• IUC (Imu - Tasi - Tari)

    Acconto IMU 2023: pagamento entro l’11 dicembre per gli alluvionati

    Doppia scadenza per l'IMU 2023 per gli alluvionati che dovranno versare acconto e saldo dell'imposta a distanza ravvicinata in quanto, salvo ulteriori differimenti dell'ultimo minuto, occorre ricordare che il versamento dell'acconto era stato sospeso, tra le altre scadenze tributaria, fino al 31 agosto scorso. Facciamo un riepilogo.

    IMU 2023: sospensioni per alluvione e immobili inagibili danneggiati

    Nel Decreto Alluvione (DL n 61/2023) pubblicato in GU n 127 del 1 giugno tra le altre sospensioni fiscali si prevedeva quella relativa all'IMU degli immobili situati nelle zone alluvionate.

    In particolare, l’acconto IMU 2023 è stato sospeso fino al 20 novembre per gli immobili nelle zone colpite dalle alluvioni in Romagna, Marche e Toscana (consulta qui l'elenco).

    La data del 20 novembre è stata poi inserita nel decreto proroghe che l'ha fatta slittare al 10 dicembre.

    Per tale motivo, i versamenti dell'acconto IMU dovranno essere effettuati entro il giorno 11 dicembre prossimo in quanto il 10 dicembre cade di domenica.

    Inoltre, occorre evidenziare che entro il giorno 16 dicembre scade anche il pagamento del saldo IMU 2023, che cadendo di sabato slitta al giorno 18 anche per i soggetti alluvionati. Leggi anche: Saldo IMU 2023: in cassa entro il 18 dicembre.

    Pertanto, i soggetti alluvionati avranno la doppia scadenza per il pagamento dell'IMU 2023:

    • entro il giorno 11 dicembre il pagamento dell'acconto IMU,
    • entro il 18 dicembre il pagamento del saldo IMU.

    IMU 2023: riduzione dell'imponibile per i fabbricati inagibile

    Inoltre, è bene ricordare che, le regole generali dell’ IMU prevedono una riduzione del 50% dell’imponibile per "i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati", per il periodo in cui si verifica tale condizione.

    L'art. 1, comma 747, lettera b), legge n. 160/2019 stabilisce che la base imponibile è ridotta del 50% per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni.

    L’inagibilità o inabitabilità è accertata dall’ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione. Il contribuente alternativamente ha la facoltà di presentare una dichiarazione sostitutiva ai sensi del D.P.R. n. 445/2000, con la quale si attesti la dichiarazione di inagibilità o inabitabilità del fabbricato da parte di un tecnico abilitato.

    Inoltre, sempre ai fini di una eventuale agevolazione IMU, se l’edificio è compromesso da essere ridotto a un rudere può essere iscritto in catasto come edificio collabente in categoria F/2.

    La categoria F/2 è priva di rendita catastale e ciò determina l'azzeramento dell'IMU dovuta sull’edificio. 

    Leggi anche IMU 2023: tutte le novità di quest'anno per una sintesi delle novità.

  • Ravvedimento

    Ravvedimento speciale: possibile per indebito utilizzo dei crediti d’imposta

    Con Risoluzione n 67 del 6 dicembre le Entrate forniscono ulteriori chiarimenti in merito al Ravvedimento speciale ed a ciò che può essere sanato con questa agevolazione.

    Sulla misura leggi anche: Ravvedimento speciale: unica rata entro il 20 dicembre.

    Ravvedimento speciale: le Entrate chiariscono cosa si può ravvedere

    La risoluzione in oggetto, sottolinea che l'ADE ha ricevuto richieste di chiarimenti con riferimento all’istituto del cd “ravvedimento speciale”, disciplinato dall'articolo 1, commi da 174 a 178, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, di cui il legislatore ha fornito interpretazione autentica con l’articolo 21 del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 26 maggio 2023, n. 56 dalla cui lettura risulta quanto segue.

