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Colonnine di ricarica: 21mila stazioni in tutta Italia, vediamo dove
Con avviso del 12 gennaio il MASE ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica ha reso noto che nei prossimi tre anni, per accellerare il processo di decarbonizzazione trasporti, verrano instrallati oltre 21 mila stazioni di ricarica per veicoli elettrici, sulle superstrade e nei centri urbani.

In particolare, con due diversi decreti (si attendono le bozze) il MASE disciplina le modalità di accesso mediante gare ai fondi, 713 milioni di euro, del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Missione 2, Componente 2, Investimento 4.3) per installare entro fine 2025:
- almeno 7.500 infrastrutture di ricarica super-rapida sulle strade extraurbane, escluse le autostrade,
- e 13.755 infrastrutture di ricarica veloci nelle città.
L'avviso pubblicato sul sito internet del Ministero specifica inotre che, tali infrastrutture di ricarica contribuiranno alla riqualificazione dell’attuale rete di distribuzione carburanti adeguandoli alla futura mobilità sostenibile
I provvedimenti firmati dal Ministro definiscono:
- le tipologie di progetti e spese ammissibili,
- le modalità di selezione,
- come anche le porzioni di territorio nelle quali potrà essere organizzato il servizio.
Nel primo anno è prevista l’aggiudicazione dei contratti per la realizzazione di 2.500 postazioni di ricarica sulle superstrade, e di 4.000 colonnine nelle aree urbane italiane.
Alla fine del 2025 dovranno essere complessivamente installati in Italia 21.255 punti di ricarica.
L’investimento del PNRR è destinato a finanziare fino al 40% dei costi di realizzazione delle stazioni, che dovranno essere distribuite secondo una base uniforme, dunque con un livello minimo di infrastrutture di ricarica per area privilegiando l’utilizzo di stazioni di servizio e aree di sosta esistenti.
Sulle superstrade sono previste infrastrutture super veloci ( da 175kW), per garantire ricariche in tempi brevi per itinerari di lunga percorrenza, privilegiando l’installazione presso stazioni di servizio esistenti e aree di parcheggio esistenti.
Il decreto riguardante le colonnine nei centri urbani (da almeno 90kW), tiene invece conto nella definizione dei criteri dell’attuale parco circolante, della disponibilità di rimesse, parcheggi, box auto privati, della qualità dell’aria, dell’attuale penetrazione di auto elettriche, della vocazione turistica dei comuni.
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Nuovo Patent box: aperta la consultazione pubblica delle Entrate
L'agenzia delle Entrate con notizia pubblicata sul proprio sito internet informa del fatto che sono disponibili in consultazione:
- una bozza di circolare che fornisce chiarimenti in merito al nuovo regime Patent box introdotto dall’articolo 6 del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146
- uno schema di Provvedimento recante alcune modifiche al Provvedimento del Direttore dell’Agenzia del 15 febbraio 2022, che la bozza di circolare già recepisce.
I soggetti interessati ad inviare le proprie osservazioni e proposte di modifica o di integrazione possono procedere entro il 3 febbraio al seguente indirizzo:
Viene precisato che lo scopo della consultazione è permettere alle Entrate di valutare i contributi trasmessi, ai fini di un loro eventuale recepimento nella versione definitiva della circolare.
Accedi qui alle bozze:
Viene specificato che, per garantire un efficiente processo di consolidamento dei diversi contributi, i soggetti interessati sono invitati a seguire lo schema seguente:
- Tematica
- Paragrafo della circolare
- Osservazione
- Contributo
- Finalità.
Una volta terminata la fase della consultazione pubblica, l’Agenzia delle entrate pubblicherà i commenti pervenuti, con l’esclusione di quelli contenenti una espressa richiesta di non divulgazione.
Sinteticamente la circolare, in una prima parte, illustra l’istituto del Patent box soffermandosi sui requisiti soggettivi, oggettivi e sulle modalità di accesso al regime opzionale.
