• Agricoltura

    Associazioni Città d’identità: nasce il Registro per valorizzare l’agricoltura

    Il MASAF Ministero dell'agricoltura informa della istituzione del "Registro delle Associazioni Nazionali delle Città di Identità". 

    Si tratta, specifica il Ministero, di un passo importante per garantire la partecipazione degli operatori del settore agricolo nella pianificazione strategica degli interventi di valorizzazione e promozione delle eccellenze territoriali.
    Con decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale n 303 del 28 dicembre, si definiscono i requisiti per ottenere la denominazione di «Città di Identità» e si stabiliscono le modalità per l'iscrizione nel Registro.
    In sintesi, sono considerate «Città di Identità» i Comuni che si distinguono per la produzione di eccellenze agricole legate al territorio, quali: 

    • prodotti DOP, IGP, biologici, certificati SQNPI, SQNZ, SQNBA (con almeno il 30% della produzione certificata) 
    • e prodotti agricoli con una tradizione consolidata

    Città d’identità: requisiti

    Ai sensi dell'art 3 del Decreto MASAF del 12 dicembre possono assumere la denominazione di «città di identità» ai sensi dell'art. 40, comma 3, della legge, le città e gli altri comuni:

    • a) che si caratterizzano per le produzioni agricole di pregio, in virtu' del fatto che: il territorio amministrativo dell'ente è ricompreso,  anche parzialmente, all'interno della  zona  geografica  delimitata  di  un determinato prodotto agricolo designato da una  DOP  o  da  una  IGP, così come definita nel relativo disciplinare;
      oppure, almeno il trenta  per  cento  della  produzione  di  un determinato   prodotto   agricolo    all'interno    del   territorio amministrativo  dell'ente  sia  ottenuto  secondo  il  metodo   della produzione biologica e/o in base  ad uno  dei  sistemi  di  qualità nazionali;
      oppure, vi sia una consolidata tradizione, per  un  periodo  di almeno cinquanta anni, legata ad un determinato prodotto  agricolo  e connessa a valori di carattere ambientale, storico e culturale;
    • b) in cui operano  organismi  associativi  a  carattere  comunale aventi lo specifico scopo di promuovere e valorizzare  le  identità colturali del loro territorio nei mercati nazionali e internazionali.
      I requisiti previsti dal comma  1  del  presente  articolo  sono cumulativi

    Associazioni città di identità: requisiti

    Ai sensi dell'art 4 dello stesso decreto ai fini di quanto previsto dall'art. 40, comma 4,  della  legge, le associazioni nazionali delle città di identità devono  possedere i seguenti requisiti:

