italia di reddito derivante dalla vendita di immobile acquistato nei Paesi Bassi, da parte di un soggetto che vive e lavora in Italia e in Spagna.

    Il contribuente dichiara di aver venduto un immobile, acquistato più di cinque anni prima, nei Paesi Bassi, ricavandone una plusvalenza già assoggettata a imposizione in Olanda. La sua domanda riguarda il trattamento fiscale da riservare a tale introito in Italia.

    Le Entrate specificano che in relazione al reddito derivante dall'alienazione del bene immobile ubicato nei  Paesi  Bassi,  occorre far riferimento,  sotto  il profilo  della normativa  internazionale, all'articolo 13 della Convenzione per evitare la doppia imposizione tra l'Italia ed i Paesi  Bassi, firmata all'Aja l'8 maggio 1990 e ratificata con legge 26 luglio 1993, n. 305 (Convenzione o il Trattato tra Italia e Paesi Bassi). 

    In particolare, al paragrafo 1, viene prevista la tassazione concorrente in Italia ed Olanda degli utili che un residente di uno degli Stati ritrae dall'alienazione di beni  immobili, situati nell'altro Stato, di cui all'articolo 6 della stessa Convenzione. 

    Si rileva, pertanto, che nell'ipotesi di una residenza italiana della contribuente il reddito in esame, realizzato dall'Istante nell'anno  di riferimento, ai sensi della Convenzione citata, è assoggettabile ad imposizione sia in Italia, sia nei Paesi Bassi.

    Sul piano della vigente normativa italiana, si evidenzia che, nel presupposto che il contribuente sia fiscalmente residente in Italia, lo stesso è assoggettata ad imposizione nel nostro Paese, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del  TUIR, sul suo reddito complessivo, formato da tutti i redditi posseduti per l'intero periodo  d'imposta, al netto degli oneri deducibili ai sensi dell'articolo 10 del medesimo TUIR.

    In particolare, per quel che concerne il reddito in esame, l'articolo 67, comma 1,  lettera b), del TUIR prevede l'imposizione delle plusvalenze realizzate mediante cessione  a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che, per la maggior parte  del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione, sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari. 

    Al riguardo, si osserva che la citata disposizione normativa non è circoscritta alle sole plusvalenze generate dalla  vendita di immobili ubicati nei confini  nazionali ma, risultando come elemento determinante la presenza di un soggetto cedente residente in Italia, ricomprende anche le plusvalenze derivanti dalla vendita di beni immobili situati  all'estero. 

    Si rileva, tuttavia, che, in base a quanto disposto dal citato articolo 67, comma 1,  lettera b), del TUIR, in caso di cessione a titolo oneroso di immobili acquistati o costruiti  da oltre cinque anni non è prevista alcuna imposizione di tali plusvalenze. 

    In conclusione, spiega l'agenzia, nel presupposto della veridicità e completezza della fattispecie rappresentata nell'istanza, si osserva che il reddito in esame non dovrà essere assoggettato ad imposizione nel nostro Paese e, di conseguenza, non dovrà essere indicato nella dichiarazione dei redditi, presentata dal Contribuente, relativa  all'anno  d'imposta di riferimento.

  • Agevolazioni per le Piccole e Medie Imprese

    Credito di imposta ZES: particelle catastali “parzialmente incluse”

    Con Risposta a interpello n 132 del 23 gennaio le Entrate replicano ad una Srl istante proprietaria di un opificio industriale le cui particelle catastali risultano inserite nell'elenco dei comuni inclusi nella Zes della regione Puglia come ''particelle parzialmente incluse''.

    Essa chiede chiarimenti in ordine alla possibilità di fruire dei vantaggi previsti per chi effettua investimenti nelle ZES e, in particolare, del credito d'imposta disciplinato dall'articolo 5, comma 2, del decreto legge 20 giugno  2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123.