Si chiarisce ulteriormente il concetto di investitore e fornisce delle precisazioni sull’esercizio dell’opzione, irrevocabile e rinnovabile e di durata pari a cinque periodi d’imposta ammettendo, inoltre, come avveniva anche con il vecchio regime, l’istituto della “remissione in bonis”.
Vengono fornite delle indicazioni sul regime transitorio dal precedente regime al nuovo, in particolare sulla tipologia di contribuenti che intendono transitare nel nuovo regime e sui contribuenti che permangono nel vecchio regime o per scelta o perché previsto dalla norma primaria.
Nella seconda parte ci si dedica all’ambito oggettivo e alle modalità di calcolo dell’agevolazione. Viene confermato che rientrano fra i beni agevolabili i brevetti industriali, software coperto da copyright e disegni e modelli giuridicamente tutelati, mentre, a differenza del precedente regime Patent box, sono esclusi i brevetti in corso di concessione e il know how.Si rimanda al sito delle entrate per la consultazione delle bozze
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Cessioni di beni in depositi doganali e obbligo di fatturazione
Le Entrate con il Principio di diritto n 2 del 12 gennaio foniscono chiarimenti sulla cessione di beni all'interno di depositi doganali e l'obbligo di fatturazione (articolo 21, comma 6, del d.P.R. n. 633 del 1972)
Viene ricordato che l'articolo 7 bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, al comma 1, stabilisce che: «Le cessioni di beni, diverse da quelle di cui ai commi 2 e 3, si considerano effettuate nel territorio dello Stato se hanno per oggetto:
- beni immobili
- ovvero beni mobili nazionali, comunitari o vincolati al regime della temporanea importazione,
- esistenti nel territorio dello stesso
- ovvero beni mobili spediti da altro Stato membro installati, montati o assiemati nel territorio dello Stato dal fornitore o per suo conto».
Le cessioni di beni mobili, quindi, si considerano effettuate nel territorio dello Stato al verificarsi di due condizioni, ovvero:
- che i beni abbiano la qualifica di beni nazionali, comunitari o vincolati al regime della temporanea importazione
- che siano esistenti nel territorio dello Stato.
La duplicità del presupposto, spiega l'agenzia, è resa evidente dal tenore letterale della norma ed appare in linea con l'esigenza di assoggettare a tassazione i beni che ''fisicamente'' e ''giuridicamente'' si considerano appartenenti al territorio dello Stato all'atto della cessione.
Nella diversa ipotesi in cui i beni, pur conservando lo status di merce allo stato estero, si trovano ''fisicamente'' nel territorio dello Stato senza che siano stati oggetto di una importazione (si tratta delle ipotesi, previste dal Regolamento n. 952/2013/UE, di merci in regime di transito esterno (articolo 226) o deposito doganale (articolo 237 e ss.) e custodia nelle zone franche (articolo 243 e ss.)), le cessioni dei beni che ne sono oggetto si considerano effettuate fuori dal territorio dello Stato.
Tuttavia, pur essendo tali operazioni non soggette ad imposta per carenza del presupposto territoriale, con l'articolo 21, comma 6, del decreto IVA, si prevede ai fini del controllo dell'operazione l'obbligo di emissione della fattura.
A tal proposito, il richiamato comma 6, stabilisce, infatti, che «La fattura è emessa anche per le tipologie di operazioni sottoelencate e contiene, in luogo dell'ammontare dell'imposta, le seguenti annotazioni con l'eventuale indicazione della relativa norma comunitaria o nazionale:
a) cessioni relative a beni in transito o depositati in luoghi soggetti a vigilanza doganale, non soggette all'imposta a norma dell'articolo 7bis comma 1, con l'annotazione ''operazione non soggetta''».
