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Voucher 3I per start up e micro imprese: via alle domande
Il MIMIT con Decreto Direttoriale del 19.11 pubblica le regole per l'apertura dello sportello della agevolazione nota come Voucher 3I.
Ricordiamo che con il Decreto 8 agosto 2024 per l'anno 2024, si concede la misura agevolativa del voucher 3I ossia del contributo per la valorizzazione del processo di innovazione delle start-up innovative e le microimprese.
Lo sportello sarà aperto dalle ore 10 del giorno 10 dicembre, e a tal proposito Invitalia soggetto gestore della misura ha pubblicato il format di domanda, clicca qui per scaricarlo.
Voucher 3I: cosa ci acquisto?
Il decreto specifica che tramite il voucher 3I è possibile acquisire i seguenti servizi:
- a) servizi di consulenza relativi all'effettuazione delle ricerche di anteriorità preventive e alla verifica della
brevettabilità dell'invenzione; - b) servizi di consulenza relativi alla stesura della domanda di brevetto e di deposito presso l'Ufficio italiano brevetti e marchi;
- c) servizi di consulenza relativi al deposito all'estero di una domanda che rivendica la priorità di una precedente domanda nazionale di brevetto.
Si precisa che i servizi di cui sopra, per l'acquisizione dei quali è possibile utilizzare il voucher 3I, possono essere forniti esclusivamente dai consulenti in proprietà industriale e dagli avvocati, iscritti in appositi elenchi predisposti, rispettivamente, dall'Ordine dei consulenti in proprietà industriale e dal Consiglio nazionale forense sulla base di criteri e modalità fissati con i successivi articoli 5 e 6 del presente decreto.
L'inclusione dei soggetti fornitori negli elenchi avviene su base volontaria, tramite la presentazione della propria candidatura.
Ciascun soggetto può richiedere la concessione di un solo voucher 3I, per un solo servizio fermo restando che, per la richiesta del voucher relativo ai servizi di cui alla lettera c) del comma 1, il soggetto beneficiario deve esserein possesso di una domanda di brevetto nazionale.
L'impresa utilizzerà il voucher 3I concesso per fruire del servizio richiesto, le cui modalità di pagamento sono disciplinate all'art. 4, comma 7.
Non possono essere richiesti servizi per i quali il soggetto beneficiario abbia già ricevuto un voucher 3I.Voucher 3I: procedura per la domanda dal 10.12
Il Voucher 3I è concesso, ai sensi e nei limiti di cui al regolamento (UE) 2023/2831 in materia di aiuti «de minimis», nelle seguenti misure:
- a) euro 1.000,00 + IVA per i servizi di consulenza relativi alla verifica della brevettabilita' dell'invenzione e all'effettuazione delle ricerche di anteriorita' preventive;
- b) euro 3.000,00 + IVA, per i servizi di consulenza relativi alla stesura della domanda di brevetto e di deposito presso l'Ufficio italiano brevetti e marchi;
- c) euro 4.000,00 + IVA, per i servizi di consulenza relativi al deposito all'estero della domanda nazionale di brevetto.
Il voucher non include gli oneri relativi a tasse e diritti concernenti il deposito delle domande di brevetto.
L'agevolazione è concessa sulla base di una procedura automatica a sportello, secondo quanto stabilito dall'art. 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123 e successive modificazioni ed integrazioni che si aprirà il prossimo 10 dicembre come previsto dal DD MIMIT del 19.11.
Le domande di agevolazione, aventi ad oggetto l’acquisizione di servizi di consulenza relativi agli ambiti di cui all’articolo 3 del decreto 8 agosto 2024, devono essere presentate dalle microimprese e dalle start-up innovative interessate, a pena di invalidità, esclusivamente per via telematica attraverso la piattaforma informatica messa a disposizione dal Soggetto gestore nell’apposita sezione del sito internet www.invitalia.it, a partire dalle ore 12.00 e fino alle ore 18.00 del giorno 10 dicembre 2024 e dalle ore 9.00 e fino alle ore 18.00 dei giorni lavorativi successivi, fino a esaurimento delle risorse disponibili per il riconoscimento dei voucher.