    • a) essere costituite in forma  di  associazione  riconosciuta  ai sensi degli articoli 14  e  seguenti  del  codice  civile  ed essere iscritte nel registro delle persone giuridiche  istituito  presso  la competente prefettura ai  sensi  del  decreto  del Presidente  della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361;
    • b) essere senza  scopo  di  lucro  ed  avere  come  finalità il sostegno e lo sviluppo della qualità delle produzioni agricole e dei territori delle città di identità associate, tramite  iniziative  e servizi nel campo  della tutela,  del  sostegno  alla  promozione  e dell'informazione;
    • c) avere tra i propri  associati  almeno  venticinque  città di identità, situate in almeno tre diverse regioni o province autonome, in possesso dei requisiti previsti dall'art. 3 del  presente  decreto per   il   medesimo   prodotto   agricolo,   previamente    accertati dall'associazione nazionale al momento dell'adesione;
    • d)  prevedere  tra  gli  organi  dell'associazione  il   collegio sindacale o il sindaco unico;
    • e) prevedere nel proprio statuto le seguenti finalità:
      • valorizzare le produzioni agricole  di  qualità,  evitando  il ricorso agli OGM;
      • valorizzare  le  pratiche  di  coltivazione  tradizionali,   il paesaggio rurale e i prodotti tipici locali;
      • sensibilizzare i cittadini e  coinvolgerli  direttamente  nella cura,  tutela  e  valorizzazione  del  territorio   come   patrimonio immateriale e bene culturale identitario;
      •  favorire la sostenibilità dello  sviluppo  economico  locale, incentivando la permanenza degli agricoltori nelle zone rurali  e  la creazione di nuove imprese e  servizi,  con  particolare  riferimento alle giovani generazioni;
      • favorire l'offerta turistica integrata  basata  sulla  qualità del territorio, delle produzioni locali, sulle bellezze del paesaggio e le iniziative culturali e la tutela dei beni artistici e storici;
      • promuovere la collaborazione tra  enti  locali  e  imprese  per favorire lo sviluppo sostenibile;
      • promuovere l'adozione di strumenti urbanistici appropriati alle caratteristiche dei territori utili alla salvaguardia  del  paesaggio rurale e all'utilizzo del patrimonio edilizio esistente;
      • favorire servizi e  reti  di  informazione,  la  ricerca  e  le attività di studio, la progettazione  a  forte  connotazione  etica, rafforzando  la  coesione  sociale  e  la  promozione  di  iniziative culturali e di valorizzazione delle identità locali;
      • sostenere  la  crescita  del  turismo  rurale  e  del   turismo enogastronomico secondo criteri di sostenibilità e  di  ricerca  di equilibrio nel rapporto tra turisti e popolazione residente;
    • f) aver svolto, in modo continuativo, attività nel perseguimento delle finalità statutarie indicate nella precedente lettera  e)  del presente comma nei tre anni antecedenti la data  della  richiesta  di iscrizione nel registro di cui all'art. 5 del presente decreto.

    Ciascuna  città di  identità   per  ogni  singolo   prodotto agricolo,  può richiedere  l'adesione  ad   un'unica   associazione nazionale delle città di  identità   previa delibera del proprio consiglio comunale.
    Le  città di  identità possono  aderire  alle  associazioni nazionali delle città di identità anche per  il  tramite di altri enti locali di cui  fanno  parte.  

    Nell'ipotesi  prevista  dal  primo periodo,  il  diritto  di   voto   nell'assemblea   dell'associazione nazionale spetta in proporzione al  numero  di  città di  identità rappresentate. 

    Registro nazionale città di identità: come iscriversi

    Le associazioni nazionali delle città di identità in  possesso dei requisiti previsti dall'art. 4 del decreto  presentano alla regione o alla provincia autonoma nel cui territorio si trova la sede legale dell'associazione stessa,  richiesta  di iscrizione  nel registro. 

    Nella richiesta è indicato il prodotto  agricolo  rispetto al  quale  si  richiede  l'iscrizione  nel  registro.  Per   ciascuna associazione  nazionale  delle  città di  identità è  possibile indicare un solo prodotto agricolo.
    La  regione  o  la  provincia  autonoma  competente  attesta  il possesso dei requisiti previsti dall'art. 4 del presente decreto  da parte dell'associazione richiedente e, in  caso  di  esito  positivo, trasmette l'attestazione unitamente alla richiesta al  Ministero.  Le regioni e le provincie autonome possono richiedere informazioni  alle altre regioni o province autonome nel cui territorio  si  trovano  le citta' di identita' che fanno parte dell'associazione richiedente.
    Il Ministero iscrive l'associazione  richiedente  nel  registro, specificando a quali prodotti agricoli si riferisce l'iscrizione.
    Il Ministero pubblica  sul  proprio  sito  internet  e  mantiene aggiornato il registro. 

  • PRIMO PIANO

    SNC e SAS: in arrivo l’obbligo di redazione e deposito del bilancio

    È stata pubblicata il 10 gennaio 2025 sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea la nuova Direttiva 2025/25/UE, datata 19 dicembre 2024, e recante modifica alle Direttive 2009/102/CE e 2017/1132/UE, che si occupa di digitalizzazione del diritto societario. La Direttiva dovrà essere recepita entro il 31 luglio 2027, e le disposizioni in essa contenute dovranno essere rese operative dagli stati membri a decorrere dal 31 luglio 2028.