    Le Entrate ricordano che l'articolo 4 del decreto legge n. 91 del 2017, recante ''Disposizioni urgenti per la crescita economica del Mezzogiorno'' da ultimo modificato  dall'articolo 37 del decreto legge 30 aprile 2022, n. 36, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  29  giugno  2022,  n.  79,  «al fine di favorire la creazione di condizioni favorevoli in termini economici, finanziari e amministrativi, che consentano lo sviluppo, in alcune aree del Paese, delle imprese già operanti, nonché l'insediamento di nuove imprese in dette aree», ha previsto la possibilità di istituire le Zone Economiche Speciali,  all'interno delle quali tali imprese possono beneficiare delle agevolazioni fiscali e delle  semplificazioni amministrative previste dall'articolo 5 del medesimo decreto. 

    «Per  ZES»  secondo  quanto  previsto  dal  comma  2  del citato articolo 4 «si intende una zona geograficamente delimitata e chiaramente identificata, situata entro i confini dello Stato, costituita anche da aree non territorialmente adiacenti purché presentino un nesso economico funzionale, e che comprenda almeno un'area portuale con le caratteristiche stabilite dal regolamento (UE) n. 1315 dell'11 dicembre 2013 del Parlamento europeo e del Consiglio,sugli orientamenti dell'Unione perlo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (TENT)». 

    L'articolo 5 del decreto, a seguito delle modifiche introdotte dall'articolo 37 del  citato D.L.  n.  36  del  2022, al comma  2,  prevede che:  «In relazione agli investimenti effettuati nelle ZES, il credito d'imposta di cui all'articolo 1, commi 98 e seguenti, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni acquisiti entro il 31 dicembre 2022 nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di 100 milioni di euro. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al medesimo articolo 1, commi 98 e seguenti, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. Il credito di imposta è esteso all'acquisto di terreni e all'acquisizione, alla realizzazione ovvero all'ampliamento di immobili strumentali agli investimenti (…)» 

    Le ZES sono istituite su iniziativa delle regioni interessate che individuano tali  zone, ai sensi dell'articolo 4, comma 4, del decreto, nell'ambito di una proposta corredata  da un Piano di sviluppo strategico. 

    In merito al quesito le Entrate specificano che al ricorrere di tutti i presupposti normativamente previsti, la circostanza che una struttura produttiva sia ubicata su «particelle parzialmente incluse» nell'area della ZES non sia di  per sé ostativa all'accesso al credito d'imposta in questione. 

    Tuttavia, in relazione alle «particelle parzialmente incluse», in coerenza con la ratio  delle  disposizioni in esame  che è quella di creare condizioni  favorevoli per lo sviluppo, in alcune aree del Paese, delle imprese già operanti, nonché per l'insediamento  di nuove imprese, anche attraverso una fiscalità di vantaggio  e della stretta connessione  con il territorio  specifico  di  riferimento, devono ritenersi agevolabili  esclusivamente  quegli investimenti  ''localizzati'', anche parzialmente, in strutture  produttive ricadenti nelle porzioni di particelle incluse nella ZES. 

    Qualora l'investimento agevolabile, dunque, sia realizzato da soggetti operanti su  territorio parzialmente incluso in una ZES, il bonus qui in esame compete solo per le  spese riferibili alla parte effettivamente localizzata nella stessa ZES. 

    Le Entrate concludono che, resta fermo che il contribuente ha l'onere di mantenere evidenza della quota di  spese riferibile ai predetti interventi in termini di fatturazione o a mezzo di un'apposita  attestazione rilasciata dall'impresa di costruzione o ristrutturazione ovvero dal direttore  dei lavori sotto la propria responsabilità, che indichino gli importi riferibili alla porzione di intervento localizzata nella ZES (ossia, dell'investimento agevolabile) utilizzando in entrambe le ipotesi criteri oggettivi (elemento quest'ultimo la cui valutazione esula dall'ambito di applicazione dell'interpello) e, quindi, dimostrabili in sede di eventuale verifica da parte dell'amministrazione finanziaria.

    Si ricorda, che il credito di imposta in oggetto è stato proprogato dalla Legge di Bilancio 2023 (In proposito leggi Credito di imposta zone ZES: proroga al 31 dicembre 2023).