Il Soggetto gestore procede a dare tempestiva comunicazione sul proprio sito internet dell’avvenuto esaurimento delle risorse disponibili e della conseguente chiusura dello sportello agevolativo a partire dal giorno successivo a quello di esaurimento delle risorse.
Per potere accedere all'agevolazione, il soggetto richiedente presenta apposita domanda nella quale deve essere indicata la tipologia del servizio di consulenza di cui intende beneficiare, nonche' il fornitore individuato e la relativa accettazione dell'incarico.
Ricevuta la domanda, il soggetto gestore fornisce riscontro al richiedente dell'avvenuta ricezione della stessa unitamente alla trasmissione del codice unico di progetto (CUP) assegnato alla richiesta e procede con la verifica dei requisiti previsti per l'accesso all'agevolazione
Il soggetto gestore, in caso di esito positivo, della valutazione di cui al comma 5, rilascia il voucher notificandolo ai soggetti interessati. In caso di esito negativo, il soggetto gestore procede con il diniego dell'istanza, dandone comunicazione al soggetto richiedente.
L'iter di valutazione sarà espletato nel rispetto del termine indicato nel successivo decreto di cui all'art. 8.
A seguito dell'esito dei controlli effettuati dal soggetto gestore sull'effettiva erogazione del servizio, secondo le modalità e nei termini indicati nel decreto di cui all'art. 8, il fornitore del servizio emette relativa fattura con indicazione nell'apposito campo del relativo CUP ai sensi dell'art. 5, comma 6, del decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13. Il soggetto gestore procede al pagamento per l'intero importo della fattura in favore del singolo fornitore di servizi, entro trenta giorni dalla ricezione della fattura stessa.
Nel caso dei servizi di cui all'art. 3, comma 1, lettere b) e c), l'esito positivo dei controlli è vincolato al superamento delle verifiche preliminari di ricevibilità, da parte della Direzione generale per la proprietà industriale – Ufficio italiano brevetti e marchi, della domanda di brevetto presentata.
Non sono ammessi al pagamento tramite il voucher 3I i servizi erogati da soggetti non inclusi negli elenchi di cui all'art. 3, comma 2 o erogati dal fornitore prima dell'inserimento in tali elenchi.
Per la fornitura dei servizi, i soggetti inseriti negli elenchi si impegnano a non richiedere anticipi di pagamento, nè ulteriori compensi per il servizio coperto dal voucher.
Non sono ammissibili i servizi erogati a imprese di cui il fornitore del servizio sia amministratore, socio o dipendente.
I fac simele per le domande saranno resi disponibili sul sito INVITALIA, leggi qui, tutte le altre regole operative per richiedere il bonus
Allegati: - a) servizi di consulenza relativi all'effettuazione delle ricerche di anteriorità preventive e alla verifica della
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CPB: causa di cessazione nelle società tra professionisti
Con Risposta n 247 del 6 dicembre le Entrate chiariscono il caso di una trasformazione eterogenea da associazione professionale tra avvocati in società a responsabilità limitata tra professionisti (Stp).
Viene chiarito che, sebbene, la trasformazione di cui si tratta, non determini modifiche della compagine sociale, rappresenta una causa di cessazione del Concordato preventivo biennale (Cpb) poichè determina una modifica della categoria di reddito ascrivibile alla società.
Vediamo maggiori dettagli della risposta ADE.
CPB: causa di cessazione nelle società tra professionisti
Le Entrate nel replicare evidenziano che l'art. 21 del D.Lgs. n. 13/2024 stabilisce che il CPB o concordato preventivo biennale cessa di avere efficacia nel periodo d’imposta in cui si verifica una delle seguenti condizioni:
- fusione, scissione, conferimento.
- modifiche della compagine sociale.
Anche se la compagine sociale non cambia con la trasformazione in una Srl-Stp, si verifica un cambiamento nella categoria di reddito in quanto:
- nella associazione professionale si tratta di redditi di lavoro autonomo.
- nella STP in forma societaria si tratta di redditi d’impresa.