Il successivo comma 6 bis, invece, nel prevedere che
«I soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato emettono la fattura anche per le tipologie di operazioni sottoelencate quando non sono soggette all'imposta ai sensi degli articoli da 7 a 7 septies e indicano, in luogo dell'ammontare dell'imposta, le seguenti annotazioni con l'eventuale specificazione della relativa norma comunitaria o nazionale:
- a) cessioni di beni e prestazioni di servizi, diverse da quelle di cui all'articolo 10, nn. da 1) a 4) e 9), effettuate nei confronti di un soggetto passivo che è debitore dell'imposta in un altro Stato membro dell'Unione europea, con l'annotazione ''inversione contabile'';
- b) cessioni di beni e prestazioni di servizi che si considerano effettuate fuori dell'Unione europea, con l'annotazione ''operazione non soggetta''»,
estende ai soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, l'obbligo di emettere fattura anche per le operazioni indicate agli articoli da 7 a 7 septies territorialmente non soggette ad IVA in Italia ma nella UE [lettera a)], ovvero non soggette in quanto effettuate fuori dalla UE [lettera b)].
In sostanza:
- il comma 6, lettera a) stabilisce l'obbligo di fatturazione di quelle operazioni ritenute ''territorialmente non soggette ad imposta in Italia'', benché aventi ad oggetto beni ''fisicamente'' esistenti nel territorio dello Stato, ma che, per effetto dell'applicazione delle disposizioni doganali conservano lo status di ''merci allo stato estero'';
- il comma 6 bis, lettera b) stabilisce l'obbligo di fatturazione di quelle operazioni ritenute ''territorialmente non soggette ad imposta in Italia'', benché effettuate da un soggetto passivo italiano, ma fuori dall'Unione europea (ad esempio, vendite di beni ''estero su estero'', ovvero beni acquistati all'estero e ceduti prima dell'importazione in Italia o nella UE).
Ciò premesso, si ritiene sussista l'obbligo prescritto dall'articolo 21, comma 6, del decreto IVA di fatturare le cessioni operate all'interno dei depositi doganali situati in Italia, indipendentemente dalla qualifica del soggetto cedente (stabilito o meno nel territorio dello Stato).
Allegati: -
Buono fiere: disposta con decreto l’erogazione del contributo
Con Decreto del 16 gennaio, il MISE pubblica l'elenco delle imprese per le quali è disposta la concessione delle agevolazioni di cui articolo 25-bis del decreto-legge n. 50 del 2022 nota come Buono fiere.
In particolare, in favore delle imprese suddette si provvede all’erogazione del valore del “buono fiere" con le modalità indicate nel medesimo articolo 5, comma 5, del decreto direttoriale 4 agosto 2022 e nel limite dell’importo indicato, in relazione a ciascuna impresa beneficiaria, in allegato al presente decreto.Accedi al sito del Ministero per consultare l'elenco delle imprese
Ricordiamo che, dal 10 novembre, i soggetti ai quali era stato assegnato il buono fiere potevano presentare un’apposita istanza di rimborso delle spese e degli investimenti effettivamente sostenuti per la partecipazione alle manifestazioni fieristiche, sulla base del modello reso disponibile sul sito istituzionale del Ministero.
L'invio è avvenuto esclusivamente per via telematica, attraverso la procedura informatica accessibile nell’apposita sezione dello stesso sito istituzionale: SCARICA QUI I FAC-SIMILE
L'accesso alla procedura informatica prevedeva l’identificazione e l’autenticazione tramite la Carta nazionale dei servizi ed è riservato ai soggetti rappresentanti legali della società richiedente, come risultanti dal certificato camerale della medesima impresa.
Ricordiamo che con Decreto Direttoriale del 7 ottobre sono stati approvati gli elenchi dei beneficiari del buono
(Leggi qui i dettagli: Buono fiere: pubblicato l'elenco dei beneficiari)
In particolare, è stato approvato l’elenco, di cui all’allegato 1, dei soggetti assegnatari del buono di cui all’articolo 25- bis del decreto-legge n. 50 del 2022 con indicazione del relativo importo.
Con decreto direttoriale MISE del 18 ottobre 2022 erano stati stabiliti termini e modalità per l'erogazione dell’agevolazione. Il buono, ricordiamolo, spetta alle imprese con sede sul territorio nazionale al fine di sostenere la loro partecipazione alle manifestazioni fieristiche internazionali organizzate in Italia: SCARICA QUI IL Decreto 4 agosto 2022.