    La norma di interpretazione autentica, nel ribadire che restano escluse le violazioni ivi espressamente contemplate (i.e. le violazioni rilevabili attraverso i controlli automatizzati, quelle formali e degli obblighi di monitoraggio), ha chiarito che sono regolarizzabili con il ravvedimento speciale, in generale, tutte le violazioni per le quali è applicabile l’istituto del ravvedimento ordinario di cui all’articolo 5 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, commesse nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2021 e in quelli precedenti, a condizione che la dichiarazione del relativo periodo d’imposta sia stata validamente presentata.

    In altre parole, sono escluse le violazioni:

    • commesse quando la dichiarazione risulta omessa, fatta eccezione per l’ipotesi in cui il contribuente sia legittimamente esonerato da detto adempimento;
    • relative a imposte non periodiche, per le quali, cioè, non è prevista dalle norme di riferimento la presentazione di una dichiarazione annuale (si pensi, ad esempio, alle imposte di registro e di successione). 

    Alla luce delle considerazioni suddette, appare evidente che l’istituto del ravvedimento speciale possa essere utilizzato per regolarizzare anche le violazioni consistenti nell’indebito utilizzo dei crediti d’imposta non spettanti o inesistenti, tramite la rimozione delle medesime ed il versamento delle sanzioni di cui all’articolo 13, commi 4 e 5, del d.lgs. n. 471 del 1997, ridotte ad un diciottesimo.

    Ciò nel presupposto che siano state validamente presentate le dichiarazioni relative ai periodi d’imposta in cui sono state commesse le violazioni.

    Allegati:
  • Contenzioso Tributario

    Assistenza in sede di verifica fiscale: cosa prevede il Collegato Fiscale

    Il Decreto Anticipi o Collegato Fiscale in conversione prevede che integraione alla norma sulla tutela per i contribuenti in sede di verifica.

    Nel dettaglio, si aggiunge un periodo alla norma attuale, ossia l'art 12 comma 2 dello Statuto del Contribuente, che disciplina i diritti e le garanzie per i cittadini in sede di verifiche fiscali.

    Assistenza in sede di verifica fiscale: cosa prevede la norma attuale

    Attualmente, la norma prevede che tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all'esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo. 

    Essi si svolgono, salvo casi eccezionali e urgenti adeguatamente documentati, durante l'orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente (questo è quanto prevede il comma 1).

    Quando viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l'abbiano giustificata e dell'oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche (questo è quanto prevede il comma 2).

    A tale come viene fatta una integrazione, vediamola.

    Assistenza in sede di verifica fiscale: cosa prevede il Collegato Fiscale

    L’articolo 8-bis, inserito in sede referente, prevede che anche in sede di verifiche fiscali siano sempre applicabili le norme in tema di assistenza e rappresentanza del contribuente presso gli uffici finanziari. 

    In particolare l’articolo in oggetto modifica l’articolo 12, comma 2, dello Statuto del contribuente (legge n. 212 del 2000), che disciplina i diritti e le garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali.

    Più in dettaglio la norma aggiunge un periodo alla fine dell’articolo 12, comma 2, che dispone che, quando viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l'abbiano giustificata e dell'oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche. 

    Per effetto delle modifiche si prevede che "in sede di verifica sono comunque sempre applicabili l'assistenza e la rappresentanza del contribuente, ai sensi dell'articolo 63 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 600". Tale norma consente al contribuente di farsi rappresentare, presso gli uffici finanziari da un procuratore generale o speciale.

  • Contribuenti minimi

    Regime dei Forfettari: chiarimenti sulle soglie di uscita

    Con la Circolare n 32 del 5 dicembre le Entrate riepilogano e esplicitano tutte le novità per il regime forfettario previste dalla Legge di Bilancio 2023.

    Nel dettaglio il documento di prassi tratta di:

    1. ingresso, 
    2. permanenza
    3. e fuoriuscita

    dal regime, completando l'analisi delle novità con risposte ai quesiti proposti dagli operatori del settore relative ai dubbi più ricorrenti.

    In proposito si segnala Reverse charge e Forfettari: cosa indicare nella liquidazione IVA se si esce dal regime?