Da ciò discende che si applicano regole diverse per il calcolo della base imponibile ai fini del concordato.
Nel caso di specie, spiega l’Agenzia, la trasformazione eterogenea da associazione professionale a società tra professionisti con forma giuridica di società a responsabilità limitata rappresenta una modifica ra il soggetto che ha aderito al CPB, ossia l’Associazione e quello che materialmente lo applicherà nel biennio di riferimento, ossia la STP.
Allegati:
Con la trasformazione si viene a determinare la fattispecie per la quale lo stesso soggetto, che ha aderito al Concordato dichiarando di produrre redditi da lavoro autonomo, a seguito della trasformazione, produrrà redditi di impresa per il biennio di sua efficacia.
Dunque, con la trasformazione viene modificata la tipologia di reddito conseguito, con conseguente applicazione di differenti regole per il calcolo della base imponibile oggetto di Concordato in virtù della natura di lavoro autonomo o d’impresa dei redditi prodotti.
Infatti, le dinamiche di funzionamento degli ISA, strumento base per l’elaborazione delle proposte di CPB, e l’impianto del CPB stesso risultano diversi a seconda che si riferiscano a lavoratori autonomi o soggetti imprenditori. -
Regime OSS: imponibilità IVA di case prefabbricate
Con Risposta a interpello n 246 del 5 dicembre le Entrate chiariscono dettagli del Regime IVA OSS.
L'istante è soggetto passivo IVA, stabilito in uno Stato dell'Unione europea, che opera nel settore della produzione
di case prefabbricate.
La Società aderisce al regime One Stop Shop (OSS) e vende case prefabbricate a clienti, anche italiani, non soggetti passivi IVA.
Nel caso di un cliente ''privato'' italiano, l'Istante chiede chiarimenti in merito a:- 1) la possibilità di assoggettare la cessione della casa prefabbricata alle aliquote ridotte del 4 per cento e del 10 per cento nel caso di presentazione, da parte del cliente, di una dichiarazione per l'applicazione dell'aliquota IVA agevolata;
- 2) ai requisiti delle relative fatture di vendita, oggetto di aliquota ridotta;3) all'eventuale registrazione delle stesse presso l'Agenzia delle entrate o altro ente in Italia;
- 4) alle conseguenze in cui incorre se applica un'aliquota agevolata a seguito della presentazione da parte del cliente di una falsa dichiarazione/ attestazione dei relativi requisiti.
Sinteticamente l'ADE evidenzia che l'aliquota agevolata spetta solo nelle cessioni chiavi in mano, vediamo i dettagli.
Cessione di prefabbricati: la corretta imponibilità IVA per un soggetto estero
L'One Stop Shop (OSS o Sportello Unico) è un regime opzionale IVA che consente a un soggetto passivo di dichiarare e pagare l'IVA in un unico Stato membro, quello dove è identificato ai fini IVA, a fronte di operazioni dallo stesso effettuate a favore di privati consumatori UE, siano esse cessioni di beni o prestazioni di servizi (B2C).
Lo Stato UE di identificazione provvederà poi alla ripartizione dell'imposta così raccolta tra i vari Stati UE di consumo di beni e servizi, in base agli importi delle transazioni ivi effettuate, rilevanti ai fini IVA.
Si tratta dunque di una misura di semplificazione in quanto i soggetti passivi IVA che optano per tale regime, anziché identificarsi in tutti gli Stati UE per l'assolvimento degli obblighi di dichiarazione e di versamento dell'imposta dovuta a fronte delle cessioni di beni e/o prestazioni di servizi ivi effettuate, dichiarano e versano l'IVA nel solo Stato membro di registrazione/identificazione per l'imposta dovuta sulle forniture transfrontaliere di beni e/o servizi.
Nella fattispecie in esame, la Società afferma di essere un soggetto passivo IVA registrato in uno Stato dell'UE, dove ha optato per il regime in commento e pertanto alla stessa si applicano le disposizioni di cui articolo 74 septies del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 quando effettua, nel territorio dello Stato, le operazioni ivi riportate (i.e. «…sulle prestazioni dei servizi…, sulle vendite a distanza intracomunitarie di beni e sulle vendite a distanza di beni importati da territori terzi o paesi terzi, con arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell'acquirente nello Stato, nonché sulle cessioni effettuate tramite l'uso di interfacce elettroniche, con partenza e arrivo dei beni nel territorio dello Stato a destinazione di non soggetti passivi,…»).
