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Regime OSS: imponibilità IVA di case prefabbricate
Con Risposta a interpello n 246 del 5 dicembre le Entrate chiariscono dettagli del Regime IVA OSS.
L'istante è soggetto passivo IVA, stabilito in uno Stato dell'Unione europea, che opera nel settore della produzione
di case prefabbricate.
La Società aderisce al regime One Stop Shop (OSS) e vende case prefabbricate a clienti, anche italiani, non soggetti passivi IVA.
Nel caso di un cliente ''privato'' italiano, l'Istante chiede chiarimenti in merito a:- 1) la possibilità di assoggettare la cessione della casa prefabbricata alle aliquote ridotte del 4 per cento e del 10 per cento nel caso di presentazione, da parte del cliente, di una dichiarazione per l'applicazione dell'aliquota IVA agevolata;
- 2) ai requisiti delle relative fatture di vendita, oggetto di aliquota ridotta;3) all'eventuale registrazione delle stesse presso l'Agenzia delle entrate o altro ente in Italia;
- 4) alle conseguenze in cui incorre se applica un'aliquota agevolata a seguito della presentazione da parte del cliente di una falsa dichiarazione/ attestazione dei relativi requisiti.
Sinteticamente l'ADE evidenzia che l'aliquota agevolata spetta solo nelle cessioni chiavi in mano, vediamo i dettagli.
Cessione di prefabbricati: la corretta imponibilità IVA per un soggetto estero
L'One Stop Shop (OSS o Sportello Unico) è un regime opzionale IVA che consente a un soggetto passivo di dichiarare e pagare l'IVA in un unico Stato membro, quello dove è identificato ai fini IVA, a fronte di operazioni dallo stesso effettuate a favore di privati consumatori UE, siano esse cessioni di beni o prestazioni di servizi (B2C).
Lo Stato UE di identificazione provvederà poi alla ripartizione dell'imposta così raccolta tra i vari Stati UE di consumo di beni e servizi, in base agli importi delle transazioni ivi effettuate, rilevanti ai fini IVA.
Si tratta dunque di una misura di semplificazione in quanto i soggetti passivi IVA che optano per tale regime, anziché identificarsi in tutti gli Stati UE per l'assolvimento degli obblighi di dichiarazione e di versamento dell'imposta dovuta a fronte delle cessioni di beni e/o prestazioni di servizi ivi effettuate, dichiarano e versano l'IVA nel solo Stato membro di registrazione/identificazione per l'imposta dovuta sulle forniture transfrontaliere di beni e/o servizi.
Nella fattispecie in esame, la Società afferma di essere un soggetto passivo IVA registrato in uno Stato dell'UE, dove ha optato per il regime in commento e pertanto alla stessa si applicano le disposizioni di cui articolo 74 septies del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 quando effettua, nel territorio dello Stato, le operazioni ivi riportate (i.e. «…sulle prestazioni dei servizi…, sulle vendite a distanza intracomunitarie di beni e sulle vendite a distanza di beni importati da territori terzi o paesi terzi, con arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell'acquirente nello Stato, nonché sulle cessioni effettuate tramite l'uso di interfacce elettroniche, con partenza e arrivo dei beni nel territorio dello Stato a destinazione di non soggetti passivi,…»).
In relazione a dette operazioni (i.e. B2C, effettuate nel territorio dello Stato), oltre a dichiarare e versare nel proprio Stato la relativa imposta dovuta in Italia, la norma appena richiamata dispensa l'Istante anche dagli obblighi di cui al Titolo II del Decreto IVA, tra cui quelli di fatturazione, registrazione, tenuta dei registri contabili, ecc. (cfr. articolo 74 septies, comma 4, del Decreto IVA).
In merito alle cessioni di case prefabbricate in legno, la Risoluzione Ministeriale 503351 del 12 marzo 1974 chiarisce che:- 1. si applica l'aliquota IVA ordinaria al 22 per cento quando il cliente ''acquista i pezzi della casa prefabbricata e li fa montare e mettere in opera dalla stessa impresa che li produce o da terzi''. In questo caso, ''il contratto ha per oggetto il semplice acquisto dei singoli pezzi e poiché tali pezzi costituiscono l'oggetto della ordinaria produzione dell'impresa che li fabbrica…'', è da ritenere ''che il negozio giuridico si debba qualificare come una compravendita e, pertanto, il corrispettivo relativo vada assoggettato all'I.V.A. con l'aliquota ordinaria…'';
- 2. si applica l'aliquota IVA del 4% o del 10% quando ''il committente affida ad un'impresa la costruzione di una casa, da effettuare con i pezzi fabbricati dall'impresa stessa''. In questo caso, infatti, ''l'impresa assume l'obbligo di consegnare la casa costruita e completa, sia pure con i pezzi da essa prodotti, e, pertanto,'', avendo la cessione per oggetto un'abitazione, si applicano le pertinenti agevolazioni IVA, al ricorrere delle relative condizioni.