    Viene analizzata la modifica introdotta per tale regime sostitutivo con aliquota fissa del 15%, riservato, ricordiamolo, alle persone fisiche titolari di partita Iva che esercitano un’attività di impresa, arte o professione in forma individuale. 

    Regime Forfettari: sintesi delle novità nella circolare ADE

    E' la stessa agenzia a fornire con il comunicato stampa di ieri la sintesi delle novità per i forfettari sottolineando che il regime ora prevede una soglia non superiore a 85mila euro (legge di Bilancio 2023). 

    Questo nuovo requisito è applicabile già a partire dal 2023, e consente la permanenza nel regime agevolato a chi già lo applicava nel 2022 (circolare n. 9/ E del 2019) oppure riguarda l’ingresso di nuovi soggetti. 

    È stata, inoltre, introdotta una speciale causa di fuoriuscita “immediata” dal regime forfetario, consistente nel superamento della soglia di 100mila euro di ricavi o compensi percepiti nel corso dell’anno.

    Regime Forfettari: Come funzionano le nuove soglie 

    In base alle novità previste, se in corso d'anno si percepiscono ricavi o compensi per un importo superiore al limite di 85mila euro ma comunque inferiore ai 100mila, si rimane all’interno del regime forfetario nell'anno in corso per uscirne in quello successivo e ciò comporta la rettifica dell’Iva non detratta (articolo 19-bis2 del DPR n. 633 del 1972).

    I contribuenti che, invece, nel corso dell’anno superano la soglia dei 100mila euro di incasso passano al regime ordinario nello stesso anno. 

    In particolare, con riguardo alle imposte dirette, il contribuente rientra nel regime ordinario sin dall’inizio dell’anno, mentre, per l’Iva, entra nel regime ordinario dal momento dell’incasso che ha comportato la fuoriuscita dal regime, cui consegue l’integrazione della relativa fattura, con l’emissione di una nota di debito per l’importo della corrispondente imposta. 

    Non devono, invece, essere integrate le fatture emesse senza Iva prima del suddetto incasso.

    Come anche sottolineato dal comunicato stampa, nell’ultimo paragrafo la circolare fornisce alcuni chiarimenti alle domande poste dagli operatori sulle novità. 

    Tra le risposte più interessanti vi è quella che precisa che "se il contribuente intraprende l’attività in corso d’anno, il superamento del limite di 100mila euro deve essere verificato senza confrontare il volume dei ricavi o dei compensi alla frazione d’anno di attività"

    Leggi anche: Fattura elettronica per tutti i forfettari dal 1 gennaio 2024 per le novità alle porte.

    Allegati:
  • Riforme del Governo Meloni

    Concessioni balneari: infrazione dall’Ue per l’Italia sulla proroga

    Il 23 novembre è stata pubblicata la Sentenza della Cassazione n 8394/2023 con la quale viene annullata la sentenza del Consiglio di stato che aveva bocciato la proroga al 2033 delle concessioni balneari.

    E' bene evidenziare che, la cassazione entra nel merito della proroga delle concessioni balneari, ancora in ballo, ma annulla la decisione del Consiglio di stato per eccesso di giurisdizione.

    Il Consiglio di stato dovrà nuovamente esprimersi sulle questioni importanti, ossia la proroga o meno che al momento dovrebbero scadere il 31.12.2023.

    Sempre sul tema concessioni balneari ricordiamo inoltre che con un parere di circa 30 pagine datato 15 novembre la Commissione europea ha avviato ufficialmente una procedura di infrazione contro l’Italia.

    Viene contestato il mancato rispetto della direttiva europea Bolkestein, sulle gare pubbliche per le concessioni di demanio marittimo. 

    La Commissione, nel documento, evidenzia che il Decreto milleproroghe approvato dal Governo Meloni, introducendo il rinvio di un anno delle gare, rappresenta un rinnovo automatico delle concessioni esistenti ai medesimi titolari, e pertanto in contrasto col diritto europeo.