Il Ministero dello sviluppo economico ha messo a disposizione risorse pari a 34 milioni di euro.
Di seguito un riepilogo delle regole della agevolazione.
Buono fiere: istanza di rimborso entro dal 10 al 30 novembre
Secondo il Decreto direttoriale del 18 ottobre le istanze di rimborso potevano essere presentate a decorrere dalle ore 12:00 del 10 novembre 2022 e fino alle ore 17:00 del 30 novembre 2022.
Nell’istanza, oltre al possesso dei requisiti il soggetto richiedente dichiara:
a) l’elenco delle manifestazioni fieristiche a cui ha partecipato od ottenuto l’autorizzazione a partecipare;
b) in relazione alle manifestazioni fieristiche di cui al precedente punto a), i dati e le informazioni relative alle spese e agli investimenti sostenuti. Al riguardo, sono ammissibili le spese di cui all’articolo 4 del decreto direttoriale, anche se sostenute prima del 16 luglio 2022. Resta inteso che la data di emissione dell’ultima fattura agevolabile, inclusa quella di effettuazione a saldo di tutti i pagamenti, non può essere successiva alla data di presentazione dell’istanza di rimborso, fermo restando il termine di validità del buono di cui all’articolo 25-bis, comma 2, del decreto aiuti;
c) i dati delle imprese con le quali esiste almeno una delle relazioni tali da configurarne l’appartenenza ad una “impresa unica” ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento de minimis, come esplicitato all’articolo 3, commi 4 e 5, del medesimo regolamento;
d) i termini, iniziale e finale, del proprio esercizio finanziario, che deve coincidere con il periodo contabile di riferimento del soggetto istante e che può non corrispondere all’anno solare;
e) l’importo del buono fiere richiesto a rimborso;
f) l’IBAN relativo al conto corrente, intestato al soggetto richiedente, su cui si chiede l’accreditamento dell’agevolazione.
Per sciogliere eventuali dubbi clicca qui per la sezione delle FAQ sul Buono fiere o consulta la pagina del MISE, clicca qui
Buono fiere: ricordiamo che cosa è
Il DL Aiuti pubblicato in GU n 164 del 15 luglio 2022 con l’articolo 25-bis ha disposto che alle imprese aventi sede operativa nel territorio nazionale che, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto ossia dal 16 luglio al 31 dicembre 2022, partecipano alle manifestazioni fieristiche internazionali di settore organizzate in Italia, di cui al calendario fieristico approvato dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome, è rilasciato un buono del valore di 10.000 euro.
Il buono ha validità fino al 30 novembre 2022 e può essere richiesto una sola volta da ciascun beneficiario per il rimborso delle spese e dei relativi investimenti sostenuti per la partecipazione alle manifestazioni.
Il buono è rilasciato dal Ministero dello sviluppo economico, secondo l’ordine temporale di ricezione delle domande e nei limiti delle risorse, previa presentazione di una richiesta, anche essa esclusivamente per via telematica, attraverso un’apposita piattaforma resa disponibile dal Ministero dello sviluppo economico, ovvero dal soggetto attuatore.
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IVA su pasti a domicilio: chiarimenti delle Entrate sul servizio di trasporto
Con Risposta a interpello n 9 dell'11 gennaio le Entrate forniscono chiarimenti sull'IVA da applicare ai pasti a domicilio distribuiti da un Comune nell'ambito di servizi per persone bisognose, servizi che lo stesso comune ha appaltato a due ditte distinte,
- una per la preparazione dei pasti,
- l'altra per la consegna.
In particolare, il Comune istante gestisce l'appalto del servizio di consegna pasti a domicilio in favore di utenti che sono in possesso delle caratteristiche previste dal vigente regolamento comunale e nel caso di specie:
- «la ditta appaltatrice del servizio di fornitura dei pasti a domicilio (…) applica l'IVA nella misura del 10 per cento, ai sensi della disposizione contenuta nella tabella A, numero 80), parte terza, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633»,
- e «il servizio di consegna pasti a domicilio degli utenti viene effettuato da una diversa ditta appaltatrice (…)»
L'istante chiede chiarimenti in merito alla corretta individuazione dell'aliquota IVA applicabile al servizio di consegna dei pasti a domicilio e, nello specifico, se lo stesso debba essere equiparata a quella del servizio di preparazione degli alimenti.