La Società afferma più volte di produrre e cedere a un cliente ''privato'' italiano una casa prefabbricata che sarà installata in Italia. Maggiori dettagli al riguardo sono presenti sul sito internet dell'Istante: dalle informazioni relative alla consegna è possibile desumere che sono trasportati in Italia pezzi della casa prefabbricata destinati a essere montati e assiemati in loco.
In particolare, ''La consegna e il montaggio della struttura (n.d.r. enfasi aggiunta) della casa rappresentano fasi fondamentali del processo di costruzione. Il loro costo viene calcolato separatamente dal prezzo della casa… Grazie alle nostre tecnologie all'avanguardia, possiamo suddividere le pareti (n.d.r. enfasi aggiunta) della vostra casa
in pannelli facilmente trasportabili…''.
Per quanto riguarda il montaggio, inoltre, ''tutti i fori per i fissaggi sono predefiniti ancora nel progetto virtuale e conseguentemente perforati durante il processo di produzione di fabbrica con l'utilizzo di macchinari di precisione computerizzati. Lo stesso vale anche per altri tipi di giunzioni come quella a becco di civetta oppure fissaggi
inclinati e i fissaggi per il sistema di travi….
Durante la fase di assemblaggio non sarete mai costretti ad abbandonare il cantiere e correre alla ricerca degli elementi e del fissaggio necessario. Vi verrà consegnato il kit completo di tutto il necessario per il montaggio della casa. Il manuale per il montaggio con la descrizione tecnica dettagliata di giunzioni ed i fissaggi più usati lo potete scaricare qui. Questo approccio permette di ridurre i tempi di assemblaggio della casa a soli 2 4 giorni a seconda della complessità del progetto…. È essenziale il fatto che la casa è progettata in modo da poter permettere l'installazione a persone senza competenze professionali specifiche, basta una manualità di livello base nell'utilizzo degli attrezzi più comuni.''.
Secondo l'agenzia queste informazioni aggiuntive riconducono la fattispecie prospettata dalla Società all'ipotesi 1 della citata risoluzione: il cliente italiano in realtà non sta acquistando una casa, come affermato dall'Istante, bensì pezzi di una casa (precisamente le pareti).La Società offre anche opzioni supplementari, quali infissi, scale e pavimenti, che, tuttavia, anche considerandole unitamente alle pareti, non permettono di affermare che oggetto della transazione sia una casa/immobile.
Nell'ambito delle opzioni aggiuntive non è peraltro contemplata l'impiantistica.
All'operazione prospettata, per come così ricostruita, si rende dunque applicabile l'aliquota IVA ordinaria del 22 per cento.Diversamente, nell'ipotesi in cui la fornitura in oggetto avvenga nell'ambito di un contratto di appalto che abbia per oggetto la costruzione e la consegna di una casa ''chiavi in mano'' a cui, al ricorrere dei relativi presupposti, può essere riconosciuta l'aliquota IVA del 4 o del 10 per cento.
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Patti parasociali: l’opzione put non è un patto leonino
La Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 27283, pubblicata il 22 ottobre 2024, analizza i contratti parasociali in generale, e nello specifico il patto leonino, definendone le caratteristiche anche in relazione alla cosiddetta opzione put.
L’opzione put è un contratto grazie al quale il suo acquirente acquisisce la facoltà (non l’obbligo) di vendere delle quote a un dato prezzo.
La Corte ci spiega che il patto parasociale è un accordo contrattuale che lega i soci di una società (ma possono partecipare al patto anche terzi) e che ha come obiettivo quello di regolamentare il comportamento da seguire durante la vita dell’impresa oppure il comportamento da seguire in relazione all’esercizio dei diritti (di voto, ad esempio) relativi alle partecipazioni detenute.