    Con questo intervento normativo l’Unione Europea dichiara di avere l’obiettivo di migliorare la trasparenza delle imprese e di conseguenza la fiducia nel contesto imprenditoriale; oltre che, favorendo l’interconnessione digitale del sistema informativo delle imprese, quello di favorire l’espansione transfrontaliera delle PMI.

    Nella pratica, per le imprese italiane ciò si configurerà nel futuro obbligo per SNS e SAS di:

    • ampliare la quantità di informazioni da pubblicare presso il Registro delle imprese, al pari di quanto già avviene per le società di capitali;
    • produrre il bilancio sociale e pubblicarlo presso il Registro delle imprese.

    La direttiva, che una volta emanata darà agli stati membri dell’Unione Europea due anni per il suo recepimento, limita l’intervento alle società di persone esercenti attività commerciale, il che, in Italia, vuol dire appunto che sono interessate dal provvedimento le SNC e le SAS, ma non le società semplici. 

    Il fatto non è strano, se si pensa che l’obiettivo della novità normativa è quello di favorire la trasparenza del sistema imprenditoriale e lo sviluppo delle PMI, e le società semplici, non svolgendo attività commerciale, non sono neanche delle PMI propriamente dette.

    La direttiva inserisce questo adempimento in un più generale programma di ampliamento dell’interconnessione dei registri nazionali, al fine di permettere che le informazioni fondamentali sulla vita delle società di persone possa divenire accessibile a livello unionale, come già avviene per le società di capitali.

    È presumibile ritenere che, come già avviene per le società di capitali che sono anche microimprese, che   per le società di persone di minore dimensione sarà prevista qualche semplificazione; fermo restando l’obiettivo finale di permettere l’allargamento del sistema informativo europeo.

    Cosa cambia per le imprese italiane

    Già adesso le SNC e le SAS trasmettono le informazioni fondamentali al Registro delle imprese detenuto presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura della sede di competenza; l’allargamento del numero di informazioni richieste non dovrebbe costituire adempimento di particolare onerosità amministrativa.

    Di diversa rilevanza è l’obbligo di redazione e pubblicazione del bilancio annuale che, per questo tipo di imprese, costituisce un adempimento in più, per nulla irrilevante, aggravato anche dell’onere del deposito presso il Registro delle imprese di competenza.

    Volendo vedere la questione dal punto di vista del diritto societario, queste modifiche avvicinano, e non poco, le società di persone alle società di capitali.

    In questo senso questa novità normativa, inserita nella particolarità del contesto italiano, alimenta ulteriormente quel processo che si è venuto ad innescare a partire dalla riforma del diritto societario, tale che la tradizionale differenziazione tra società di persone senza personalità giuridica, e società di capitali con personalità giuridica, quanto meno per le imprese a più ristretta base partecipativa, di fatto diviene alquanto fumosa.

    Tra SNC e SAS obbligate alla redazione dei bilanci, e SRL i cui soci che sono anche amministratori in tante situazioni divengono illimitatamente responsabili, oltre che sottoposti al doppio obbligo previdenziale, le differenze divengono poco percettibili.

    È come se il diritto in divenire abbia creato una sorta di società di persone che è tale (con specifici obblighi e limitazioni) nel momento in cui l’impresa è amministrata dai soci, i quali sono in un numero ristretto, a prescindere dalla forma (SNC, SAS, SRL) adottata, che diviene questione secondaria e non più costitutiva, come invece risultava prima della riforma del diritto societario.

  • Legge di Bilancio

    Detassazione mance: nuovi parametri per il 2025

    La Legge di Bilancio 2025, tra le tante novità che dal 1° gennaio sono operative, contiene una novità per le mance dei lavoratori del settore ristorazione, vediamo in dettaglio la previsione normativa.