    La Commissione europea ha avviato oggi ufficialmente una procedura di infrazione contro l’Italia sulle concessioni balneari. In una durissima lettera, Bruxelles contesta al nostro paese il mancato rispetto della direttiva europea Bolkestein, che impone le gare pubbliche sulle concessioni di demanio marittimo. In particolare, la Commissione evidenzia che il “decreto milleproroghe” approvato lo scorso febbraio dal governo Meloni, introducendo il rinvio di un anno delle gare, rappresenta un rinnovo automatico delle concessioni esistenti ai medesimi titolari, e pertanto si pone in contrasto col diritto europeo. Fonte: MondoBalneare.com
    La Commissione europea ha avviato oggi ufficialmente una procedura di infrazione contro l’Italia sulle concessioni balneari. In una durissima lettera, Bruxelles contesta al nostro paese il mancato rispetto della direttiva europea Bolkestein, che impone le gare pubbliche sulle concessioni di demanio marittimo. In particolare, la Commissione evidenzia che il “decreto milleproroghe” approvato lo scorso febbraio dal governo Meloni, introducendo il rinvio di un anno delle gare, rappresenta un rinnovo automatico delle concessioni esistenti ai medesimi titolari, e pertanto si pone in contrasto col diritto europeo. Fonte: MondoBalneare.com

    Concessioni balneari: infrazione dall'Ue per l'Italia sulla proroga

    Vediamo l'estratto della motivazione del documento pubblicato sul sito della Commissione: "ai sensi dell'articolo 258, primo comma, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, mantenendo le proroghe indiscriminate ed ex lege delle autorizzazioni per l'utilizzo di proprietà demaniali marittime, lacuali e fluviali per attività ricreative e turistiche, previste all'articolo 3, paragrafo 2, della legge 118/2022, come modificato dalla legge 14/2023, e dal combinato disposto dell’articolo 4, comma 4-bis della legge 118/2022, inserito dalla legge 14/2023, che fa “divieto agli enti concedenti di procedere all'emanazione dei bandi di assegnazione delle concessioni e dei rapporti di cui all'articolo 3, comma 1, lett. a) e b)” fino all'adozione dei decreti legislativi di cui allo stesso articolo 4 della legge 118/2022 e dell’articolo 10-quater del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, inserito dalla legge 14/2023, che prevede che “Le concessioni e i rapporti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a) e b), della legge 5 agosto 2022, n. 118, continuano in ogni caso ad avere efficacia sino alla data di rilascio dei nuovi provvedimenti concessori”, e tenendo conto del fatto che la delega la governo per l’adozione di tali decreti legislativi originariamente prevista dall’articolo 4(1) della legge 118/2022 risulta scaduta e non è contemplata alcuna indicazione circa un’eventuale nuova delega al Governo, la Repubblica italiana ha riprodotto le proroghe precedentemente previste all’articolo 1, paragrafo 18, del decreto-legge n. 194/2009, all’articolo 24, comma 3-septies del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, all’articolo 1, commi 682 e 683 della legge di bilancio e al decreto-legge n. 104/2020, nonché le previsioni dell'articolo 182, paragrafo 2, del decreto-legge 34/2020, che aveva vietato alle autorità locali di avviare o proseguire procedimenti pubblici di selezione per l'assegnazione di ‘concessioni balneari’, ed è dunque venuta meno agli obblighi imposti dall'articolo 12 della direttiva sui servizi e dell'articolo 49 TFUE, nonché dell'articolo 4, paragrafo 3, TUE"

    Concessioni balneari: i contenuti della delega scaduta

    Ricordiamo che la delega al Governo per provvedere alle norme sulle concessioni balneari era stata approvata nel febbraio del 2022 ed è appunto scaduta.

    La proposta emendativa al disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021 (A.S. 2469) in materia di concessioni demaniali marittime mirava a migliorare la qualità dei servizi con conseguente beneficio per i consumatori, a valorizzare i beni demaniali e, al contempo, a dare certezze al settore. 

    Il testo prevedeva che le concessioni balneari in essere continuassero ad avere efficacia fino al 31 dicembre 2023. 

    Per assicurare un più razionale e sostenibile utilizzo del demanio marittimo, favorirne la pubblica fruizione e promuovere, in coerenza con la normativa europea, il Governo era delegato ad adottare entro sei mesi dall’entrata in vigore del Disegno di legge Concorrenza, decreti legislativi aventi la finalità di aprire il settore alla concorrenza, nel contempo tenendo in adeguata considerazione le peculiarità del settore.  