Il nostro ordinamento, nello specifico l’articolo 2341-bis del Codice civile, disciplina i più importanti patti parasociali, quelli che hanno come fine la stabilizzazione degli assetti proprietari della società; la norma prevende che non possono avere una validità superiore a 5 anni quei patti parasociali che:
- abbiano per oggetto l’esercizio del diritto di voto nelle società di capitali;
- pongano limiti al trasferimento delle relative azioni o delle quote;
- abbiano per oggetto o per effetto l'esercizio anche congiunto di un'influenza dominante sulla società.
Secondo la Corte di Cassazione questa rappresenta “una previsione che implica il riconoscimento da parte del legislatore della meritevolezza e della tutelabilità dei patti parasociali, da ritenere dunque sempre validi, purché non si pongano in contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento in materia societaria”.
Il divieto di patto leonino e l’opzione put
In questo contesto normativo si inserisce il divieto di patto leonino, disciplinato all’articolo 2265 del Codice civile, ai sensi del quale è da considerarsi nullo qualsiasi patto parasociale in base al quale uno o più soci siano esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite.
La Corte di Cassazione, sull’ordinanza 27283/2024, puntualizza che tale previsione normativa trova motivazione fondante nelle caratteristiche dell’attività svolta dalla società, cioè nell’esercizio dell‘impresa, motivo per cui nessun socio può essere escluso dal fine ultimo dell’esercizio dell’impresa, che è il conseguimento degli utili, né può essere esentato da quella caratteristica tipica di questa attività rappresentata dal rischio d’impresa.
La Corte di Cassazione però definisce anche le caratteristiche del cosiddetto patto leonino, necessarie affinché un patto parasociale possa essere considerato tale e di conseguenza possa essere considerato nullo, in base all’articolo 2265 del Codice civile. Infatti, secondo la Corte, affinché un patto parasociale possa essere considerato un patto leonino, è necessario che l’esclusione del socio dagli utili o dalle perdite sia:
- totale, e non parziale, dovendosi verificare “un’alterazione completa della causa societatis”;
- costante, dovendosi configurare una alterazione irreversibile, e non temporanea, dei diritti patrimoniali del socio.
L’ordinanza numero 27283, pubblicata il 22 ottobre 2024, ha come centro l’ulteriore indagine se in tale divieto di patto leonino possa rientrare anche l’opzione put, quell’accordo in forza del quale l’acquirente di una partecipazione ottiene il diritto, ma non l’obbligo, di rivendere la medesima partecipazione a un prezzo prestabilito, nel caso in cui l’obiettivo dell’accordo sia di stabilizzare l’assetto societario.
Secondo la Corte di Cassazione un tale patto è da ritenersi valido in quanto finalizzato al perseguimento di interessi imprenditoriali meritevoli di tutela e non configura un patto leonino, per il quale vige il divieto.
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Marchio di agricoltore allevatore custode dell’agrobiodiversità: le regole di utilizzo
Il Decreto Ministeriale n. 622857 del 9 novembre 2023 segna una tappa fondamentale per il settore agricolo italiano, introducendo il marchio collettivo figurativo “Agricoltore Allevatore Custode dell’Agrobiodiversità” che intende valorizzare e promuovere le attività di agricoltori e allevatori custodi, impegnati nella conservazione delle risorse genetiche a rischio di estinzione o erosione genetica.
La creazione del marchio è radicata nella Legge n. 194 del 1° dicembre 2015, volta alla tutela della biodiversità di interesse agricolo e alimentare.
Tale norma ha istituito strumenti chiave come:
- L’Anagrafe Nazionale della Biodiversità,
- Il Comitato Permanente per la Biodiversità,
- La Rete Nazionale per la conservazione delle risorse genetiche,
- Il Portale Nazionale per il monitoraggio e la diffusione delle informazioni.
Il marchio, operativo dal 1° gennaio 2026, rappresenterà un riconoscimento distintivo per gli agricoltori e allevatori iscritti nella Rete Nazionale della Biodiversità, rafforzando la visibilità delle loro attività e la percezione del valore del loro lavoro.
Caratteristiche del Marchio “Agricoltore Allevatore Custode dell’Agrobiodiversità”
Il marchio è definito come figurativo e non commerciale, destinato esclusivamente ai servizi di agricoltura e allevamento correlati alla conservazione delle risorse genetiche. È regolato da precise norme d’uso che ne garantiscono l’integrità e l’autenticità, evitando utilizzi impropri o commercializzazioni indebite. Tra le regole principali:
- deve essere accompagnato dall’indicazione della specie, varietà o razza custodita.