Le Entrate specificano che, come rappresentato dall’istante, la società che è tenuta a effettuare il servizio di consegna dei pasti a domicilio degli utenti è diversa da quella risultante appaltatrice del servizio proprio di fornitura dei medesimi pasti.
Ciò si evince dal capitolato speciale relativo all'affidamento dei servizi di sostegno alla domiciliarità agli articoli 1, 2 e 6 presentato in sede di interpello.
Con riferimento al servizio di trasporto e consegna pasti a domicilio, l'articolo 2 del capitolato speciale stabilisce che tra le prestazioni richieste è ricompreso anche il servizio di trasporto e consegna pasti a domicilio (SCP) che «consiste nel trasporto e nella consegna di pasti a domicilio, prelevandoli dalla struttura predisposta alla loro preparazione con utilizzo di mezzi propri della Ditta, da realizzare nel contesto dell'attività di assistenza domiciliare garantita dal Comune per rispondere alle esigenze di quei soggetti che non sono in grado di provvedere autonomamente alla preparazione del cibo e/o al bisogno di un'alimentazione corretta.».
Il successivo articolo 6 prevede che «il Servizio consiste nel trasporto e nella consegna quotidiana del pasto di mezzogiorno presso il domicilio degli utenti. I pasti devono essere prelevati dalla Ditta aggiudicataria presso il centro di cottura e confezionamento I pasti, preparati dai soggetti incaricati e conservati in contenitori termici monoporzione, devono essere prelevati dal centro di confezionamento (…) e consegnati all'utente come specificato nel presente Capitolato. (…)».
Dal suddetto capitolato speciale, dunque, il servizio di sostegno alla domiciliarità risulta essere costituito da diversi e distinti servizi, tra i quali anche il citato ''servizio di trasporto e consegna pasti a domicilio (SCP)'' e che il servizio di trasporto e consegna dei pasti a domicilio viene effettuato da un soggetto diverso da quello che è tenuto alla preparazione, cottura e confezionamento dei medesimi pasti, ovvero dalla ditta aggiudicataria dello stesso che è tenuta a prelevare i pasti da consegnare a domicilio degli utenti, dal centro di cottura e confezionamento individuato presso la ditta che risulta essere la ditta appaltatrice del servizio di fornitura dei suddetti pasti.
La ditta aggiudicataria del trasporto e consegna dei pasti, pertanto, svolge unicamente detto servizio che è distinto da quello di preparazione, cottura e confezionamento.
Alla luce di quanto esposto, si ritiene che la prestazione di servizio consistente nel trasporto e consegna non possa considerarsi accessoria al servizio di fornitura pasti ai fini della fruizione del medesimo trattamento ai fini dell'IVA di quest'ultimo servizio e quindi non possa applicarsi l'aliquota al 10% come per la preparazione.
Inoltre, non si ritiene applicabile al servizio di trasporto e consegna dei pasti a domicilio la disposizione contenuta nell'articolo 1, comma 40, della legge 27 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio per il 2021) la quale stabilisce che «la nozione di preparazioni alimentari di cui al numero 80) della tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, deve essere interpretata nel senso che in essa rientrano anche le cessioni di piatti pronti e di pasti cotti, arrostiti, fritti o altrimenti preparati in vista del loro consumo immediato, della loro consegna a domicilio o dell'asporto». (In proposito leggi Ristorazione: la Legge di bilancio approva l'IVA al 10% per asporto e domicilio)
Con tale disposizione, in sostanza, il legislatore ha inteso fornire una soluzione alla problematica inerente alla qualificazione ai fini dell'IVA dell'attività di preparazione dei cibi da asporto o da consegnare a domicilio da parte degli operatori della ristorazione.