    Il testo dell'emendamento approvato specificava che continuavano ad avere efficacia fino al 31 dicembre 2023 se in essere alla data di entrata in vigore della presente legge sulla base di proroghe o rinnovi disposti anche ai sensi della legge 30 dicembre 2018, n. 145 e del decreto-legge 4 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126: 

    • a) le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l’esercizio delle attività turistico ricreative, ivi comprese quelle di cui all'articolo 01, comma 1, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494) quelle gestite dalle società sportive iscritte al registro CONI di cui al decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, e quelle per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, inclusi i punti d’ormeggio
    • b) i rapporti aventi ad oggetto la gestione di strutture turistico ricreative in aree ricadenti nel demanio marittimo per effetto di provvedimenti successivi all’inizio dell’utilizzazione.

    Concessioni balneari: possibili azioni del Governo

    Dopo il parere negativo di Bruxelles, il Governo ha margini molto stretti di azione sulle concessioni balneari.

    Giorgia Meloni ha confermato, dopo il parere UE, l’intenzione di avviare una nuova negoziazione basata, secondo indiscrezioni su:

    • gare dal 1° gennaio 2024 solo nei tratti liberi,
    • dal 1° gennaio 2025 procedure ovunque.

    La proroga dovrebbe essere inserita all’interno di una più ampia riforma che riattualizzi la delega al Governo che era stata inserita nella legge per la concorrenza 118/2022 fatta scadere.

    Vedremo le prossime mosse dell'esecutivo considerando che dicembre è arrivato.

  • Canone Rai in bolletta

    Canone RAI: in quanti anni si prescrive?

    Con l'Ordinanza n 33213 del novembre 2023 la Cassazione fissa un principio sulla prescrizione del canone rai in dieci anni

    e non in cinque, poiché, in assenza di una disciplina derogatoria, occorre applicare il termine decennale dell'art 2946 del codice civile previsto per le imposte sui redditi e l’IVA. 

    Viene sancito il seguente principio: l’obbligazione tributaria, pur consistendo in una prestazione a cadenza annuale, ha carattere autonomo ed unitario ed il pagamento non è mai legato ai precedenti bensì risente di nuove ed autonome valutazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi”.

    Vediamo i fatti di causa.

    Canone RAI: in quanti anni si prescrive?

    Nel caso di specie il ricorrente aveva impugnato delle cartelle di pagamento aventi ad oggetto crediti erariali e tributi locali, contestando l'intervenuta prescrizione delle pretese tributarie. Il ricorso è stato accolto in primo grado. L'appello del Concessionario della riscossione è stato rigettato. 

    Nella sentenza della Commissione tributaria regionale si legge che «i titoli esecutivi divenuti irretrattabili per carenza di impugnazione … sono atti amministrativi non idonei di per sé – e in assenza di titolo giudiziale o di altro titolo idoneo per legge – a determinare l'effetto processuale di convertire il termine di prescrizione ordinario in quello decennale».
    La Concessionaria della riscossione ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza di appello, denunciando:

    • 1) la violazione, ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., dell'art. 49 del DPR n. 602 del 1973, degli artt. 17, 19, 20 del DLgs. n. 112 del 1999 nonché dell'art. 2646 ss. c.c., per essere stata applicato il termine di prescrizione quinquennale anche relativamente ai crediti erariali (più precisamente a crediti per IRPEF, IRAP e IVA, canone audio, a cui, in assenza di una norma derogatoria, si applica l'ordinario termine decennale di prescrizione); 
    • 2) la violazione, ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., dell'art. 49 del DPR n. 602 del 1973, degli artt. 17, 19, 20 del DLgs. n. 112 del 1999 nonché dell'art. 2646 ss. c.c., anche relativamente agli altri crediti rispetto ai quali l'adozione della cartella di pagamento determina un effetto novativo soggettivo e l'applicazione del termine di prescrizione di cui all'art. 2946 c.c., per cui andrebbe sollecitato un revirement dell'orientamento espresso dalle Sezioni Unite; 
    • 3) l'omessa pronuncia, ai sensi dell'art. 360 n. 4 c.p.c., in ordine alla specifica eccezione di applicazione del termine di prescrizione decennale relativamente al potere di riscossione esattoriale.