    Allegati:
  • Adempimenti Iva

    Ludoteca e servizi infanzia: quando si applica l’IVA al 22%

    Con Risposta a interpello n 131 del 20 gennaio 2023 le Entrate chiariscono l'aliquota IVA applicabile alle prestazioni rese da una ludoteca che offre servizi integrativi e sperimentali per la prima infanzia (Sispi) 

    Le prestazioni  rese  dall'Istantedato che non presentano le caratteristiche proprie di  quelle rese dall'asilo non sono riconducibili tra le prestazioni esenti, di cui all'articolo 10, primo comma, n. 21) del Decreto IVA.

    In ogni caso, con specifico riferimento ai Servizi integrativi e sperimentali per  la  prima  infanzia  si  fa  presente  che  nel  caso  di  specie gli  stessi  pur  presentando  caratteristiche e finalità educative, come risulta dal decreto legislativo n. 65 del 2017 e  dall'allegato B della Deliberazione della Giunta Regionale, non possono godere neanche della esenzione IVA prevista per le: ''le prestazioni educative dell'infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere, anche per la formazione, l'aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni e da ONLUS (…)'', ai sensi dell'articolo 10, primo comma, n.  20), del menzionato d.P.R. 633 del 1972, per i seguenti motivi. 

    Come chiarito nella circolare n. 22/E del 18 marzo 2008, la disposizione recata  dal citato articolo 10, primo comma n. 20) del d.P.R. n. 633 del 1972, coerentemente con quanto previsto dall'articolo 132 della Direttiva CE n. 112 del 2006, subordina l'applicazione del beneficio dell'esenzione dall'IVA al verificarsi di due requisiti, uno di carattere oggettivo e l'altro soggettivo, stabilendo che le prestazioni a cui si riferisce: 

    a)  devono  essere  di  natura  educativa  dell'infanzia  e  della  gioventù  o  didattica  di ogni genere, ivi compresa l'attività di formazione, aggiornamento, riqualificazione e  riconversione professionale; 

    b)  devono  essere  rese  da  istituti  o  scuole  riconosciuti  da  pubbliche  amministrazioni. In particolare, relativamente agli organismi privati operanti nelle materie di competenza di soggetti pubblici diversi dall'Amministrazione della Pubblica Istruzione,  al paragrafo 4 della circolare n. 22/E del 2008, è stato precisato che il riconoscimento  utile ai fini fiscali continua ad essere effettuato dai soggetti competenti per materia (Regioni, Enti locali, ecc.), con le modalità previste per le specifiche attività educative,  didattiche e formative, ad esempio, con l'iscrizione in appositi albi o attraverso l'istituto  dell'accreditamento (cfr. risoluzione n. 53/E del 15 marzo 2007). 

    Inoltre, al paragrafo 5 della menzionata circolare n. 22/E del 2008, sono riconducibili nell'ambito applicativo  del beneficio dell'esenzione dall'IVA di cui all'articolo 10, primo comma n. 20) del DPR n. 633 del 1972, le prestazioni educative, didattiche e formative approvate e finanziate  da enti pubblici (Amministrazioni statali, Regioni, Enti locali, Università, ecc.).

    Ciò detto, si fa presente che, a seguito di richiesta di documentazione integrativa,  l'Istante ha dichiarato che le prestazioni educative rese non sono state finanziate da enti  pubblici. 

    Inoltre, nel caso in esame, in assenza di una iscrizione in un apposito albo, di uno pecifico accreditamento da parte del soggetto competente e della circostanza che le prestazioni educative in questione non siano approvate e finanziate da enti pubblici, non trova applicazione il regime di esenzione dall'IVA di cui al citato articolo 10, comma primo, n. 20) del DPR n. 633 del 1972. 

    Pertanto, alla luce delle considerazioni suesposte, si ritiene che le prestazioni rese dall'Istante relative  alla  attività  di  ludoteca  e all'attività di  Servizi  integrativi e  sperimentali per la prima infanzia sono soggette all'aliquota IVA ordinaria del 22 per cento.

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