    Detassazione mance: novità 2025

    Il comma 520, lettera a), modifica l’articolo 1, comma 58, della legge n. 197 del 2022, innalzando dal 25 al 30 per cento il limite previsto del reddito percepito nell’anno dal personale impiegato nel settore ricettivo e di somministrazione di alimenti e bevande, per le relative prestazioni di lavoro, cui applicare l’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali, pari al 5 per cento.
    Si ricorda che il suddetto comma 58 stabilisce che nelle strutture ricettive e negli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, di cui all’articolo 5 della legge n. 287 del 1991, le somme destinate dai clienti ai lavoratori a titolo di liberalità, anche attraverso mezzi di pagamento elettronici, riversate ai lavoratori costituiscono redditi di lavoro dipendente e, salva espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro, sono soggette a un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali con l’aliquota del 5 per cento, entro il limite del 25 per cento, limite ora innalzato, del reddito percepito nell’anno per le relative prestazioni di lavoro. 

    Tali somme sono escluse dalla retribuzione imponibile ai fini del calcolo dei contributi di previdenza e assistenza sociale e dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e non sono computate ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto.
    Il comma 520, lettera b), aumenta a 75 mila euro il limite del reddito di lavoro dipendente cui si applica il regime di tassazione sostitutiva.

    Quindi ricapitolando, il regime di tassazione sostitutiva è applicabile:

    • entro il limite del 30% del reddito percepito nell’anno precedente, per le relative prestazioni di lavoro;
    • ai lavoratori del settore privato titolari di reddito da lavoro dipendente, non superiore nell’anno precedente a 75mila euro;
    • salvo espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro.

    Ne consegue che il regime di tassazione separata è il regime naturale di tassazione delle cosiddette mance, alle condizioni sopra indicate, essendo possibile l’applicazione dell’ordinario regime di tassazione solo in caso di rinuncia scritta del lavoratore a tale regime di favore.

    Si dispone, peraltro, che l’imposta sostitutiva sia applicata dal sostituto d’imposta.

  • Successioni

    Autoliquidazione imposta di successione: codici tributo

    Con Risoluzione n 2 del 10 gennaio le Entrate hanno pubblicato i codici tributo per autoliquidare l'imposta di successione secondo le nuove regole.

    Autoliquidazione imposta di successione: codici tributo

    Viene innanzitutto ricordato che il Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, nel seguito “TUS”, è stato modificato dal decreto legislativo 18 settembre 2024, n. 139

    In particolare, viene modificato l’articolo 33 del TUS, prevedendo che “i soggetti obbligati al pagamento autoliquidano l’imposta in base alla dichiarazione della successione” e, all’articolo 37, che “il contribuente esegue il pagamento dell’imposta autoliquidata […] entro novanta giorni dal termine di presentazione della dichiarazione”. 

    Inoltre, il medesimo articolo 33 del TUS dispone che “nel caso in cui risulti dovuta una maggiore imposta, l’ufficio notifica apposito avviso di liquidazione nel termine di decadenza di due anni dalla data di presentazione della dichiarazione della successione, con l’invito a effettuare il pagamento entro sessanta giorni”.

    È ammesso anche il pagamento rateale, ai sensi dell’articolo 38 del TUS, ove si prevede che il contribuente può eseguire il pagamento dell’imposta sulle successioni autoliquidata ai sensi dell’articolo 33, nella misura non inferiore al 20 per cento entro il termine di cui all’articolo 37 e, per il rimanente importo, in un numero di otto rate trimestrali ovvero, per importi superiori a 20.000 euro, in un numero massimo di dodici rate trimestrali, fornendo apposita comunicazione in sede di dichiarazione della successione. La dilazione non è ammessa per importi inferiori a 1.000 euro.

    Sugli importi dilazionati sono dovuti gli interessi, calcolati dal primo giorno successivo al pagamento del venti per cento dell’imposta autoliquidata ai sensi dell’articolo 33”

    Le nuove disposizioni trovano applicazione alle dichiarazioni di successione aperte dal 1° gennaio 2025

    Al fine di tener conto delle modifiche apportate con il citato decreto legislativo 18 settembre 2024, n. 139, con la presente risoluzione si procede con l’istituzione e la ridenominazione dei relativi codici tributo instituiti con risoluzione n 16 del 2016.

    Autoliquidazione imposta di successione

    Per consentire il versamento delle somme dovute in sede di presentazione della dichiarazione di successione, autoliquidate da parte dei soggetti obbligati al pagamento, è istituito il seguente codice tributo, da utilizzare mediante il modello F24:

    • “1539” denominato “Successioni – Imposta sulle successioni – autoliquidazione”.