    La Corte di Cassazione ha precisato varie volte che, in tema di IRPEF, IRAP, IVA ed imposta di registro, il credito erariale per la loro riscossione si prescrive nell'ordinario termine decennale assumendo rilievo, quanto all'imposta di registro, l'espresso disposto di cui all'art. 78 del DPR n. 131 del 1986 e, quanto alle altre imposte dirette, l'assenza di un'espressa previsione, con conseguente applicabilità dell'art. 2946 c.c., non potendosi applicare l'estinzione per decorso quinquennale prevista dall'art. 2948, primo comma, n. 4, c.c. «per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi», in quanto l'obbligazione tributaria, pur consistendo in una prestazione a cadenza annuale, ha carattere autonomo ed unitario ed il pagamento non è mai legato ai precedenti bensì risente di nuove ed autonome valutazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi.

    Tale principio va esteso anche al canone di abbonamento alle radioaudizioni di cui al RD n. 246 del 1938 in assenza di una specifica disposizione relativamente al termine di prescrizione, idonea a derogare la previsione generale di cui all'art. 2946 c.c. 

    Viene inoltre ribadito il principio generale, affermato da Cass., Sez. U., 25 ottobre 2016, n. 23397 e correttamente applicato nella sentenza impugnata relativamente ai crediti per TARSU, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. "conversione" del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell'art. 2953 c.c., per cui, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l'opposizione, non consente di fare applicazione dell'art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo.

    In conclusione, il primo ed il secondo motivo del ricorso devono essere accolti per quanto di ragione, con assorbimento della terza censura, e conseguentemente la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado.

  • Bonus fiscali e crediti d'imposta

    Acquisto credito da bonus edilizi: non è reddito il differenziale positivo

    Con Risposta a interpello n 472 del 30 novembre le Entrate replicano ad un istante, studio di commercialisti, che intende acquistare dei crediti d'imposta per bonus edilizi non riconducibili allo svolgimento di prestazioni professionali.

    L'acquisto avviene ad un prezzo inferiore al valore dei crediti.

    Secondo le Entrate l'istante studio associato non dovrà imputare il “differenziale positivo” in una delle categorie reddituali previste dal Tuir in quanto l’operazione non genera reddito imponibile.

    Acquisto credito da bonus edilizi: non è reddito il differenziale positivo

    Lo studio associato istante svolge attività di ''Servizi forniti da dottori commercialisti'' nella forma giuridica di associazione professionale, assoggettando i propri redditi ad imposizione fiscale ai sensi del combinato disposto dagli articoli 53 e 5, comma 3, lett. c) del TUIR. L'Istante intende acquistare crediti d'imposta di cui al combinato disposto dagli articoli 119 e 121 del decreto legge n. 34 del 2020 e precisa, al riguardo, che: ­  

    • i  crediti d'imposta  sono riconducibili alle  detrazioni disciplinate dal citato articolo 119 del decreto legge n. 34 del 2020 spettanti per spese sostenute nel periodo d'imposta 2022 e saranno utilizzati in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997 in quattro rate annuali; ­ 
    • il valore nominale dei crediti differirà dal costo sostenuto per l'acquisto dei medesimi. 

    L'Istante ha chiarito inoltre che i predetti crediti non originano da prestazioni professionali rese dallo  Studio  e/o da  soggetti  allo  stesso associati.

    Ciò posto, chiede chiarimenti  in  merito  alla  qualificazione  fiscale  del ''differenziale positivo'' conseguente al pagamento di un corrispettivo inferiore al valore dei crediti.