- non può essere integrato in denominazioni sociali o sovrapposto ad altri marchi.
- non è consentito il suo uso su prodotti, etichette o packaging.
Modalità di utilizzo del Marchio “Agricoltore Allevatore Custode dell’Agrobiodiversità”
Gli agricoltori e allevatori interessati a utilizzare il marchio collettivo "Agricoltore Allevatore Custode dell’Agrobiodiversità" devono seguire una procedura precisa, definita dal Regolamento d’Uso incluso nel Decreto Ministeriale n. 622857 del 9 novembre 2023.
Ecco i passaggi principali:
1. Iscrizione alla Rete Nazionale della Biodiversità
Gli agricoltori e allevatori devono essere iscritti alla Rete Nazionale della Biodiversità di Interesse Agricolo e Alimentare, che garantisce il riconoscimento ufficiale come custodi delle risorse genetiche.
Come fare l’iscrizione
- Inoltrare una richiesta tramite il Portale Nazionale dell’Agrobiodiversità, seguendo la procedura indicata.
- Dimostrare di operare nella conservazione "in situ" (nel proprio ambiente naturale) o "on farm" (nel contesto aziendale) di specie, varietà o razze vegetali e animali a rischio di estinzione o erosione genetica.
- Soddisfare i requisiti stabiliti dal D.M. 10400 del 24 ottobre 2018, che disciplina l'iscrizione alla Rete.
2. Ottenimento dell’Autorizzazione
Dopo la verifica dei requisiti, il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (MASAF) autorizzerà formalmente l’uso del marchio.
- L’autorizzazione viene comunicata ufficialmente dal MASAF.
- Solo a partire dalla data di trasmissione dell’autorizzazione sarà possibile utilizzare il marchio.
3. Utilizzo conforme del Marchio
Una volta autorizzati, gli agricoltori e allevatori devono utilizzare il marchio rispettando le indicazioni del Regolamento d’Uso. In particolare:
- Ambiti Consentiti: Il marchio può essere utilizzato in comunicazioni istituzionali, materiale promozionale e documentazione aziendale che riguardano le attività di conservazione delle risorse genetiche.
- Indicazione delle Risorse: Ogni utilizzo del marchio deve essere accompagnato dall'indicazione della specie, varietà o razza custodita, riportata al di sotto del logo, con carattere Calibri bold e dimensioni proporzionate al logo stesso.
- Limitazioni: È vietato l'uso del marchio su prodotti, etichette o confezioni destinate alla vendita. Non può essere integrato in denominazioni sociali né sovrapposto ad altri marchi.
Chi sono e come si diventa agricoltori e allevatori custodi
Secondo quanto disposto dalla Legge n. 194 del 1° dicembre 2015 gli agricoltori e allevatori custodi sono:
- Agricoltori: coloro che si impegnano nella conservazione in situ/on farm delle risorse genetiche vegetali di interesse agricolo e alimentare locali, a rischio di estinzione o erosione genetica. Operano principalmente all’interno delle proprie aziende agricole, preservando specie e varietà tradizionali e locali.
- Allevatori: coloro che si dedicano alla conservazione in situ/on farm delle risorse genetiche animali, incluse razze autoctone o locali, anch’esse a rischio di estinzione o erosione genetica.
Ogni regione ha un suo registro delle risorse genetiche e un elenco degli agricoltori e degli allevatori custodi come previsto dalla Legge 194 del 2015 che definisce gli agricoltori custodi come “gli agricoltori che si impegnano nella conservazione, nell'ambito dell'azienda agricola ovvero in situ, delle risorse genetiche di interesse alimentare ed agrario locali soggette a rischio di estinzione o di erosione genetica, secondo le modalità definite dalle regioni e dalle province autonome".