In relazione a dette operazioni (i.e. B2C, effettuate nel territorio dello Stato), oltre a dichiarare e versare nel proprio Stato la relativa imposta dovuta in Italia, la norma appena richiamata dispensa l'Istante anche dagli obblighi di cui al Titolo II del Decreto IVA, tra cui quelli di fatturazione, registrazione, tenuta dei registri contabili, ecc. (cfr. articolo 74 septies, comma 4, del Decreto IVA).
In merito alle cessioni di case prefabbricate in legno, la Risoluzione Ministeriale 503351 del 12 marzo 1974 chiarisce che:- 1. si applica l'aliquota IVA ordinaria al 22 per cento quando il cliente ''acquista i pezzi della casa prefabbricata e li fa montare e mettere in opera dalla stessa impresa che li produce o da terzi''. In questo caso, ''il contratto ha per oggetto il semplice acquisto dei singoli pezzi e poiché tali pezzi costituiscono l'oggetto della ordinaria produzione dell'impresa che li fabbrica…'', è da ritenere ''che il negozio giuridico si debba qualificare come una compravendita e, pertanto, il corrispettivo relativo vada assoggettato all'I.V.A. con l'aliquota ordinaria…'';
- 2. si applica l'aliquota IVA del 4% o del 10% quando ''il committente affida ad un'impresa la costruzione di una casa, da effettuare con i pezzi fabbricati dall'impresa stessa''. In questo caso, infatti, ''l'impresa assume l'obbligo di consegnare la casa costruita e completa, sia pure con i pezzi da essa prodotti, e, pertanto,'', avendo la cessione per oggetto un'abitazione, si applicano le pertinenti agevolazioni IVA, al ricorrere delle relative condizioni.
La Società afferma più volte di produrre e cedere a un cliente ''privato'' italiano una casa prefabbricata che sarà installata in Italia. Maggiori dettagli al riguardo sono presenti sul sito internet dell'Istante: dalle informazioni relative alla consegna è possibile desumere che sono trasportati in Italia pezzi della casa prefabbricata destinati a essere montati e assiemati in loco.
In particolare, ''La consegna e il montaggio della struttura (n.d.r. enfasi aggiunta) della casa rappresentano fasi fondamentali del processo di costruzione. Il loro costo viene calcolato separatamente dal prezzo della casa… Grazie alle nostre tecnologie all'avanguardia, possiamo suddividere le pareti (n.d.r. enfasi aggiunta) della vostra casa
in pannelli facilmente trasportabili…''.
Per quanto riguarda il montaggio, inoltre, ''tutti i fori per i fissaggi sono predefiniti ancora nel progetto virtuale e conseguentemente perforati durante il processo di produzione di fabbrica con l'utilizzo di macchinari di precisione computerizzati. Lo stesso vale anche per altri tipi di giunzioni come quella a becco di civetta oppure fissaggi
inclinati e i fissaggi per il sistema di travi….
Durante la fase di assemblaggio non sarete mai costretti ad abbandonare il cantiere e correre alla ricerca degli elementi e del fissaggio necessario. Vi verrà consegnato il kit completo di tutto il necessario per il montaggio della casa. Il manuale per il montaggio con la descrizione tecnica dettagliata di giunzioni ed i fissaggi più usati lo potete scaricare qui. Questo approccio permette di ridurre i tempi di assemblaggio della casa a soli 2 4 giorni a seconda della complessità del progetto…. È essenziale il fatto che la casa è progettata in modo da poter permettere l'installazione a persone senza competenze professionali specifiche, basta una manualità di livello base nell'utilizzo degli attrezzi più comuni.''.