    L'Istante ritiene che «il ''ricavo'' derivante da tale differenziale debba essere contabilizzato e rilevare ai fini fiscali nel rispetto del c.d. ''principio di cassa'', in quanto la componente positiva di reddito trova piena esistenza solamente all'atto dell'utilizzo del credito d'imposta stesso, mediante compensazione ai sensi dell'art. 17 D.Lgs. 241/1997; ne consegue che il ''ricavo'' debba essere ricondotto a imposizione pro quota, proporzionalmente all'entità numeraria delle singole rate fruibili annualmente del credito d'imposta. Pertanto, ritiene che il ''ricavo'' debba essere ricondotto a imposizione pro quota, proporzionalmente all'entità numeraria delle singole rate fruibili annualmente del credito d'imposta.». 

    L'agenzia osserva che, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, costituisce presupposto di imposta, ai sensi dell'articolo 1 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.917 (di seguito, TUIR), il ''possesso di redditi'', in denaro o in natura, appartenenti  ad  una  delle  categorie tassativamente indicate  nel  successivo articolo  6. 

    Per quanto riguarda la disciplina fiscale delle associazioni professionali, occorre far  riferimento all'articolo  5, comma  3, lettera c),  del TUIR, il  quale assimila, ai  fini della determinazione del reddito, le associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l'esercizio in forma associata di arti e professioni alle società semplici in ragione della presenza dei medesimi elementi costitutivi 

    Nel caso di specie, secondo quanto rappresentato il ''provento'' in questione è pari alla differenza positiva tra il valore nominale del credito di imposta acquisito ai sensi dell'articolo 121 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, cd. decreto Rilancio) e il corrispettivo pagato dallo Studio  Associato,  che  si  considera  ''incassato'' al momento dell'effettivo utilizzo in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, con le imposte e contributi dovuti, secondo le stesse modalità spettanti al beneficiario della detrazione 

    Nel caso di specie, il credito acquisito dall'Istante deriva dall'opzione esercitata da un contribuente titolare della detrazione, di cui all'articolo 119 del medesimo decreto Rilancio, spettante nella misura del 110 per cento delle spese sostenute nel 2022

    Va, inoltre, rilevato che il legislatore ha ''puntualmente'' disciplinato l'ipotesi della cessione di un credito d'imposta di ammontare pari alla detrazione spettante nonché le modalità di utilizzo di tale credito da parte del cessionario, che come detto, può utilizzarlo in compensazione ai sensi del citato articolo 17 delle proprie imposte e dei contributi dovuti, con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione.

    La norma espressamente prevede che l'eventuale quota di credito d'imposta non utilizzata nell'anno non può essere usufruita negli anni successivi, e non può essere richiesta a rimborso. 

    Anche  con  riferimento a tale istituto, il legislatore non  ha disposto in merito alla rilevanza reddituale del differenziale ''positivo'' derivante dall'acquisto del predetto credito a un valore inferiore a quello nominale prevedendo, coerentemente, l'irrilevanza dell'eventuale differenziale ''negativo'' derivante dal mancato utilizzo del credito in compensazione, atteso che non è possibile riportare ''in avanti'' o chiedere il rimborso dell'eventuale quota di credito d'imposta non utilizzata in ciascun anno. 

    Pertanto,  in assenza di  una specifica disposizione in  tal  senso, la  rilevanza reddituale di tale differenziale va ricercata in applicazione delle regole generali di tassazione del reddito.

    Per quanto concerne le persone fisiche non titolari di reddito di impresa nonché le associazioni costituite tra persone fisiche per l'esercizio in forma associata di arti e professioni (come l'Istante), occorre valutare se tale differenziale positivo rientri in una delle categorie reddituali di cui al citato articolo 6 del TUIR.

    Dopo una analisi del quadro normativo di riferimento, relativo ai redditi di capitale, ai redditi di lavoro autonomo e ai redditi diversi, cui si rimanda dal testo della risposta a interpello, l'agenzia ha concluso che in assenza di una espressa previsione normativa, volta ad attribuire rilevanza reddituale all'eventuale differenziale positivo tra l'importo nominale del credito e il prezzo di acquisto dello stesso, e stante la non riconducibilità di tale differenziale in una delle categorie reddituali previste dal TUIR, si ritiene che detto acquisto non genera, in linea di principio, reddito imponibile in capo allo Studio Associato istante

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