    Per il versamento degli interessi dovuti in caso di pagamento rateale è istituito il seguente codice tributo: 

    • “1635” denominato “Successioni – Imposta sulle successioni – interessi pagamento rateale”. 

    In sede di compilazione del modello F24, i suddetti codici tributo sono esposti nella sezione “Erario” esclusivamente in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, secondo le modalità di compilazione di seguito riportate: 

    • nel campo “anno di riferimento”, nel formato “AAAA”, l’anno del decesso; nella sezione “Contribuente” sono riportati, negli appositi campi, il codice fiscale e i dati anagrafici dell’erede; il campo “Codice fiscale del coobbligato, erede, genitore, tutore o curatore fallimentare” è valorizzato con il codice fiscale del defunto unitamente al codice “08” da riportare nel campo “codice identificativo”; 
    • per il solo codice tributo “1539”, il campo “rateazione/Regione/Prov./mese rif.” è sempre valorizzato nel formato “NNRR”, ove “NN” rappresenta il numero della rata in pagamento e “RR” indica il numero complessivo delle rate (in caso di pagamento dell’intero importo in unica soluzione, il suddetto campo è valorizzato con “0101”). 

    Se il contribuente sceglie di dilazionare il pagamento dell’imposta di successione, per il versamento iniziale previsto nella misura non inferiore al 20 per cento dell’imposta dovuta, da effettuare nello stesso termine del versamento in unica soluzione, il suddetto campo è comunque valorizzato con “0101”.

    Per il rimanente importo da versare ratealmente, in relazione a ciascuna rata il suddetto campo è valorizzato con il numero della rata in pagamento (ad esempio, “01”, “02”, “03” e così via) seguito dal numero complessivo delle rate (ad esempio, “08” oppure “12”).

    Versamento delle sanzioni per ravvedimento tardiva successione

    In ipotesi di ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, per tardiva presentazione della dichiarazione di successione di cui all’articolo 50 del TUS1 , per consentire il versamento della sanzione amministrativa dovuta, con la presente risoluzione si istituisce il seguente codice tributo, da utilizzare esclusivamente mediante il modello F24: 

    •  “1549” denominato “Successioni – Tardiva presentazione della dichiarazione di successione – Sanzione da ravvedimento – imposta sulle successioni – art. 13 d.lgs. n. 472/1997”

    In sede di compilazione del modello F24, il suddetto codice tributo è esposto nella sezione “Erario” esclusivamente in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, secondo le modalità di compilazione di seguito riportate:

    • nel campo “anno di riferimento”, nel formato “AAAA”, l’anno del decesso;
    • nella sezione “Contribuente” sono riportati, negli appositi campi, il codice fiscale e i dati anagrafici dell’erede; il campo “Codice fiscale del coobbligato, erede, genitore, tutore o curatore fallimentare” è valorizzato con il codice fiscale del defunto unitamente al codice “08” da riportare nel campo “codice identificativo”. 

    Inoltre, con la presente risoluzione è ridenominato il seguente codice tributo, come di seguito indicato: 

    •  “1535” denominato “Successioni – Sanzione da ravIl versamento degli interessi dovuti in ipotesi di ravvedimento è eseguito con il codice tributo già esistente “1537” denominato “Successioni – Interessi da ravvedimento – art. 13, D. Lgs. n. 472/1997”. vedimento – imposte e tasse ipotecarie e catastali e imposta sulle successioni – art. 13 d.lgs. n. 472/1997”

    Versamento somme da avvisi di liquidazione per imposta di successione

    Per consentire il versamento delle somme dovute a seguito degli avvisi di liquidazione emessi dagli Uffici si istituisce il seguente codice tributo, da utilizzare esclusivamente mediante il modello F24: 

    • “A139” denominato “Successioni – Sanzione imposta sulle successioni – Avviso di liquidazione dell’imposta – Art. 33, comma 3, del TUS”. 