Secondo l'agenzia queste informazioni aggiuntive riconducono la fattispecie prospettata dalla Società all'ipotesi 1 della citata risoluzione: il cliente italiano in realtà non sta acquistando una casa, come affermato dall'Istante, bensì pezzi di una casa (precisamente le pareti).La Società offre anche opzioni supplementari, quali infissi, scale e pavimenti, che, tuttavia, anche considerandole unitamente alle pareti, non permettono di affermare che oggetto della transazione sia una casa/immobile.
Nell'ambito delle opzioni aggiuntive non è peraltro contemplata l'impiantistica.
All'operazione prospettata, per come così ricostruita, si rende dunque applicabile l'aliquota IVA ordinaria del 22 per cento.Diversamente, nell'ipotesi in cui la fornitura in oggetto avvenga nell'ambito di un contratto di appalto che abbia per oggetto la costruzione e la consegna di una casa ''chiavi in mano'' a cui, al ricorrere dei relativi presupposti, può essere riconosciuta l'aliquota IVA del 4 o del 10 per cento.
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Patti parasociali: l’opzione put non è un patto leonino
La Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 27283, pubblicata il 22 ottobre 2024, analizza i contratti parasociali in generale, e nello specifico il patto leonino, definendone le caratteristiche anche in relazione alla cosiddetta opzione put.
L’opzione put è un contratto grazie al quale il suo acquirente acquisisce la facoltà (non l’obbligo) di vendere delle quote a un dato prezzo.
La Corte ci spiega che il patto parasociale è un accordo contrattuale che lega i soci di una società (ma possono partecipare al patto anche terzi) e che ha come obiettivo quello di regolamentare il comportamento da seguire durante la vita dell’impresa oppure il comportamento da seguire in relazione all’esercizio dei diritti (di voto, ad esempio) relativi alle partecipazioni detenute.
Il nostro ordinamento, nello specifico l’articolo 2341-bis del Codice civile, disciplina i più importanti patti parasociali, quelli che hanno come fine la stabilizzazione degli assetti proprietari della società; la norma prevende che non possono avere una validità superiore a 5 anni quei patti parasociali che:
- abbiano per oggetto l’esercizio del diritto di voto nelle società di capitali;
- pongano limiti al trasferimento delle relative azioni o delle quote;
- abbiano per oggetto o per effetto l'esercizio anche congiunto di un'influenza dominante sulla società.
Secondo la Corte di Cassazione questa rappresenta “una previsione che implica il riconoscimento da parte del legislatore della meritevolezza e della tutelabilità dei patti parasociali, da ritenere dunque sempre validi, purché non si pongano in contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento in materia societaria”.
Il divieto di patto leonino e l’opzione put
In questo contesto normativo si inserisce il divieto di patto leonino, disciplinato all’articolo 2265 del Codice civile, ai sensi del quale è da considerarsi nullo qualsiasi patto parasociale in base al quale uno o più soci siano esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite.
La Corte di Cassazione, sull’ordinanza 27283/2024, puntualizza che tale previsione normativa trova motivazione fondante nelle caratteristiche dell’attività svolta dalla società, cioè nell’esercizio dell‘impresa, motivo per cui nessun socio può essere escluso dal fine ultimo dell’esercizio dell’impresa, che è il conseguimento degli utili, né può essere esentato da quella caratteristica tipica di questa attività rappresentata dal rischio d’impresa.
La Corte di Cassazione però definisce anche le caratteristiche del cosiddetto patto leonino, necessarie affinché un patto parasociale possa essere considerato tale e di conseguenza possa essere considerato nullo, in base all’articolo 2265 del Codice civile. Infatti, secondo la Corte, affinché un patto parasociale possa essere considerato un patto leonino, è necessario che l’esclusione del socio dagli utili o dalle perdite sia:
- totale, e non parziale, dovendosi verificare “un’alterazione completa della causa societatis”;
- costante, dovendosi configurare una alterazione irreversibile, e non temporanea, dei diritti patrimoniali del socio.
L’ordinanza numero 27283, pubblicata il 22 ottobre 2024, ha come centro l’ulteriore indagine se in tale divieto di patto leonino possa rientrare anche l’opzione put, quell’accordo in forza del quale l’acquirente di una partecipazione ottiene il diritto, ma non l’obbligo, di rivendere la medesima partecipazione a un prezzo prestabilito, nel caso in cui l’obiettivo dell’accordo sia di stabilizzare l’assetto societario.