Fermo restando quanto previsto dalla legge 1° dicembre 2015 n. 194, secondo quanto stabilito dall'art. 2 della Legge del 28.02.2024 n. 24, sono agricoltori custodi dell'ambiente e del territorio gli imprenditori agricoli, singoli o associati, che esercitano l'attivita' agricola ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile, nonchè le società cooperative del settore agricolo e forestale, che si occupano di una o più delle seguenti attività:
- manutenzione del territorio attraverso attività di sistemazione, di salvaguardia del paesaggio agrario, montano e forestale e di pulizia del sottobosco, nonchè cura e mantenimento dell'assetto idraulico e idrogeologico e difesa del suolo e della vegetazione da avversita' atmosferiche e incendi boschivi;
- custodia della biodiversità rurale intesa come conservazione e valorizzazione delle varieta' colturali locali;
- allevamento di razze animali e coltivazione di varietà vegetali locali;
- conservazione e tutela di formazioni vegetali e arboree monumentali;
- contrasto all'abbandono delle attività agricole, al dissesto idrogeologico e al consumo del suolo;
- contrasto alla perdita di biodiversità attraverso la tutela dei prati polifiti, delle siepi, dei boschi, delle api e di altri insetti impollinatori e coltivazione di piante erbacee di varieta' a comprovato potenziale nettarifero e pollinifero.
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Autoproduzione PMI energia da fonti rinnovabili: 320 ML per incentivi
Il MIMIT con un avviso del 5 dicembre informa della firma di un decreto con nuovi contributi in arrivo per le PMI che autoproducono energia da fonti rinnovabili.
A chi spettano e in che misura.
Autoproduzione PMI energia da fonti rinnovabili: 320 ML dal MIMIT
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha firmato il decreto “Sostegno per l'autoproduzione di energia da fonti rinnovabili nelle PMI” che prevede un regime di agevolazioni, concesse sotto forma di contributo in conto impianti, per i programmi di investimento delle piccole e medie imprese finalizzati all’autoproduzione di energia elettrica ricavata da impianti solari fotovoltaici o mini eolici, per l’autoconsumo immediato e per sistemi di accumulo/stoccaggio dell’energia dietro il contatore per autoconsumo differito.
Le risorse destinate alla misura sono 320ML di euro a valere sull’Investimento 16 della Missione 7 “REPowerEU” del PNRR.
Il 40% delle risorse è riservato alle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia e un altro 40% alle micro e piccole imprese.
Autoproduzione PMI energia da fonti rinnovabili: misura dell’incentivo
Le agevolazioni, concesse ai sensi del “Regolamento GBER”, saranno assegnate nella misura massima del:
- 30% per le medie imprese;
- 40% per le micro e piccole imprese;
- 30% per l’eventuale componente aggiuntiva di stoccaggio di energia elettrica dell’investimento;
- 50% per la diagnosi energetica ex-ante necessaria alla pianificazione degli interventi previsti dal decreto.
Qualora, in fase di definizione della graduatoria, le risorse destinate alle riserve non dovessero essere pienamente assorbite, saranno rese disponibili per il finanziamento delle domande di agevolazione riferite ai restanti territori e alle imprese di media dimensione.
Ai fini delle agevolazioni sono ammesse le spese, non inferiori a 30 mila euro e non superiori a 1 milione di euro e relative ad una sola unità produttiva del soggetto proponente, per:
- l’acquisto, l’installazione e la messa in esercizio di beni materiali nuovi strumentali, in particolare impianti solari fotovoltaici o mini eolici, sostenuti a partire dalla data di presentazione della domanda di agevolazione;
- apparecchiature e tecnologie digitali strettamente funzionali all’operatività degli impianti;
- sistemi di stoccaggio dell’energia prodotta;
- diagnosi energetica necessaria alla pianificazione degli interventi.
Attenzione al fatto che cCon successivo provvedimento direttoriale saranno stabiliti modalità e termini di presentazione delle domande di agevolazione e gli schemi per la presentazione delle stesse.
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Agevolazione prima casa iscritto AIRE: tutte le regole
Con Risposta a interpello n 234 del 2 dicembre le Entrate replicano ad una istante che:
- è stata residente in Italia dove ha svolto attività lavorativa;
- si è trasferita all'estero per motivi di lavoro;
- è iscritta all'A.I.R.E.;
- è rientrata « temporaneamente in Italia per la necessità di collaborare nell'assistenza familiare» ove ha lavorato e lavora attualmente, con contratti a tempo determinato;
- con atto notarile di compravendita del 2023 e «successivo atto definitivo … (trascorsi i termini previsti per l'esercizio del diritto di prelazione …. )» ha acquistato una abitazione in Italia, fruendo delle agevolazioni c.d. ''prima casa'' e, a tal fine, dichiarava in atto che «l'immobile è ubicato nel Comune ove intende stabilire la propria residenza entro diciotto mesi» dall'acquisto.