    In sede di compilazione del modello F24, il suddetto codice tributo è esposto nella sezione “Erario”, in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, con l’indicazione nei campi “codice ufficio”, “codice atto” e “anno di riferimento”, nel formato “AAAA”, dei dati riportati nell’atto emesso dall’Ufficio. 

    Per il pagamento delle spese di notifica degli atti emessi dagli Uffici, si utilizza il vigente codice tributo “9400 – spese di notifica per atti impositivi”. 

    Inoltre, con la presente risoluzione è ridenominato il seguente codice tributo, come di seguito indicato: 

    • “A150” denominato “Successioni – Sanzione per tardiva presentazione della dichiarazione di successione – Avviso di liquidazione – Art. 50 del TUS”. Il versamento degli interessi dovuti a seguito degli avvisi di liquidazione emessi dagli Uffici è eseguito con il codice tributo già esistente “A152” denominato “Successioni – Interessi – Avviso di liquidazione dell’imposta”

  • Locazione immobili 2024

    CIN affitti brevi: sanzioni dal 2 gennaio per inadempienti

    Dal 2 gennaio 2025, chi non ha provveduto a richiedere il CIN dovrebbe essere soggetto a sanzioni. 

    Il condizionale è d'obbligo in quanto vista la proroga, concessa per le richieste del codice identificativo, con la quale si indicava il 1° gennaio come data ultima per adempiere, non è risultato chiaro come di conseguenza si debba applicare la norma sulle relative sanzioni per chi non ha provveduto.

    Facciamo un riepilogo dei passaggi susseguitisi, dal 3 di settembre scorso, quando è scattato il termine normativo per le richieste del CIN.

    CIN affitti brevi: richieste entro il 1° gennaio

    Veniva pubblicato in GU del 3 settembre l’avviso del Ministero del Turismo che, ai sensi dell'art 13 ter comma 15 del DL 145/2023, iniziava a decorrere il termine di due mesi per l’entrata in vigore delle norme sul CIN.
    Il DL 145/2023 ha introdotto l’obbligo del CIN e le relative sanzioni.

    Il decreto ha previsto che il Ministero del Turismo abbia  il compito assegnare mediante procedura automatizzata e su istanza del locatore o titolare della struttura ricettiva, il CIN a:

    • unità immobiliari a uso abitativo destinate a contratti di locazione per finalità turistiche e a contratti di locazione breve,
    • strutture turistico-ricettive alberghiere ed extralberghiere.

    L'avviso era molto atteso in quanto dalla pubblicazione in GU dello stesso, dal 3 settembre, decorrono i 60 giorni entro cui mettersi in regole con il CIN richiedendolo sulla piattaforma preposta BDRS, progressivamente attivata in tutta Italia durante il periodo estivo.

    Per ottenere il CIN dal Ministero del Turismo, il locatore o il soggetto titolare della struttura turistico-ricettiva deve presentare, sul portale BDSR apposita istanza con anche:

    • i dati catastali dell’unità immobiliare o della struttura;
    • nel caso di locazioni svolte in forma imprenditoriale, la sussistenza dei requisiti di sicurezza degli impianti.

    Chi non provvede sarà soggetto alla sanzione pecuniaria da 800 a 8.000 euro in relazione alle dimensioni della struttura o dell’immobile, decorsi 60 giorni 2 novembre.

    Successivamente il Ministero del Turismo ha disposto una proroga di questo termine facendolo slittare al 1° gennaio 2025 ma non chiarendo esplicitamente i termini del decorso delle sanzioni.

    CIN affitti brevi: sanzioni dal 2 gennaio per inadempienti

    La mancata esposizione e indicazione del CIN è punita con:

    • la sanzione pecuniaria da 500 a 5.000 euro in relazione alle dimensioni della struttura o dell’immobile, per ciascuna struttura o unità immobiliare per cui è accertata la violazione;
    • la sanzione della rimozione dell’annuncio irregolare pubblicato.

    Anche in tal caso, le sanzioni scatteranno solo dopo i 60 giorni previsti dalla normativa per mettersi in regola.