Secondo la Corte di Cassazione un tale patto è da ritenersi valido in quanto finalizzato al perseguimento di interessi imprenditoriali meritevoli di tutela e non configura un patto leonino, per il quale vige il divieto.
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Differenza da recesso: indeducibile per le società di capitali
L’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 27460, pubblicata il 23 ottobre 2024, analizza il trattamento fiscale da applicarsi, in capo alla società di capitali, al corrispettivo che viene liquidato al socio che recede.
Il recesso del socio di società di capitali è disciplinato dall’articolo 2473 del Codice civile, il quale, al comma 3, prescrive che il valore di rimborso deve essere calcolato in base al valore di mercato della quota di partecipazione al patrimonio della società nel momento in cui il recesso viene richiesto; tale valore di mercato, di norma, costituisce un valore superiore rispetto al valore nominale della quota di partecipazione.
Ciò in ragione dell’avviamento, di plusvalenze latenti, della partecipazione agli utili dell’anno in corso.
La differenza che intercorre tra il valore nominale della quota di partecipazione e quanto viene effettivamente liquidato al socio alla data del recesso, costituisce un plusvalore che prende il nome di differenza da recesso, del quale l’ordinanza 27460/2024 tratta il corretto trattamento fiscale.
L’ordinanza 27460 del 23 ottobre 2024
Secondo l’ordinanza 27460/2024, per inquadrare correttamente il fenomeno da un punto di vista fiscale, si dovrà prima chiarire il corretto trattamento civilistico dell’operazione, per il quale fa da riferimento quanto enunciato dal Principio contabile OIC 28, che tratta del “Patrimonio netto”.
Il documento dell’OIC stabilisce infatti che, in caso di rimborso della quota a un valore superiore del valore nominale, la differenza da recesso deve gravare sugli utili e sulle riserve disponibili; se non ci sono, l’assemblea straordinaria dovrà deliberare la riduzione del capitale sociale o lo scioglimento della società.
Questo perché la differenza da recesso, secondo quanto stabilito dal Principio contabile OIC 28, non transita dal Conto economico, in quanto afferente alla sola sfera patrimoniale della società.
Precisato questo punto, il passaggio al corretto trattamento fiscale avviene naturalmente.
Infatti, in base all’articolo 47 comma 7 del TUIR, una somma percepita dal socio che può essere qualificata come differenza da recesso costituisce un utile, il quale, in base all’articolo 44 del TUIR, rappresenta un reddito di capitale che, per espressa previsione dell’articolo 109 comma 9 lettera a) del TUIR, è una remunerazione non deducibile dal reddito d’impresa.
A questo fine l’assenza di imputazione a Conto economico non costituisce chiave fondamentale per sostenere l’indeducibilità fiscale di questi costi, ma solo una chiave rafforzativa.
Il lettore ricorderà che questo transito costituisce un requisito imprescindibile per la deducibilità di un costo, eccezione fatta per quegli oneri che risultano deducibili per espressa previsione di legge, secondo quanto disposto dall’articolo 109 comma 4 lettera b) del TUIR; ma, come visto, la legge fiscale invece, equiparando la differenza da recesso agli utili ordinariamente distribuiti da una società, a tutti gli effetti vieta espressamente la deducibilità del costo, per cui tale norma non è applicabile.
Il principio di diritto
La Corte di Cassazione sull’ordinanza numero 27460 del 23 ottobre 2024 ha emanato quindi il seguente principio di diritto: “In tema di reddito di impresa, il componente negativo costituito dall’onere sopportato dalla società di capitali e relativo alla cosiddetta differenza da recesso, corrisposta al socio in occasione del recesso, deve qualificarsi come una remunerazione, un’anticipata liquidazione di redditi futuri o di utili latenti in bilancio, che pertanto rientra nella previsione di indeducibilità di cui all’articolo 109, comma 9, lettera a), del TUIR, come desumibile dall’espresso richiamo che tale norma opera all’articolo 44 del TUIR, e confermato dall’articolo 47, comma 7, del TUIR, ai sensi del quale le somme o valore normale dei beni ricevuti dai soci in caso di recesso costituiscono utile per la parte che eccede il prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate; diverse risultando le valutazioni da operarsi con riferimento alle società di persone, in cui la differenza da recesso ha invece natura di reddito di partecipazione”.