Ciò premesso, l'Istante fa presente di essere interessata al mantenimento della residenza all'estero e l'iscrizione all'A.I.R.E. e, dunque, per conservare le agevolazioni in esame, chiede di poter procedere alla rettifica della dichiarazione precedentemente resa in relazione al trasferimento della residenza entro il termine di diciotto mesi dall'acquisto, tramite un atto integrativo, redatto secondo le medesime formalità giuridiche del precedente atto d'acquisto, da registrare presso lo stesso Ufficio di registrazione del suddetto atto originario.
L'Istante, in particolare, intende dichiarare il possesso dei requisiti previsti per gli acquirenti trasferiti all'estero per ragioni di lavoro e, più precisamente, che:
- al momento della stipula del contratto di compravendita era cittadina italiana trasferita all'estero, iscritta all'AIRE dal òòòò; di essersi trasferita all'estero ove ha svolto la propria attività lavorativa;
- che nei cinque anni precedenti il trasferimento è stata residente in Italia;
- che l'immobile è ubicato nel comune dove risiedeva prima del trasferimento all'estero.
Agevolazione prima casa iscritto AIRE: tutte le regole
Le Entrate replicano innanzitutto riepilogando il fatto che le agevolazioni per l'acquisto della ''prima casa'' sono disciplinate dalla Nota II bis, posta in calce all'articolo 1 della Tariffa, Parte I, allegata al decreto del Presidente della Repubblica del 26 aprile 1986, n. 131 (di seguito TUR).
La fruizione dell'agevolazione è subordinata al possesso dei requisiti, di carattere oggettivo e soggettivo, stabiliti dalla citata Nota II bis.
In particolare, si rammenta che l'articolo 2, comma 1, del decreto legge 13 giugno 2023, n.69 ha modificato la Nota II bis, comma 1, lettera a) concernente l'applicazione dell'agevolazione in esame per le ipotesi di acquisto della ''prima casa'' in Italia da parte di un soggetto «trasferito all'estero per ragioni di lavoro».
Ai sensi della citata lettera a), per beneficiare dell'agevolazione in parola, occorre «che l'immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l'acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall'acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l'acquirente svolge la propria attività ovvero, se l'acquirente si è trasferito all'estero per ragioni di lavoro e abbia risieduto o svolto la propria attività in Italia per almeno cinque anni, nel comune di nascita o in quello in cui aveva la residenza o svolgeva la propria attività prima del trasferimento. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall'acquirente nell'atto di acquisto».
Al riguardo, la circolare del 16 febbraio 2024, n. 3/E chiarisce che «Il beneficio fiscale, in ragione dell'intervento normativo, viene pertanto ancorato a un criterio oggettivo, svincolandolo da quello della cittadinanza […]».
Pertanto, «possono accedere al beneficio fiscale in esame le persone fisiche che, contestualmente:- si siano trasferite all'estero per ragioni di lavoro. Attesa la diversa formulazione della disposizione in commento rispetto alla versione previgente, il requisito agevolativo deve ritenersi riferibile a qualsiasi tipologia di rapporto di lavoro (non necessariamente subordinato) e deve sussistere già al momento dell'acquisto dell'immobile. Il trasferimento per ragioni di lavoro verificatosi in un momento successivo all'acquisto dell'immobile non consente, quindi, di avvalersi del beneficio fiscale in questione;
- abbiano risieduto in Italia per almeno cinque anni, o ivi svolto, per il medesimo periodo, la loro attività, anteriormente all'acquisto dell'immobile. A tal proposito si precisa che, con detto termine, si intende ricomprendere ogni tipo di attività, ivi incluse quelle svolte senza remunerazione. Si precisa che, per la verifica del requisito temporale della residenza, nonché di quello relativo all'effettivo svolgimento in Italia della propria attività, il quinquennio non deve essere necessariamente inteso in senso continuativo;
- abbiano acquistato l'immobile nel comune di nascita, ovvero in quello in cui avevano la residenza o in cui svolgevano la propria attività prima del trasferimento».
Per fruire dell'agevolazione, devono ricorrere naturalmente anche le condizioni di cui alle lettere b) (assenza di altri diritti reali vantati su immobili ubicati nello stesso comune) e c) (novità nel godimento dell'agevolazione) della Nota II bis.
Premesso quanto sopra, dunque, possono accedere al beneficio fiscale in esame, tra l'altro, le persone fisiche che, contestualmente al ricorrere dei suddetti requisiti, «siano trasferite all'estero per ragioni di lavoro» al momento dell'atto di acquisto dell'abitazione in Italia.