    Leggi anche CIN affitti brevi: quali sono le sanzioni per chi non provvede?

    Ricordiamo che per ottenere il Cin è necessario essere già in possesso del codice previsto dalle leggi regionali in materia, con procedure autorizzative e requisiti diversi da regione a regione.

    Gli adempimenti per la locazione breve e turistica previsti dalle normative regionali restano infatti in vigore e a queste si aggiungono quelle nazionali.

    Il debutto della Banca dati delle strutture ricettive voluta dal ministero del Turismo, entrata in funzione lo scorso 3 settembre su tutto il territorio nazionale prevede l’iscrizione obbligatoria entro il 2 novembre (termine slittato al 1° gennaio 2025) per ottenere il Cin e continuare a operare, come disposto dal Dl 145/2023, ma può essere presentata solo da coloro che già hanno ottenuto il codice identificativo regionale o provinciale, in base alle regole stabilite sul territorio di appartenenza. 

    Leggi qui per sapere come richiedere il CIN: CIN affitti brevi e turistici: tutte le regole per provvedere.

  • La quotazione delle PMI

    Credito quotazioni PMI: proroga fino al 2027

    La legge di bilancio 2025 proroga per il credito di imposta per la quotazione delle PMI. 

    Vediamo in dettaglio cosa contiene la norma in vigore dal 1° gennaio.

    Credito quotazioni PMI: in arrivo la proroga fino al 2027

    Il comma 449 dell'art 1 della legge di bilancio 2025 nel novellare l'articolo 1, commi 89 e 90, della legge n. 205 del 2017, proroga fino al 31 dicembre 2027 e nel limite complessivo di 6 milioni di euro per l’anno 2025 e 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2026 e 2027, il credito d’imposta per la quotazione delle piccole e medie imprese di cui al citato articolo 1, commi 89 e 90, che ha introdotto un credito d’imposta delle spese di consulenza relative alla quotazione delle Piccole e medie imprese (PMI).

    In particolare, alle PMI che decidono di quotarsi in un mercato regolamentato o in sistemi multilaterali di negoziazione è riconosciuto un credito d’imposta pari al cinquanta per cento delle spese di consulenza sostenute, fino a un massimo di 500 mila euro.

    L’articolo 1 comma 230, della legge n. 178 del 2020, nonché l’articolo 1, comma 46, della legge n. 234 del 2021 hanno poi prorogato tale misura, limitando però il massimale a 200 mila euro. 

    Con l’articolo 1, comma 395, della legge n. 197 del 2022, la misura è stata ulteriormente prorogata al 31 dicembre 2023, con una revisione delle condizioni per accedere al beneficio in questione.

    In particolare, è stato previsto che le PMI che inizino una procedura di ammissione alla quotazione in un mercato regolamentato o in sistemi multilaterali di negoziazione di uno Stato membro dell’Unione Europea o dello Spazio economico europeo e che ottengano l’ammissione alla quotazione, possono richiedere un credito d’imposta pari al cinquanta per cento dei costi di consulenza sostenuti, fino a un massimo di 500 mila euro. 

    Infine con l’articolo 3, comma 4-bis, del decreto-legge n. 215 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 18 del 2024, la misura è stata prorogata sino al 31 dicembre 2024 (costi di consulenza sostenuti fino al 31 dicembre 2024 per le quotazioni avvenute nell’anno 2024), mantenendo inalterate le condizioni (credito di imposta pari al 50 per cento sino ad un massimo di 500 mila).

    Pertanto ora si vuole ulteriormente prorogare l'agevolazione come sopra specificato.

  • Reverse Charge

    Reverge Charge: doppia registrazione per far emergere le op. imponibili

    Con Ordinanza n 31274 depositata il 6 dicembre 2024 la Cassazione statuisce il seguente importante principio:

    “reverse charge” – di acquisti intracomunitari, nel caso di registrazione, ai fini dell’IVA, delle fatture in acquisto nel solo registro degli acquisiti, senza integrazione dell’imposta, non vale ad escludere la sanzionabilità della violazione ai sensi dell’art. 6, comma 1, D.Lgs. n. 471 del 1997, né a configurare un’ipotesi di minore gravità, la circostanza che l’Amministrazione disponga delle informazioni necessarie per accertare la sussistenza dei requisiti sostanziali legittimanti comunque il diritto alla detrazione, poiché la doppia registrazione della fattura previa integrazione dell’imposta persegue lo scopo sostanziale di far di per sé emergere le operazioni imponibili, con contestuale liquidazione dell’imposta dovuta direttamente dal cessionario, rendendo nel contempo possibile l’esperimento dei controlli in capo a questi”.