Infatti, prima dell’intervento del legislatore non risultava del tutto chiaro se dette preparazioni dovessero essere considerate cessioni di beni o prestazioni di servizi in quanto somministrazioni di alimenti.
Diversamente, la norma in esame concerne la fornitura di piatti pronti e di pasti non solo in vista del loro consumo immediato, ma anche della loro consegna a domicilio o dell'asporto, ma non riguarda il diverso servizio di trasporto e consegna degli stessi.
Allegati: -
La Cassazione su società di fatto, occulta e irregolare
L’ordinanza della Corte di Cassazione numero 26133, del 5 settembre 2022, fa il punto sulle condizioni quali di fatto, occulta e irregolare che possono interessare le società di persone.
Queste qualificazioni non sono necessariamente alternative, in quanto tali condizioni possono anche presentarsi contestualmente in una medesima situazione.
Il corretto inquadramento, utile ai fini di dottrina, rileva anche dal punto di vista pratico, dato che ognuna di queste condizioni può avere un differente impatto sui soci partecipanti alla compagine sociale.
Come concetto generale le condizioni di società di fatto, società occulta e società irregolare non interessano le società di capitali, in quanto queste sono soggette al vincolo della pubblicità costitutiva, in conseguenza del quale una società di capitali di fatto, occulta o irregolare è nei fatti non esistente.
Non è un caso che, delle operazioni compiute dalla società di capitali prima della sua iscrizione sul Registro delle imprese, è direttamente e personalmente responsabile colui che ha agito, dato che anche personalità giuridica e responsabilità limitata si acquisiscono con l’iscrizione.
Diversamente, per le società di persone il regime pubblicitario è solo dichiarativo, ed è proprio in conseguenza di ciò che si definisce la società irregolare come quella particolare società di persone, regolarmente costituita, che però non è stata iscritta presso il Registro delle imprese (l’iscrizione, in questo caso non realizza l’esistenza della società ma la sua regolarità).
La Corte di Cassazione ci dice infatti che “società irregolare è quella che, anche se costituita per esplicito accordo scritto, non sia stata registrata”.
In conseguenza di ciò, quella della regolarità, per una società, è condizione che può essere persa anche durante la vita dell’impresa, nel momento in cui, per una qualsivoglia motivazione, questa sia cancellata dal Registro delle imprese ma continui a esercitare l’attività economica.
Diversamente la società di fatto si definisce come quel vincolo societario esistente, ma per il quale manchi la prova scritta della costituzione del rapporto sociale. Ci ricorda infatti la Corte che “si parla di rapporto sociale di fatto nel caso in cui manchi la prova scritta della costituzione del rapporto, peraltro non richiesta dalla legge ai fini della sua validità”.
Dal punto di vista teorico una società di fatto può essere commerciale o non commerciale; ma, dato che la società di fatto non commerciale non è altri che la società semplice, che può nascere anche solo per comportamento concludente, allora una società di fatto, che non sia una società semplice, dovrà considerarsi commerciale.
Infine, si definisce società occulta quel particolare vincolo societario che non viene esternalizzato nei confronti dei terzi; infatti, secondo le definizioni della Corte di Cassazione:
- “il rapporto sociale è occulto quando, pur esistendo anche solo di fatto, non venga esteriorizzato nei rapporti con i terzi”;
- “ciò che rileva in ogni caso, sia nei rapporti interni tra i soci sia nei rapporti con i terzi, è l'effettiva esistenza della società, perché la società di persone realmente esistente, ma occulta, risponde di fronte ai terzi anche in difetto della esteriorizzazione, ossia della prova di un comportamento dei soci apparenti idoneo a determinare in concreto l'incolpevole affidamento dei terzi circa l'esistenza della società, essendo sufficiente che la società esista di fatto, anche a prescindere da un accordo espresso fra le parti”;
- ciò che caratterizza questa condizione è il fatto “che la mancata esteriorizzazione del rapporto societario costituisce il presupposto indispensabile perché possa legittimamente predicarsi, da parte del giudice, l'esistenza di una società occulta, ma ciò non toglie che si richieda pur sempre la partecipazione di tutti i soci all'esercizio dell'attività societaria in vista di un risultato unitario, secondo le regole dell'ordinamento interno, e che i conferimenti siano diretti a costituire un patrimonio comune, sottratto alla libera disponibilità dei singoli partecipi (articolo 2256 Codice civile) ed alle azioni esecutive dei loro creditori personali (articoli 2270 e 2305 Codice civile), l'unica particolarità della peculiare struttura collettiva de qua consistendo nel fatto che le operazioni sono compiute da chi agisce non già in nome della compagine sociale (vale a dire del gruppo complessivo dei soci) ma in nome proprio”.