Come riportato sopra, infatti, il requisito del trasferimento all'estero per ragioni di lavoro «deve sussistere già al momento dell'acquisto dell'immobile».
Tale ultima circostanza assume rilievo dirimente nella fattispecie in esame, in cui, come dichiarato e qui assunto acriticamente, l'Istante è rientrato in Italia e al momento dell'acquisto dell'immobile svolgeva la propria attività lavorativa in Italia.
Ne consegue, quindi, che ai fini del quesito in esame, non risulta integrato, al momento dell'acquisto dell'immobile, il presupposto di acquirente ''trasferito all'estero per ragioni di lavoro''.
Nel caso di specie si ritiene che l'Istante non possa procedere alla rettifica della dichiarazione precedentemente resa nell'atto di acquisto in relazione al trasferimento della residenza, entro il termine di diciotto mesi dall'acquisto, tramite un atto integrativo, redatto secondo le medesime formalità giuridiche del precedente atto d'acquisto, da registrare presso lo stesso Ufficio di registrazione del suddetto atto originario.
Il mancato rispetto dell'impegno assunto in atto a trasferire la residenza, entro diciotto mesi, nel Comune ove è ubicato l'immobile, comporta quindi la decadenza dalle agevolazioni fruite per l'acquisto della ''prima casa''.
Con la risoluzione 31 ottobre 2011, n. 105/ E, è stato chiarito che «laddove sia ancora pendente il termine di diciotto mesi per il trasferimento della residenza, l'acquirente che si trovi nelle condizioni di non poter rispettare l'impegno assunto, anche per motivi personali, possa revocare la dichiarazione di intenti formulata nell'atto di acquisto dell'immobile», presentando un'apposita istanza all'Ufficio presso il quale l'atto è stato registrato e chiedendo la riliquidazione dell'imposta assolta in sede di registrazione, senza applicazione di sanzioni.
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Credito ZES Mezzogiorno: il caso del rent to buy
Con Risposta a interpello n 240 del 3 dicembre le Entrate replicano ad un istante che ha acquistato un bene immobili con contratto di rent to buy.
L’ADE sinteticamente conclude che l'acquisto dell'immobile e dei beni strumentali può essere agevolato, a condizione che:
- gli investimenti siano effettivamente effettuati entro il periodo di vigenza dell’agevolazione (dal 1° gennaio al 15 novembre 2024).
- tutti i requisiti e le condizioni della normativa (compresi gli obblighi di documentazione e di rispetto dei criteri unionali) siano rispettati.
Vediamo il caso di specie e tutti ichiarimenti nel dettaglio.
Credto ZES Mezzogiornoil caso del rent to buy
In particolare, l'istante è una SPA, e riferisce che veniva stipulato un contratto di concessione del godimento con diritto di acquisto (contratto cd. di ''rent to buy'' di seguito,) tra la BETA S.r.l. […], in qualità di parte concedente, e la società GAMMA S.r.l., in qualità di parte conduttrice, avente ad oggetto un fabbricato con sovrastante lastrico solare, ove è alloggiato attualmente un impianto fotovoltaico.
L'Istante dichiara che la durata della concessione del godimento era stata stabilita dalle parti in anni quattro, a decorrere dal […] maggio 2016, con possibilità di proroga (poi avvenuta fino al […] aprile 2024).Il Contratto è stato poi ceduto da GAMMA S.r.l. alla stessa Istante che, una volta divenuta società per azioni, ha esercitato l'opzione di riscatto del bene concesso in godimento con diritto di acquisto dell'Immobile (ai sensi dell'articolo 23 del decretolegge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164) con la stipula del relativo contratto di acquisto avvenuta in data […] aprile 2024 e il pagamento di euro […] (al netto dell'importo di euro […] versati a titolo di acconto previsti con il Contratto).
L'Istante vorrebbe accedere al Credito d'imposta ZES unica per gli investimenti facenti parte di un progetto di investimento iniziale relativo all'acquisto di nuovi macchinari, impianti e attrezzature varie e dell'Immobile strumentale citato e chiede quale sia ''l'esatto momento di effettuazione dell'investimento relativo all'immobile acquistato […], a seguito dell'esercizio dell'opzione di riscatto valido per accedere all'agevolazione in commento''.In particolare, chiede se possa fruire del Credito d'imposta ZES unica in relazione alle spese sostenute per l'acquisto dell'Immobile, avvenuto mediante un contratto di ''rent to buy'', con l'esercizio dell'opzione ivi prevista, con contratto di acquisto stipulato il […] aprile 2024.