    Vediamo il caso di specie.

    Reverge Charge: doppia registrazione per far emergere le op. imponibili

    La controversia nasce da un atto di contestazione di sanzioni inviato da parte dell’Agenzia riguardante violazioni in materia di imposta sul valore aggiunto, per gli anni 2007 e 2008, per omessa o inesatta annotazione, sui registri di cui agli articoli 23 e 24 del decreto Iva, di fatture relative a prestazioni imponibili o ad acquisti intracomunitari di beni da parte di una società in nome collettivo.

    La società contribuente impugnava l'atto presso la Ctp che dichiarava dovute unicamente le sanzioni per le violazioni di carattere formale inerenti all’omessa doppia registrazione delle autofatture negli appositi registri.

    L’ufficio proponeva appello che veniva accolto integralmente dai giudici di secondo grado, ritenendo essi che, pur non essendo stata contestata una maggiore imposta, per le operazioni poste in essere, la società ricorrente, comunque, risultava aver violato le disposizioni normative Iva per gli acquisti intracomunitari, essendosi limitata a registrare le fatture d’acquisto esclusivamente nel registro degli acquisti, senza integrazione dell’Iva. 

    I giudici spiegano che il contribuente avrebbe dovuto procedere prima all’integrazione Iva delle fatture e poi alla successiva annotazione delle stesse, sia nel registro vendite che nel registro acquisti, così da neutralizzare l’imposta. 

    Secondo i giudici l’incompletezza e la non regolarità delle registrazioni contabili, per cui sono state configurate le violazioni contestate, legittimamente sono state sanzionate dall’ufficio, a norma del richiamato articolo 6, comma 1, del Dlgs n. 471/1997.

    La società proponeva ricorso per Cassazione contestando la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo numero 471/1997, in relazione ai numeri 3) e 5) dell’articolo 360 del codice di procedura civile, in quanto, in caso di “reverse charge” secondo il contribuente: “in assenza di limiti, oggettivi o soggettivi, all’esercizio della detrazione, l’operazione è fiscalmente neutrale in quanto l’imposta a debito è esattamente pari a quella a credito”. 

    L’Amministrazione inoltre, secondo la stessa società ricorrente, disponeva di tutte le informazioni necessarie per accertare la sussistenza di detti requisiti sostanziali; non potendosi il diritto alla detrazione negare nei casi in cui l’operatore nazionale non ha applicato – o non ha applicato correttamente – la procedura dell’inversione contabile.

    L’ordinanza di Cassazione di cui si tratta smentisce del tutto la tesi del contribuente affermando il principio su indicato.

    La doppia registrazione della fattura, previa integrazione dell’imposta, ha lo scopo di garantire la corretta gestione dell’Iva nei casi di autofatturazione o di reverse charge, rispettando sia gli obblighi contabili che quelli fiscali. Questa procedura è prevista per adeguarsi alle normative italiane e comunitarie sull’imposta.

    È di fondamentale importanza la corretta liquidazione dell’imposta: la doppia registrazione consente di integrare l’importo dell’Iva dovuta, calcolandola sull’acquisto di beni o servizi, per poi evidenziarla sia come Iva a debito (nel registro vendite) sia come Iva a credito (nel registro acquisti).

    La Cassazione evidenzia che: scopo principale della doppia registrazione della fattura previa integrazione dell’imposta è assicurare il rispetto degli obblighi comunitari in materia di imposta sul valore aggiunto, garantendo la corretta liquidazione e detrazione dell’imposta, oltre a mantenere la trasparenza nella contabilità.