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Lettere di compliance dell’Ade: con FAQ del 6.12 chiarito il perimetro
Le Entrate con una FAQ del 6 dicembre replicano ai contribuenti preoccupati per l'invio delle lettere di compliance inviate in questi giorni ad imprese e autonomi.
Lettere di compliance dell’Ade: nessun allarme
La FAQ replica ad alcuni contribuenti che hanno domandato spiegazioni sulla lettera ADE che evidenzia una possibile anomalia.
In particolare, si chiedeva: "Ho ricevuto la vostra comunicazione riguardante una possibile anomalia relativa al reddito che ho dichiarato. Dall'esame della mia dichiarazione, però, non ho riscontrato inesattezze. Cosa devo fare? Se invece ho riscontrato un'inesattezza nel reddito che ho dichiarato, che cosa devo fare?
Le Entrate hanno replicato che:
- nel primo caso "Non occorre fare nulla. La comunicazione ricevuta ha un valore puramente informativo, non anticipa un'attività di controllo e non richiede di attivarsi per fornire un riscontro all'Agenzia delle entrate. In un'ottica di trasparenza e per far conoscere gli strumenti introdotti dal Legislatore, l'Agenzia delle entrate condivide preventivamente i dati di cui dispone. L'intento dell'informativa è di richiamare l'attenzione sulla possibilità di verificare quanto dichiarato e consentire la correzione in autonomia di eventuali errori".
- nel secondo caso: "Nel caso in cui, dopo aver ricevuto la comunicazione, riscontra un'anomalia nella sua dichiarazione, il nostro sistema tributario mette a sua disposizione diverse possibilità, a cominciare dal ravvedimento operoso che, dopo la recente riforma del sistema sanzionatorio, consente di beneficiare di sanzioni più favorevoli rispetto al passato".
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Bonus veicoli sicuri 2024: in arrivo 1,5 ML
Il Collegato Fiscale DL n 155/2024 in conversione in legge contiene tra le altre misure il rifinanziamento del bonus veicoli sicuri rivolto ai proprietari di veicoli da sottoporre a revisione.
Vediamo i dettagli dell'art 1 commi 6 ter e quater relativi alla revisione dei veicoli.
Bonus veicoli sicuri 2024: l’aevolazione per le revisioni
L’articolo 1, comma 6-ter, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, incrementa di un importo pari ad 1,5 milioni di euro per il 2024, le risorse previste dall’articolo 1, comma 707 della legge n. 178 del 2020, volte a finanziare il cosiddetto “buono veicoli sicuri”.
Il comma 6-quater reca la copertura finanziaria del relativo onere, pari a 1,5 milioni per il 2024.
In proposito si ricorda che il comma 705 dell’articolo 1 della legge n. 178 del 2020 aveva previsto un adeguamento della tariffa relativa alla revisione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi aumentandola di un importo pari a 9,95 euro.
A seguito di tale adeguamento tariffario, il comma 706 dello stesso articolo 1, aveva previsto, a titolo di misura compensativa dell'aumento, per i primi tre anni, il riconoscimento di un buono, denominato «buono veicoli sicuri», ai proprietari di veicoli a motore che nel medesimo periodo temporale avessero sottoposto il proprio veicolo e l'eventuale rimorchio alle operazioni di revisione.
Il comma in commento, pertanto, incrementa, come evidenziato in precedenza, il suddetto Fondo di un importo pari a 1,5 milioni di euro per l’anno 2024 aumentando la durata della misura compensativa in questione a quattro anni rispetto al periodo precedente di tre anni.Clicca qui, per accedere al sito del MIT in attesa della riapertura della piattaforma dove richiedere il bonus