L’ADE chiarisce che, ai fini fiscali, l’investimento si considera effettuato:
- alla data della stipula dell’atto di compravendita dell’immobile. Questo è conforme all’articolo 109, comma 2, lettera a), del TUIR, che considera rilevanti i corrispettivi e le spese per l’acquisizione di beni immobili alla data della stipula dell’atto traslativo della proprietà. Nel caso specifico, l’investimento relativo all’immobile oggetto del contratto di "rent to buy" è considerato effettuato nel 2024, poiché in tale anno è stato esercitato il riscatto e stipulato il contratto definitivo di acquisto.
- l'acquisto dell'immobile tramite il contratto di "rent to buy" è eleggibile per il credito d'imposta ZES unica, purché siano rispettate le condizioni previste dal regolamento UE n. 651/2014 (Regolamento GBER) e dal decreto attuativo.
- non è richiesto il requisito della "novità" per l'immobile, in quanto la disciplina consente di agevolare anche beni immobili già utilizzati dall'acquirente, salvo specifiche disposizioni unionali.
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Bonus edilizi 2025: i codici tributo per le rate anti usura
Con Risoluzione n 55 del 26 novembre le Entrate istituiscono i codici tributo per l’utilizzo in compensazione, tramite modello F24, dei crediti relativi a Superbonus, Sismabonus e bonus barriere architettoniche, risultanti dall’ulteriore ripartizione prevista dall’articolo 121, comma 3-ter, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, vediamo i codici e le regole di utilizzo.
Bonus edilizi al 75%: i codici tributo per le banche e le assicurazioni
L’articolo 121, comma 3-ter, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, inserito dall'articolo 4-bis, comma 6, del decreto-legge 29 marzo 2024, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2024, n. 67, prevede che “Per le banche e gli intermediari finanziari iscritti all’albo previsto dall’articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, per le società appartenenti a un gruppo bancario iscritto all’albo di cui all’articolo 64 del medesimo testo unico e per le imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia ai sensi del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, le rate annuali utilizzabili a partire dall’anno 2025 dei crediti d’imposta derivanti dalle comunicazioni di cessione o di sconto relative agli interventi di cui agli articoli 119 e 119-ter del presente decreto e all’articolo 16, commi da 1-bis a 1-septies, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, […], alle quali è stato attribuito il codice identificativo univoco ai sensi del comma 1-quater del presente articolo, sono ripartite in sei rate annuali di pari importo, in luogo dell’originaria rateazione prevista per tali crediti.
La quota di credito d’imposta non utilizzata nell’anno non può essere usufruita negli anni successivi […].
Le disposizioni di cui ai periodi precedenti non si applicano ai soggetti che abbiano acquistato le rate dei predetti crediti a un corrispettivo pari o superiore al 75 per cento dell’importo delle corrispondenti detrazioni, a condizione che dichiarino tale circostanza, ai sensi dell’articolo 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28. dicembre 2000, n. 445, mediante apposita comunicazione all’Agenzia delle entrate, da inviare in via telematica, […].
Con il provvedimento ADE n. 422331 del 21 novembre 2024 sono state definite le modalità attuative del richiamato articolo 121, comma 3-ter, del decreto-legge n. 34 del 2020 e di presentazione della comunicazione ivi prevista.
Detto provvedimento dispone che le rate risultanti dall’ulteriore ripartizione devono essere utilizzate esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, tramite modello F24, dal 1° gennaio al 31 dicembre dell’anno di riferimento, indicando i codici tributo relativi.
Tanto premesso, con la presente risoluzione sono istituiti i seguenti codici tributo:
- “7774” denominato “SUPERBONUS art. 119 DL n. 34/2020 – ULTERIORE RIPARTIZIONE IN SEI RATE – art. 121, comma 3-ter, DL n. 34/2020”;
- “7775” denominato “SISMABONUS art. 16 DL n. 63/2013 – ULTERIORE RIPARTIZIONE IN SEI RATE – art. 121, comma 3-ter, DL n. 34/2020”;
- “7776” denominato “BONUS BARRIERE ARCHITETTONICHE art. 119- ter DL n. 34/2020 – ULTERIORE RIPARTIZIONE IN SEI RATE – art. 121, comma 3-ter, DL n. 34/2020”.