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Crediti d’imposta energia e gas imprese: si aggiunge il bonus per dicembre
Pubblicato in GU n. 270 del 18 novembre il DL n 176 noto come Decreto Aiuti quater con novità in tema di bonus energia e gas per le imprese.
In particolare, tra le altre novità per le imprese, l'art. 1 Contributo straordinario, sotto forma di credito d'imposta, a favore delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, per il mese di dicembre 2022 sostanzialmente estende anche al mese di dicembre quanto previsto dal dl 144/2022 per ottobre e novembre.
Inoltre, l'utilizzo in compensazione in F24 crediti maturati per l'ultimo trimestre 2022 è previsto fino al 30 giugno 2023.
Nel dettaglio, il comma 1 dell'art 1 del DL Aiuti quater prevede che anche per dicembre si applicheranno le misure dei crediti energia e gas previste per ottobre e novembre:
- 40% relativamente al costo dell’energia elettrica per le imprese energivore;
- 30% per il costo dell’energia delle imprese non energivore;
- 40% per il gas delle imprese gasivore
- 40% per le imprese non gasivore.
Per i dettagli sulle misure previste dal DL n 144/2022 leggi Crediti di imposta energia e gas 2022: aumentati gli importi
Inoltre il comma 3 dell'art 1 allunga il periodo di tempo a disposizione delle imprese per utilizzare in compensazione i crediti di imposta. Cio vale, tanto per i crediti che matureranno sulle spese di dicembre 2022, quanto per quelli già previsti dal decreto 144/2022 per i mesi di ottobre e novembre, e in particolare viene fissato al 30 giugno 2023 il termine entro il quale poter utilizzare. Il DL 144/2022 attualemente in vigore prevedeva un utilizzo entro il 31 marzo 2023.
In merito alla cessione degli stessi crediti d'imposta il comma 4 dell'art 1 del DL Aiuti quater prevede che il cedente dovrà richiedere il visto di conformità ed effettuare la comunicazione telematica alle Entrate.
Viene specificato che la modulistica per comunicare la cessione e i termini per effettuarla dovranno essere stabiliti da un nuovo provvedimento delle Entrate che aggiornerà quello già in vigore. L’utilizzo di tutti i crediti da parte del cessionario potrà avvenire entro il 30 giugno 2023.
Infine, entro il 16 marzo 2023, le imprese che usufruiscono dei crediti d’imposta relativi al mese di dicembre 2022 devono trasmettere all’Agenzia, a pena di decadenza dal diritto di utilizzo del credito residuo, una comunicazione sull’importo del credito maturato nell’esercizio 2022.
Le entrate provvederanno a stabilre contenuto e modalità di presentazione della comunicazione che sostituisce quella prevista per i crediti relativi al terzo trimestre 2022 fissata al 16 febbraio 2023 dal comma 8 dell’articolo 1 del Dl 144/2022, ora abrogato.
ATTENZIONE
La conversione del decreto aiuti quater GU n 13 del 17 gennaio 2023 (Legge n. 6/2023 del decreto Aiuti quater n. 176/2022) prevede una proproga al 30 settembre 2023 per l'utilizzo dei crediti di imposta energia e gas per gli importi spettanti relativi al terzo trimestre 2022 e ai mesi di ottobre, novembre e dicembre 2022.
Per i dettagli leggi: Crediti d'imposta energia e gas: codici tributo per i beneficiari e termini di utilizzo